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Ottobre - Parrocchiasarnico.it

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RIFLETTIAMO<br />

ilPORTO<br />

14<br />

a cura di don Valentino Salvoldi<br />

Non aspettare la morte…<br />

“Probabilmente non ci vedremo per molto tempo. Ma mi starai vicino quando tornerò<br />

alla casa del Padre”.<br />

Così m’aveva salutato all’aeroporto di Lagos un amico che mi aveva voluto bene<br />

durante i miei cinque anni di permanenza in Nigeria.<br />

La mia giovane età, le messe celebrate assieme agli Italiani, ad Ibadan, il mio bisogno di<br />

dare e ricevere affetto, il “fascino” dell’espulsione … tutti fattori che avevano reso la<br />

relazione sempre più intensa, perché c’era Dio tra di noi.<br />

Il suo lavoro gli permetteva di guadagnare bene, mentre io avevo un salario nominale:<br />

l’equivalente di cinque euro al mese. Lui mal sopportava la mia radical<strong>it</strong>à evangelica,<br />

che mi portava a vivere con gli studenti, anziché con i professori.<br />

Sapeva che mangiavo poco e male, per cui spesso mi inv<strong>it</strong>ava a cena, in un ristorante<br />

di lusso e soffriva quando vedeva che quasi sistematicamente non accettavo la sua<br />

convivial<strong>it</strong>à.<br />

Passano trentun anni prima che mi mandi a chiamare, prospettandosi prossima la sua<br />

fine. Dall’aeroporto al suo letto di morte vengo ragguagliato di quanto la v<strong>it</strong>a riserva<br />

ad una persona: slanci d’ingegno, cadute, tentativi di risollevarsi e altre cadute ancora,<br />

con ricatti affettivi, trame losche perpetrate da persone che pescano nel torbido .<br />

In trentun anni l’ho sent<strong>it</strong>o telefonicamente poche volte, sufficienti comunque per<br />

ribadire i concetti che Dio perdona sempre. Gli esseri umani non sempre. La natura<br />

… mai.<br />

Ed eccolo ora, stremato, con gli occhi fissi nei miei occhi e quasi impossibil<strong>it</strong>ato a farsi<br />

capire, ma con la muta invocazione di quel perdono per il quale l’uomo di Dio è deputato.<br />

Attorno al capezzale si alternano i figli, ora maturi, ma ancora con quei lineamenti a<br />

me familiari: li ricordo bambini, quando venivano in Nigeria per trovare papà e giocavano<br />

nel seminario, sotto lo sguardo vigile della mamma, preoccupata che non turbassero<br />

troppo la pace di quel luogo sacro e orgogliosa quando, dopo averle dato la<br />

comunione, segnavo una croce sulla<br />

fronte dei suoi figli e facevo loro<br />

baciare il corpo di Cristo.<br />

Ora la “piccola” è sposata e accarezza<br />

papà come se fosse il suo bambino.<br />

Il figlio tace e continua a soffiarsi<br />

il naso. La primogen<strong>it</strong>a ha captato<br />

il mio messaggio “… non aspettare<br />

la morte per dire: Ti amo”, per cui si<br />

fa voce di tutti: “Papà, tu sai che ti<br />

amiamo”. E il padre annuisce, a quella<br />

frase a lungo attesa e mai data per<br />

scontata.<br />

Quella frase è scand<strong>it</strong>a nel contesto<br />

di una l<strong>it</strong>urgia eucaristica celebrata<br />

in quel luogo che è unnuovo<br />

Calvario, là dove la morte già profuma<br />

di resurrezione.<br />

Sul letto di morte c’è il corporale,<br />

una patena con pane azzimo, un calice<br />

con vino rosso, una croce e l’icona<br />

della Vergine, recante la scr<strong>it</strong>ta:<br />

“Mostrati Madre”.<br />

Il giorno prima, in privato, avevo<br />

dato l’assoluzione di tutti i peccati. In<br />

questo momento mi faccio voce di<br />

un’uman<strong>it</strong>à che chiede perdono al<br />

morente.<br />

Questi muove le labbra solo per<br />

scandire le parole del “Padre<br />

nostro”. E, ricevuta la comunione,<br />

ripete più volte il mio nome.<br />

Nell’appartamento sottostante alcuni<br />

giovani fanno festa, al r<strong>it</strong>mo martellante<br />

delle loro musiche.<br />

Gli ab<strong>it</strong>anti delle palazzine tutto<br />

attorno non possono rendersi<br />

conto del dramma che si consuma lì,<br />

dove la morte tarda ad avvolgere<br />

nelle sue bianche ali una persona<br />

che ha creduto, sognato, sperato e, a<br />

modo suo, amato con quel tipo<br />

d’amore che aveva fatto dire a<br />

Cristo: “Molto le è perdonato, perché<br />

molto ha amato”.<br />

Parti, anima cristiana, da questo<br />

mondo nel nome del Padre che ti<br />

ha creato, del Figlio che ti ha redento<br />

e dello Spir<strong>it</strong>o che, grazie alla fede<br />

e alla speranza, tutto riconcilia<br />

nell’Amore.

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