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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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La tragedia del convoglio «H»<br />

Un documento di Supermarina dell’11 marzo (sei giorni prima della visita di Dönitz) è<br />

estremamente chiaro in proposito; in esso, fra l’altro, si legge: «Avevamo all’inizio della<br />

guerra 95 fra vecchi cacciatorpediniere e avvisi adatti al servizio di scorta. Ne abbiamo<br />

perduti 45, ne sono poi entrati in servizio 24 e, pertanto, ne abbiamo oggi 74. Oggi, 11<br />

marzo, di queste unità sono in moto o pronte a muovere soltanto 32; 42 sono in<br />

riparazione o in attesa di riparazione. Delle 32 pronte 15 sono in servizio per l’Africa. Le<br />

altre sono destinate in altri scacchieri […]. Il contrasto contro il nostro traffico marittimo<br />

costituisce un problema estremamente arduo, che non si risolve solamente scegliendo<br />

questa o quella rotta, questa o quell’ora di partenza, facendo convogli più o meno<br />

numerosi, adottando questa o quella formazione. Quello che occorre è di disporre dei<br />

mezzi necessari».<br />

Col passare dei giorni e il peggiorare della situazione, comunque, tutto fu subito chiaro<br />

anche all’ammiraglio Ruge e agli ufficiali tedeschi comandati a bordo delle nostre unità<br />

o nei comandi marittimi: gli alleati germanici non faticarono certo a convincersi che, alla<br />

prova dei fatti, la Marina italiana, con i mezzi a sua disposizione, non aveva potuto e<br />

non poteva fare di più, e il 27 e il 28 marzo Supermarina invia al Comando supremo due<br />

lettere d’«ammominento» in questo senso.<br />

Il richiamo alla «dura realtà» è, da parte di Supermarina, quasi un segno premonitore di<br />

come andrà a finire la guerra per l’Italia. Nel mese di aprile 1943, tanto per fare un<br />

esempio, si perdono sulla «rotta della morte» ventitré piroscafi e quindici navi militari,<br />

mentre altri diciassette piroscafi e quattordici navi scorta vengono affondati nei porti. In<br />

maggio, il 3, dieci giorni prima della capitolazione di Messe, preceduta da quella<br />

tedesca, giunge a Tunisi l’ultimo cargo italiano, il Belluno.<br />

L’8 maggio ULTRA può decrittare il seguente messaggio e inviarlo ad Alessandria e<br />

all’Ammiragliato di Londra per pura soddisfazione: «8 maggio: Tutti i movimenti di<br />

traffico per Tunisi e Biserta sono cessati».<br />

Gli episodi di combattimenti sulla «rotta della morte» costituiscono un’unica storia «di<br />

valore, di sangue, di successi, e di perdite». Fra tutte ne scegliamo una, forse la più<br />

emblematica di quei mesi terribili, la storia del convoglio «H» partito da Palermo per<br />

Biserta il 1° dicembre 1942, composto dalle navi mercantili Aventino, Puccini, KTI e<br />

Aspromonte con la scorta dei caccia Da Recco, Camicia Nera, Folgore e dalle<br />

torpediniere Procione e Clio.<br />

Il convoglio «H» fu perduto in mare in un agguato notturno della Forza Q, partita da<br />

Bona allo scopo di intercettarlo grazie alle informazioni di ULTRA. Il caposcorta,<br />

capitano di vascello Aldo Cocchia, meritò la medaglia d’oro per il suo eroico<br />

comportamento. Su 3300 uomini ne perirono 2200, il che fece di quel combattimento il<br />

più sanguinoso scontro navale sostenuto dalla Regia Marina dopo Matapan. Ecco le<br />

previsioni formulate dagli inglesi fin dal 29 novembre: «Puccini, Aventino, Gualdi,<br />

petroliera Giorgio e KTI salperanno da Palermo alle ore 06.30 del giorno 1, essendo<br />

stata ritardata di ventiquattr’ore la loro partenza, unendosi con l’Aspromonte al largo di<br />

Trapani e quindi dirigendo per i porti tunisini alla velocità di nove nodi. Il Gualdi e il<br />

Giorgio per Tunisi e gli altri per Biserta. Ambedue i convogli giungeranno alle 06.00 del<br />

giorno 2».<br />

L’attacco dei caccia italiani

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