SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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20.05.2013 Views

sufficienti da dieci a dodici divisioni panzer con relativa fanteria d’appoggio. Hitler non è del tutto convinto. «È vero», dice il Führer, «che cinque sole divisioni erano bastate per riprendere Kharkov» ma quella vittoria era stata conseguita grazie all’impiego dei Tiger, «un solo battaglione dei quali valeva una normale panzerdivision». Per l’offensiva che scatenerà in estate Hitler vuole anche dei Panther. Ma la produzione dei Panther va a rilento, subisce una quantità di intralci (compresa una lunga diatriba sul cannone che avrebbero dovuto adoperare, a canna lunga o a canna corta) ed è limitata a non più di dodici unità la settimana. Sullo sfondo si acuisce anche un caratteristico contrasto fra il capo di Stato Maggiore dell’OKW (e cioè Jodl) che aveva giurisdizione su tutti i fronti «meno quello orientale» e il capo di Stato Maggiore dell’OKH (e cioè Zeitzler) la cui competenza era ristretta al solo fronte russo, senza doversi interessare degli altri teatri di guerra. Jodl era decisamente contrario all’Operazione Cittadella, fino quasi a sfiorare l’insubordinazione nei confronti del suo capo, Keitel, più ligio alle singole parole di Hitler, perché riteneva che fosse troppo pericoloso impegnare interamente la riserva strategica, mentre si profilava la minaccia di nuove crisi, soprattutto nel Mediterraneo e forse anche in Norvegia. Zeitzler replicava che la Wehrmacht era in quel momento così debole sul fronte orientale che non poteva rimanere ferma e «aspettare di essere colpita» ma doveva fare qualcosa per costringere i russi a sparare. Solo Hitler conosceva tutti gli elementi del quadro strategico, militari, politici ed economici: i generali non avevano che una visione limitata al proprio settore. In conclusione, quasi tutti coloro che sostenevano l’operazione erano generali comandanti sul fronte russo tranne Model che si dichiarò in disaccordo con i colleghi, mentre quelli che erano contrari, ad eccezione di Guderian, appartenevano all’OKW e non conoscevano nemmeno le consistenze militari di cui la Germania ancora disponeva sullo stesso fronte russo. Quanto a Guderian, le sue valutazioni erano prudenziali, ma il suo giudizio era ugualmente alterato dal risentimento, per non dire un vero odio, che lo separava da Kluge, il quale era poi il generale che insieme a Manstein avrebbe dovuto guidare l’azione. Anche nelle cerimonie ufficiali i due uomini non si parlavano. Si giunse al punto che in maggio Kluge scrisse a Hitler chiedendogli il permesso di sfidare a duello l’Ispettore generale. Kluge, comandante in capo del Gruppo Armate Centro, era decisamente a favore dell’Operazione Cittadella e gli fu facile presentare l’opposizione di Guderian a Cittadella come motivata dal timore dello stesso Guderian di vedere diminuiti i suoi poteri. Per questo motivo molti generali finirono per favorire l’operazione: soltanto perché Guderian, che era straordinariamente malvisto dalla maggioranza della Generalitat, vi si opponeva. Una nuova riunione per decidere se scatenare o meno l’offensiva si tenne alla Reichskanzlei il 10 maggio. Si parlò soprattutto dei nuovi carri armati Panther, di cui Hitler intendeva avere a disposizione un numero consistente da lanciare nell’offensiva. Soltanto 130 di questi carri armati erano stati sino allora effettivamente completati e di questi meno di cento erano stati consegnati. Speer dichiarò che le prime difficoltà erano state superate, che l’obiettivo prefissato di 250 unità mensili poteva essere comodamente superato e che per il 31 maggio sarebbero stati disponibili 324 carri armati. Venne allora fissata una data approssimativa: il 23 giugno. Alla fine della riunione Guderian si avvicinò a Hitler ed ebbe luogo la famosa conversazione nel corso della quale il Führer ammise che la sola idea dell’Operazione Cittadella «gli faceva rivoltare lo stomaco». Guderian propose allora di rinunciare ad attaccare in oriente, per quell’anno. Intervenne Keitel, dicendo: «Dobbiamo attaccare per ragioni politiche». Era evidente che ripeteva le parole di Hitler, ma Guderian finse di non capire e ribatté: «Quanta gente pensate che sappia dove è Kursk? Il mondo se ne

infischia profondamente se noi teniamo o non teniamo Kursk… ». Hitler chiuse la discussione dicendo semplicemente che non aveva ancora deciso. Ma lasciò che i preparativi andassero avanti. Lucy, la spia «rossa» Nel frattempo i russi non stanno con le mani in mano. Già dall’aprile, quasi certamente in base ad informazioni pervenute da «Lucy» in Svizzera, il generale Vatutin fa una valutazione, notevolmente precisa, delle intenzioni tedesche. Nei due mesi che seguono, i sovietici si preoccupano di accumulare sui fianchi del saliente carri armati e cannoni. Allo scopo di coordinare i tre «fronti» interessati e preparare i piani di una controffensiva, la Stavka manda a Kursk, alla fine dello stesso aprile, Žukov e Vasilevskij. Essi prevedono (con ragione) che il peso principale dell’attacco, lo «Schwerpunkt» dei manuali tattici germanici, sarebbe ricaduto sul «Fronte di Voronež» di Vatutin, davanti a Belgorod, e schierano in quel settore due armate veterane dei combattimenti di Stalingrado (la 7ª e la 7ª Guardie) e la 1ª Armata corazzata carri, tutte molto forti. Il grosso del saliente si trova nell’ambito del «Fronte centrale» di Rokossovskij e riceve continui rinforzi di artiglieria: a fine giugno si trovano ammassati più reggimenti di artiglieria che di fanteria e si raggiunge nel settore la cifra favolosa di oltre ventimila pezzi, di cui 6000 cannoni anticarro da 76,2 mm e 920 lanciarazzi multipli Katiuscia. Le mine anticarro e antiuomo raggiungono la densità di oltre 4000 su poco più di un chilometro e mezzo. Le truppe sono accuratamente istruite su come reagire al previsto attacco tedesco. Un capitano dell’Armata Rossa scrisse che la sua brigata «… contemplava cinque possibili posti nei quali i tedeschi avrebbero potuto colpire, e per ciascuno di questi posti noi sapevamo accanto a chi avremmo combattuto, quali sarebbero stati i rincalzi e i posti di comando. La brigata è dislocata più indietro, ma le trincee e i ripari sono più avanti e sappiamo quale è la via che dovremo percorrere per raggiungerli. Il terreno, sul quale abbiamo fatto delle ricognizioni topografiche, è cosparso di segnali indicatori. Conosciamo la profondità dei corsi d’acqua e la portata massima dei ponti. I collegamenti con la divisione sono stati raddoppiati, sono stati previsti codici e sistemi di segnalazioni. I nostri uomini, che vengono spesso posti in stato di allarme di giorno e di notte, si sono familiarizzati con il loro compito in qualsiasi eventualità… ». Negli ultimi giorni di giugno, l’ordine di battaglia dei tedeschi assume la sua forma definitiva: il numero delle divisioni corazzate è portato, dalle dieci originariamente previste, a diciassette, sia pure togliendo al resto del fronte la sua protezione di forze corazzate. Nella sua 9ª Armata, Model conta non meno di tre corpi d’armata corazzati e due corpi d’armata di fanteria d’appoggio. All’ala meridionale, la 6ª Armata corazzata di Hoth è la più forte unità che sia mai stata affidata ad un unico comandante nell’esercito tedesco. Essa comprende da ovest a est le seguenti unità: 3ª Panzerdivision, Grossdeutschland, 11ª Panzerdivision, SS Leibstandarte, SS Das Reich, SS Tötenkopf, 6ª Panzerdivision, 19ª Panzerdivision, 7ª Panzerdivision, nove delle migliori divisioni dell’esercito tedesco schierate fianco a fianco su nemmeno cinquanta chilometri di fronte, e ancora, come rincalzo suppletivo, tre corpi d’armata di fanteria! Il comando sovietico è bene informato. Il 2 luglio la Stavka avvisa i comandanti al fronte di aspettarsi l’attacco in qualsiasi momento fra il 3 e il 6. Nella notte fra il 3 e il 4 un disertore cecoslovacco di un battaglione di genieri del 3° Corpo d’armata riferisce che a tutti i reparti è stata fatta una distribuzione extra di acquavite e sono state consegnate

sufficienti da dieci a dodici divisioni panzer con relativa fanteria d’appoggio. Hitler non è<br />

del tutto convinto. «È vero», dice il Führer, «che cinque sole divisioni erano bastate per<br />

riprendere Kharkov» ma quella vittoria era stata conseguita grazie all’impiego dei Tiger,<br />

«un solo battaglione dei quali valeva una normale panzerdivision». Per l’offensiva che<br />

scatenerà in estate Hitler vuole anche dei Panther.<br />

Ma la produzione dei Panther va a rilento, subisce una quantità di intralci (compresa<br />

una lunga diatriba sul cannone che avrebbero dovuto adoperare, a canna lunga o a<br />

canna corta) ed è limitata a non più di dodici unità la settimana. Sullo sfondo si acuisce<br />

anche un caratteristico contrasto fra il capo di Stato Maggiore dell’OKW (e cioè Jodl)<br />

che aveva giurisdizione su tutti i fronti «meno quello orientale» e il capo di Stato<br />

Maggiore dell’OKH (e cioè Zeitzler) la cui competenza era ristretta al solo fronte russo,<br />

senza doversi interessare degli altri teatri di guerra. Jodl era decisamente contrario<br />

all’Operazione Cittadella, fino quasi a sfiorare l’insubordinazione nei confronti del suo<br />

capo, Keitel, più ligio alle singole parole di Hitler, perché riteneva che fosse troppo<br />

pericoloso impegnare interamente la riserva strategica, mentre si profilava la minaccia<br />

di nuove crisi, soprattutto nel Mediterraneo e forse anche in Norvegia. Zeitzler replicava<br />

che la Wehrmacht era in quel momento così debole sul fronte orientale che non poteva<br />

rimanere ferma e «aspettare di essere colpita» ma doveva fare qualcosa per costringere<br />

i russi a sparare.<br />

Solo Hitler conosceva tutti gli elementi del quadro strategico, militari, politici ed<br />

economici: i generali non avevano che una visione limitata al proprio settore. In<br />

conclusione, quasi tutti coloro che sostenevano l’operazione erano generali comandanti<br />

sul fronte russo tranne Model che si dichiarò in disaccordo con i colleghi, mentre quelli<br />

che erano contrari, ad eccezione di Guderian, appartenevano all’OKW e non<br />

conoscevano nemmeno le consistenze militari di cui la Germania ancora disponeva sullo<br />

stesso fronte russo. Quanto a Guderian, le sue valutazioni erano prudenziali, ma il suo<br />

giudizio era ugualmente alterato dal risentimento, per non dire un vero odio, che lo<br />

separava da Kluge, il quale era poi il generale che insieme a Manstein avrebbe dovuto<br />

guidare l’azione. Anche nelle cerimonie ufficiali i due uomini non si parlavano. Si giunse<br />

al punto che in maggio Kluge scrisse a Hitler chiedendogli il permesso di sfidare a duello<br />

l’Ispettore generale. Kluge, comandante in capo del Gruppo Armate Centro, era<br />

decisamente a favore dell’Operazione Cittadella e gli fu facile presentare l’opposizione di<br />

Guderian a Cittadella come motivata dal timore dello stesso Guderian di vedere diminuiti<br />

i suoi poteri. Per questo motivo molti generali finirono per favorire l’operazione: soltanto<br />

perché Guderian, che era straordinariamente malvisto dalla maggioranza della<br />

Generalitat, vi si opponeva.<br />

Una nuova riunione per decidere se scatenare o meno l’offensiva si tenne alla<br />

Reichskanzlei il 10 maggio. Si parlò soprattutto dei nuovi carri armati Panther, di cui<br />

Hitler intendeva avere a disposizione un numero consistente da lanciare nell’offensiva.<br />

Soltanto 130 di questi carri armati erano stati sino allora effettivamente completati e di<br />

questi meno di cento erano stati consegnati. Speer dichiarò che le prime difficoltà erano<br />

state superate, che l’obiettivo prefissato di 250 unità mensili poteva essere<br />

comodamente superato e che per il 31 maggio sarebbero stati disponibili 324 carri<br />

armati. Venne allora fissata una data approssimativa: il 23 giugno.<br />

Alla fine della riunione Guderian si avvicinò a Hitler ed ebbe luogo la famosa<br />

conversazione nel corso della quale il Führer ammise che la sola idea dell’Operazione<br />

Cittadella «gli faceva rivoltare lo stomaco». Guderian propose allora di rinunciare ad<br />

attaccare in oriente, per quell’anno. Intervenne Keitel, dicendo: «Dobbiamo attaccare<br />

per ragioni politiche». Era evidente che ripeteva le parole di Hitler, ma Guderian finse di<br />

non capire e ribatté: «Quanta gente pensate che sappia dove è Kursk? Il mondo se ne

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