SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
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La battaglia dei convogli Marzo e aprile del 1943 sono i mesi cruciali per la Marina italiana impegnata nel rifornimento del fronte tunisino La battaglia dei convogli, combattuta nel Mediterraneo dal 1940 al 1943, rappresentò la principale parte delle operazioni condotte dalla nostra Marina Militare: far giungere i necessari rifornimenti all’Armata d’Africa fu una guerra dura e sanguinosa che toccò i vertici – come scrive Giorgio Giorgerini ne La battaglia dei convogli in Mediterraneo, Mursia, Milano 1977 – durante il bimestre marzo-aprile 1943. Potremmo dire che da un punto di vista della condotta centrale delle operazioni la ininterrotta battaglia sulla rotta per la Tunisia cessò alla fine di marzo 1943 con le due lettere di Supermarina, del 27 e del 28 marzo, al Comando Supremo. Nella prima si leggeva: «… Non è più possibile adoperare i pochi cacciatorpediniere rimasti in altre missioni di trasporto truppe, che inevitabilmente provocherebbero nuove perdite. Occorre anche ridurre l’attività per la posa di mine. Ogni sforzo sarà fatto per ripristinare l’efficienza dei cacciatorpediniere fortemente danneggiati, attualmente in riparazione, al fine di potere al più presto possibile disporre anche di 9 unità per l’accompagnamento, minimo indispensabile, delle tre corazzate tipo “Vittorio Veneto”». Nella comunicazione del giorno seguente si leggeva: «È assolutamente sconsigliabile, da ogni punto di vista, insistere nel voler trasportare truppe in Tunisia per via di mare… La probabilità di passare si fa ogni giorno più scarsa. Il rischio è ancora accettabile per il materiale, ma non lo è più per gli uomini. Ogni trasporto truppe affondato corrisponde negli effetti materiali ad una battaglia perduta ed ha riflessi ancora più gravi nel campo morale. Nell’attuale situazione marittima tutti i trasporti di truppe per la Tunisia debbono essere affidati alla via aerea… … In questa guerra che per noi è tutta oltremare e nella quale abbiamo di fronte la più vasta coalizione aeronavale che si potesse concepire, l’aspetto marittimo e navale delle operazioni è decisivo… Se si considera soltanto il problema della Tunisia, può apparire che l’apporto di qualche migliaio di uomini meriti di essere pagato a qualunque prezzo presente e futuro. Ma se si considera il problema nel suo insieme è nostro assoluto dovere sottoporre ogni decisione al freddo esame obiettivo di tutti gli aspetti, anche quando sia necessario guardare in faccia una dura realtà». Quale fosse ormai l’atmosfera finale della crisi lo stanno a dimostrare questi due messaggi del 9 aprile quando il traffico fu interrotto per avverse condizioni meteorologiche: «Da Comando Supremo a Supermarina: Evidenti ragioni morali e militari impongono continuare ogni sforzo per inviare in Tunisia reparti germanici et reparti italiani nell’ordine previsto et relativi rifornimenti». «Da Supermarina a Comando Supremo: Si assicura che ogni sforzo sarà fatto da questo Supermarina per riprendere traffico con Tunisia appena miglioreranno condizioni meteorologiche, attualmente assolutamente proibitive per qualsiasi tipo di nave». Il 22 aprile successivo il Comando Supremo, nel corso di una riunione, dovette prendere atto della critica e disperata situazione in cui ci trovavamo ormai per alimentare contemporaneamente il traffico con la Tunisia, la Sicilia, la Sardegna e la Corsica, mentre continuava dal 1940 quello con la Grecia e l’Egeo. In questo quadro drammatico navi e marinai continuarono ad andare per mare, combattendo minuto per minuto, lottando, sacrificandosi, morendo perché almeno un poco di quell’ancora più poco che partiva potesse raggiungere i soldati che in prima linea si battevano per ritardare il dilagare dei mezzi nemici. Nel mese di marzo non si
ebbero perdite sino al giorno 7, ma dall’8 al 31 si ebbe una grande attività degli aerei e dei sommergibili nemici. Andarono perdute in mare dieci navi mercantili, metà per azione aerea e metà per attacco subacqueo. e sette navi militari. A queste unità si aggiunsero quelle perdute nei porti: diciotto mercantili, sei navi militari, tredici motovelieri. Considerando le navi danneggiate e le dodici perdute in altri scacchieri, si possono comprendere le preoccupazioni e le situazioni in cui si veniva a trovare la Marina. Eventi degni di rilievo furono quelli del 12 aprile che riguardò il convoglio «D», la cui scorta abbatté un aerosilurante ed affondò il sommergibile britannico Thunderbolt. Nella stessa giornata quattro cacciatorpediniere della Royal Navy che dirigevano per intercettare il nostro traffico si scontrarono con le motosiluranti italiane della 7ª Squadriglia che riuscirono ad affondare il Lightning e ad evitare l’attacco contro il convoglio «Roselli» che era in navigazione da Napoli per Biserta. Uno dei più pesanti attacchi aerei contro un convoglio si ebbe il 20 marzo quando ventuno bombardieri quadrimotori B.24 «Liberator» e venticinque caccia pesanti bimotori P.38 «Lightning» attaccarono le motonavi Marco Foscarini e Nicolò Tommaseo, senza però colpirle e perdendo invece due aerei abbattuti uno dalla torpediniera Antares e un altro dalla scorta aerea germanica. In quello stesso periodo le nostre scorte ottennero successi non indifferenti contro gli aerei avversari e danneggiando anche alcuni sommergibili. Con l’arrivo del mese di aprile si compì il destino della nostra guerra in Africa. La resistenza delle truppe italo-germaniche era ormai allo stremo. In quel mese si perdettero sulla «rotta della morte» ventitré navi mercantili e quindici militari, mentre altre diciassette mercantili e quattordici militari si persero nei porti ed a cui si aggiunse la distruzione di trentuno motovelieri. In altri scacchieri si persero dodici mercantili e quattordici motovelieri. È chiaro come non fosse più possibile protrarre più di qualche settimana lo sforzo bellico al fine di mantenere una qualche presenza militare in Tunisia. Il 16 aprile si ebbe lo scontro tra le nostre torpediniere Cigno e Cassiopea, di scorta avanzata ad un convoglio, ed i caccia britannici Pakenham e Paladin. La Cigno affondò centrata da un siluro ma non prima di avere danneggiato così gravemente il Pakenham che non potendo poi raggiungere a rimorchio Malta venne fatto affondare ad opera del Paladin. Il 24 aprile le corvette Gabbiano ed Euterpe affondarono il sommergibile Sahib che aveva affondato il piroscafo Galiola da esse scortato. Il giorno 28 si ebbe lo scontro tra la torpediniera Sagittario, di scorta ad un piroscafo, e tre moto-siluranti britanniche. Il fuoco della nostra unità provocò l’affondamento di una motosilurante nemica e il danneggiamento di una seconda. * * * Nella comunicazione giornaliera del 1° maggio 1943 inviata da Supermarina al Comando Supremo si legge: «a) I numerosi arrivi in Mediterraneo di mezzi da sbarco di vario tipo, che si verificano quasi giornalmente, lasciano presumere che, in caso di caduta della Tunisia, il nemico potrà sferrare a brevissima scadenza il previsto attacco contro una delle nostre isole maggiori; b) Il ferreo blocco dei rifornimenti per la Tunisia, posto in essere negli ultimi giorni dal nemico, con grande spiegamento di imponenti mezzi aeronavali, va interpretato come conseguenza della valorosa e accanita resistenza delle nostre truppe sul fronte tunisino. Non avendo potuto infrangerla per urto diretto con la sperata facilità e rapidità, il nemico tende ora a venirne a capo mediante il completo taglio dei rifornimenti». Malgrado le operazioni, operativamente proibitive, denunciate da Supermarina, nella prima settimana di maggio partirono per Tunisi quattro convogli, gli ultimi:
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impegnata nel rifornimento del fronte tunisino<br />
La battaglia dei convogli, combattuta nel Mediterraneo dal 1940 al 1943, rappresentò la<br />
principale parte delle operazioni condotte dalla nostra Marina Militare: far giungere i<br />
necessari rifornimenti all’Armata d’Africa fu una guerra dura e sanguinosa che toccò i<br />
vertici – come scrive Giorgio Giorgerini ne La battaglia dei convogli in Mediterraneo,<br />
Mursia, Milano 1977 – durante il bimestre marzo-aprile 1943.<br />
Potremmo dire che da un punto di vista della condotta centrale delle operazioni la<br />
ininterrotta battaglia sulla rotta per la Tunisia cessò alla fine di marzo 1943 con le due<br />
lettere di Supermarina, del 27 e del 28 marzo, al Comando Supremo. Nella prima si<br />
leggeva: «… Non è più possibile adoperare i pochi cacciatorpediniere rimasti in altre<br />
missioni di trasporto truppe, che inevitabilmente provocherebbero nuove perdite.<br />
Occorre anche ridurre l’attività per la posa di mine. Ogni sforzo sarà fatto per<br />
ripristinare l’efficienza dei cacciatorpediniere fortemente danneggiati, attualmente in<br />
riparazione, al fine di potere al più presto possibile disporre anche di 9 unità per<br />
l’accompagnamento, minimo indispensabile, delle tre corazzate tipo “Vittorio Veneto”».<br />
Nella comunicazione del giorno seguente si leggeva: «È assolutamente sconsigliabile, da<br />
ogni punto di vista, insistere nel voler trasportare truppe in Tunisia per via di mare… La<br />
probabilità di passare si fa ogni giorno più scarsa. Il rischio è ancora accettabile per il<br />
materiale, ma non lo è più per gli uomini. Ogni trasporto truppe affondato corrisponde<br />
negli effetti materiali ad una battaglia perduta ed ha riflessi ancora più gravi nel campo<br />
morale. Nell’attuale situazione marittima tutti i trasporti di truppe per la Tunisia<br />
debbono essere affidati alla via aerea…<br />
… In questa guerra che per noi è tutta oltremare e nella quale abbiamo di fronte la più<br />
vasta coalizione aeronavale che si potesse concepire, l’aspetto marittimo e navale delle<br />
operazioni è decisivo… Se si considera soltanto il problema della Tunisia, può apparire<br />
che l’apporto di qualche migliaio di uomini meriti di essere pagato a qualunque prezzo<br />
presente e futuro. Ma se si considera il problema nel suo insieme è nostro assoluto<br />
dovere sottoporre ogni decisione al freddo esame obiettivo di tutti gli aspetti, anche<br />
quando sia necessario guardare in faccia una dura realtà».<br />
Quale fosse ormai l’atmosfera finale della crisi lo stanno a dimostrare questi due<br />
messaggi del 9 aprile quando il traffico fu interrotto per avverse condizioni<br />
meteorologiche: «Da Comando Supremo a Supermarina: Evidenti ragioni morali e<br />
militari impongono continuare ogni sforzo per inviare in Tunisia reparti germanici et<br />
reparti italiani nell’ordine previsto et relativi rifornimenti».<br />
«Da Supermarina a Comando Supremo: Si assicura che ogni sforzo sarà fatto da questo<br />
Supermarina per riprendere traffico con Tunisia appena miglioreranno condizioni<br />
meteorologiche, attualmente assolutamente proibitive per qualsiasi tipo di nave».<br />
Il 22 aprile successivo il Comando Supremo, nel corso di una riunione, dovette prendere<br />
atto della critica e disperata situazione in cui ci trovavamo ormai per alimentare<br />
contemporaneamente il traffico con la Tunisia, la Sicilia, la Sardegna e la Corsica,<br />
mentre continuava dal 1940 quello con la Grecia e l’Egeo.<br />
In questo quadro drammatico navi e marinai continuarono ad andare per mare,<br />
combattendo minuto per minuto, lottando, sacrificandosi, morendo perché almeno un<br />
poco di quell’ancora più poco che partiva potesse raggiungere i soldati che in prima<br />
linea si battevano per ritardare il dilagare dei mezzi nemici. Nel mese di marzo non si