SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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20.05.2013 Views

Soltanto nel 1918 ottiene un compito sul fronte francese, ma sempre come ufficiale di Stato Maggiore con incarichi organizzativi presso la 30ª Divisione di fanteria. Amico e discepolo di Seeckt non ha difficoltà, negli anni del «grande caos» seguiti a Versailles, per essere scelto a far parte della piccola Reichswehr che gli Alleati consentono alla sconfitta Germania di mettere in piedi. Le promozioni si susseguono con regolarità, senza salti straordinari. Nel 1923 è maggiore, nel febbraio 1929 tenente colonnello, nel 1932 colonnello e nominato comandante a Lueben. Maggiore generale, assume poi il comando della 18ª Divisione e il 1° ottobre 1936 è promosso tenente generale. Nel 1938, quando Hitler ha ormai avviato il potenziamento del suo nuovo esercito, diventa comandante del 15° Corpo d’armata, con il grado di generale a pieno titolo, cioè General der Infanterie. Comincia a questo punto, per il generale Hoth, la grande avventura della guerra. Sui campi della Polonia il suo corpo corazzato ha l’incarico di proteggere il fianco sud dell’armata Reichenau contro le forze polacche nella zona di Cracovia: usando «a valanga» i suoi carri nei punti più delicati del fronte riesce ad impedire alle unità nemiche il passaggio della Vistola e nella notte del 10 settembre 1939 ottiene la capitolazione di interi gruppi dell’esercito polacco guadagnandosi l’ambita Croce di Cavaliere dell’Ordine della Croce di Ferro. Nella campagna di Francia (maggio – giugno 1940) forza a Dinant il passaggio sulla Mosa e si porta in una corsa vertiginosa fino alla costa delle Fiandre, quindi sfonda con i suoi reparti corazzati la linea Weygand sulla Somme, si spinge rapidamente oltre la Senna e sostiene una parte decisiva nella conquista della Bretagna. I suoi meriti vengono riconosciuti, in alto, tanto che il 19 luglio è promosso Generaloberst (colonnello generale); ma il comandante di una delle divisioni del suo corpo d’armata è un certo Erwin Rommel, giovane, amico del Führer. La parte del leone, in fatto di popolarità, tocca a Rommel e – in parte minore – al coriaceo Guderian: Hoth, per il grande pubblico, resta quasi uno sconosciuto. Il 22 giugno 1941, quando ha inizio l’Operazione Barbarossa contro l’Unione Sovietica, Hoth è in prima linea, alla testa del 3° Raggruppamento Panzer del Gruppo d’Armate Centro agli ordini di von Bock. La sua entrata in azione è fulminea. La sera del 25 giugno è già avanzato di 230 chilometri in direzione di Vilnius-Minsk, malgrado l’accanita resistenza dei russi. Al momento della battaglia di Smolensk è aggregato alla 4ª Armata di von Kluge e partecipa all’Operazione Typhoon per tagliare le ferrovie Rjev-Vjažma e Vjažma-Mosca, e riesce ad aprire una breccia di 35 chilometri tra la 30ª e la 19ª Armata sovietica, mettendo così in crisi le retrovie russe del fronte ovest. Ma sul resto dell’immenso fronte, in quel tragico inverno 1941-42, le cose non vanno affatto bene. Prima ancora che il comandante superiore von Brauchitsch venga allontanato dallo stesso Hitler, Hoth si trova sostituito dal generale Reinhardt per un contrasto avuto con I’OKH. Tuttavia, Hitler ci ripensa, e Hoth assume il comando della 17ª Armata del Gruppo Sud. Siamo all’estate 1942; per la seconda estate consecutiva la Wehrmacht scatta all’assalto; non più su tutto l’immenso fronte ma soltanto sul settore meridionale ucraino. Trasferito al comando della 4ª Armata Panzer del Gruppo d’armate 8 di von Bock (poco dopo sostituito da von Weichs) Hoth il 15 luglio raggiunge Morozovsk e Millerovo. È ancora un’avanzata travolgente; ma le ore difficili si avvicinano. Un ordine di Hitler lo distoglie dalla direttiva su Stalingrado e lo scaglia verso Rostov. I carri armati di Hoth si imbattono in una resistenza accanita, i rifornimenti e i rimpiazzi si fanno problematici, il carburante non affluisce con la regolarità voluta, le retrovie sono insidiate dai partigiani. Hoth per la prima volta fallisce in un compito che gli era stato affidato, non riesce ad «annientare» i resti del fronte sud di Malinovski. Ce la fa, comunque, a forzare il Don.

Hitler lo delude Sul suo fianco sinistro, intanto, si delinea la catastrofe di Stalingrado. L’intera 6ª Armata di Paulus è circondata con più di 200.000 uomini. Hitler vieta qualsiasi ritirata, Paulus deve asserragliarsi nella sacca e resistere finché verrà «liberato», senza abbandonare le sponde del Volga. Il compito di liberarlo è affidato a Hoth, sotto la supervisione del comandante superiore del fronte sud che è von Manstein. È la famosa Operazione «Tempesta d’inverno». A tutta prima l’offensiva ha successo, la 4ª Armata corazzata avanza per 120 chilometri a nord-est di Kotelnikovski verso Stalingrado, ad ambo i lati della linea ferroviaria che unisce le due città. Il 19 dicembre è a 65 chilometri dalla periferia di Stalingrado, il 21 è a 42 chilometri. Attraverso le steppe nevose le truppe assediate della 6ª Armata possono vedere, di notte, i segnali luminosi dei loro soccorritori. Ma è l’ultimo tentativo. Paulus chiede l’autorizzazione di fare una sortita, Hitler la rifiuta. La resistenza russa si fa più rigida. Hoth non riesce a superare i pochi chilometri che lo separano dalla città che reca il nome di Stalin. Non solo, ma in quegli stessi giorni, senza che Hoth lo sappia, l’Armata Rossa ha attaccato più a nord. La notte del 22 dicembre reca con sé la fine d’ogni speranza. Hoth riceve da Manstein l’ordine di sospendere l’avanzata verso Stalingrado, di avviare una delle sue tre divisioni (e precisamente quella di Rauss) verso il Don e di difendersi come può con le rimanenti forze. A questo punto Hoth ha ormai perso ogni fiducia in Hitler ma è un soldato e continua a ubbidire. L’unità di Hoth viene respinta dalla 51ª Armata e dalla 2ª Armata della Guardia sovietiche. Il 4 marzo passa di nuovo all’attacco contro la 3ª Armata blindata russa del fronte sud-ovest e riprende Kharkov il 14. Poi, per più di tre mesi, il fronte si fa silenzioso, le armi tacciono, è la stagione della «rasputiza», il fango implacabile che separa gli avversari. Hoth ritorna a combattere nell’ambito dell’Operazione Cittadella, della quale è uno dei protagonisti (pur senza essersi mai espresso, e questo è significativo, né a favore né contro). Il Generaloberst, ormai quasi sessantenne, è a capo della 4ª Armata panzer «la più forte unità che sia mai stata affidata ad un unico comandante nell’esercito tedesco». La lotta è atroce; otto giorni di un «inimmaginabile carosello» fra centinaia e centinaia di carri armati. Il giorno 12 luglio i blindati della Guardia di Rotmistrov passano al contrattacco. Hoth è fermato. Non c’è più nulla da fare: è la fine, per «Cittadella» e per ogni rimanente speranza tedesca di potere un giorno riprendere l’iniziativa. Gli ultimi mesi dell’attività bellica di Hoth sono amari. Rimproverato da Hitler per «non avere tenuto duro a sufficienza», deve ancora subire una seconda controffensiva sovietica che il 23 agosto libera Kharkov. Siamo ormai alla battaglia del Dnepr, se il nemico riesce a varcarlo minaccia di far crollare l’intero schieramento tedesco. Il 30 novembre, prendendo occasione da un ripiegamento di pochi chilometri da parte di un’unità subordinata, Hitler destituisce Hoth, senza alcun riconoscimento per l’attività svolta, e lo sostituisce col generale Rauss. Hoth mantiene a stento il diritto di indossare la divisa. La sua carriera è finita, il suo nome sparisce. Morirà quasi trent’anni più tardi, nel 1971, a Gosslar nella sua bassa Sassonia. A differenza di quasi tutti gli altri generali tedeschi, non ha lasciato interviste, memoriali, testimonianze. Ha preferito, fedele a se stesso sino in fondo, mantenere il silenzio.

Soltanto nel 1918 ottiene un compito sul fronte francese, ma sempre come ufficiale di<br />

Stato Maggiore con incarichi organizzativi presso la 30ª Divisione di fanteria.<br />

Amico e discepolo di Seeckt non ha difficoltà, negli anni del «grande caos» seguiti a<br />

Versailles, per essere scelto a far parte della piccola Reichswehr che gli Alleati<br />

consentono alla sconfitta Germania di mettere in piedi. Le promozioni si susseguono con<br />

regolarità, senza salti straordinari. Nel 1923 è maggiore, nel febbraio 1929 tenente<br />

colonnello, nel 1932 colonnello e nominato comandante a Lueben. Maggiore generale,<br />

assume poi il comando della 18ª Divisione e il 1° ottobre 1936 è promosso tenente<br />

generale. Nel 1938, quando Hitler ha ormai avviato il potenziamento del suo nuovo<br />

esercito, diventa comandante del 15° Corpo d’armata, con il grado di generale a pieno<br />

titolo, cioè General der Infanterie.<br />

Comincia a questo punto, per il generale Hoth, la grande avventura della guerra. Sui<br />

campi della Polonia il suo corpo corazzato ha l’incarico di proteggere il fianco sud<br />

dell’armata Reichenau contro le forze polacche nella zona di Cracovia: usando «a<br />

valanga» i suoi carri nei punti più delicati del fronte riesce ad impedire alle unità<br />

nemiche il passaggio della Vistola e nella notte del 10 settembre 1939 ottiene la<br />

capitolazione di interi gruppi dell’esercito polacco guadagnandosi l’ambita Croce di<br />

Cavaliere dell’Ordine della Croce di Ferro. Nella campagna di Francia (maggio – giugno<br />

1940) forza a Dinant il passaggio sulla Mosa e si porta in una corsa vertiginosa fino alla<br />

costa delle Fiandre, quindi sfonda con i suoi reparti corazzati la linea Weygand sulla<br />

Somme, si spinge rapidamente oltre la Senna e sostiene una parte decisiva nella<br />

conquista della Bretagna. I suoi meriti vengono riconosciuti, in alto, tanto che il 19<br />

luglio è promosso Generaloberst (colonnello generale); ma il comandante di una delle<br />

divisioni del suo corpo d’armata è un certo Erwin Rommel, giovane, amico del Führer.<br />

La parte del leone, in fatto di popolarità, tocca a Rommel e – in parte minore – al<br />

coriaceo Guderian: Hoth, per il grande pubblico, resta quasi uno sconosciuto.<br />

Il 22 giugno 1941, quando ha inizio l’Operazione Barbarossa contro l’Unione Sovietica,<br />

Hoth è in prima linea, alla testa del 3° Raggruppamento Panzer del Gruppo d’Armate<br />

Centro agli ordini di von Bock. La sua entrata in azione è fulminea. La sera del 25<br />

giugno è già avanzato di 230 chilometri in direzione di Vilnius-Minsk, malgrado l’accanita<br />

resistenza dei russi. Al momento della battaglia di Smolensk è aggregato alla 4ª Armata<br />

di von Kluge e partecipa all’Operazione Typhoon per tagliare le ferrovie Rjev-Vjažma e<br />

Vjažma-Mosca, e riesce ad aprire una breccia di 35 chilometri tra la 30ª e la 19ª Armata<br />

sovietica, mettendo così in crisi le retrovie russe del fronte ovest. Ma sul resto<br />

dell’immenso fronte, in quel tragico inverno 1941-42, le cose non vanno affatto bene.<br />

Prima ancora che il comandante superiore von Brauchitsch venga allontanato dallo<br />

stesso Hitler, Hoth si trova sostituito dal generale Reinhardt per un contrasto avuto con<br />

I’OKH. Tuttavia, Hitler ci ripensa, e Hoth assume il comando della 17ª Armata del<br />

Gruppo Sud.<br />

Siamo all’estate 1942; per la seconda estate consecutiva la Wehrmacht scatta<br />

all’assalto; non più su tutto l’immenso fronte ma soltanto sul settore meridionale<br />

ucraino. Trasferito al comando della 4ª Armata Panzer del Gruppo d’armate 8 di von<br />

Bock (poco dopo sostituito da von Weichs) Hoth il 15 luglio raggiunge Morozovsk e<br />

Millerovo. È ancora un’avanzata travolgente; ma le ore difficili si avvicinano. Un ordine<br />

di Hitler lo distoglie dalla direttiva su Stalingrado e lo scaglia verso Rostov. I carri armati<br />

di Hoth si imbattono in una resistenza accanita, i rifornimenti e i rimpiazzi si fanno<br />

problematici, il carburante non affluisce con la regolarità voluta, le retrovie sono<br />

insidiate dai partigiani. Hoth per la prima volta fallisce in un compito che gli era stato<br />

affidato, non riesce ad «annientare» i resti del fronte sud di Malinovski. Ce la fa,<br />

comunque, a forzare il Don.

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