SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
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preda alle fiamme e stavano affondando. Ma non si sapeva quanti giapponesi fossero riusciti a scendere a terra e che armi e rifornimenti avessero potuto sbarcare. Seguirono giornate ansiose. Sapevamo che i giapponesi stavano puntando verso di noi lungo uno stretto sentiero che costeggiava la spiaggia. Avevano cominciato a fare fuoco con le loro artiglierie che erano nascoste nella giungla e di cui non si riusciva ad individuare la posizione. Il versante opposto delle colline venne crivellato di proiettili e cominciammo a sentirci meno sicuri. Le granate dei mortai nipponici sibilavano sopra le nostre teste e andavano poi ad esplodere nella vallata sottostante. Una notte venne demolita la nostra cucina da campo e fummo costretti a servirci per qualche tempo delle nostre riserve di viveri in scatola. Durante la giornata caccia e bombardieri nipponici tentarono ripetutamente di attaccare il campo Henderson per impedire ai nostri aerei di darci man forte. Seguivamo i duelli aerei alla radio. Sentivamo gli ordini del comandante della squadriglia ai suoi uomini in attesa di intercettare gli attaccanti. […] I fanti da sbarco erano sicuri che la Marina li proteggeva. Durante la notte potevamo scorgere dalle alture violenti scontri navali, udivamo il rombo delle artiglierie che echeggiava sulle acque: al mattino scorgevamo i cadaveri anneriti dalle fiamme e sfigurati che venivano gettati sulla spiaggia, dopo avere galleggiato tutta la notte nelle acque infestate di pescecani. Il nemico si avvicinava sempre più. Una settimana dopo lo sbarco dei rinforzi nipponici le nostre pattuglie ci informarono che distaccamenti giapponesi si erano infiltrati nel territorio che ci separava dalle loro navi arenate. I nostri uomini rafforzarono le difese, portarono in linea altre munizioni, affilarono le baionette e riposarono quanto più possibile. Una sera, subito dopo il crepuscolo, un fante si arrampicò a carponi sul versante della collina e giunto alla mia buca mi avvertì che l’attacco era imminente. Non dovemmo attendere a lungo. La battaglia ebbe inizio sotto di noi, lungo il fiume. Fra i boati delle granate dei grossi mortai nipponici che passavano sulle nostre teste esplodevano nei nostri pressi, e fra le incessanti esplosioni di bombe a mano e i sibili dei proiettili da mitragliatrice, udimmo un fragore nuovo: carri armati! Lungo la spiaggia e il sentiero che la costeggiava si dirigevano, rombando verso la foce del fiume poco profondo. Con una precisione e un sangue freddo che deve avere sorpreso i nipponici, i nostri uomini fecero fuoco con i loro pezzi anticarro contro i mostri avanzanti. Nel pandemonio che seguì non si poteva udire alcun suono distinto. Proiettili luminosi striavano la vallata. Alla luce dei razzi verdi che lentamente scendevano sulle nostre teste, potevamo scorgere le ombre dei fanti che sulla sommità della collina opposta attendevano con le baionette inastate. Nei momenti di quiete sentivamo le voci dei giapponesi che si raccoglievano sull’altra sponda del fiume per sferrare un nuovo attacco, che si iniziava con grida di sfida: «Il nostro sangue per l’imperatore! » e «Americani, vi scanneremo tutti!». Dal campo Henderson si levarono i nostri aerei che bombardarono e mitragliarono con furia vendicatrice le forze giapponesi. Più e più volte queste tentarono di attraversare lo stretto corso d’acqua ma ogni volta vennero fermate. Passarono le ore e sul fare dell’alba i giapponesi ripiegarono. I loro carri armati, una quindicina circa, giacevano infranti e bruciati nel fango. […] I fanti da sbarco riuscirono a tenere Guadalcanal finché non furono rilevati dall’esercito.
Il giovane Kennedy Il tenente J.F. Kennedy, futuro presidente degli Stati Uniti, è protagonista nell’agosto 1943 di un’eroica azione di salvataggio Il 20 agosto 1943 il New York Times pubblicava il servizio intitolato La gioia dei genitori Kennedy. Hyannis, Mass., 19 agosto (AP) – L’ex ambasciatore Kennedy e sua moglie hanno lanciato grida di gioia quando hanno saputo dell’impresa compiuta dal figlio. […] «Fantastico», ha dichiarato la signora Kennedy quando ha saputo che il figlio era sano e salvo. L’ex ambasciatore ha detto a sua volta: «E che altro potrei aggiungere a quanto ha già dichiarato mia moglie?». Questa è solo una parte della vicenda. Il giovane ufficiale di marina, benché ferito alla schiena, ha percorso oltre cinque chilometri a nuoto prima di raggiungere la riva; ha trascinato un compagno ferito tenendone la cintura tra i denti. Poi, sempre a nuoto, è tornato nelle acque controllate dal nemico per cercare aiuto. Il New York Times ha dedicato un articolo di prima pagina alla notizia proveniente dalla Nuova Georgia, ma senza nulla aggiungere al dispaccio della Associated Press che qui riproduciamo. […] Ecco il dispaccio dell’Associated Press: The New York Times, 20 agosto 1943 Da una base di motosiluranti, New Georgia, 8 agosto – Improvvisamente, emerse dall’oscurità un cacciatorpediniere giapponese. Investì e spezzò in due la motosilurante comandata dal tenente John F. Kennedy, figlio dell’ex ambasciatore americano a Londra, Joseph P. Kennedy. Gli equipaggi delle altre motosiluranti che navigavano poco lontano videro l’acqua ricoprirsi di benzina e poi la benzina prendere fuoco. Quel mattino del 2 agosto considerarono spacciati il comandante Kennedy e il suo equipaggio. Ma il tenente Kennedy, ventisei anni, e dieci dei suoi uomini furono raccolti più tardi su un atollo al centro del settore delle Isole Salomone controllato dai giapponesi. […] La silurante che li ha portati in salvo è riuscita quasi per miracolo a entrare nelle acque dello stretto Ferguson, irte di scogli. Due uomini dell’equipaggio del tenente Kennedy sono morti […]. Il secondo meccanico Patrick M. McMahon, 39 anni, di Los Angeles, ha riportato gravi ustioni al volto, alle mani e alle braccia.[…] Zinser è rimasto ustionato ad entrambe le braccia. Johnston, un tipo piccolino e coriaceo soprannominato «Jockey», è stato male per avere inghiottito del fumo. Il sottotenente Ross non è stato ferito, ma si è tagliuzzato le braccia con i coralli, e le ferite gli si sono infettate. Tutti gli altri sono usciti indenni dall’avventura. Per tre notti, il tenente Kennedy, ex campione di stile libero, ha percorso a nuoto lo stretto di Ferguson, nella speranza di incontrare una motosilurante americana. Il sottotenente Ross ha fatto lo stesso. Ma non sono riusciti a trovare nessuno. Il pomeriggio del quarto giorno, due indigeni hanno scoperto i sopravvissuti della motosilurante e hanno portato alla loro base un messaggio che il tenente Kennedy aveva inciso alla bell’e meglio su una noce di cocco verde. Uno alla volta, il tenente Kennedy, il sottotenente Thom e gli altri uomini dell’equipaggio hanno così raccontato la loro avventura: Il 2 agosto, verso le 2 del mattino, quattro cacciatorpediniere giapponesi si sono infilati nel canale di Blackett, per aggirare la costa meridionale dell’isola di Kolombangara. Gli
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Il giovane Kennedy<br />
Il tenente J.F. Kennedy, futuro presidente degli Stati Uniti, è protagonista nell’agosto<br />
1943 di un’eroica azione di salvataggio<br />
Il 20 agosto 1943 il New York Times pubblicava il servizio intitolato La gioia dei genitori<br />
Kennedy.<br />
Hyannis, Mass., 19 agosto (AP) – L’ex ambasciatore Kennedy e sua moglie hanno<br />
lanciato grida di gioia quando hanno saputo dell’impresa compiuta dal figlio. […]<br />
«Fantastico», ha dichiarato la signora Kennedy quando ha saputo che il figlio era sano e<br />
salvo. L’ex ambasciatore ha detto a sua volta: «E che altro potrei aggiungere a quanto<br />
ha già dichiarato mia moglie?».<br />
Questa è solo una parte della vicenda. Il giovane ufficiale di marina, benché ferito alla<br />
schiena, ha percorso oltre cinque chilometri a nuoto prima di raggiungere la riva; ha<br />
trascinato un compagno ferito tenendone la cintura tra i denti. Poi, sempre a nuoto, è<br />
tornato nelle acque controllate dal nemico per cercare aiuto.<br />
Il New York Times ha dedicato un articolo di prima pagina alla notizia proveniente dalla<br />
Nuova Georgia, ma senza nulla aggiungere al dispaccio della Associated Press che qui<br />
riproduciamo. […]<br />
Ecco il dispaccio dell’Associated Press:<br />
The New York Times, 20 agosto 1943<br />
Da una base di motosiluranti, New Georgia, 8 agosto – Improvvisamente, emerse<br />
dall’oscurità un cacciatorpediniere giapponese. Investì e spezzò in due la motosilurante<br />
comandata dal tenente John F. Kennedy, figlio dell’ex ambasciatore americano a<br />
Londra, Joseph P. Kennedy.<br />
Gli equipaggi delle altre motosiluranti che navigavano poco lontano videro l’acqua<br />
ricoprirsi di benzina e poi la benzina prendere fuoco. Quel mattino del 2 agosto<br />
considerarono spacciati il comandante Kennedy e il suo equipaggio. Ma il tenente<br />
Kennedy, ventisei anni, e dieci dei suoi uomini furono raccolti più tardi su un atollo al<br />
centro del settore delle Isole Salomone controllato dai giapponesi. […]<br />
La silurante che li ha portati in salvo è riuscita quasi per miracolo a entrare nelle acque<br />
dello stretto Ferguson, irte di scogli. Due uomini dell’equipaggio del tenente Kennedy<br />
sono morti […].<br />
Il secondo meccanico Patrick M. McMahon, 39 anni, di Los Angeles, ha riportato gravi<br />
ustioni al volto, alle mani e alle braccia.[…]<br />
Zinser è rimasto ustionato ad entrambe le braccia. Johnston, un tipo piccolino e<br />
coriaceo soprannominato «Jockey», è stato male per avere inghiottito del fumo. Il<br />
sottotenente Ross non è stato ferito, ma si è tagliuzzato le braccia con i coralli, e le<br />
ferite gli si sono infettate. Tutti gli altri sono usciti indenni dall’avventura.<br />
Per tre notti, il tenente Kennedy, ex campione di stile libero, ha percorso a nuoto lo<br />
stretto di Ferguson, nella speranza di incontrare una motosilurante americana. Il<br />
sottotenente Ross ha fatto lo stesso. Ma non sono riusciti a trovare nessuno.<br />
Il pomeriggio del quarto giorno, due indigeni hanno scoperto i sopravvissuti della<br />
motosilurante e hanno portato alla loro base un messaggio che il tenente Kennedy<br />
aveva inciso alla bell’e meglio su una noce di cocco verde.<br />
Uno alla volta, il tenente Kennedy, il sottotenente Thom e gli altri uomini dell’equipaggio<br />
hanno così raccontato la loro avventura:<br />
Il 2 agosto, verso le 2 del mattino, quattro cacciatorpediniere giapponesi si sono infilati<br />
nel canale di Blackett, per aggirare la costa meridionale dell’isola di Kolombangara. Gli