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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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immediato di carattere territoriale», scrive Roberto Battaglia, «il discorso fu ricondotto<br />

nell’ambito della strategia aeronavale prediletta da Churchill. E in questo ambito fu<br />

enunciato il principio che comunque, prima di ogni altra cosa, doveva essere garantita<br />

“la sicurezza delle comunicazioni marittime”».<br />

L’adozione di questo principio comportava due logiche conseguenze: il massimo<br />

impegno nell’Atlantico per sventare la minaccia portata al naviglio alleato dai<br />

sommergibili tedeschi e un’offensiva nel Mediterraneo per chiudere definitivamente<br />

questo mare alle interferenze dell’Asse. L’Italia diventava, a questo punto, il principale<br />

obiettivo strategico. Se dubbi permanevano, erano solo sul modo di raggiungerlo.<br />

Sbarcare in Sardegna e in Corsica per isolare l’intera penisola compiendo il balzo<br />

successivo verso le coste liguri e toscane o prendere terra invece in Sicilia,<br />

assicurandosi il controllo della celebre «portaerei» naturale da cui partivano gli attacchi<br />

più insidiosi alle comunicazioni nel Mediterraneo? «Prevalse questa seconda tesi», scrive<br />

Battaglia, «pur mantenendo in riserva la seconda, cioè la possibilità di occupare l’intera<br />

penisola». Fu una scelta di compromesso e il compromesso, nota ancora Gigli, «generò<br />

nei piani dello stato maggiore del generale Eisenhower le perplessità e le contraddizioni<br />

proprie dell’ibridazione di due diversi temi strategici». Il risultato fu l’operazione Husky:<br />

un assalto anfibio alla Sicilia, rispondente alle necessità mediterranee degli Alleati ma<br />

poco funzionale alla futura conquista dell’Italia.<br />

Ma questi sono già gli sviluppi delle due conferenze successive, la terza conferenza di<br />

Washington («Trident»: 12-25 maggio 1943) e la conferenza di Algeri (29 maggio – 3<br />

giugno 1943). La decisione presa a Casablanca è espressa in termini ancora assai<br />

generici: «Occupazione della Sicilia allo scopo di: 1) rendere più sicura la linea di<br />

comunicazione attraverso il Mediterraneo; 2) allentare la pressione tedesca sul fronte<br />

russo; 3) intensificare la pressione sull’Italia».<br />

Le due sorprese della conferenza di Casablanca furono invece tutte politiche. La prima<br />

riguarda la situazione francese. Invitato a Casablanca, un de Gaulle altezzoso e<br />

riluttante si lasciò finalmente indurre a stringere la mano di Giraud in segno di una<br />

riconciliazione tra francesi che non ebbe, per il momento, altro valore che quello<br />

propagandistico. «Essi cedettero alle nostre pressioni», ha lasciato scritto Churchill, «e<br />

le fotografie di quell’avvenimento non si possono rivedere […] senza scoppiare a<br />

ridere». L’altra sorpresa è rappresentata dall’ormai celebre «improvvisazione» di<br />

Roosevelt, quando senza avvertire nessuno il presidente degli Stati Uniti annunciò ai<br />

giornalisti presenti che gli Alleati avrebbero imposto alle potenze del Tripartito la «resa<br />

incondizionata».<br />

L’iniziativa non mancò di sollevare critiche. Qualcuno ha addirittura sostenuto che<br />

questa formula è servita soltanto a prolungare la guerra e a fare il gioco dei dittatori,<br />

spingendo i loro popoli alla disperazione. Prescindendo da queste osservazioni, che<br />

personalmente non condividiamo, c’è da chiedersi per quale motivo Roosevelt sentì il<br />

bisogno di pronunciare pubblicamente quella frase. Più tardi egli si giustificò dicendo, in<br />

sostanza, che si era trattato di un lapsus. La spiegazione non è molto convincente. Rari<br />

sono i lapsus sulle labbra degli uomini politici. Tutto fa credere, invece, che Roosevelt,<br />

fortemente influenzato dalle reazioni negative suscitate nell’opinione pubblica del suo<br />

paese dal recente compromesso con gli uomini di Vichy nel Nord Africa, avesse voluto<br />

mettere Churchill davanti al fatto compiuto, escludendo una volta per tutte ogni<br />

possibilità di una pace «concordata» che garantisse, in una forma o nell’altra, la<br />

sopravvivenza del fascismo. Tale è l’opinione di Battaglia, e ci sembra la più<br />

ragionevole.<br />

La formula della «resa incondizionata» doveva forse servire anche a tranquillizzare<br />

Stalin, garantendogli che nessuno avrebbe negoziato una pace separata con la

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