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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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guerra lontana dalla Germania e «non fidarsi troppo degli italiani». È un ordine che von<br />

Arnim deve attuare, senza ignorare nello stesso tempo le proteste e le lagnanze di<br />

Rommel che sta ritirandosi velocemente dalla Tripolitania e che preferirebbe, di gran<br />

lunga, abbandonare completamente il «baluardo africano».<br />

Alla fine di dicembre 1942 e nel gennaio 1943, von Arnim riporta un notevole successo<br />

in terra d’Africa respingendo una prima e troppo affrettata offensiva alleata tra Tunisi e<br />

Biserta. Subito dopo, 30 gennaio, si scaglia all’improvviso contro i distaccamenti francesi<br />

insediatisi sulla dorsale tunisina al di sopra della piana di Kairouan e li respinge al di là<br />

del colle Faid.<br />

Ma il rapporto delle forze, tra italo-tedeschi da una parte e gli anglo-americani dall’altra,<br />

dominatori anche del cielo e del mare, è tale che non si può più tentare altro che di<br />

rallentare l’inevitabile caduta finale. Il territorio tenuto dall’Asse si restringe via via; le<br />

unità superstiti dell’Afrikakorps di Rommel, ritiratesi con grande abilità ma anche con<br />

notevoli perdite per duemila miglia da Alamein alla linea del Mareth, si ricongiungono<br />

alle unità italo-tedesche fatte affluire direttamente in Tunisia, due mesi prima,<br />

attraverso la terribile «rotta della morte».<br />

Rommel è malato, stanco, tanto demoralizzato dagli insuccessi quanto prima era<br />

galvanizzato dalle vittorie e viene richiamato o si fa richiamare in patria. In un’atmosfera<br />

molto tesa (per quanto ciò possa avvenire in un ambiente perfettamente organizzato e<br />

rarefatto come un alto comando tedesco) von Arnim assume il comando delle truppe<br />

tedesche nella «fortezza Tunisia». Ma il destino, è segnato, due mesi più tardi tutto è<br />

finito, von Arnim si arrende ed è preso prigioniero. Morirà a Bad Wildungen nel 1962.<br />

Umberto Oddone<br />

La conferenza di Casablanca<br />

All’inizio del 1943 il Nord Africa è in subbuglio. Due mesi prima gli anglo-americani sono<br />

sbarcati in Marocco e in Algeria. L’ammiraglio Darlan ha ordinato di cessare la lotta e<br />

Tobruk è stata riconquistata dagli inglesi. Il 20 novembre è caduta Bengasi e il 29, in un<br />

radiodiscorso, Churchill ha annunciato che presto l’Italia sarà sottoposta ad «attacchi<br />

aerei prolungati, scientifici e annientatori». Le forze dell’Asse stanno per essere<br />

eliminate dal Continente Nero. È venuto il momento di elaborare una strategia per le<br />

fasi successive della guerra.<br />

Roosevelt e Churchill, accompagnati dai rispettivi stati maggiori, si riuniscono<br />

segretamente a Casablanca dal 14 al 26 gennaio1943.<br />

Dalle riunioni degli stati maggiori, alle quali Roosevelt e Churchill non partecipano,<br />

tenendosi però continuamente al corrente, emergono subito alcune divergenze.<br />

Divergenze che, racconta il premier inglese nelle sue memorie, «non derivarono da un<br />

dissidio fra tesi britanniche e tesi americane, ma furono essenzialmente dovute al<br />

contrasto esistente tra i capi di stato maggiore e gli addetti all’ufficio piani combinato».<br />

Churchill era personalmente convinto che il prossimo obiettivo doveva essere costituito<br />

dalla Sicilia e i capi di stato maggiore concordavano con lui. Gli addetti all’ufficio piani<br />

combinato, insieme a lord Mountbatten, favorivano invece un attacco alla Sardegna,<br />

perché erano certi che tale operazione si sarebbe potuta realizzare con almeno tre mesi<br />

di anticipo.<br />

Il nocciolo del problema, come ha messo in rilievo Guido Gigli, era l’esistenza di un<br />

contrasto fra la strategia politica di Churchill e quella militare del generale Marshall. Fu<br />

tale contrasto a determinare, tra uno sbarco sulla penisola e un «obiettivo intermedio»,<br />

la scelta del secondo. «Constatata l’impossibilità di un accordo per un obiettivo

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