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SECONDA GUERRA MONDIALE - Uni3 Ivrea

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alla Tunisia; la loro distribuzione sarà controllata da una catena di vice consoli USA che<br />

saranno degli osservatori politico-militari.<br />

Da quel momento Murphy ha per i francesi diverse – e contrastanti – identità: spione,<br />

diplomatico, favorevole a Vichy, amico della Resistenza, simpatizzante di de Gaulle.<br />

Tuttavia, non appena gli anglo-americani mettono piede nell’Africa del Nord, egli<br />

diventa il principale, se non l’unico, responsabile politico. È lui a prendere l’iniziativa di<br />

un accordo con Darlan, è lui a spingere Giraud dopo l’uccisione dell’ammiraglio, è lui a<br />

sostenere, nel gennaio 1943, la nomina di Marcel Peyrouton a governatore generale<br />

d’Algeria, è lui a farsi carico di impedire l’intromissione di de Gaulle negli affari<br />

dell’Africa del Nord.<br />

Consigliere politico di Eisenhower, Murphy subisce gli attacchi dei liberali inglesi,<br />

americani e degaullisti che lo accusano di preferire – alle tradizioni di libertà e di<br />

eguaglianza delle democrazie occidentali – il razzismo e il totalitarismo. Per il vero,<br />

Murphy – almeno in Europa – non conduce mai una politica personale. Rappresentante<br />

personale di Roosevelt, invia sempre rapporti e telegrammi direttamente al presidente<br />

USA, e Washington, per il vero, ratifica sempre e regolarmente le sue scelte. Decorato<br />

da Eisenhower nel dicembre 1942 «per i servizi resi alla Nazione», è a fianco di<br />

Roosevelt durante la conferenza di Casablanca avvenuta nel gennaio 1943. Durante<br />

l’estate di quell’anno, Murphy prende parte alle trattative che condurranno all’armistizio<br />

dell’Italia. Nel 1944, col rango di ambasciatore, segue gli eserciti anglo-americani che<br />

invadono la Germania di Hitler. La sua carriera continua oltre la fine della guerra:<br />

ambasciatore a Bruxelles e poi a Tokyo, è fra i principali collaboratori di John Foster<br />

Dulles e poi di Christian Herter alla fine degli anni Cinquanta.<br />

I massimi dirigenti degli Stati Uniti definiscono Murphy «un eccellente servitore del suo<br />

paese». Forse egli non sa informare Roosevelt in modo completo ed esauriente sulla<br />

complessa situazione francese al momento dell’Operazione Torch e prevedere le<br />

reazioni che avrebbe scatenato sia in Africa che in Francia. Certamente è vittima dei<br />

suoi pregiudizi e delle sue amicizie ma, senza dubbio, rappresenta anche il raro esempio<br />

di quei diplomatici che, lontani dalle cancellerie e dai saloni di ricevimento, sanno<br />

affrontare le tempeste. «Nessuno di coloro che hanno lavorato con lui», ha scritto<br />

ancora Kenneth Pendar, «potrà dimenticare la maniera salda, saggia e nello stesso<br />

tempo piena di humor e di sangue freddo con la quale guidò in quell’epoca decisiva il<br />

nostro piccolo mondo sotterraneo e pieno di rischi».<br />

Giuseppe Mayda<br />

Il nipote di Churchill<br />

A Londra, durante un week-end, ho conosciuto un giornalista inglese che si chiama<br />

Winston Churchill. È il nipote – oggi quarantunenne – del grande Churchill.<br />

«Trova faticoso chiamarsi Churchill?».<br />

«Di tanto in tanto. In certi momenti, come corrispondente di un giornale, mi trovo in<br />

situazioni imbarazzanti. Per esempio a Chicago nel 1968, quando, al tempo della<br />

convenzione democratica, finii coinvolto in una protesta. Un enorme poliziotto mi venne<br />

incontro chiedendomi: “Come si chiama?”. “Winston Churchill” gli risposi e quello tirò<br />

fuori un manganello e mi diede una bastonata in testa».<br />

«Che ricordi ha di suo nonno?».<br />

«Non l’ho mai visto nei suoi giorni di gloria. Sono nato nell’ottobre del 1940. Avevo 24<br />

anni quando morì. L’ho conosciuto bene quando ero studente. Ogni volta che gli

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