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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Di origine russa, perché nato a Pietroburgo nel 1901 ma emigrato ventenne in Gran<br />

Bretagna, il giornalista Alexander Werth fu il primo inviato speciale inglese a<br />

raggiungere l’URSS nel luglio 1941, dove del resto rimase fino al 1948 quale<br />

corrispondente del londinese Sunday Times e commentatore della BBC.<br />

Alla vigilia della primavera del 1943 Werth poté, con pochissimi altri giornalisti, visitare<br />

Kharkov, appena riconquistata dall’Armata Rossa, e che di lì a poco sarebbe ricaduta in<br />

mano tedesca. Questo è il suo resoconto giornalistico.<br />

Quella sera, pochi giorni dopo l’ingresso dei russi a kharkov, il fronte era ancora<br />

vicinissimo, e per mezz’ora, prima d’atterrare, il nostro apparecchio aveva volato con la<br />

scorta dei caccia. Stava sgelando. I grandi isolati di case vicino al campo d’aviazione<br />

erano stati tutti bruciati. C’era a terra un Heinkel distrutto, ma c’erano anche una mezza<br />

dozzina d’aerei russi, in ottimo stato.<br />

Due erano quelli che ci avevano appena scortato. Ma l’aeroporto era un disastro: tutte<br />

le rimesse erano state distrutte, insieme con gli altri edifici. Un giovane sergente<br />

dell’aeronautica, scuotendo la testa, osservava: «Qui siamo in un vero pasticcio. Con<br />

questo disgelo, le comunicazioni sono andate alla malora, e ci tocca portare in volo<br />

persino la benzina… Prima di andarsene, hanno distrutto tutto. Hanno anche provocato<br />

gravi danni in città, con quell’incursione aerea, il giorno dopo che li avevamo buttati<br />

fuori […]».<br />

Ci sistemarono in una casetta ben costruita, con a guardia una mezza dozzina di soldati<br />

decisi, armati di pistola e mitra, nella parte residenziale e quasi intatta di via Sumskaja.<br />

la via principale di Kharkov, considerata ancora tutt’altro che sicura, dato che ci<br />

potevano essere in giro molte spie o molti agenti tedeschi. I soldati appartenevano alla<br />

divisione del genera le Zajčev. la prima entrata in città. ed erano molto contenti di sé.<br />

La casa, come la maggior parte in città. non aveva né luce elettrica né acqua, e ci<br />

adattammo con le candele, mentre l’acqua veniva portata a secchi.<br />

Prima della guerra risiedevano a Kharkov 900.000 abitanti, saliti a 1.200.000-1.300.000.<br />

quando da ovest incominciarono ad affluire i profughi. Più tardi, nell’ottobre 1941.<br />

avvicinandosi i tedeschi, era stato avviato uno sgombero molto intenso, con il<br />

trasferimento, più o meno riuscito, della maggior parte delle industrie principali, fra cui<br />

la grande fabbrica di trattori, con quasi tutti gli operai. All’arrivo dei tedeschi,<br />

rimanevano in città circa 700.000 abitanti. Ora ce n’erano solo 350.000. Che n’era stato,<br />

degli altri?<br />

Secondo le autorità russe, la scomparsa di metà della popolazione dell’ottobre 1941 era<br />

da attribuirsi ai motivi seguenti: risultava che 120.000, per lo più giovani, erano stati<br />

deportati per il lavoro forzato in Germania; 70-80.000 erano morti di fame, di freddo e<br />

di stenti, specie durante il tremendo inverno 1941-42; circa 30.000 erano stati<br />

ammazzati dai tedeschi, fra cui circa 16.000 ebrei (uomini, donne, bambini); il resto era<br />

fuggito in campagna. Diversi controlli da me fatti nei pochi giorni seguenti facevano<br />

ritenere che la cifra dei morti di fame, eccetera, fosse leggermente, ma non<br />

eccessivamente esagerata, come pure quella dei non ebrei fucilati, mentre quella degli<br />

ebrei era esatta. D’altra parte, la cifra dei deportati era senz’altro inferiore al reale.<br />

L’indomani, i tigli e i pioppi di via Sumskaja erano bianchi di brina. I pioppi! Eravamo in<br />

Ucraina, nel Sud, a due terzi della distanza fra Mosca e il mare. Dappertutto c’erano<br />

ancora cartelli in tedesco: Parken verboten, e verboten di qui e verboten di là. Anche le<br />

scritte delle strade erano in tedesco, e una casa portava la malaugurata insegna<br />

«Arbeitsbehörde Charkow»: era qui che mobilitavano la gente da spedire in Germania.

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