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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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sud prima della partenza? Rommel è adesso il comandante del gruppo di armate, ma<br />

non dispone di un suo stato maggiore. O comanda forse Kesselring, che interferisce<br />

anche lui nelle decisioni tramite il capo del suo ufficio operativo, colonnello Westphal,<br />

standosene a Frascati? Nessuno lo sa!».<br />

La verità è che, con il consenso del Führer, è in corso un’operazione di silenzioso<br />

esautoramento di Rommel, ritenuto ormai da tutti troppo stanco e sfiduciato per dare il<br />

giusto ritmo alla guerra in Tunisia, un’operazione che sarà suggellata dalla battaglia di<br />

Médenine.<br />

Qui, in questo importante nodo stradale e di piste nel deserto, si è concentrato il grosso<br />

delle forze di Montgomery. Il 28 febbraio 1943 i generali dell’Asse si riuniscono a Uadi<br />

Akarit per discutere il piano di attacco. Rommel ne propone uno a tenaglia, con un<br />

braccio che stringa dalla costa e l’altro da sud, tra le colline. Messe contropropone il<br />

solito «gancio destro» dall’interno. La discussione dura cinque ore. Il tedesco non<br />

convince l’italiano e l’italiano non convince il tedesco, che alla fine alza le spalle e se ne<br />

va. Si finisce così per adottare il piano di Messe, ma le cose non sarebbero cambiate se<br />

fosse prevalsa l’opinione di Rommel. Grazie alle decrittazioni di ULTRA, che svolge<br />

un’opera ormai efficacissima, Montgomery sa tutto dell’Operazione «Capri», com’è stato<br />

battezzato l’attacco a Médenine, e può predisporre le sue forze in modo da infliggere al<br />

nemico una durissima sconfitta. «Rommel mi attaccò all’alba, iniziativa del tutto<br />

insensata», ha scritto Montgomery nelle sue memorie. «Avevo fatto disporre in piazzole<br />

cinquecento pezzi anticarro da 76,5 millimetri; disponevo di quattrocento carri e di<br />

buone fanterie che tenevano i principali capisaldi, appoggiate da un pesante<br />

sbarramento di artiglieria. È stata una manna; Rommel dev’essere matto».<br />

Esce di scena Rommel<br />

La sera stessa della battaglia di Médenine (6 marzo 1943) una brutta notizia raggiunge<br />

il feldmaresciallo tedesco: il Führer non condivide l’analisi della situazione nel Nord<br />

Africa inviatagli da Rommel dopo lunghe consultazioni con von Arnim e con i suoi<br />

esperti, in base alla quale il comandante del gruppo di armate gli ha chiesto di lasciare<br />

la linea del Mareth prima dell’offensiva di Montgomery per attestarsi, con i duecentomila<br />

uomini della 1ª Armata di Messe, sulla linea, più breve e più facile da difendere, di<br />

Enfidaville. «Questo è esattamente il contrario di quanto ci ha detto in precedenza»,<br />

esplode Hitler dopo che Jodl gli ha letto il suo rapporto. «È assolutamente escluso che<br />

possa ritirarsi sulla linea da lui proposta!».<br />

Le critiche del Führer hanno su Rommel un effetto imprevisto. La mattina del 7 marzo il<br />

feldmaresciallo sale in macchina e lascia quota 713, la cima del monte da dove ha<br />

seguito la sfortunata battaglia di Médenine. «Durante il viaggio di ritorno al quartier<br />

generale», spiega laconicamente il suo diario, «il comandante in capo decide di<br />

cominciare immediatamente la sua cura». L’indomani arriva von Arnim, trafelato, per<br />

scongiurarlo di salvare le sue armate. Rommel lo tranquillizza, leva il bastone in un<br />

gesto di saluto e promette di tornare, se le cose si metteranno male. Si metteranno<br />

male, questo è certo, ma il maresciallo non manterrà la promessa. Il 9 marzo 1943,<br />

salendo con l’aiutante e il medico personale su un aereo in partenza da Sfax, Rommel<br />

lascia l’Africa per sempre.<br />

Non per questo ha dimenticato i suoi uomini. A Mussolini, avido di notizie dal fronte<br />

(«Dobbiamo restare in Tunisia a ogni costo», gli dirà. «È l’ultimo bastione d’Europa. Se<br />

dovesse cadere, l’equilibrio di forze si sposterebbe decisamente a nostro sfavore»), fa

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