Ricordi 3 - Paolo Cason

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20.05.2013 Views

momento si stava svolgendo una serata danzante. Aspettammo in silenzio la fine della festa e poi fu messa in acqua una piccola barca , dove presero posto il nostro compagno con un marinaio. Dopo circa mezz’ora ecco arrivare due grosse barche, i cui rematori erano arabi, i quali, nella gioia di vedere il loro padrone, si prodigarono, con parecchi viaggi, a portarci a terra. I marinai rimasti a bordo, nel salutarci ci chiesero di non buttare il cibo che ci era avanzato, perché poteva servire a loro nel viaggio di ritorno. L’ Isotta Fraschini si rimise in moto e prima che noi toccassimo terra, era scomparsa. Ci siamo calati scalzi sul bagnasciuga, toccando terra. Gli Albanesi nel 2000 e poi gli Africani hanno copiato da noi. La famiglia del nostro compagno di viaggio è stata gentile, nel suggerirci come non farci trovare dalla polizia, altrimenti c’era l’arresto e il rimpatrio. Come Dio volle raggiungemmo la nostra casa, riabbracciando i nostri familiari increduli. Così ritrovammo le nostre abitudini, amicizie, luoghi che avevamo lasciato ma non dimenticato, mentre per mia moglie tutto era nuovo e veniva conquistata dalle bellezze della città, di cui le avevamo tanto parlato e che lei stava provando e assaporando. Non persi tempo per cercarmi un lavoro; anche se ,essendo arrivato clandestinamente, ero sprovvisto di documenti, mi presentai agli uffici delle officine P.W.D. e trovai due persone che discutevano, poi seppi che erano lo staff Watson , seduto alla scrivania , e Vittorio Malinconico, il capo officina. Alla mia richiesta di lavoro, lo staff rispose affermativamente, chiedendo il mio nome e un documento. Gli dissi il nome, facendo finta di cercare il documento, che sapevo di non avere; nello stesso tempo, contando su quell’altro signore, Malinconico, che mi ispirava un’istintiva fiducia, senza essere visto dall’inglese, gli feci un gesto significativo con la mano e lui capendo al volo, assicurò lo staff che si sarebbe occupato della questione. Lo staff si allontanò, raccomandandomi di tornare l’indomani, puntuale al lavoro con i documenti. Rimasti soli, il mio salvatore mi chiese se ero arrivato con le barche, e capita la situazione, mi assicurò che lì mi sarei trovato in buone mani e potevo stare tranquillo. Per merito suo ho fatto la mia carriera di operaio meccanico, anzi posso dire che diventai il suo beniamino, perché per qualunque problema si rivolgeva a me. Un’ altra persona che mi stimava molto, era il maggiore inglese, che comandava tutte le officine collegate ed aveva il suo ufficio in corso Sicilia, al Palazzo del Governo. Ogni tanto veniva ad ispezionare i reparti con la sua macchina privata, una Hillmann. Mentre si fermava per le ispezioni, voleva che gli controllassi la macchina, ed io cercavo di farlo contento. Una volta, invece, telefonò a Malinconico, chiedendo che lo raggiungessi al suo ufficio. Arrivato lì, tutto emozionato e non sapendo cosa voleva il maggiore da me, mi vidi consegnare le chiavi della sua macchina, che doveva servire per portare in giro la moglie, ma ad una condizione, che non la facessi assolutamente guidare. A casa, trovai già pronta la signora,che, uscendo,si avviò verso il posto di guida. Io fui più svelto di lei, le aprii lo sportello di dietro e mi infilai al posto di guida. Volle essere portata ai magazzini generali inglesi, e, all’uscita, risalendo in macchina, cominciò a fare conversazione, mentre io la osservavo dallo specchietto retrovisore. Poi sorridendo mi chiese di guidare ed io, altrettanto sorridendo le risposi di no. Al che lei domandò se era suo marito che me lo aveva raccomandato e, alla mia risposta affermativa , smise di insistere. Questa fu la prima delle tante uscite in macchina che facemmo insieme. Ormai i soldati inglesi, di turno all’entrata, mi conoscevano e mi

facevano entrare senza problemi. Nelle successive uscite, ogni tanto tornava a chiedere di guidare, ed io alla fine, persi la mia fermezza, concedendole il posto di guida e sedendole accanto. Capii subito il motivo dei divieti del maggiore, la signora era una spericolata ed io temevo per tutti e due. Le chiesi cosa sarebbe successo se il marito fosse venuto a saperlo e candidamente mi rispose che non sarebbe stata certo lei a dirglielo. Da quella volta ha guidato sempre lei. Ad agosto del 1948 , la mia famiglia aumentò , nacque una bambina, in via Raffaello, 31. Tutto era andato bene, ma dopo una settimana mia moglie ebbe delle complicazioni ; chiamai il primario del reparto chirurgia, professor Regoli,, che la fece immediatamente ricoverare. Ora dovevo tutti i giorni recarmi in ospedale e rispuntava quel problema, che ancora non avevo risolto, la mancanza di documenti. Anche se avevo “amici” inglesi, non avevo osato ancora sollevare questo argomento, forse sbagliando, temendo di perdere il lavoro. Avevo un grande amico francescano, padre Illuminato Colombo, che proteggeva ed aiutava chiunque avesse bisogno. Mi rivolsi a lui, raccontandogli le mia vicissitudini e quali conoscenze avessi sul lavoro. Lui contattò il maggiore inglese, che comandava in polizia e, dopo una settimana, fui convocato. Dopo , seppi che erano state chieste informazioni su di me al capo del P.W.D., proprio quel maggiore, che si fidava di me, affidandomi la macchina con la moglie. Il capo della polizia, infatti, mi confermò che la mia situazione si era sbloccata proprio grazie a lui, che aveva garantito per me. Con il tanto sospirato documento, mi recai al lavoro e venni a sapere da Malinconico che il maggiore mi voleva al Palazzo del Governo; quando arrivai, mi chiese se avevo sistemato tutto ed io sorridendo, gli mostrai il documento, che dovevo a lui. Per ringraziarlo, nell’andarmene, scattai sull’attenti, battendo i tacchi, riconoscendo la sua superiorità e magnanimità. Per questa volta ho finito, saluto con affetto tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere questi miei ricordi e soprattutto ringrazio Paolo, il padrone di casa, se vorrà pubblicarli. Arrivederci alla prossima volta. Emilio Parlato

momento si stava svolgendo una serata danzante. Aspettammo in silenzio la fine della<br />

festa e poi fu messa in acqua una piccola barca , dove presero posto il nostro<br />

compagno con un marinaio. Dopo circa mezz’ora ecco arrivare due grosse barche, i<br />

cui rematori erano arabi, i quali, nella gioia di vedere il loro padrone, si prodigarono,<br />

con parecchi viaggi, a portarci a terra. I marinai rimasti a bordo, nel salutarci ci<br />

chiesero di non buttare il cibo che ci era avanzato, perché poteva servire a loro nel<br />

viaggio di ritorno. L’ Isotta Fraschini si rimise in moto e prima che noi toccassimo<br />

terra, era scomparsa. Ci siamo calati scalzi sul bagnasciuga, toccando terra. Gli<br />

Albanesi nel 2000 e poi gli Africani hanno copiato da noi. La famiglia del nostro<br />

compagno di viaggio è stata gentile, nel suggerirci come non farci trovare dalla<br />

polizia, altrimenti c’era l’arresto e il rimpatrio. Come Dio volle raggiungemmo la<br />

nostra casa, riabbracciando i nostri familiari increduli. Così ritrovammo le nostre<br />

abitudini, amicizie, luoghi che avevamo lasciato ma non dimenticato, mentre per mia<br />

moglie tutto era nuovo e veniva conquistata dalle bellezze della città, di cui le<br />

avevamo tanto parlato e che lei stava provando e assaporando. Non persi tempo per<br />

cercarmi un lavoro; anche se ,essendo arrivato clandestinamente, ero sprovvisto di<br />

documenti, mi presentai agli uffici delle officine P.W.D. e trovai due persone che<br />

discutevano, poi seppi che erano lo staff Watson , seduto alla scrivania , e Vittorio<br />

Malinconico, il capo officina. Alla mia richiesta di lavoro, lo staff rispose<br />

affermativamente, chiedendo il mio nome e un documento. Gli dissi il nome, facendo<br />

finta di cercare il documento, che sapevo di non avere; nello stesso tempo, contando<br />

su quell’altro signore, Malinconico, che mi ispirava un’istintiva fiducia, senza essere<br />

visto dall’inglese, gli feci un gesto significativo con la mano e lui capendo al volo,<br />

assicurò lo staff che si sarebbe occupato della questione. Lo staff si allontanò,<br />

raccomandandomi di tornare l’indomani, puntuale al lavoro con i documenti. Rimasti<br />

soli, il mio salvatore mi chiese se ero arrivato con le barche, e capita la situazione, mi<br />

assicurò che lì mi sarei trovato in buone mani e potevo stare tranquillo. Per merito<br />

suo ho fatto la mia carriera di operaio meccanico, anzi posso dire che diventai il suo<br />

beniamino, perché per qualunque problema si rivolgeva a me. Un’ altra persona che<br />

mi stimava molto, era il maggiore inglese, che comandava tutte le officine collegate<br />

ed aveva il suo ufficio in corso Sicilia, al Palazzo del Governo. Ogni tanto veniva ad<br />

ispezionare i reparti con la sua macchina privata, una Hillmann. Mentre si fermava<br />

per le ispezioni, voleva che gli controllassi la macchina, ed io cercavo di farlo<br />

contento. Una volta, invece, telefonò a Malinconico, chiedendo che lo raggiungessi al<br />

suo ufficio. Arrivato lì, tutto emozionato e non sapendo cosa voleva il maggiore da<br />

me, mi vidi consegnare le chiavi della sua macchina, che doveva servire per portare<br />

in giro la moglie, ma ad una condizione, che non la facessi assolutamente guidare. A<br />

casa, trovai già pronta la signora,che, uscendo,si avviò verso il posto di guida. Io fui<br />

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Poi sorridendo mi chiese di guidare ed io, altrettanto sorridendo le risposi di no. Al<br />

che lei domandò se era suo marito che me lo aveva raccomandato e, alla mia risposta<br />

affermativa , smise di insistere. Questa fu la prima delle tante uscite in macchina che<br />

facemmo insieme. Ormai i soldati inglesi, di turno all’entrata, mi conoscevano e mi

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