SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea
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Nessuno può dire se il previsto sfondamento verso la pianura algerina avrebbe dato alle forze italo-tedesche la possibilità di prolungare la resistenza in Tunisia. Certo, il piano di Rommel, che qualche esperto militare ha paragonato a quelli delle grandi battaglie napoleoniche, avrebbe messo ancora più in difficoltà il dispositivo alleato. È un fatto però che gli Alleati erano comunque ben decisi a difendere Tebessa e che dal nord stavano scendendo verso il saliente di Rommel (realizzato anche con l’intervento della divisione corazzata italiana Centauro) nuovi reparti corazzati dotati di carri armati Sherman. A sud di Thala, comunque, si conclude l’avventura di Kasserine, con l’intervento a sorpresa di reparti corazzati inglesi che, a prezzo di durissime perdite impegnano le forze italo-tedesche il 21, fino a spegnerne ogni residua velleità offensiva. Il 23 febbraio all’alba Rommel rinuncia: ora sa bene che, tramontata la possibilità di realizzare il suo piano, si tratta di concentrare tutte le truppe e i mezzi per un solo grande sforzo difensivo al momento in cui l’8ª Armata britannica scatterà sulla linea del Mareth. Le perdite sono state pesanti da ambedue le parti, certo più vistose per il 2° Corpo d’Armata americano, che ha ricevuto un duro battesimo del fuoco. Ma per gli italotedeschi le perdite sono irrimediabili. Non potrà più ripetersi il «miracolo» del novembre 1942, quando prima con la Luftwaffe e i suoi alianti, poi con veloci convogli che avevano attraversato il Canale di Sicilia (sbarcando ogni 24 ore 1500 uomini) von Arnim aveva fatto fallire il tentativo di estendere l’operazione «Torch» alla Tunisia. Gianfranco Romanello La resistenza italo-tedesca sul Mareth La linea del Mareth fu scelta dalle truppe italo-tedesche perché si trattava di un insieme rapidamente ripristinabile di fortificazioni che più d’ogni altra posizione poteva costituire una zona di resistenza efficace al confine libico-tunisino. Costruita dai francesi tra il 1936 e il 1940 in funzione difensiva contro la Libia italiana, la linea è stata smantellata dagli italiani nel giugno del 1940, dopo la caduta della Francia. Poi gli stessi italiani la rimettono in servizio, tra il 1942 e il 1943, quando appare chiaro che l’ultima isola di resistenza dell’Asse in Africa Settentrionale sarà la Tunisia. E saranno i francesi, che l’avevano costruita a doverla espugnare con l’8ª Armata britannica. Il complesso fortificato sbarra l’accesso alla pianura di Gafsa. Rommel punta su questa linea per dare battaglia a Montgomery, rovesciando ancora una volta la situazione a suo favore. Ma per questo conta su un consistente concentramento di forze in Tunisia, grazie all’arrivo di von Arnim con le sue divisioni corazzate. Il 6 marzo scatta l’attacco tedesco. Due colonne di carri armati Tigre escono dai loro trinceramenti e si aprono la strada verso Médenine. È una giornata di dura battaglia al termine della quale, grazie all’efficienza dei cannoni anticarro inglesi e alla superiorità dell’aviazione alleata sulla Luftwaffe, i tedeschi sono respinti. È il colpo finale per Rommel, che già amareggiato profondamente dalla mancata avanzata oltre Kasserine e ormai scettico sulle possibilità di vittoria, lascia tre giorni dopo il comando, rientrando in Germania dove sarà chiamato a predisporre le difese del Vallo Atlantico. Ha lasciato come successore il generale italiano Messe, che dimostrerà grande energia e capacità nel rimettere in sesto l’armata italo-tedesca di Rommel. Il riconoscimento verrà dallo stesso von Arnim: «In soli 20 giorni Messe ha trasformato la 1ª Armata».
620 carri alleati contro i 94 italo-tedeschi Il rovescio subito a Médenine è ben presto sfruttato dagli Alleati. Mentre Montgomery prepara l’attacco frontale contro la linea del Mareth, il generale Alexander, che in quel momento comanda le operazioni in Tunisia (sotto la suprema autorità di Eisenhower) predispone un’offensiva per separare le forze dell’ex armata di Rommel da quelle di von Arnim. L’operazione è affidata al generale americano Patton, che ha sostituito Fredenhall al comando del 2° Corpo d’Armata americano dopo la severa lezione di Kasserine. L’obiettivo è di arrivare alla costa tra Sfax e Gabés, dividendo così in due tronconi l’esercito dell’Asse. L’avanzata di Patton, cui si affiancano anche truppe francesi, comincia il 15 marzo e due giorni dopo il generale americano si congiunge a Gafsa con truppe francesi provenienti da Tozeur. Dopo l’insuccesso di Médenine, poco prima di lasciare per sempre il fronte africano, Rommel aveva proposto il ripiegamento fino ad una linea a 80 chilometri da Tunisi. L’Alto Comando tedesco, partito Rommel, ordina a von Arnim un ripiegamento ancora più drastico, creando un vuoto pericoloso tra i due pilastri della difesa italotedesca. L’energica protesta di Messe induce Kesselring (comandante supremo del settore Sud della Wehrmacht) a far ritornare i tedeschi sulle linee primitive, prima che gli Alleati sfruttino la situazione. È il 16 marzo, anche l’8ª Armata britannica passo all’attacco, con l’appoggio del 2° Corpo d’Armata americano. I rapporti di forza sono in modo schiacciante a favore degli Alleati: 620 carri armati contro 94; in più il dominio dell’aria è completamente nelle mani degli alleati. Tocca alla divisione corazzata italiana Centauro il duro compito di resistere a Gafsa per dodici giorni; il 30° Corpo d’Armata inglese è fermato sul Mareth fino al 22 marzo. La preponderanza degli Alleati, che attaccano in più direzioni, ha poi il sopravvento, e fra il 23 e il 28 marzo tutta un’ala dello schieramento italo-tedesco cede alla manovra di Patton: oltre 4500 italiani sono fatti prigionieri. I tedeschi spostano rapidamente una parte delle forze corazzate dal fronte del Mareth per rintuzzare la puntata offensiva di Patton e in parte l’operazione ha successo: le truppe del generale americano sono ricacciate dalla pianura di Tunisi. Ma ormai è chiaro che le truppe dell’Asse non possono continuare a combattere su tanti fronti diversi senza rischiare di sguarnire pericolosamente uno dei tanti punti d’attacco alleati. Mentre sulla linea del Mareth le successive ondate dell’offensiva di Montgomery incontrano una tenace resistenza e non riescono a sfondare, la 1ª Divisione corazzata americana, attraversando i difficili passi dei monti Matmata, arriva alle spalle dello schieramento italo-tedesco, occupando El-Hamma, a ovest di Gabés. La manovra provoca il precipitoso ripiegamento degli italo-tedeschi dalla linea del Mareth, che rischiava di essere presa alle spalle. Montgomery può riprendere l’avanzata, il 30 marzo occupa Gabés, altri seimila soldati italiani e tedeschi sono fatti prigionieri dagli inglesi. La linea del Mareth è superata e si apre ormai la strada all’ultima battaglia della Tunisia, con la successiva spallata, il 31 marzo, contro le posizioni dell’Asse sull’Uadi Akarit, preceduta dal fuoco di cinquecento cannoni e dal massiccio attacco dell’aviazione. Trenta ore di inferno che spezzano anche la linea di ripiegamento italotedesca alle spalle del Mareth. Eppure la tenacia di Messe, di von Arnim e dei loro uomini porterà le forze dell’Asse ad un’accanita resistenza sull’ultimo lembo di territorio tunisino fino al 12 maggio. Gianfranco Romanello
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Il rovescio subito a Médenine è ben presto sfruttato dagli Alleati. Mentre Montgomery<br />
prepara l’attacco frontale contro la linea del Mareth, il generale Alexander, che in quel<br />
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Fredenhall al comando del 2° Corpo d’Armata americano dopo la severa lezione di<br />
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L’avanzata di Patton, cui si affiancano anche truppe francesi, comincia il 15 marzo e due<br />
giorni dopo il generale americano si congiunge a Gafsa con truppe francesi provenienti<br />
da Tozeur. Dopo l’insuccesso di Médenine, poco prima di lasciare per sempre il fronte<br />
africano, Rommel aveva proposto il ripiegamento fino ad una linea a 80 chilometri da<br />
Tunisi. L’Alto Comando tedesco, partito Rommel, ordina a von Arnim un ripiegamento<br />
ancora più drastico, creando un vuoto pericoloso tra i due pilastri della difesa italotedesca.<br />
L’energica protesta di Messe induce Kesselring (comandante supremo del<br />
settore Sud della Wehrmacht) a far ritornare i tedeschi sulle linee primitive, prima che<br />
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È il 16 marzo, anche l’8ª Armata britannica passo all’attacco, con l’appoggio del 2°<br />
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Alleati: 620 carri armati contro 94; in più il dominio dell’aria è completamente nelle<br />
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Tocca alla divisione corazzata italiana Centauro il duro compito di resistere a Gafsa per<br />
dodici giorni; il 30° Corpo d’Armata inglese è fermato sul Mareth fino al 22 marzo.<br />
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Patton: oltre 4500 italiani sono fatti prigionieri. I tedeschi spostano rapidamente una<br />
parte delle forze corazzate dal fronte del Mareth per rintuzzare la puntata offensiva di<br />
Patton e in parte l’operazione ha successo: le truppe del generale americano sono<br />
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Ma ormai è chiaro che le truppe dell’Asse non possono continuare a combattere su tanti<br />
fronti diversi senza rischiare di sguarnire pericolosamente uno dei tanti punti d’attacco<br />
alleati. Mentre sulla linea del Mareth le successive ondate dell’offensiva di Montgomery<br />
incontrano una tenace resistenza e non riescono a sfondare, la 1ª Divisione corazzata<br />
americana, attraversando i difficili passi dei monti Matmata, arriva alle spalle dello<br />
schieramento italo-tedesco, occupando El-Hamma, a ovest di Gabés.<br />
La manovra provoca il precipitoso ripiegamento degli italo-tedeschi dalla linea del<br />
Mareth, che rischiava di essere presa alle spalle. Montgomery può riprendere l’avanzata,<br />
il 30 marzo occupa Gabés, altri seimila soldati italiani e tedeschi sono fatti prigionieri<br />
dagli inglesi. La linea del Mareth è superata e si apre ormai la strada all’ultima battaglia<br />
della Tunisia, con la successiva spallata, il 31 marzo, contro le posizioni dell’Asse<br />
sull’Uadi Akarit, preceduta dal fuoco di cinquecento cannoni e dal massiccio attacco<br />
dell’aviazione. Trenta ore di inferno che spezzano anche la linea di ripiegamento italotedesca<br />
alle spalle del Mareth.<br />
Eppure la tenacia di Messe, di von Arnim e dei loro uomini porterà le forze dell’Asse ad<br />
un’accanita resistenza sull’ultimo lembo di territorio tunisino fino al 12 maggio.<br />
Gianfranco Romanello