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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Capitolo cinquantunesimo<br />

Disfatta dell’Asse in Nord Africa<br />

Giustamente, la campagna di Tunisia – che si conclude all’inizio del maggio 1943 – può<br />

essere definita «una Stalingrado africana». La disfatta italo-tedesca è del tutto simile a<br />

quella che si è appena consumata sul Volga: soltanto 600 italiani riescono a raggiungere<br />

la Sicilia; gli Alleati catturano 248.000 prigionieri dei quali un terzo sono tedeschi. Le<br />

perdite anglo-americane ammontano, in tutta la campagna, a 70.341 fra morti e<br />

dispersi (36.000 britannici, 18.000 americani, 16.000 francesi). Ma hanno distrutto due<br />

armate nemiche i cui effettivi, complessivamente, ammontano a 350.000 uomini,<br />

riconquistata la padronanza del Mediterraneo e reso vicino e facile l’attacco all’Italia,<br />

considerata il «ventre molle» dell’Europa.<br />

La Stalingrado africana si combatte su due fronti – mare e terra – ma l’uno, il primo,<br />

condiziona ineluttabilmente l’altro: la piaga dei trasporti – i convogli di rifornimenti e di<br />

rinforzi che debbono percorrere la cosiddetta «rotta della morte» – isterilisce qualsiasi<br />

offensiva italo-tedesca anche di medio raggio.<br />

Benché l’attraversamento del Canale di Sicilia non richieda che una sola notte, fra il<br />

dicembre 1942 e il gennaio 1943 vengono affondati ben 47 piroscafi mentre 20 sono<br />

gravemente danneggiati: alla marina mercantile italiana, che ha cominciato la guerra<br />

con naviglio per tre milioni e 300.000 tonnellate (al quale bisogna aggiungere altre<br />

560.000 tonnellate di navi catturate in Francia e in Grecia), nel 1943 ne rimane appena<br />

un terzo.<br />

Sul fronte del mare la campagna di Tunisia rappresenta l’ultima grande battaglia dei<br />

convogli combattuta dall’Italia. Al compito di sostenere l’azione delle armate italotedesche<br />

– pur avendo coscienza che si tratta ormai di un sacrificio inutile –<br />

Supermarina adibisce 174 piroscafi e 160 bastimenti. Si tratta per lo più di navi vecchie,<br />

malconce, usurate (soltanto undici sono di nuova costruzione), capaci di sviluppare al<br />

massimo, in media, 10-12 nodi, tutte, dunque, potenzialmente facili prede del contrasto<br />

avversario.<br />

La «rotta della morte»<br />

Il primo convoglio italiano giunge a Biserta il 12 novembre e fino al 30 del mese toccano<br />

i porti tunisini 42 piroscafi. Mano a mano che la situazione, dal punto di vista militare<br />

generale, va peggiorando, il traffico diminuisce d’intensità per la falcidia di navi e di<br />

scorte. Nella fase finale dei combattimenti in Tunisia non sarà più possibile provvedere<br />

allo sgombero delle truppe e, per questo, migliaia di specialisti (carristi, artiglieri,<br />

assaltatori) rimarranno prigionieri degli anglo-americani, impoverendo le già scarse e<br />

affaticate risorse degli eserciti dell’Asse.<br />

Il tratto di mare in cui si svolge quest’ultima fase della battaglia dei convogli è costituita<br />

da una zona ristrettissima, un ideale parallelogramma di poche miglia quadrate: Bisertabanco<br />

Skerki-Trapani-Pantelleria-Biserta, limitato ai lati da sbarramenti di mine dell’Asse<br />

e avversarie, un corridoio stretto e insidioso completamente dominato da navi e aerei<br />

nemici. Contro la preponderanza avversaria dal cielo, l’Asse può schierare 750 aerei da<br />

combattimento senza alcuna possibilità di rimpiazzare le perdite. Per la scorta dei

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