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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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Preso nella ressa tra i primi feriti, avevo perduto le mie stampelle. Mi ero avvicinato<br />

troppo al parapetto, ma non volendo perdere nulla dello spettacolo mi arrampicai fino al<br />

bordo estremo della passerella. Ebbi le due gambe ferite dagli scoppi di proiettili. Sotto<br />

il ponte del Walney scoppiò un incendio…<br />

«OK», urlò il tenente Cole, «scendere tutti! Tutti a terra!» Le nostre munizioni<br />

cominciarono a saltare…<br />

Nell’oscurità mi cadevano addosso dei corpi; poi si alzavano per ricadere poco dopo. Mi<br />

domando come ho potuto cavarmela… La mia mano incontrò un corpo tutto molle,<br />

senza consistenza. Poi di nuovo sembrò che la notte esplodesse, che si incendiasse in<br />

innumerevoli lingue di fuoco. Tutto si spaccava, saltava, s’incendiava. I proiettili<br />

cadevano come una pioggia d’acciaio, disperdevano i corpi. Le pallottole laceravano la<br />

nave con le loro scie rosse. Tutto il Walney era immerso nell’inferno, e tuttavia non era<br />

che l’inizio.<br />

Forse perché salivo sono sopravvissuto a questo diluvio di fuoco. Le prime esplosioni mi<br />

sollevarono e mi proiettarono a distanza, erano così forti che i nostri timpani<br />

sembravano strappati da una massa solida. Mi sentii proiettato di nuovo… ma<br />

continuavo a salire. Mi rimisi in piedi, e mi ritrovai ventre a terra sul ponte superiore.<br />

Tentai allora di raddrizzarmi sulle ginocchia e avanzai arrancando dietro la passerella, in<br />

direzione delle scalette di babordo. Le raggiunsi, finalmente. Benché fossero in preda<br />

alle fiamme, le discesi. Una prima, un’altra ancora. Ora avevo raggiunto il ponte<br />

principale. Liberandomi del mio elmetto mi lasciai cadere in acqua attraverso il buco<br />

d’un proiettile nel bastinaggio. Rischiai di annegare.<br />

La palla di uno shrapnel aveva strappato il cuscino pneumatico fissato sul torace; quello<br />

che John Cole aveva attaccato alla mia gamba era ancora intatto, per cui la gamba<br />

galleggiava e la testa andava sott’acqua. Soffocando e dibattendomi tirai con tutte le<br />

mie forze il cuscino e finii per strapparlo. Cercai di staccarmi a nuoto dalla nave sotto<br />

una pioggia di pallottole e di scoppi di proiettili d’artiglieria.<br />

Per miracolo non fui colpito. Metro dopo metro avanzavo, cosciente ora del dolore che<br />

mi mordeva le gambe.<br />

Con le membra intorpidite dalla fatica, avanzavo nell’oscurità tra un cargo che andava<br />

alla deriva e il molo. Chiusi gli occhi. Le mie dita annaspavano nell’acqua. Afferrai una<br />

corda e, di nuovo deciso a sopravvivere, mi aggrappai, mi issai, fino a quando riuscii a<br />

mettere i gomiti sul molo. Ma a questo punto il peso del gesso alla gamba mi tirò<br />

indietro e capii che non ce l’avrei fatta. Lentamente, penosamente cominciai a mollare<br />

la presa. Poi una mano, una mano sola si tese verso me e mi trattenne. Gettai la gamba<br />

sana in alto, e riuscii ad aggrapparmi al molo. Allora la mano sopra di me cominciò a<br />

tirare ed io rotolai sul molo, con la bocca aperta, ansimando, le labbra contro la pietra.<br />

In una bruma irreale vidi l’uomo che mi aveva issato. Avevo già capito. Se si era servito<br />

d’una sola mano era perché dell’altra era mutilato. Non ho mai saputo il suo nome, né<br />

la sua nazionalità perché, in quel preciso istante, una pallottola colpì il mio piede già<br />

ferito, seguita da un’altra che rimbalzò sul muro e mi colpì di striscio la tempia. Mi<br />

arrampicai ancora, rotolando nel fango, sempre più lontano…<br />

Fu alla fine un soldato francese a caricarmi sulle spalle come un sacco di farina e a<br />

portarmi fino ad una apertura nella roccia. Da questa apertura partiva una galleria, poi<br />

altre, tutta una rete di gallerie.<br />

Nella corsia dell’ospedale un’infermiera francese mi mise una sigaretta tra le labbra e un<br />

medico contò in tutto ventisei buchi sparsi un po’ ovunque. Cercai di dormire, ma<br />

l’ospedale tremava sotto il ruggito dei grossi calibri di artiglieria. Nel letto vicino, il<br />

soldato americano che aveva dato una mano per trasportarmi si svegliò e disse con un<br />

sorriso: «Maledetta giornata, vero?».

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