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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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mette sotto inchiesta gli interi quadri del PNF. Anche qui, di fronte alle velate denunce, più<br />

spesso alle generiche mormorazioni dell’opinione pubblica sulle responsabilità e la<br />

corruzione di tanti gerarchi, le misure punitive hanno lo scopo di risollevare il morale del<br />

fronte interno.<br />

La prima vittima di questa sorta di epurazione è stato, nel marzo del 1942, l’ex consigliere<br />

nazionale Aprosio, accusato di «affarismo», espulso dal partito e poi arrestato; si<br />

registrano nello stesso periodo altre tre sospensioni sempre per affarismo e per scarsa<br />

sensibilità politica; ad un altro membro del partito, iscritto dal 1924, la tessera viene tolta<br />

con l’accusa di «mormorazione e denigrazione». Sempre nella primavera del 1942 si era<br />

data notizia di un altro fascista, un avvocato della provincia di Bergamo, espulso, con una<br />

motivazione di cui soltanto Vidussoni e i suoi pari non riescono a cogliere il<br />

controproducente risvolto ridicolo: l’«epurato» è accusato di avere dimostrato una<br />

«mentalità disfattista e di menagramo».<br />

Nel luglio 1942 erano stati esonerati altri due consiglieri nazionali, presidenti<br />

rispettivamente della Federazione del commercio e dell’industria del legno; e con loro<br />

erano cadute anche le teste dei due vicepresidenti. In ottobre era toccato ad un altro che<br />

«si serviva delle cariche politiche e sindacali ricoperte per trarne profitto personale», poi<br />

era stata ancora la volta di un altro consigliere nazionale e di un fascista della prima ora,<br />

con accuse più o meno analoghe, dove il «disfattismo» si accompagnava al «profitto<br />

personale».<br />

Il popolo italiano, che dai giornali apprende queste notizie, rozzamente orchestrate da<br />

Vidussoni, non va oltre l’acida soddisfazione di vedere confermati sospetti e «voci» sul<br />

comportamento dei gerarchi, sulla corruzione e le discordie che regnano all’interno del<br />

partito; a questo sentimento aggiunge la convinzione che altri ben più clamorosi «casi»<br />

siano tenuti nascosti e rimangano impuniti. Quindi l’opinione pubblica è ben lontana dal<br />

riacquistare fiducia nel PNF, anche se la maggioranza subisce l’imposizione di portare il<br />

distintivo – la «cimice» – all’occhiello.<br />

Né, come continua a credere ostinatamente Mussolini, quello che manca agli italiani è il<br />

senso di una più massiccia ed efficace partecipazione allo sforzo bellico. A questo<br />

proposito è indicativa ancora una notazione di Galeazzo Ciano nel suo Diario. Siamo alla<br />

fine del 1941 e il duce è riuscito ad imporre, malgrado la freddezza di Hitler, la<br />

costituzione d’un corpo di spedizione italiano in Russia (il CSIR). Scrive Ciano: «[Mussolini]<br />

… dice che il disagio del popolo italiano è determinato dal fatto di non partecipare in<br />

grande misura all’azione sul fronte russo. Non sono d’accordo con lui. Anche questa guerra<br />

è poco sentita e il disagio che perturba la nostra gente si chiama mancanza di pane,<br />

grassi, uova etc… ».<br />

Uomini nuovi, vecchie maniere<br />

E se questo era vero nell’estate del 1941 a maggior ragione e con motivazioni più pesanti<br />

(le sconfitte subite, i bombardamenti aerei, i disagi dello sfollamento, la scarsità crescente<br />

di cibo) è sentimento comune nel 1943.<br />

A questo punto Mussolini, che da mesi è logorato dalle cattive notizie cui s’accompagna<br />

una recrudescenza della sua ulcera gastrica, decide di operare mutamenti radicali nel<br />

governo e nel partito. È il febbraio del 1943. Comincia dal genero, Galeazzo Ciano, che per<br />

sette anni ha retto il dicastero degli Esteri. Il duce sa, come molti italiani, che Ciano non è<br />

ben visto dai tedeschi per i suoi sentimenti ostili alla guerra, che la sua critica delle

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