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N° 2 Anno XVIII (LVIII) ~ Aprile/Dicembre 2010 - Unione Nazionale ...

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Sentiero Tricolore 17<br />

Or sono settecento e più anni che Egli, unico in una penisola indescrivibilmente parcellizzata in Signorie e staterelli ferocemente<br />

e reciprocamente rissosi, certamente rifacendosi alla chiara ripartizione politica e amministrativa imperiale romana, concepì<br />

un’Italia, vera “domina provinciarum” giustinianea ( Si ricordi in proposito il “non donna (Domina = donna signora) di<br />

province, ma bordello” e “giardin de lo imperio” del VI canto del Purgatorio) politicamente protagonista in ambito europeo<br />

(allora imperiale), definita da sicuri confini geografici (vedi, sopra, le due citazioni) e dalla lingua (Si ricordi, in proposito, il “bel<br />

paese là dove il sì suona” del X Canto dell’inferno).<br />

Anche i superficiali conoscitori della “Divina Commedia” sanno che la più significativa, fra le molte simmetrie che<br />

caratterizzano il “poema sacro”, è. certamente quella dei canti VI nelle tre cantiche: nell’Inferno l’oscuro e goloso fiorentino<br />

Ciacco descrive le misere condizioni di Firenze; nel Purgatorio Dante stesso, interrompendo l’accoglienza del mantovano trovatore<br />

Sordello, esplode nella celeberrima invettiva “Ahi! Serva Italia di dolore ostello” senza, per questo, dimenticare di apostrofare<br />

nuovamente la Sua amata Firenze ; nel Paradiso, infine,Giustiniano celebra la gloria dell’”aquila imperiale” (dell’Italia,tout<br />

court , da cui l’ “aquila” aveva spiccato il volo).<br />

L’ambito del motivo politico si amplia smisuratamente - dall’Inferno al Paradiso - in questa stupenda simmetria, ma ciò che<br />

sostanzia l’alta visione dantesca, ciò che è sotteso nelle invettive di Inferno e Purgatorio e nella celebrazione imperiale del<br />

Paradiso, è l’ardente passione per un’Italia finalmente unita, libera e degna del suo glorioso passato: unita, nei naturali e sicuri<br />

confini naturali: unita da un fino ad allora disprezzato “volgare” (che Egli, titano anche in questo, elevò a vera lingua, rendendolo<br />

miracolosamente “illustre”)<br />

Di questa grandiosa visione dantesca soltanto l’unità politica e linguistica, anche se non del tutto compiutamente, è stata<br />

realizzata.<br />

Si dirà che non è il caso, oggi come oggi, di parlare di un’Italia “giardino” dell’Impero, giacché non esistono Imperi in Europa<br />

e, molto meno esistono Imperi sacri. Ma, in una superiore visione ed interpretazione storiche che consideri il “sacro” ed il<br />

“profano” solo due meri “accidenti” della Storia stessa, sarebbe forse fuori luogo idealizzare il ruolo dell’Italia odierna come il<br />

“giardino”dell’Europa? Tanto più che questa Europa Unita, che ha pur dimostrato di vergognarsi delle sue radici cristiane, è<br />

nata da un’idea cristiana di fratellanza e di pace: la stessa idea cristiana sottesa dall’ Impero Sacro medievale.<br />

Recentemente l’Onorevole Fisichella ha intitolato “IL MIRACOLO DEL RISORGIMENTO”, un suo breve studio sulle<br />

vicende politiche e belliche che hanno accompagnato, nel secolo XIX, il processo di unificazione della “penisola”<br />

In effetti il “Risorgimento”, come, qualche secolo prima, il “Rinascimento”, è stato un periodo storico eccezionalmente<br />

denso di accadimenti significativi, ma non tale da meritare di essere definito “miracoloso” se, con tale termine - in linea con<br />

l’interpretazione corrente e corretta del sostantivo - lo si voglia considerare quasi una singolarità storica disconnessa dalla<br />

situazione precedente.<br />

Non è affatto così e proprio Dante ci insegna, in materia, che le leggi regolatrici delle vicende umane, come quelle che<br />

presiedono all’universo fisico, non consentono miracoli, ma seguono il loro corso “oltre la difension dei senni umani”.<br />

In sintesi, nella Sua interpretazione della Storia, Dante afferma, affatto senza sminuire il valore del principio del “libero<br />

arbitrio” propugnato dalla dottrina cristiana e, quindi, senza porre in discussione il merito dei singoli protagonisti di accadimenti<br />

ed eventi, che ogni epoca consegue necessariamente da quella precedente. (Dante - Inf. - VI - versi da 67 a 96) E solo per questo<br />

- ritengo di poter aggiungere - la Storia risulta comprensibile-<br />

Questa conseguenza necessaria, alla quale, in Dante, presiede la “Fortuna” (ivi verso 68) quale “ministra di Colui la cui<br />

saver tutto trascende” (ivi verso 73) [cioè di DIO], non pone in discussone, come già accennato, la libertà umana. E’ soltanto<br />

una conseguenza necessaria, al contrario, nella quale noi moderni preferiamo vedere una vera e propria “nemesi”, immanente agli<br />

accadimenti anziché una “divina provvidenza” o, appunto, la “Fortuna”.<br />

Il “Risorgimento” fiorì o, più precisamente, esplose soltanto dopo che il latente, lunghissimo ed anonimo processo sotterraneo<br />

dell’“idea Italia”, prigioniera in tutte le parcellizzazioni della “penisola”, riallacciandosi in ogni cittadino, attraverso le significative<br />

realizzazioni rinascimentali, all’orgogliosa memoria della grandezza romana ormai avvertita come nostra legittima eredità, divenne<br />

fiera ed esibita consapevole rivendicazione nella stragrande maggioranza degli italiani.<br />

Il canto armato risorgimentale: quel “Fratelli d’Italia” del giovane Tirteo genovese, assurto, dopo oltre un secolo, ad Inno<br />

ufficiale dell’Italia repubblicana: quell’ “elmo di Scipio” da cingere possono, sì, essere superficialmente giudicati, come pur si è<br />

fatto dai minimizzatori dell’epica risorgimentale, reminescenze di uno studente del classico, ma, più in profondità, si riallacciano<br />

esplicitamente, annullando secoli di supina servitù allo “straniero”, all’orgogliosa memoria della grandezza romana.<br />

E non è specialmente per quella sua esaltazione mistica e teologica della funzione politica e religiosa dell’Impero romano [ cfr.<br />

canto VI del Paradiso] che il “Poema sacro, / al quale ha posto mano e cielo e terra” (Paradiso - XXX - versi 1 e 2) ha avuto<br />

larghissima diffusione specialmente nell’Italia disunita contribuendo al formarsi ed all’irrobustirsi dell’Idea “Italia”?<br />

Dante, exul immeritus, vero anticipatore del “rinascimento”, merita, anche per questo, di essere onorato come Padre della<br />

Patria.<br />

Un tenacissimo filo d’oro collega Risorgimento e (memoria della) grandezza romana.<br />

E poco importa, in questa superiore interpretazione storica della nostra vita bimillenaria, che, per realizzarsi, quest’idea “Italia”,<br />

guidata dalla “Fortuna” dantesca (o dalla necessità dei moderni), si sia avvalsa, quasi intrecciandovisi inestricabilmente, alle<br />

mire espansionistiche di un Principato geograficamente eccentrico alla “fatal penisola” e, fino a quando non furono assordanti,<br />

insensibile alle grida di dolore degli Italiani che volevano libertà e Patria.<br />

Chi, oggi, tenta di giustificare deliranti tesi separatiste o, stoltamente, si finge pure radici barbare, celtiche, sarmatiche o<br />

galliche e, proprio nei luoghi dove gli invasori barbari, compresi i celti, furono docile conquista del superiore verbo cristiano e<br />

dello jus romanum e/o nega recisamente o minimizza o deride il valore del Risorgimento, dimostra di non aver capito un bel<br />

nulla del grande insegnamento della Storia.<br />

E che tali grotteschi convincimenti, goffamente sbandierati e demenzialmente ritualizzati, costituiscano la vera ratio, l’esibito<br />

“credo” di una notevole e seguita forza politica non può essere che motivo di seria preoccupazione.

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