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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Per la prima volta sul fronte russo si assiste ora ad un mutamento tattico messo in atto<br />

dai germanici nell’uso dell’arma corazzata. Nei punti più difficili del fronte, dove è<br />

necessario uno sfondamento diretto ad ogni costo, i tedeschi avanzano con una<br />

successione di cunei corazzati chiamati Panzerkeile – dove i pochi Tiger e Ferdinand<br />

disponibili sono collocati alla punta del cuneo, i Panther e i Pz.Kpfw. IV sono aperti a<br />

ventaglio ai due lati; in mezzo si muovono i semicingolati trasporto-truppe dei<br />

Panzergrenadieren, e la fanteria, che dispone soltanto di armamento leggero, carabine<br />

e bombe a mano. È chiaro che in questa svolta decisiva della guerra il carro armato non<br />

è più l’arma prodigiosa che irrompe di sorpresa nel fronte nemico, lo infrange e penetra<br />

in profondità lasciando alle lente fanterie il compito di sfruttare e perfezionare il<br />

successo. Qui ormai, come del resto ha fatto pochi mesi prima Montgomery a El-<br />

Alamein, dove il difensore dispone più o meno della stessa potenza di fuoco<br />

dell’attaccante, le forze corazzate finiscono per trovarsi «ridimensionate», piaccia o no,<br />

a «elemento pesante di rottura» in appoggio della fanteria che ritorna ad essere<br />

«regina delle battaglie».<br />

Agli attacchi tedeschi i russi rispondono attuando un concentramento massiccio delle<br />

artiglierie. Le bocche da fuoco sono raggruppate fino ad un massimo di dieci cannoni<br />

anticarro posti sotto un unico comandante: questi pezzi concentrano il fuoco su un<br />

singolo bersaglio alla volta. Naturalmente i campi minati, estremamente fitti, sono stati<br />

predisposti dai sovietici in modo da attirare il più possibile i carri armati attaccanti nei<br />

campi di tiro di questi Pakfronte, che erano scaglionati in profondità per oltre otto<br />

chilometri.<br />

Fin dal primo giorno la lotta è feroce, nubi di fumo biancastro provenienti dai campi di<br />

grano che bruciano sono appena interrotte qua e là da chiazze di fumo più nero e denso<br />

di carri armati in fiamme, il crepitio continuo delle armi leggere è sovrastato dal<br />

cannoneggiamento dei pezzi da 76 russi e dal sibilo dei razzi Katiuscia. Là dove i<br />

tedeschi sono riusciti ad avanzare verso la seconda linea di difesa sovietica restano<br />

ancora nugoli di cecchini, a volte nascosti in buche di terra ricoperte di frasche, che<br />

sparano ai genieri intenti a bonificare i campi di mine. Durante la notte i russi spostano i<br />

loro carri armati e li fanno attestare su posizioni defilate preparate nelle settimane<br />

precedenti.<br />

Delle due branche della tenaglia che devono convergere su Kursk, l’ala settentrionale,<br />

quella di Model, si trova presto in condizioni difficilissime. Quello che negli ultimi mesi<br />

della guerra diventerà il maresciallo preferito di Hitler, l’uomo «duro come un macigno»,<br />

attacca con tre corpi corazzati (46°, 47° e 41°) disposti a triangolo con la punta in<br />

avanti. Alla sera del 7 luglio il 47° Corpo (generale Rauss) riesce a raggiungere<br />

Olkhovatka, ad una ventina di chilometri dalla linea di partenza, ma violenti<br />

contrattacchi obbligano i tedeschi a ritornare indietro dopo una mischia furibonda nel<br />

corso della quale alcuni villaggi sono passati di mano «fino a quattro volte». Con questa<br />

azione la 9ª Armata di Model ha compiuto il massimo sforzo, non conseguirà più alcun<br />

progresso. Soprattutto hanno deluso i giganteschi carri armati Ferdinand.<br />

Tremendamente efficaci contro i T-34, si rivelano inutili contro le fanterie trincerate, in<br />

quanto mancano di armamento secondario. I fanti sovietici saltano sugli scafi dei carri<br />

in movimento e infilano i lanciafiamme nei fori di ventilazione sopra il motore.<br />

Ecco come si esprime Guderian nel suo libro Memorie di un soldato: «… I Ferdinand<br />

erano inadatti al combattimento a corta distanza perché non avevano sufficiente<br />

munizionamento (cioè di proiettili ad alto esplosivo e perforanti) per i loro cannoni, e<br />

questo difetto era aggravato dal fatto che non possedevano mitragliatrici. Una volta che<br />

i Ferdinand erano penetrati nella zona della fanteria nemica, dovevano letteralmente<br />

andare a caccia di quaglie col cannone. Essi non riuscirono a neutralizzare, non

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