SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
In piazza Dzeržinskij c’era una gran folla di gente, per lo più cenciosa, denutrita, sparuta e con l’aria di chi ha subito una forte tensione nervosa. Soltanto i ragazzini sembravano normali, ed erano spigliati e loquaci. Ma, guardando gli adulti, senz’altro era credibile che molte migliaia fossero morti di stenti, persino qui, in questa ricca parte dell’Ucraina. Quella gente per le vie di Kharkov aveva una gran voglia di parlare: si aveva l’impressione che tutti volessero raccontare la loro storia. Ricordo, per esempio, un ometto deforme, dall’aspetto molto malandato. Diceva che l’avevano arrestato subito dopo l’arrivo dei tedeschi, l’avevano rinchiuso all’albergo Internazionale (ora bruciato), proprio in quella piazza, dove l’avevano tenuto quindici giorni, quasi senza mangiare. Poi, l’avevano rilasciato. Ma era stata un’esperienza straziante, perché tutte le notti poteva sentire portar via quelli che fucilavano; molti erano comunisti, che erano stati denunciati. Prima della guerra faceva l’ottico; alla fine, trovò un posto nella grande officina elettrica di Kharkov rilevata da una grossa impresa tedesca, ma poiché i russi avevano sgomberato tutto il macchinario, i tedeschi avevano dovuto portarne del loro, e non impiegarono mai più di 2500 operai, contro i 25.000 dell’anteguerra. Una volta al giorno gli davano un pasto caldo, e la razione di pane era di 300 gr; «La paga», disse, «sarebbe dovuta essere un rublo e settanta copechi all’ora, ma quando andai a riscuotere la quindicina, l’impiegato tedesco mi dette settantacinque rubli e, alle mie osservazioni, rispose: “Ci sono le tasse, da defalcare, e puoi prendere o lasciare, e dì ancora un’altra parola e ti spacco la faccia”. Alla fine, non ce la facevo più, e i tedeschi mi lasciarono andare, perché ero malato». In seguito, campò stentatamente vendendo occhiali al mercato. Era chiaro che migliaia di persone erano riuscite a cavarsela trafficando alla borsa nera, sia che avessero, sia che non avessero un impiego. «Se avevi soldi», diceva una donna, «potevi comprare tutto quello che volevi dai soldati tedeschi. Avevano orologi da polso a dozzine. Li prendevano alla gente per strada, e poi li vendevano». « E non soltanto gli orologi da polso», soggiunse un’altra. «In pieno giorno, mia figlia si vide fermare da un soldato che s’era incapricciato delle sue scarpe e gliele fece togliere. Le avrà vendute, o spedite a casa». «Sua figlia è stata fortunata», disse l’ometto, «oppure dev’essere stata ben brutta. Spesso costringevano le ragazze ad andare con loro». Molti altri dì quelli che erano intorno esclamarono che era vero e che, peggio ancora, molte erano state costrette ad entrare nei bordelli dell’esercito; andavano a scegliere quelle carine, nella fila all’Arbeitsamt. E difatti ora, in città, c’era una grande quantità di malattie veneree… Parlarono quindi delle impiccagioni, fatte in pubblico, che apparivano essere quelle che, soprattutto, avevano lasciato l’impressione più profonda. All’angolo di via Sumskaja con piazza Dzeržinskij un grande edificio incendiato era stato la sede della Gestapo. Ora parecchie donne agitate raccontarono come nel novembre del 1941 la popolazione fosse stata convocata in piazza per ascoltare un proclama. Quando la folla si fu radunata, calarono giù dal balcone dell’edificio parecchi uomini col cappio al collo, legati alla ringhiera. Quel giorno, in diversi punti di Kharkov, avevano impiccato molti «rossi» denunciati da un sacco di traditori. Due o tre donne dicevano come i figlioli fossero diventati indisciplinati e privi di senso morale. Chiuse le scuole, i ragazzi dovevano andarsene per strada a mendicare, oppure a guadagnarsi qualche rublo trasportando ai soldati, con carretti a mano, il sacco, i bagagli, i pacchi del mercato nero. «Metà della gente», diceva una donna pallida «s’aspettava dai figli piccoli che lavorassero… Ragazzini, affamati, dovevano provvedere a se stessi; avete mai sentito nulla di simile? Sotto Stalin, i ragazzi erano quelli che avevano tutto quanto c’era di meglio, ma non sotto quei porci di tedeschi. E adesso,
una quantità di loro diventeranno buoni a nulla, ladri e piccoli teppisti. Ma che potevi farci, col pane che alla borsa nera costava 150 rubli al chilo?». […] In quei tre giorni, l’atmosfera a Kharkov s’andava facendo sempre più deprimente. Non si parlava più del governo; che se ne fosse già andato? Sempre più frequenti, infatti, erano le voci che fosse incominciata una grande controffensiva tedesca, e presto se n’ebbe conferma ufficiale. La ferrovia non era stata ripristinata ed era sopravvenuto, precocemente, un disgelo che faceva scuotere la testa ai soldati russi. Kharkov era bell’e tagliata fuori dalle retrovie. A dire il vero, i russi stavano, sia pure in scarsa misura, riaprendo scuole e ospedali e abbattendo le insegne stradali tedesche, ma cresceva, di ora in ora, quell’impressione di disagio. Fu una gran brutta esperienza andare, il terzo pomeriggio che passai in città, al mercato. Il commercio era quasi completamente cessato, ma ad una bancarella ancora vendevano vasetti di miglio o di semi di girasole e, ad un’altra, tubi schiacciati dì dentifricio tedesco o scatole di lucido da scarpe, e accendini primitivi fatti di rottami d’alluminio, che si vendevano a sessanta rubli l’uno. C’era tuttavia ugualmente folla di gente, che guardava a bocca aperta quella roba da nulla. C’erano anche molti soldati. Le donne, dietro le bancarelle, avevano l’aria d’essere preoccupate, denutrite ed erano in cenci. Notai, poi, due figure sconcertanti, come due spiriti vestiti di stracci. Ricordo un uomo, in modo particolare: aveva un volto lungo, tutto pelle e ossa di un colore bianco sporco, e una lunga ispida barbaccia rossa sul mento; occhi azzurri enormi, con uno sguardo di sofferenza disperata, le labbra secche e screpolate, e il fiato che sapeva di morte. Gli stracci che aveva addosso erano i resti d’una vecchia divisa italiana. Era un contadino di Smolensk, che i tedeschi avevano preso a Millerovo nell’estate del 1942. Venivano, lui e l’altro, da un campo di prigionieri situato in una località chiamata Sobaki Pitomkin, cioè la fattoria del cane. Vi avevano vissuto per mesi con razioni da fame, e la maggior parte dei loro compagni era morta. Ora, all’arrivo dei russi, li avevano lasciati andare, ma tutte le sere dovevano fare ritorno al campo. Nessuno si curava di loro, e vagavano in giro per Kharkov, in cerca di cibo. Nessuno al mercato gli dava niente, e i soldati li trattavano con sospetto. L’insensibilità diffusa, ecco un altro risultato dell’occupazione germanica, con in più la NKVD. Poiché, per le autorità russe, essi si erano arresi, e non potevano essere tenuti in qualche considerazione, se prima non erano stati sottoposti ad attenta indagine. Un soldato russo osservò: «Non se la prenda per loro. Per tutto quello che ne sappiamo, i tedeschi potrebbero esserseli lasciati indietro come spie o diversionisti». «Ma non ne hanno proprio l’aria, no?». «Può darsi», replicò. «Ma di questi tempi non si è mai abbastanza attenti. È meglio che la NKVD accerti chi sono. E, comunque», aggiunse, «ci sono tante altre cose di cui preoccuparsi… ». Quei prigionieri russi avrebbero potuto essere salvati dai loro, ma non lo furono. Certo, le condizioni a Kharkov, in quel pomeriggio, erano eccezionali, ma pure quell’episodio angoscioso faceva pensare a tutta l’allucinante tragedia dei prigionieri di guerra russi, I soldati nella nostra casa non erano più allegri come prima. I tedeschi, dicevano, stavano attaccando in forza a Kramatorsk e in altri punti ad ovest di Kharkov, e già incominciavano ad affluire in città feriti in gran numero, i quali dicevano che le divisioni corazzate delle SS stavano attaccando con ingenti forze. Lasciammo Kharkov l’indomani, con un brutto presentimento. I tedeschi ritornarono, non subito, ma dopo più di quindici giorni il 15 marzo. Una delle prime cose che fecero le SS fu di massacrare duecento feriti in un ospedale, e di dare fuoco all’edificio. Quella riconquista di Kharkov fu la loro «rivincita di Stalingrado», ma una vendetta relativamente piccola. L’anticipato disgelo, che aveva colto di contropiede i russi,
- Page 137 and 138: In Italia c’è odore di crisi La
- Page 139 and 140: Quindi rispose a Churchill, leggend
- Page 141 and 142: mercantili vengono adibiti i caccia
- Page 143 and 144: La mattina del 1° dicembre contemp
- Page 145 and 146: evento fortunato; ci offre prospett
- Page 147 and 148: sud prima della partenza? Rommel è
- Page 149 and 150: sbiaditi, delle pentole e delle pad
- Page 151 and 152: Documenti e testimonianze Von Arnim
- Page 153 and 154: immediato di carattere territoriale
- Page 155 and 156: tentativo è del dicembre del 1942.
- Page 157 and 158: 620 carri alleati contro i 94 italo
- Page 159 and 160: ebbero perdite sino al giorno 7, ma
- Page 161 and 162: ifugiandosi nel mio, è l’afferma
- Page 163 and 164: Capitolo cinquantaduesimo La battag
- Page 165 and 166: Elephant come vennero soprannominat
- Page 167 and 168: questo tema, ma anche dai giappones
- Page 169 and 170: infischia profondamente se noi teni
- Page 171 and 172: Per la prima volta sul fronte russo
- Page 173 and 174: ovest per fronteggiare il pericolo
- Page 175 and 176: Un militare di mestiere Fino a quel
- Page 177 and 178: interruzioni per otto giorni; Vatut
- Page 179 and 180: Hitler lo delude Sul suo fianco sin
- Page 181 and 182: Kot: «Almeno per quanto riguarda i
- Page 183 and 184: Questa minaccia che pesa sulla loro
- Page 185 and 186: fiume Sosna, impedendo che le forze
- Page 187: Di origine russa, perché nato a Pi
- Page 191 and 192: Capitolo cinquantatreesimo Il front
- Page 193 and 194: Il partito nazionale fascista aveva
- Page 195 and 196: mette sotto inchiesta gli interi qu
- Page 197 and 198: Lo stesso 15 aprile c’è mobilita
- Page 199 and 200: Documenti e testimonianze Attolico,
- Page 201 and 202: Prima ipotesi d’accordo Su questa
- Page 203 and 204: itiro delle navi da battaglia itali
- Page 205 and 206: si limitò a confermare la propria
- Page 207 and 208: Verso la metà di febbraio, improvv
- Page 209 and 210: Non mi illudo pertanto che i progra
- Page 211 and 212: Queste critiche ebbero l’effetto
- Page 213 and 214: Vittorio Cini Senato del Regno Roma
- Page 215 and 216: Capitolo cinquantaquattresimo Lo sb
- Page 217 and 218: poco da spartire, essendo in realt
- Page 219 and 220: Inoltre la copertura aerea alleata,
- Page 221 and 222: In realtà quelle trame esistono, s
- Page 223 and 224: con la votazione del famoso ordine
- Page 225 and 226: vostra collaborazione deve ridursi
- Page 227 and 228: valor militare. Il capitano è spos
- Page 229 and 230: colonne in marcia, causando perdite
- Page 231 and 232: Sicilia contro la flotta anglo-amer
- Page 233 and 234: 2 battaglioni fanteria 1 battaglion
- Page 235 and 236: prigionieri è semplicemente deplor
- Page 237 and 238: accialetto e via dicendo. In molte
una quantità di loro diventeranno buoni a nulla, ladri e piccoli teppisti. Ma che potevi<br />
farci, col pane che alla borsa nera costava 150 rubli al chilo?».<br />
[…] In quei tre giorni, l’atmosfera a Kharkov s’andava facendo sempre più deprimente.<br />
Non si parlava più del governo; che se ne fosse già andato? Sempre più frequenti,<br />
infatti, erano le voci che fosse incominciata una grande controffensiva tedesca, e presto<br />
se n’ebbe conferma ufficiale. La ferrovia non era stata ripristinata ed era sopravvenuto,<br />
precocemente, un disgelo che faceva scuotere la testa ai soldati russi. Kharkov era<br />
bell’e tagliata fuori dalle retrovie.<br />
A dire il vero, i russi stavano, sia pure in scarsa misura, riaprendo scuole e ospedali e<br />
abbattendo le insegne stradali tedesche, ma cresceva, di ora in ora, quell’impressione di<br />
disagio. Fu una gran brutta esperienza andare, il terzo pomeriggio che passai in città, al<br />
mercato. Il commercio era quasi completamente cessato, ma ad una bancarella ancora<br />
vendevano vasetti di miglio o di semi di girasole e, ad un’altra, tubi schiacciati dì<br />
dentifricio tedesco o scatole di lucido da scarpe, e accendini primitivi fatti di rottami<br />
d’alluminio, che si vendevano a sessanta rubli l’uno. C’era tuttavia ugualmente folla di<br />
gente, che guardava a bocca aperta quella roba da nulla. C’erano anche molti soldati.<br />
Le donne, dietro le bancarelle, avevano l’aria d’essere preoccupate, denutrite ed erano<br />
in cenci.<br />
Notai, poi, due figure sconcertanti, come due spiriti vestiti di stracci. Ricordo un uomo,<br />
in modo particolare: aveva un volto lungo, tutto pelle e ossa di un colore bianco sporco,<br />
e una lunga ispida barbaccia rossa sul mento; occhi azzurri enormi, con uno sguardo di<br />
sofferenza disperata, le labbra secche e screpolate, e il fiato che sapeva di morte. Gli<br />
stracci che aveva addosso erano i resti d’una vecchia divisa italiana. Era un contadino di<br />
Smolensk, che i tedeschi avevano preso a Millerovo nell’estate del 1942. Venivano, lui e<br />
l’altro, da un campo di prigionieri situato in una località chiamata Sobaki Pitomkin, cioè<br />
la fattoria del cane. Vi avevano vissuto per mesi con razioni da fame, e la maggior parte<br />
dei loro compagni era morta. Ora, all’arrivo dei russi, li avevano lasciati andare, ma<br />
tutte le sere dovevano fare ritorno al campo. Nessuno si curava di loro, e vagavano in<br />
giro per Kharkov, in cerca di cibo. Nessuno al mercato gli dava niente, e i soldati li<br />
trattavano con sospetto.<br />
L’insensibilità diffusa, ecco un altro risultato dell’occupazione germanica, con in più la<br />
NKVD. Poiché, per le autorità russe, essi si erano arresi, e non potevano essere tenuti in<br />
qualche considerazione, se prima non erano stati sottoposti ad attenta indagine. Un<br />
soldato russo osservò: «Non se la prenda per loro. Per tutto quello che ne sappiamo, i<br />
tedeschi potrebbero esserseli lasciati indietro come spie o diversionisti». «Ma non ne<br />
hanno proprio l’aria, no?». «Può darsi», replicò. «Ma di questi tempi non si è mai<br />
abbastanza attenti. È meglio che la NKVD accerti chi sono. E, comunque», aggiunse, «ci<br />
sono tante altre cose di cui preoccuparsi… ».<br />
Quei prigionieri russi avrebbero potuto essere salvati dai loro, ma non lo furono. Certo,<br />
le condizioni a Kharkov, in quel pomeriggio, erano eccezionali, ma pure quell’episodio<br />
angoscioso faceva pensare a tutta l’allucinante tragedia dei prigionieri di guerra russi,<br />
I soldati nella nostra casa non erano più allegri come prima. I tedeschi, dicevano,<br />
stavano attaccando in forza a Kramatorsk e in altri punti ad ovest di Kharkov, e già<br />
incominciavano ad affluire in città feriti in gran numero, i quali dicevano che le divisioni<br />
corazzate delle SS stavano attaccando con ingenti forze.<br />
Lasciammo Kharkov l’indomani, con un brutto presentimento. I tedeschi ritornarono,<br />
non subito, ma dopo più di quindici giorni il 15 marzo. Una delle prime cose che fecero<br />
le SS fu di massacrare duecento feriti in un ospedale, e di dare fuoco all’edificio.<br />
Quella riconquista di Kharkov fu la loro «rivincita di Stalingrado», ma una vendetta<br />
relativamente piccola. L’anticipato disgelo, che aveva colto di contropiede i russi,