Novembre 2003 n. 49 - Comunità Chersina

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Spediz. in abb. post. art. 20/c, L. 662/96, Fil. di Trieste - Quadrimestr. n. 49 - Iscritto al n. 718 del Reg. giornali e periodici del Trib. di Trieste - 26.1.1988 Fotografia di ˘eljko Car, spedita al concorso “La più bella fotografia di Cherso e dei suoi villaggi” NOVEMBRE 2003 Auguri di Buone Feste e di un Sereno 2004

Spediz. in abb. post. art. 20/c, L. 662/96, Fil. di Trieste - Quadrimestr. n. <strong>49</strong> - Iscritto al n. 718 del Reg. giornali e periodici del Trib. di Trieste - 26.1.1988<br />

Fotografia di ˘eljko Car, spedita al concorso “La più bella fotografia di Cherso e dei suoi villaggi”<br />

NOVEMBRE <strong>2003</strong><br />

Auguri di Buone Feste e di un Sereno 2004


Sommario <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

Chersinità p. 1<br />

DRIO LA BARCA VA ‘L CAICIO<br />

Sede e segreteria:<br />

Come una goccia che scava la roccia p. 2 34126 Trieste - Via Giulia, 70<br />

LA STORIA<br />

Conto corrente postale:<br />

Il 1943 è ancora attuale!<br />

Storia di Cherso: Il periodo ungherese<br />

p.<br />

p.<br />

3<br />

6<br />

11338340 - Intestato all’Associazione<br />

“F. Patrizio” della <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

NOTIZIE DA CHERSO E LUSSINO<br />

Redazione:<br />

A Caisole dopo dieci anni<br />

Da Cherso: Un racconto... una vita (fine)<br />

Da Neresine: Memorie di vita della famiglia Castellani<br />

p.<br />

p.<br />

p.<br />

8<br />

9<br />

12<br />

Direttore Responsabile:<br />

Bommarco Antonio Vitale<br />

NOI E LE ALTRE COMUNITÀ<br />

Direttore: Palazzolo Debianchi Carmen<br />

Benvenuto del Presidente dell’Associazione delle <strong>Comunità</strong> Istriane<br />

Dalla <strong>Comunità</strong> di Lussinpiccolo: Rapporti con Rimasti e Nuovi Venuti<br />

NOTIZIE DAI CHERSINI NEL MONDO<br />

p.<br />

p.<br />

15<br />

15<br />

Redattori: Bon Domenico<br />

Moise Lucchi Meyra<br />

Dagli Stati Uniti: Un compleanno in Long Island<br />

Cronache varie<br />

p.<br />

p.<br />

17<br />

18<br />

Recapiti:<br />

Dall’Australia: Mamma Lena se n’è andata p. 19 Bommarco Antonio Vitale<br />

CRONACHE DI IERI E DI OGGI<br />

Sito Internet: www.bommarco.ikon.it<br />

Gita a Cherso<br />

Cronaca del Concorso fotografico<br />

p.<br />

p.<br />

20<br />

21<br />

E-mail: bommarco@libero.it<br />

S. Martino patrono di Lussinpiccolo<br />

Causa di canonizzazione di Padre Placido Cortese<br />

p.<br />

p.<br />

23<br />

23 Palazzolo Debianchi Carmen<br />

Sintesi del verbale del Consiglio Direttivo del 25.10.03<br />

Preghiera per le vittime delle foibe<br />

p.<br />

p.<br />

24<br />

24<br />

040 395942 - 339 6483874<br />

E-mail: aownpa@tin.it<br />

Recensioni<br />

Poesie di Aldo Policek<br />

Pagina dei lettori<br />

Chi ci ha lasciato<br />

p.<br />

p.<br />

p.<br />

p.<br />

25<br />

26<br />

27<br />

29<br />

Fotocomposizione e stampa:<br />

Tipo/Lito Astra Srl<br />

34147 Trieste - Via Cosulich 9-11<br />

Ricordo di Maria Bommarco p. 30 Tel. e Fax 040 830180<br />

Contributi p. 31<br />

COMUNICAZIONI<br />

La Festa del Patrono: S. Isidoro sarà onorato a Trieste, nella parrocchia di S. Andrea e S. Rita di via Locchi n.<br />

22, venerdì 3 gennaio 2004, alle ore 16:00, con la S. Messa celebrata da S. E. Mons. A. Vitale Bommarco,<br />

Arcivescovo Emerito di Gorizia. Seguirà, nella sede dell’Associazione delle <strong>Comunità</strong> Istriane di via Belpoggio<br />

n. 29/1, la proiezione di alcune diapositive su Cherso di C. Ballarin, uno spuntino e… tante ciacule.<br />

Sono invitati a partecipare all’incontro tutti i chersini e i loro amici ed in particolare gli osserini e i lussignani.<br />

Fotografie della gita a Cherso: Si può richiederne copia per telefono alla Presidente.<br />

La <strong>Comunità</strong> ha bisogno di collaboratori con competenza linguistica e nell’uso del computer, residenti a<br />

Trieste e disponibili a prestar opera gratuitamente e saltuariamente per svolgere mansioni di segreteria e redazione<br />

del giornale.<br />

Articoli e fotografie speditici, e per i quali vi ringraziamo, non possono essere pubblicati sempre immediatamente;<br />

essi vengono conservati nell’archivio della <strong>Comunità</strong> per essere eventualmente utilizzati in seguito.<br />

Adesioni alla “Società F. Patrizio della <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong>”: Si prega di compilare e spedire alla sede della<br />

<strong>Comunità</strong> la scheda di adesione inclusa in questo numero del giornale e stampata in calce allo Statuto del<br />

numero precedente. L’iscrizione non comporta alcun onere economico e si fa una sola volta nella vita. Si ricorda<br />

inoltre che possono diventare soci anche i coniugi ed i figli dei chersini e che chi non è socio non potrà<br />

d’ora in poi votare né essere eletto in Consiglio Direttivo. Finora sono pervenute soltanto 78 adesioni. Sono<br />

così pochi i chersini sparsi per il mondo?<br />

Entro il 15 marzo devono pervenire in redazione i testi per il prossimo numero del giornale


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Chersinità<br />

Nell’ultimo numero<br />

di <strong>Comunità</strong><br />

<strong>Chersina</strong><br />

ho accennato<br />

al discorso del<br />

Sindaco di<br />

Cherso, prof.<br />

Gaetano Negovetic’,<br />

ai<br />

chersini d’America<br />

nella<br />

visita di fine<br />

anno 2002. Credo di aver apprezzato la<br />

sua apertura al dialogo con l’accenno<br />

alle “nostre radici in comune” ed ai<br />

“nostri avi”, ma mi sono riservato di<br />

“continuare il discorso sulla salvaguardia<br />

delle nostre radici chersine e sulla<br />

necessaria collaborazione perché il<br />

nostro grande patrimonio storico, culturale,<br />

linguistico ed artistico non si disperda<br />

ma venga sempre meglio valorizzato”.<br />

Potremmo chiamare questo impegno<br />

e compito come “difesa della chersinità”.<br />

Ho avuto occasione di abbordare il<br />

tema nel breve discorso all’inaugurazione<br />

della mostra ed al conferimento del<br />

“premio fofografico” a Cherso il 5 agosto<br />

scorso (vedi pag. 21), ma credo sia<br />

utile aprire una discussione più ampia<br />

che spero solleciti riscontri, osservazioni<br />

e proposte.<br />

Cosa è la chersinità?<br />

Il prof. Sisinio Zuech, nostro illustre<br />

concittadino, ha tentato di dare una sua<br />

risposta nella bella lezione tenuta a<br />

Padova il 25 settembre 1978, nel II<br />

Raduno dei Chersini.<br />

“La chersinità non è facile da spiegare.<br />

Ci furono molti elementi che confluirono<br />

nell’anima e nella mente isolana<br />

nel lungo corso dei secoli. Tra questi,<br />

il prof. Zuech segnala: “L’insularità” –<br />

“La storia antica” – “La religiosità” – “La<br />

venezianità”.<br />

Un rapido cenno a questi quattro<br />

elementi principali, ai quali è doveroso<br />

aggiungere un quinto: “L’elemento<br />

slavo”, dovrebbe far arrivare ad accettare<br />

un denominatore comune: “La<br />

Chersinità” a tutti coloro che sono nati<br />

in quella nostra meravigliosa isola.<br />

- Per insularità s’intende quel “fattore<br />

geografico che ha permesso il fondersi<br />

in un solo ceppo di tanti elementi<br />

diversi, che schiuse ai chersini l’intelligenza<br />

a tante aperture; è quel costante<br />

e immanente senso d’immensità che si<br />

ha contemplando le enormi latitudini<br />

celesti, le paurose profondità degli abis-<br />

si marini, le enormi distese di solitudine<br />

dei pascoli e delle pietraie” (Zuech).<br />

In sintesi il saper ammirare, gustare<br />

e godere delle bellezze che il Creatore<br />

ha profuso su quest’isola.<br />

- La storia antica ci racconta i vari<br />

passaggi di popoli: gli Illiri (3000 a.C.)<br />

che provenivano probabilmente dall’Asia<br />

Minore, i Protoveneti, gli Istri, i<br />

Liburni, i Romani (58 a.C.) che elevarono<br />

l’Istria a “Decima Regio Italica”.<br />

Tutti questi diversi passaggi di popoli<br />

da Oriente: Illiri e Liburni, e da Occidente:<br />

Protoveneti, Istri e Romani, lasciarono<br />

profondi segni in quella insularità<br />

che ha una tendenza occidentale<br />

ed una orientale, che sono convissute,<br />

ma non sono (quod est in votis) riuscite<br />

ad amalgamarsi nel rispetto e nella<br />

valorizzazione reciproca.<br />

Certamente, di tutta la storia antica,<br />

quella che più incise nello sviluppo della<br />

civiltà dell’isola è stata quella meravigliosa<br />

fusione che gli isolani indigeni<br />

sono riusciti a compiere con l’elemento<br />

romano. Una prova ancora più illuminante<br />

di questo amalgamarsi precoce,<br />

senza scosse e senza lotte intestine, ci<br />

viene offerta dallo sviluppo rapido del<br />

vernacolo dialettale italiano, dal volgare<br />

latino (Zuech).<br />

- La religiosità: sembra che le nostre<br />

isole siano passate al Cristianesimo già<br />

in epoca apostolica e che abbiano ricevuto<br />

la buona novella dai discepoli degli<br />

Apostoli.<br />

Ossero è Vescovado già dal VI secolo<br />

ed i “Vescovi osserini per il loro zelo<br />

religioso, per la loro grande cultura e<br />

bontà si resero amati e rispettati per tutti<br />

i lunghi secoli (dal VI al XIX) in cui operò<br />

l’Episcopio. Divennero ben presto ai<br />

nostri isolani modelli da imitare e così,<br />

con il loro esempio e con la predicazione<br />

raddolcivano gli animi rudi dei chersini,<br />

dei caisolani, dei lubenizzani e degli<br />

osserini” (Zuech). Grande contributo alla<br />

religiosità chersina venne dato dallo spi-<br />

CHERSINITÀ<br />

Un fassin solo? A cos ti vol che sia,<br />

questo te se pol romper cu le man,<br />

basta far carga-leva cu ‘l zenocio<br />

e ti lo buti in tochi, indrioman.<br />

Ma si ti ghe ne meti insieme diese<br />

alora i sarà duri come ‘l fero<br />

e nisun podarà spacarli. Dunque<br />

che l’union fa la forza sarà vero.<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

1<br />

rito benedettino e francescano che si è<br />

irradiato lungo i secoli dal Monastero di<br />

S. Pietro e dal Convento di S. Francesco.<br />

- Venezianità: Così magistralmente<br />

la definisce il nostro Zuech: “Si tratta<br />

d’uno sviluppo storico spirituale nel senso<br />

più stretto e più alto della parola e<br />

non di un fatto essenzialmente nazionale<br />

e politico. La dedizione di Cherso a<br />

Venezia, quando già prima poteva dedicarsi<br />

ai Re Croati o venir a far parte comodamente<br />

dell’Arciduca o magari del<br />

Regno d’Ungheria, è stata una scelta<br />

spirituale e religiosa”. I segni della venezianità<br />

sviluppatasi lungo cinque secoli<br />

(1300-1800), sono molto visibili ancora<br />

oggi, per cui possiamo dire che l’arte e<br />

specialmente l’architettura della nostra<br />

isola, portano il timbro veneziano.<br />

- L’elemento slavo: è da saggi riconoscere<br />

che la nostra isola da secoli è<br />

popolata anche da persone che affondano<br />

le loro radici nel mondo slavo.<br />

Delle propaggini possono essere<br />

legate agli Illiri e Liburni, ma certamente<br />

dall’VIII secolo ci sono segni di questa<br />

presenza che venne poi incrementata<br />

all’inizio del periodo veneziano per<br />

lo sviluppo dato alla pastorizia.<br />

L’apporto della cultura, tradizioni e<br />

folklore croato, ha arricchito la “chersinità”<br />

che oggi non si può pensare disgiunta<br />

da questo elemento sviluppatosi<br />

molto negli ultimi secoli. Pensiamo<br />

solo alle tante espressioni e parole della<br />

lingua croata inserite pacificamente<br />

nel nostro dialetto chersino.<br />

Ho tratteggiato alcuni elementi fondanti<br />

della “chersinità” e sarà utile parlare<br />

di come difenderla e svilupparla.<br />

Sarei molto lieto di ricevere osservazioni<br />

e proposte, specialmente dalla<br />

parte croata, per ampliare questo utile<br />

e necessario dialogo, che ci può portare<br />

ad una maggiore conoscenza e collaborazione<br />

reciproca.<br />

+ P. Antonio Vitale Bommarco<br />

Alora nu chersini trapiantadi<br />

in tuto el mondo, demose una vose<br />

ogni qual tanto e stemo sempre unidi,<br />

soporteremo meo la nostra crose.<br />

Lassemoghe dai fioi nostri, preziosa<br />

sta bela e sacrosanta eredità<br />

che fa tuti nu tanti fradei:<br />

la bandiera de la chersinità.<br />

Aldo Policek


2 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

DRIO LA BARCA VA ‘L CAICIO<br />

Come una goccia che scava la roccia<br />

No se parla a voce alta!… No se<br />

ziga!… Domanda “Per piacer”…<br />

Disi “Grazie”… Sta’ sentada!…<br />

Alzite!… No risponder!… Saluda la<br />

signora!… Da’ la manina!… Va’ a<br />

trovar nona!…Fa’ la lezion!… Va’ in<br />

ciesa!… Lavite!… Pettinite!…<br />

Mettite in ordine!…<br />

Vien veder come se fa ’l strudel,<br />

cussì te impari! Cussì se fa i gnocchi.<br />

Cussì se fa i crostoli. Ciol el<br />

canotto de la pena, jutime a rodolar<br />

la pasta!<br />

Impara a stirar! Cussì se stira.<br />

Cussì se taca un boton…<br />

Cossa dirà la gente?<br />

No sta ridar par gnente!<br />

Come una goccia che scava la<br />

roccia, anno dopo anno: bambina,<br />

adolescente, poi ragazza. Ragazza<br />

ribelle, stufa di ordini e di consigli,<br />

ormai formata ma che porta ancora<br />

nel cuore quelle ruvide, semplici,<br />

care parole della mamma, sposa di<br />

paese e mamma di paese, ma<br />

mamma nel cuore, con dentro una<br />

grande ricchezza da dare a me, la<br />

sua bambina.<br />

Oggi mi rendo conto di quanto<br />

lei e il papà mi hanno dato perché<br />

ai fatti davano giudizi, ed esprimendo<br />

il giudizio mi insegnavano la vita<br />

e le sue leggi, la sua morale e la<br />

sua purità, ciò che è bene e ciò che<br />

è male, l’onestà e l’onore, il rispetto<br />

e il dovere, e cosa sono serietà e<br />

leggerezza così capivo cosa a una<br />

donna è lecito o negato, cosa si<br />

deve e cosa non si deve fare, cosa<br />

dire e cosa non dire, come comportarsi<br />

negli infiniti approcci e intrecci<br />

esistenziali.<br />

Ordini, esortazioni continue, ma<br />

mitigate e compensate da scene<br />

come quella del papà che mi cantilenava<br />

“Ti, ti, ti… ti ti me ga roto il<br />

ni’ ” spiegando poi: “Ti vedi, no bisogna<br />

‘ndar a tormentar i pici zioni nel<br />

nido, se no i zioni veci se rabia.<br />

Così il caicio veniva indotto, volente o nolente, a seguire la barca<br />

Senti come ch’el canta: ti, ti, ti ti me<br />

ga roto el ni’ ”. Dopo mi sbaciucchiava,<br />

tenerissimo, mi faceva fare<br />

il giro della corte in bicicletta e poi<br />

via, in sella, a lavorare tutto il giorno<br />

sulle linee elettriche (era elettricista!).<br />

A me il proseguire della giornata<br />

di sole, nella felicità di una infanzia<br />

di privilegio.<br />

Tuttora, qualche volta, mi ritrovo<br />

dentro questa felicità nativa, come<br />

un dolce retaggio che - mio Dio! -<br />

da chi mi è venuto in dono? Me lo<br />

chiedo quando la vena ritorna ad<br />

aprirsi, e ancora riesco a scrivere,<br />

riesco a “sentire”, a ricordare…<br />

Tutto mi passa come d’incanto<br />

per la mente: così rivivo l’odore del<br />

fieno; l’aria calda profumata da<br />

mille altri sentori; il frinire ininterrotto<br />

delle cicale… e non riesco a trovarla<br />

mai, brutta bestia affascinante<br />

di cui voglio scoprire il segreto.<br />

Come fai a stridere così, voglio<br />

averti in mano e toccarti, vedere<br />

come sei fatta. Sono grigie come la<br />

corteccia degli alberi su cui si<br />

aggrappano e non le trovi che a<br />

fatica, e stridono e stridono, insistenti,<br />

ritmate, gracchianti ma non<br />

sgradevoli, anzi fanno compagnia e<br />

sono la tiritera dell’estate, non sembrerebbe<br />

estate senza cicale.<br />

Quanto c’è da fare in estate nei<br />

campi!<br />

I miei ricordi sono di gente felice,<br />

di braccia che faticano con sudore,<br />

di forche levate a infilzare mucchi di<br />

fieno, di un canto corale di donne<br />

che si rincorre, di una bottiglia di<br />

vino all’ombra degli alberi. Ora il<br />

carro è colmo “Picia, salta su che<br />

tornemo a casa. Dai bela che dopo<br />

bisogna smolzer le vache, e beverarle,<br />

e cusinar el disnà… “<br />

Intanto papà è tornato, mamma<br />

è venuta con me sulle terre del<br />

nonno ad aiutare, adesso prepara<br />

la cena, frugale, semplice, “Picia,<br />

va’a cior un pochi de pomidoro!” Mi<br />

piace mangiarli crudi come frutti,<br />

colti tra le vigne. “Eco mama” Un<br />

po’ de salada, ovi duri,… “Taja el<br />

pan… Va a giogar ’ncora un poco<br />

fin che preparo…”<br />

Bobolo bobolo mostra i corni…<br />

El campanon… Salto alla corda…<br />

Un giro in bicicletta.<br />

“Mima, vien casa, xe papà…<br />

Lavite le man!”<br />

E l’uscio si chiude sulla sera tiepida<br />

e serena: umile casa istriana<br />

con un uomo, una donna, i loro<br />

bambini, il riposo dopo la fatica, il<br />

pane (“struza”) in comune, le semplici<br />

cose sudate, prodotte da mani<br />

callose, terra e fatica in unione<br />

sponsale a sudore d’uomo e amore<br />

di donna, a sfociare in tenerezza<br />

soave per i figli piccini.<br />

Una vita così: eterna, di grandi<br />

valori, che oggi pare sospesa tra<br />

sogno e realtà. Invece non fu un<br />

sogno. E’ stata la nostra vita. Una<br />

vita poi spezzata, distrutta, che portammo<br />

con noi nel ricordo assieme<br />

alle pietre, le graie, el faral, la fiocina,<br />

le campagne, le bestie, il<br />

mestiere, gli amici, la comare, il<br />

cugino, la cala, la marina, le lisse, il<br />

malvasia, l’andar in Siana, le nozze<br />

e i battesimi, il ballo in piazza, gli<br />

intrighi e i dispetti dei paesani, i pettegolezzi,<br />

le vendette, gli amori e i<br />

tradimenti, i bambini nati prima e le<br />

nozze riparatorie,…<br />

Mai più niente tornò come<br />

prima, così questo spezzone di vita<br />

avuta in dono dovette bastare per<br />

gli anni futuri, in cui ciò che avvenne<br />

ebbe solamente un nome: lotta,<br />

calvario.<br />

Irma Sandri Ubizzo<br />

Ho trovato questo delizioso brano<br />

nel nostro piccolo archivio. Non ne conosco<br />

l’autrice e non sono riuscita a mettermi<br />

in contatto con lei; spero mi scusi,<br />

se legge il testo pubblicato, per la rielaborazione<br />

che mi sono permessa di<br />

farne. (n.d.r.)


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

1943 – <strong>2003</strong>: sessant’anni.<br />

Nessun chersino - come nessun<br />

istriano, fiumano e dalmata - ha<br />

potuto maturare veli sulla memoria<br />

di quel caldo settembre di sessant’anni<br />

fa. Tante cose, anche<br />

importanti, della vita di prima e di<br />

dopo possono essere state dimenticate<br />

o sbiadite in dissolvenza, ma i<br />

fatti del settembre 1943 sono limpidi,<br />

in chi li ha vissuti, come fossero<br />

accaduti oggi stesso. I nonni e i<br />

genitori di allora sono passati nel<br />

frattempo quasi tutti a miglior vita,<br />

col cuore gonfio di nostalgia della<br />

terra avita perduta per sempre e<br />

incupito dall’ingiustizia subita allora<br />

e sofferta fino all’ultimo. Ingiustizia di<br />

un esilio imposto dalla dignità personale<br />

prima che dalla violenza degli<br />

occupatori liberticidi nel nome della<br />

Libertà.<br />

Oggi abbiamo il dovere di elevare<br />

il pensiero commosso a tutti i chersini<br />

trucidati e caduti, ma anche ai<br />

morti in esilio, per i quali il nostro bel<br />

cimitero di Cherso, costruito a misura<br />

della piccola città considerata una<br />

grande famiglia, ha dovuto idealmente<br />

allargarsi al mondo intero. Io<br />

che scrivo ho una buona ventina di<br />

familiari stretti sepolti a Chioggia,<br />

Treviso, Padova, Trieste, Gorizia,<br />

Bergamo, Livorno, Brescia, Varese,<br />

Grado, Bologna, Roma, New York.<br />

Per tutti loro, e per i mille e mille disseminati<br />

altrove, il dramma iniziato<br />

nel ’43 si è concluso soltanto con le<br />

esequie in città ospitali, perché il<br />

paese natio s’era fatto a loro straniero<br />

e tale ha continuato ad essere<br />

vieppiù che i regimi si sono avvicendati<br />

perpetuando l’ingiustizia.<br />

Noi che possiamo ricordare ancora<br />

oggidì – e, grazie a Dio, siamo<br />

ancor tanti – lo facciamo con gli<br />

stessi occhi spalancati da allora perché<br />

ciò che abbiamo visto abbiamo<br />

continuato a rivederlo ogni giorno e<br />

a risognarlo ogni notte.<br />

Sulla nostra Storia sono state<br />

scritte falsità ed infamie che è giunta<br />

l’ora di confutare ad una ad una<br />

lasciando testimonianze scritte e<br />

LA STORIA<br />

Il 1943 è ancora attuale!<br />

documentate che la Provvidenza<br />

conserverà per lettori spassionati ed<br />

onesti.<br />

Da sessant’anni si scrive di una<br />

Liberazione della nostra isola che<br />

nella realtà non è mai avvenuta perché<br />

non richiesta, non avvertita<br />

come tale, bensì da tutti considerata<br />

per ciò che è stata: la negazione<br />

radicale di ogni diritto civile. Ne è<br />

prova massima che la quasi totalità<br />

dei “liberati” è scappata appena ha<br />

potuto lasciando case, affetti, averi e<br />

professioni. Tutto si può dire, anche<br />

barare impudentemente sul conto di<br />

quanti sono esulati, ma non si può<br />

dire però che noi esuli non siamo<br />

tanti e dappertutto e che dopo sessant’anni<br />

facciamo parlare ancora<br />

pagine intere di giornali e libri che<br />

vanno a ruba, di autori quali Pitacco,<br />

Oliva e perfino Fassino, segretario<br />

nazionale della D. S. che ci dà ragione!<br />

Il primo Sindaco di Lussino della<br />

Croazia post-titina ha dichiarato ufficialmente<br />

che, dopo la “liberazione”<br />

del 1945, sono scappati dalle isole<br />

di Cherso e dei Lussini tanti abitanti<br />

quanti le stesse due isole ne hanno<br />

oggi, dopo la calata massiccia di<br />

“liberatori” da ogni angolo della<br />

Balcania.<br />

Se tutti gli esuli chersini conoscono<br />

e ricordano i fatti vissuti, non<br />

tutti però conoscono con chiarezza il<br />

quadro politico generale della storia<br />

di quell’estate e di quell’autunno nei<br />

quali i fatti si sono svolti.<br />

Oggi, gli ex Iugoslavi eredi di Tito<br />

e beneficiati dal Trattato del ’47 hanno<br />

fatto di quel trattato una cartastraccia,<br />

dichiarandolo ingiusto e iniquo.<br />

E’ questa una delle considerazioni<br />

necessarie per capire la pretestuosità<br />

della nostra “liberazione” del<br />

1943 – 45 – 47.<br />

Ma torniamo al 1943.<br />

L’anno era iniziato – per chi non<br />

lo sa – con l’Italia in guerra assieme<br />

alla Germania nazista, alla Croazia<br />

ustascia, alla Francia del maresciallo<br />

Petain e al Giappone contro l’In-<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

3<br />

ghilterra, gli Stati Uniti d’America e<br />

l’Unione Sovietica.<br />

Il 25 luglio, a Roma, il Gran Consiglio<br />

del Fascismo mise in minoranza<br />

il Duce Benito Mussolini,<br />

sciolse il Partito e decise la riconsegna<br />

di tutti i poteri al Re Vittorio<br />

Emanuele III. Il Re consegnò Mussolini<br />

ai Carabinieri che lo deportarono<br />

in cima al Gran Sasso d’Italia. Il<br />

Re incaricò il maresciallo Badoglio<br />

di formare un governo senza fascisti<br />

del quale farà parte addirittura<br />

Palmiro Togliatti. I partiti democratici<br />

uscirono dalla clandestinità e si ricostituirono<br />

come prima della Marcia<br />

su Roma che aveva portato al potere<br />

il Duce e il Fascismo.<br />

Tutto rimase tranquillo fino all’8<br />

settembre. A Cherso dei partigiani<br />

nessuno sentì parlare e infatti essi<br />

uscirono allo scoperto soltanto dopo<br />

l’8 settembre 1943.<br />

L’Armistizio<br />

Nel tardo pomeriggio dell’8 settembre<br />

la radio annunciò l’Armistizio:<br />

l’Italia aveva concordato la cessazione<br />

delle ostilità reciproche tra il<br />

suo esercito e quelli dei suoi nemici<br />

dei quali era divenuta amica.<br />

L’esercito italiano si ritirò dalle<br />

zone occupate e una massa di soldati<br />

cominciò ad arrivare sull’isola<br />

nostra dalla ex Iugoslavia con mezzi<br />

di fortuna, credendo facile proseguire<br />

verso i paesi di residenza. I trasporti<br />

pubblici però si erano fermati<br />

e l’enorme afflusso di sbandati costituì<br />

un grande problema soprattutto<br />

alimentare.<br />

I cittadini più responsabili ritennero<br />

necessario formare un Comitato<br />

di Salute Pubblica composto da<br />

rappresentanti spontanei di ogni tendenza<br />

politica, compresa quella comunista.<br />

Quale fiduciario del Partito<br />

Comunista si presentò l’agricoltore<br />

Gasparo P. vantando l’anzianità d’incarico<br />

risalente al 1918.<br />

Il Comitato rimase insediato in<br />

Municipio quasi in permanenza, presieduto<br />

dal venerando prof. Saverio<br />

Mitis, e riuscì ad organizzare il tra-


4 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

sporto in Istria di tutti i militari. La<br />

nave chersina Asteria ne traghettò<br />

in un sol viaggio ben 700. Fu anche<br />

costituita una Guardia Civica di giovani<br />

locali, aggiunti in buon numero<br />

ai Carabinieri e ai Finanzieri rimasti<br />

perché Cherso era territorio nazionale<br />

garantito dall’Armistizio, non<br />

zona di occupazione. Il comando fu<br />

affidato al signor Francesco Moise,<br />

che era stato ufficiale di carriera nell’esercito<br />

absburgico, e poi al giovane<br />

tenente di Artiglieria Marino Colombis,<br />

appena rientrato col suo<br />

reparto da Segna.<br />

Il dottor Marino Colombis ha<br />

scritto un breve diario sui fatti suoi e<br />

di Cherso nei mesi di settembreottobre,<br />

che è una fonte molto<br />

importante, se considerata assieme<br />

alle altre che pure esistono anche<br />

se non ancora pubblicate. L’attendibilità<br />

delle dure parole del dottor<br />

Colombis sul comportamento dei titini<br />

e dei filo-titini, che tutti noi confermiamo,<br />

è garantita dal fatto che, pur<br />

essendo stato cacciato da loro, appena<br />

arrivato a Trieste entrò nelle<br />

formazioni dei partigiani italiani e,<br />

senza tradire la sua schietta italianità,<br />

combatté i nazi-fascisti, tanto<br />

che nel dopoguerra fu eletto Presidente<br />

dell’Associazione Partigiani di<br />

Trieste.<br />

Nessun problema nazionalistico<br />

A Cherso, nei dieci giorni di democrazia<br />

civica seguiti all’8 settembre,<br />

non sono affiorati problemi nazionalistici.<br />

La popolazione non si agitò per<br />

cambiar bandiera, come molto dopo<br />

è stato scritto, ma l’unico motivo di<br />

perturbamento fu la preoccupazione<br />

degli agricoltori più ricchi di perdere<br />

l’olio conferito all’Ammasso.<br />

Il governo italiano aveva razionato<br />

i viveri garantendo l’alimentazione<br />

a tutti gli Italiani malgrado l’interruzione<br />

dei traffici internazionali tra i<br />

belligeranti. Nelle zone di produzione<br />

di generi alimentari erano stati<br />

organizzati gli Ammassi statali.<br />

A Cherso, ovviamente, oltre all’Ammasso<br />

del pesce c’era quello<br />

dell’olio di oliva, prodotto in quantità<br />

e comperato dal Governo a un prezzo<br />

soddisfacente.<br />

Dopo l’8 settembre l’Ammasso<br />

rimase apparentemente incustodito<br />

e i conferenti pensarono di ottenere<br />

la restituzione o la liquidazione totale<br />

del loro prodotto. Si sparse la voce<br />

di ammanchi e ruberie, furono<br />

indicati i presunti colpevoli e si temette<br />

il linciaggio di qualche sospetto,<br />

che si salvò facendosi arrestare<br />

dai Carabinieri d’accordo con la<br />

Guardia Civica. Una verifica effettuata<br />

dal Comitato di Salute Pubblica<br />

riportò presto la calma. Né bandiere<br />

né ideologie dunque, ma solo i “bori<br />

de l’oio”!<br />

E’ stato scritto da giornalisti-storici<br />

forestieri e indottrinati che il popolo<br />

di Cherso manifestò per chiedere<br />

l’arrivo liberatore dell’armata partigiana<br />

comunista iugoslava e che dei<br />

prodi chersini prepararono l’eroico<br />

sbarco liberatore dell’isola dalla dittatura<br />

fascista. Un grosso dirigente<br />

nazionale del Partito Comunista<br />

Italiano ha anche esaltato come sorprendente<br />

e unico lo sbarco partigiano<br />

nell’isola nostra. C’è cascato<br />

anche lui nella trappola della propaganda.<br />

In verità, dopo l’8 settembre,<br />

a Cherso chiunque poteva sbarcare<br />

tranquillo anche arrivando in sandolino,<br />

dato il clima ancora balneare e<br />

dato che l’isola era incustodita e<br />

fidente nell’Armistizio. Si temeva soltanto<br />

l’eventuale arrivo dei Germanici.<br />

Ai partigiani non si pensava<br />

nemmeno se non da parte di un<br />

paio di loro emissari segreti.<br />

I Cetnici serbi primi arrivati<br />

Prima dei comunisti croati comunque<br />

arrivarono i Cetnici serbi,<br />

partigiani monarchici. Arrivarono in<br />

400 a Lussino, senza sparare un<br />

solo colpo e senza bisogno che<br />

qualcuno preparasse lo sbarco. Il 13<br />

settembre, con alcuni camions, una<br />

Compagnia si presentò a Cherso<br />

alle 11 di sera. Solo allora i filo-iugoslavi<br />

si fecero conoscere: tre-quattro<br />

persone del Comitato, credendoli<br />

comunisti, si misero a gridare in Pra’:<br />

“Viva i partigiani di Tito!” e frasi del<br />

genere. Il maggiore che comandava i<br />

Cetnici rispose: “Non siamo comunisti,<br />

siamo i rappresentanti della<br />

Iugoslavia del Re Pietro, esule a<br />

Londra”. Salito su una sedia davanti<br />

all’Albergo Fontego in Riva, fece poi<br />

un discorso ad un gruppetto di curiosi,<br />

che fu ascoltato da tutti gli abitanti<br />

della contrada, tappati in casa dietro<br />

le “griglie” socchiuse delle finestre.<br />

Pare che i poveri cetnici fossero<br />

semplicemente in fuga, ma la tentazione<br />

patriottica fece ricordare al<br />

maggiore il mito del regno slavo di<br />

mille anni prima e declamò il verso<br />

“sul nostro azzurro Mare Adriatico”.<br />

Lo declamò ovviamente in serbocroato<br />

e nessuno capì cosa disse al<br />

di fuori di chi possedeva una cultura<br />

adeguata. La storia deve registrare<br />

che, se fosse stato ancora possibile<br />

liberare Cherso dal Fascismo, sarebbe<br />

stata liberata dall’esercito partigiano<br />

del Re di Iugoslavia e non da<br />

quello comunista di Tito. Ma nel settembre<br />

1943 tutta l’Italia, Cherso<br />

compresa, era stata già liberata dal<br />

Fascismo da quasi due mesi e la<br />

Repubblica Sociale Italiana non era<br />

stata ancora inventata, lo sarà appena<br />

alla fine del mese ed entrerà in<br />

funzione in novembre.<br />

I Cetnici si ritirarono al di là della<br />

Cavanella di Ossero e poi a Lussino,<br />

dove furono tutti sterminati dai partigiani<br />

comunisti arrivati – si disse –<br />

più per farli fuori e liberarsi di 400<br />

serbi monarchici che per liberare il<br />

popolo di Cherso.<br />

I timori di Tito<br />

Tito allora temeva che Cetnici e<br />

Inglesi potessero incontrarsi e metter<br />

su basi militari per contrastargli il<br />

disegno della dittatura comunista in<br />

Adriatico.<br />

Gli esegeti della Croazia han<br />

scritto che il popolo di Cherso “spasimava”<br />

per la Croazia. Ma a quale<br />

Croazia poteva pensare un chersino<br />

nel 1943 se non alla sola esistente,<br />

la “Grande Croazia” ustascia, cioè<br />

nazi-fascista di Ante Paveliæ? L’Italia<br />

era allo sfascio l’8 settembre ’43 ma<br />

la Croazia era intatta e combatteva<br />

assieme alla Germania, ancora apparentemente<br />

potentissima. Il primate<br />

cattolico Stepinac aveva ordinato<br />

il Te Deum in tutte le chiese quando,<br />

nell’aprile ’41, la Croazia di Paveliæ<br />

era stata proclamata.<br />

I partigiani di Tito si fanno vedere<br />

appena il 18 settembre<br />

Gli Iugoslavi di Tito arrivarono<br />

nella baia presso Smergo nella notte<br />

del 17/18 settembre e si fecero vedere<br />

in piazza dopo aver occupato il<br />

Municipio.<br />

Il loro comandante, Jeronµiµ,<br />

maestro di Ponte nell’isola di Veglia<br />

e già tenente di complemento dell’e-


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

sercito del Re, convocò alle 18:30 il<br />

Comitato cittadino per esonerare la<br />

maggioranza dei membri e tenere in<br />

carica pochi comunisti e un paio di<br />

opportunisti ma utili perché più spregiudicati,<br />

tanto spregiudicati che poi<br />

moriranno esuli in Italia.<br />

Qualche giorno dopo arrivò un<br />

grosso commissario politico dall’Istria<br />

in parte occupata e si meravigliò<br />

che nessuno era stato carcerato,<br />

processato ed espulso. Ordinò al<br />

Comitato dei fedelissimo di elencare<br />

i chersini più pericolosi per intelligenza<br />

e intraprendenza e istruì gli<br />

inesperti compagni locali su come<br />

agire contro di loro “per dare una<br />

lezione alla gente e metter paura a<br />

chi volesse collaborare con i «reazionari»<br />

dopo l’eventuale ritirata partigiana”<br />

all’arrivo dei tedeschi, ritenuto<br />

– lo ha scritto nel diario pubblicato<br />

molto più tardi – molto probabile.<br />

La notte del 25 settembre<br />

La notte del 25 settembre l’attacco<br />

contro la “reazione” fu sferrato.<br />

Furono prelevati dalle loro abitazioni<br />

14 chersini: Emilio Antonini, Baici<br />

cap. Antonio, Ottone Zadro, Giuseppe<br />

Bravuzzo, Mario Albano, Nicolò<br />

Lemessi, Nicolò Fatutta, Antonio Valentin,<br />

Giuseppe Carvin, Antonio<br />

Carvin, Giuseppe Baici, Miro Doncovio,<br />

Nicolò Tomaz, Antonio Gropuzzo.<br />

Furono legati e imbarcati su un<br />

motopeschereccio, chiusi nella stiva<br />

per sette ore e fatti sbarcare a Cirquenizze,<br />

sulla costa croata.<br />

La stessa notte, con altra barca,<br />

furono portati a Porto Albona i giovani<br />

ufficiali chersini reduci in seguito<br />

all’Armistizio, tra essi lo stesso<br />

Marino Colombis. Inseguiti da una<br />

telefonata giunta ad Albona da<br />

Cherso perché fossero fucilati, i giovani<br />

riuscirono a raggiungere Trieste<br />

con una marcia avventurosa. Dei 14<br />

deportati, 4: Emilio Antonini, Ottone<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

5<br />

Zadro, Antonio cap. Baici, Giuseppe<br />

Bravuzzo furono condannati a morte<br />

e subito fucilati a Dresnice, dopo<br />

una parodia di processo senza né<br />

accusa né difesa.<br />

Tutti i giovani di età militare furono<br />

costretti, con i mitra puntati, ad<br />

“arruolarsi volontari” nell’armata partigiana.<br />

La loro è stata una vera<br />

deportazione per alcuni tragica.<br />

Mai nella lunga storia di Cherso<br />

erano accaduti fatti del genere. Mai<br />

nessuno era stato giustiziato per<br />

movente politico.<br />

Con la triste notte del 25 settembre<br />

1943 alcuni irresponsabili succubi<br />

di un commissario politico foresto<br />

si sono assunti la responsabilità degli<br />

anni di terrore che sono seguiti<br />

per logica conseguenza e dei quali<br />

tutti noi portiamo il peso.<br />

I dettagli e il seguito nei prossimi<br />

numeri.<br />

Luigi Tomaz<br />

Coloro che desiderano aderire alla “Società Francesco Patrizio della <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong>”,<br />

preso atto dello Statuto allegato, sono pregati di compilare e spedire alla sede della<br />

<strong>Comunità</strong> la scheda che segue<br />

Scheda di adesione<br />

All’Associazione “Francesco Patrizio della <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong>”<br />

Il sottoscritto, ................................................... nato a ......................................................<br />

il ........................................ e residente a ...............................................................................<br />

in via ................................................... tel n.: ................................. cell. n.: ............................<br />

essendo nella condizione prevista dall’art. 6, comma a, b, c (sbarrare la lettera interessata)<br />

dichiara di condividere le finalità dell’Associazione “Francesco Patrizio della <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong>”<br />

e pertanto<br />

chiede<br />

di essere ammesso nella stessa in quantità di socio ordinario.<br />

Luogo e data: ...................................<br />

Firma: ......................................


6 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

STORIA DI CHERSO<br />

Parte XII<br />

Il periodo ungherese<br />

(1358 – 1409)<br />

Dopo la pace di Zara<br />

Nel 1358, dopo la pace di Zara,<br />

comincia il secondo periodo di dominazione<br />

ungherese della Dalmazia e<br />

delle isole del Quarnero. Il primo<br />

periodo era avvenuto all’inizio del XII<br />

secolo, sotto il re Colomanno. Questi<br />

due brevi spazi di tempo sono i soli<br />

ad interrompere il periodo veneziano<br />

che va dal viaggio del duca Pietro<br />

Orseolo II dell’anno 1000 alla caduta<br />

della Repubblica di Venezia (1797).<br />

Dopo la pace di Zara la situazione,<br />

in Dalmazia, è paradossale: Venezia,<br />

potenza marinara, non ha più<br />

alcun potere sul territorio lambito dal<br />

mare percorso dalle sue navi per<br />

commerciare; l’Ungheria ha ottenuto<br />

l’ambito sbocco sul mare ma non ha<br />

una flotta per navigarlo e quindi avvantaggiarsi<br />

di questo sbocco.<br />

I comuni dalmati, specialmente<br />

Zara che ha sempre lottato contro<br />

Venezia per la conservazione della<br />

sua autonomia, non accettano passivamente<br />

il passaggio dal dominio<br />

veneziano a quello ungherese ma lo<br />

negoziano e ottengono da Lodovico,<br />

sovrano di un paese ancora a regime<br />

feudale, notevoli privilegi quali<br />

un governo comunale composto da<br />

persone del posto, podestà compreso,<br />

che a presiedere i tribunali di<br />

prima istanza siano giudici scelti dal<br />

popolo, che i bani ungheresi non interferiscano<br />

nel governo della città.<br />

All’inizio Lodovico concede e tollera<br />

codeste “libertà” ma in seguito,<br />

poiché gli sembra che esse minaccino<br />

il suo potere e sono in contrasto<br />

con la sua politica accentratrice ed<br />

imperialista, impone delle restrizioni,<br />

come l’instaurazione di un controllo<br />

diretto sul governo comunale, e<br />

dimostra di non gradire podestà e<br />

magistrati italiani. Ciò provoca nella<br />

popolazione il rimpianto per Venezia.<br />

La cosa è enfatizzata dagli autori italiani<br />

e meno rilevata da quelli slavi.<br />

Secondo il Ganzetti erano favorevoli<br />

all’Ungheria i nobili e l’alto clero perché<br />

Venezia aveva soppresso molti<br />

loro privilegi, mentre era favorevole a<br />

Venezia il popolo perché essa, oligarchica<br />

ed aristocratica in patria, in<br />

Dalmazia si era presentata come<br />

una paladina della democrazia e<br />

perciò avversa ai nobili.<br />

L’economia, finite le lotte contro<br />

Venezia, rifiorisce ma la ripresa economica<br />

viene subito bloccata dall’Ungheria<br />

che impone onerosi dazi<br />

su tutte le attività produttive, si appropria<br />

di beni pubblici e confisca i<br />

patrimoni di cittadini privati. L’esosità<br />

dei dazi mette in difficoltà il commercio,<br />

specie quello del sale. Tutto<br />

ciò provoca una grave crisi economica<br />

che apre le porte agli operatori<br />

finanziari ed ai commercianti fioren-<br />

P. Novelli, Dedizione delle città dalmate a Venezia (BCT, 824-No. 20) - da T. Pizzetti, Con la bandiera del protettor S. Marco, Campanotto 1999, pag. 114


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

tini e, col passare del tempo, fa rimpiangere<br />

sempre più Venezia.<br />

Questa, estromessa dalla costa<br />

orientale del Mar Adriatico, è però<br />

padrona di quella occidentale e della<br />

navigazione sui fiumi Po e Brenta e<br />

impedisce ai mercanti dalmati l’accesso<br />

ai porti in suo possesso.<br />

E’ una situazione economica che<br />

non conviene a nessuno. Lodovico<br />

se ne rende conto e cerca di crearsi<br />

una flotta con l’aiuto dei dalmati, che<br />

però nulla possono fare senza<br />

Venezia che possiede il monopolio<br />

dell’armamento delle navi sia mercantili<br />

sia da guerra.<br />

Il fatto di non essere riuscito ad<br />

avere una flotta viene vissuto dal re<br />

di Ungheria come una sconfitta in<br />

quanto significa anche la fine del<br />

suo sogno di diventare il sovrano di<br />

un grande impero che andasse dalle<br />

regioni danubiane all’Italia meridionale<br />

attraverso le coste adriatiche.<br />

I dalmati si rendono conto di aver<br />

bisogno della flotta veneziana per la<br />

difesa delle loro coste ma Venezia<br />

non può aiutarli perché quei territori<br />

non le appartengono più e perché è<br />

impegnata a difendersi da tutti coloro<br />

che ostacolano i suoi commerci, e<br />

in particolare dai pirati di Almissa.<br />

Per rendere più sicura possibile<br />

la navigazione, Venezia istituisce<br />

agli inizi del XIV secolo la “Squadra<br />

del Golfo” che durante la primavera<br />

e l’estate pattuglia il Mar Adriatico e<br />

in seguito anche tutto il Levante<br />

veneziano.<br />

Fallito il progetto di costruire una<br />

flotta con l’aiuto dei dalmati, nella<br />

consapevolezza che Venezia non è<br />

domata e che si può batterla solo sul<br />

mare, Lodovico si avvicina a Genova,<br />

l’unica in grado di contrastarla, affida<br />

a un genovese la carica di ammiraglio<br />

generale del regno, sollecita i comuni<br />

dalmati a chiamare al governo delle<br />

loro città dei genovesi e… aspetta<br />

l’occasione propizia per attaccare.<br />

Lodovico condivide questo atteggiamento<br />

con i suoi antichi alleati - l’imperatore<br />

di Germania, il duca d’Austria,<br />

il conte di Gorizia, il Patriarca di<br />

Aquileia – anch’essi desiderosi di<br />

sconfiggere la Repubblica di Venezia<br />

per poter commerciare liberamente<br />

nel Mar Adriatico. Questa volta però<br />

l’armata veneziana, capeggiata da<br />

Vittor Pisani, precede l’azione degli<br />

alleati affrontandoli nel Mar Tirreno, a<br />

Capo d’Anzio, e distruggendo la flotta<br />

genovese. Rientrata in Adriatico,<br />

espugna Cattaro e Sebenico, riceve<br />

in dedizione Arbe ma non riesce a<br />

conquistare Traù e Zara, basi principali<br />

della flotta genovese e dalmata.<br />

Nella successiva primavera la flotta<br />

veneziana viene però sconfitta fuori<br />

Pola dall’armata dalmato-genovese<br />

guidata dal generale genovese Luciano<br />

Doria. Poi il Doria prosegue verso<br />

Venezia ma, avvertito il pericolo, la<br />

città tutta si mobilita, ogni imbarcazione<br />

scende in mare e il nemico viene<br />

bloccato e costretto alla resa.<br />

La pace di Torino (1381)<br />

Nel 1381 le potenze interessate si<br />

riuniscono a Torino per trattare le<br />

condizioni della pace, in seguito alle<br />

quali la situazione risulta la seguente:<br />

Venezia perde Cattaro a favore di<br />

Zara e le viene proibito l’ingresso<br />

nei porti dalmati; per navigare nell’Adriatico<br />

deve pagare all’Ungheria un<br />

pedaggio di 7.000 ducati; deve consentire<br />

l’ingresso e l’uscita di merci<br />

dalmate dai suoi porti per un valore<br />

di 3.500 ducati ma conserva il monopolio<br />

del commercio del sale che i<br />

dalmati non possono vendere alle<br />

città della costa occidentale controllate<br />

da Venezia; mantiene i suoi<br />

possessi in Levante e libertà di navigazione<br />

in tutto l’impero d’Oriente.<br />

L’Ungheria ottiene il possesso del<br />

litorale Adriatico e 7.000 ducati da<br />

Venezia per la navigazione in Adriatico.<br />

Nel 1382 muore il re d’Ungheria<br />

Lodovico il Grande ed inizia una<br />

grave crisi per la successione al suo<br />

trono. Era infatti sua erede la figlia<br />

Maria che però, alla morte del padre,<br />

ha appena undici anni; diventa<br />

pertanto sua tutrice e reggente del<br />

trono la madre, la regina Elisabetta.<br />

Le lotte per la successione al trono<br />

vedono implicati gli Angioini di Napoli<br />

con Ladislao e la potente famiglia<br />

bosniaca degli Horvati. Infine<br />

Maria riesce a salire sul trono d’Ungheria<br />

sposando Sigismondo di Lussemburgo.<br />

L’isola di Cherso è governata in<br />

questo periodo dalla famiglia Saraceno,<br />

alla quale era stata ceduta<br />

da Lodovico con tutti i diritti e le rendite<br />

da essa derivanti. Dalla scarsa<br />

documentazione riguardante quest’epoca<br />

si ricava che i Saraceno<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

7<br />

governarono con pugno di ferro, pretesero<br />

onerosi tributi e gli isolani mal<br />

sopportavano questo stato di cose e<br />

protestavano. A rendere ancora più<br />

difficile la situazione c’erano le continue<br />

incursioni dei pirati. Quando Sigismondo<br />

divenne re conferì l’isola ai<br />

fratelli Nicolò e Giovanni Di Gara, in<br />

cambio dei favori da essi ricevuti. Assieme<br />

al possesso dell’isola essi ricevettero<br />

il diritto di trattenere i proventi<br />

ricavati dalla vendita del sale<br />

ed il trentesimo dei redditi dell’isola<br />

che fin dai tempi di Lodovico era<br />

riservato alla corona ungherese. A<br />

tutto ciò Sigismondo aggiunse anche<br />

il patronato in perpetuo sulla chiesa<br />

della Beata Vergine di Ossero.<br />

A un certo punto nella lotta per la<br />

successione entra anche il re di Napoli<br />

Ladislao, che a Zara viene proclamato<br />

anche re di Dalmazia ma<br />

che, dopo un soggiorno di qualche<br />

mese in questa città ritorna nella sua<br />

Napoli lasciando nel zaratino Giovanni<br />

di Lusignano, duca di Bari, con<br />

poche truppe e mal in arnese. La<br />

situazione favorisce le mire di possesso<br />

dei Frangipane di Veglia su<br />

Arbe e Cherso e del duca bosniaco<br />

di Spalato Hervoje su Nona e la zona<br />

spalatina. Sigismondo e Ladislao, i<br />

due sovrani al centro di questo movimento<br />

politico ed espansionistico, in<br />

perpetua crisi economica, cercano di<br />

ricavarne tutto l’utile possibile.<br />

Venezia che in tutto questo tempo,<br />

mentre andava rinforzando la<br />

sua potenza terrestre, non perdeva<br />

di vista le coste del Mar Adriatico al<br />

cui dominio non aveva mai effettivamente<br />

rinunciato, ne approfitta e,<br />

colto il fatto che Ladislao è pronto a<br />

cedere la Dalmazia per denaro, non<br />

si lascia sfuggire l’occasione.<br />

Si avviano le trattative. Venezia,<br />

sicura che l’ “affare” si sarebbe fatto,<br />

non ha fretta. L’accordo si conclude<br />

infatti dopo circa un anno di trattative<br />

in seguito alle quali Venezia acquista<br />

dal re Ladislao Zara, Pago,<br />

Aurana, Cittanova e tutti i diritti sulla<br />

Dalmazia per 100.000 ducati, somma<br />

equivalente all’1 % del valore<br />

degli immobili della città di Venezia e<br />

al 7,5 % del suo reddito annuo.<br />

La trattativa era partita con la<br />

richiesta, da parte di Ladislao, di<br />

300.000 ducati.<br />

Carmen Palazzolo Debianchi


8 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

NOTIZIE DA CHERSO E LUSSINO<br />

Da Caisole<br />

Ritorno nella natia Caisole dopo dieci anni di assenza<br />

A due lustri dall’ultima, imprevista<br />

visita al paese natale, alla mia<br />

Caisole, per dare l’estremo saluto<br />

alla salma della cara sorella Anna, ho<br />

sentito l’insopprimibile desiderio di<br />

rivedere ancora una volta quei luoghi<br />

indimenticabili. Ho voluto imprimermeli<br />

bene nella mente e nel cuore<br />

per trasfonderne il ricordo e l’attaccamento<br />

ai compaesani in diaspora.<br />

Ma, per conoscere bene quel<br />

meraviglioso mondo antico e raffrontarlo<br />

con l’attuale, dobbiamo risalire<br />

agli anni 1930/45 quando Caisole,<br />

con le sottofrazioni, contava il migliaio<br />

di abitanti ed era fornita dei<br />

seguenti servizi: Parrocchia con parroco<br />

stanziale, scuola materna ed<br />

elementare, caserme: di Carabinieri,<br />

Guardie di Finanza e Marina Militare,<br />

delegazione comunale e di<br />

spiaggia, Ufficio Postale con i procaccia<br />

per distribuire la corrispondenza<br />

nei villaggi e a Dragosetti,<br />

Filosici e Varesina, dopolavoro con<br />

sale per la lettura e le riunioni popolari,<br />

quattro negozi di generi alimentari,<br />

il bar-locanda “Al Castello” con<br />

rivendita di tabacchi e generi vari,<br />

altre tre osterie, due panifici con<br />

pasticceria e due macellerie con<br />

salumeria. L’agricoltura, soprattutto,<br />

era molto curata e tecnicamente<br />

progredita e gli allevamenti di ovini e<br />

bovini molto diffusi. Un sufficiente<br />

parco di mezzi di trasporto marittimo<br />

garantiva un regolare servizio per i<br />

passeggeri ed ogni altro materiale.<br />

Così il porto dava un valido contributo<br />

alla piena occupazione della<br />

mano d’opera adibita al carico, su<br />

navi alla fonda, della bauxite e della<br />

legna da ardere, destinata ai mercati<br />

di Venezia e di Chioggia. Per la<br />

pesca vi stazionava una flottiglia di<br />

pescherecci che ogni mattina portavano<br />

a riva grosse quantità di pesce<br />

azzurro, che in buona parte veniva<br />

smistato al mercato ittico di Fiume.<br />

Fra tutto questo ben di Dio, nei<br />

punti più frequentati dalla gente,<br />

spiccavano in bella mostra due storici<br />

gioielli: nella piazza della chiesa il<br />

monumento al Leone di San Marco<br />

eretto, a simbolo delle radici della<br />

nostra civiltà, su iniziativa dell’allora<br />

Capovilla, mio padre, e solennemente<br />

inaugurato il 3 giugno 1935<br />

dall’Accademico d’Italia Alfredo<br />

Panzini, alla presenza delle Autorità<br />

comunali, provinciali e di tutto il<br />

popolo in festa; e nella stazione di<br />

Poiana, il secolare olmo, della specie<br />

Ulmus campestris, dall’ampia e<br />

Estate 1981. Sotto il gigantesco olmo che non esiste più è riunito un gruppo di caisolani per salutare<br />

don Federico Penso, in partenza dopo la celebrazione della S. Messa per il 50° anniversario<br />

del suo sacerdozio.<br />

folta chioma, alla cui ombra era<br />

d’obbligo una breve sosta.<br />

Qui mi pare più che opportuno<br />

saltare gli anni dell’immediato dopoguerra<br />

che, sotto ogni aspetto, si<br />

sono distinti per il totale degrado<br />

ambientale e i molti disagi arrecati<br />

alla gente, a cominciare dalla rimozione<br />

di simboli storici come il Leone<br />

di San Marco dal suo naturale sito,<br />

imponendone la sostituzione con<br />

altri nuovi, a noi estranei, che però<br />

hanno avuto la brutale forza di<br />

costringere alla fuga, in esilio, il 95%<br />

della popolazione. Alla minoranza<br />

del 5% (solo anziani e di malferma<br />

salute), che non ha potuto seguire<br />

gli altri, non è rimasto che tenere<br />

duro e pensare ad organizzarsi per<br />

preparare a sé e ai propri figli un<br />

domani migliore che non poteva non<br />

venire. Infatti, dopo decenni di sofferta<br />

miseria e il tonfo del crollo del<br />

muro di Berlino, tutti hanno ripreso<br />

fiato e fiducia per cambiare rotta,<br />

com’era nell’ordine delle cose. Ci è<br />

voluto, sì, un po’ di tempo, ma la<br />

buona volontà di tutti assieme, con<br />

l’abile regia del parroco Mons. Giuseppe<br />

Bandera, il Buon Pastore, ha<br />

portato al riinserimento del paese<br />

nei circuiti di una normale vita civile<br />

atta ad assicurare a tutti un avvenire<br />

certo e dignitoso.<br />

Vista l’inerzia ed il disinteresse<br />

delle costituite autorità comunali dell’epoca,<br />

ecco ancora il Buon Pastore<br />

indicare una soluzione fondando<br />

l’Eko-Centro Caput Insulae, cui ha<br />

aderito tutta la popolazione residente<br />

e non, mettendosi al lavoro con<br />

lena ed entusiasmo. Ben presto si<br />

sono visti i primi risultati positivi con<br />

l’arrivo di frotte di turisti stranieri a<br />

godersi le ferie in santa pace in<br />

quell’ambiente, a dir poco, idilliaco.<br />

Ora, nelle case vuote rimesse a<br />

nuovo, nelle pensioni “Beli” e<br />

“Tramontana”, nel camping internazionale<br />

alle spalle della spiaggia, è<br />

facile trovare un alloggio confortevole.<br />

E così, grazie anche all’aiuto dei<br />

parenti che ritornano ogni anno più<br />

numerosi per un breve soggiorno<br />

vacanziero, si è risolto il serio problema<br />

economico del dopoguerra.


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Il mio impatto con la realtà attuale,<br />

alla stazione di Poiana, è stato<br />

una sorpresa. Non ho più trovato il<br />

secolare olmo. Al suo posto un parcheggio<br />

pieno di auto in sosta e un<br />

ininterrotto via vai di gente dentro e<br />

fuori dall’affollato bar “Beli”. Subito,<br />

tutti fuori intorno a me per darmi il<br />

benvenuto col rituale brindisi alla<br />

comune salute. A pochi passi su per<br />

l’erto selciato, riservato ai pedoni,<br />

ho avuto la fortuna di imbattermi<br />

nella persona del Buon Pastore e<br />

non vi dico le feste che ci siamo<br />

scambiati! Per tutta la settimana del<br />

mio soggiorno mi ha tenuto compagnia<br />

guidandomi, da cicerone competente,<br />

nella minuziosa visita ad<br />

ogni angolo del paese. Abbiamo iniziato<br />

dall’ufficio parrocchiale, inaugurato<br />

nel 1500 e oggi rimesso tutto<br />

a nuovo. Ho potuto così consultare<br />

vecchi registri anagrafici e un voluminoso<br />

pacco di “Acta Parochialia<br />

Capisuli”. Siamo quindi saliti su, alla<br />

chiesa del XII secolo in stile romanico.<br />

Nella sagrestia, da un buco segreto<br />

è saltato fuori un capello di<br />

Santa Bernardetta Soubirous, autenticato<br />

da firma e sigillo dell’alta<br />

personalità ecclesiastica di “Patritius<br />

Flynn, Dei Gratia et Apostolicae<br />

sedis Episcopus Nivernensis, A.<br />

D. 1955”. Nell’abside dell’altare maggiore<br />

ho rimirato la pala della Presentazione<br />

del Bambino Gesù al<br />

Tempio, del dignanese Venier Trevisan<br />

ed, al centro del presbiterio, il<br />

candeliere d’argento con l’inciso “Nicolaus<br />

Stepich plebanus 1673”. Nella<br />

cappella della Madonna del Rosario,<br />

ai piedi del marmoreo altare, è<br />

ben chiara la scritta “R. Dominicus<br />

Banich et Q. Iaba Zuzul fecerunt ex<br />

caritate propria ad honorem B. V. M.<br />

– A. D. 1728 – MDCCXXVIII”.<br />

Nell’altra cappella, della Madonna<br />

del Carmelo, su uno dei lastroni<br />

che coprono le tombe di alcune<br />

benemerite alte personalità si legge<br />

“Hic iacet ilus. Dominus Antonius<br />

Nicolaus De Petris qui obiit III septembri<br />

A. D. 1763 – MDCCLXIII”.<br />

Su un altro lì vicino “A. D. Gasparo<br />

Arnichievich f(ece) f(are) per<br />

sé e i suoi eredi – 1701” In una nicchia<br />

della parete di sinistra una statua<br />

del Bambino Gesù porta impressi<br />

luogo, data e prezzo d’acquisto<br />

“Graz 1893 – Fiorini 15”. Idem per la<br />

Via Crucis “Vienna – 125 fiorini”.<br />

Infine, nel vicino museo dove, a<br />

testimonianza storica, accanto allo<br />

scheggiato Leone di San Marco è<br />

collocata significativamente la Stella<br />

Rossa, a perpetuare senza alcun<br />

complesso il confronto di due diverse<br />

e contrastanti stagioni: “da una<br />

parte, la pace e la prosperità; dall’altra<br />

l’orrore e il terrore”.<br />

E, dulcis in fundo, non so come né<br />

da dove, sono saltate fuori tre luccicanti<br />

medaglie d’oro che sono state<br />

conferite nel corso degli anni alla<br />

Parrocchia. La prima, del 1890, è arrivata<br />

dalla famiglia de Petris, proprietaria<br />

del Castello e di una fiorente<br />

“stanza” con la motivazione: “Per il<br />

pregiato vino bianco ricavato dalle<br />

uve della stanza di Velo Polje”; la<br />

seconda, del 1980, dalla parrocchia di<br />

Zovon di Vo (PD) con la motivazione:<br />

“All’ultimo maestro signor Giovanni<br />

Bandera, d’impareggiabile insegnamento<br />

(dal 1950 al 1980) ai suoi figli,<br />

riconoscente conferisce”; la terza, è<br />

allegata al diploma della “partecipa-<br />

Da Cherso<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

9<br />

zione della Parrocchia Beli con 25<br />

statue in legno dipinto alla XXVI edizione<br />

della Mostra 100 Presepi a<br />

Roma nel 2002, sotto l’alto patrocinio<br />

del Presidente della Repubblica”.<br />

Infine, arricchito dal prezioso<br />

bagaglio di ricordi vecchi e nuovi<br />

che il nostro paese gelosamente in<br />

sen conserva, ad onore della sua<br />

millenaria storia, dopo aver goduto<br />

quei pochi giorni in piena serenità di<br />

spirito, con l’affettuoso arrivederci di<br />

tutto il paese raccolto in piazza della<br />

chiesa dopo il Rosario e un breve<br />

caloroso saluto di commiato del<br />

Buon Pastore, ho preso la via del<br />

ritorno al paese di adozione, S. Donà<br />

di Piave meditando, durante tutto<br />

il viaggio, sul crudele destino riservatoci<br />

dalla mala sorte. Ma io coltivo<br />

sempre la speranza di un domani<br />

migliore che possa riunirci in uno<br />

stesso grembo della Civiltà Occidentale.<br />

UN RACCONT<br />

RACCONTO…<br />

… UNA VITA VIT<br />

Le feste<br />

Ci sono tante feste a Cherso, in<br />

tutte le stagioni. Noi bambini amiamo<br />

quelle di San Nicolò e di Santa Lucia<br />

perché ci portano i regali ma, come<br />

scolari, partecipiamo sempre al gran<br />

completo a tutte le processioni. Le<br />

femmine si dispongono su due file<br />

accompagnate dalle loro insegnanti<br />

Domenico Bon<br />

e dalla Direttrice, che sta al centro.<br />

Anche i maschi che non sono impegnati<br />

nel servizio liturgico seguono la<br />

processione con i loro maestri. C’è<br />

sempre la banda e molta gente<br />

devota… si prega… si canta…<br />

Le ricorrenze sono numerose: le<br />

rogazioni, le varie feste della Madonna,<br />

quella di Sant’Antonio, la<br />

La compagna filodrammatica del dopolavoro di Cherso intorno al 1930. Ci sono i fratelli Grisan,<br />

le sorelle Aurelia e Iginia Stefani, una Chiole, Sandra Chersi, un Bertotto e, al centro, il regista<br />

che era polesano.


10 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Nina Chersi, le terza da sinistra in piedi, con le sartine del suo laboratorio (forse dopo la fine della guerra o poco prima dell’esodo).<br />

domenica delle Palme… ma le più<br />

suggestive sono sicuramente la processione<br />

del Venerdì Santo e quella<br />

del Corpus Domini.<br />

Per la sera del Venerdì Santo gli<br />

uomini preparano delle palle impastando<br />

cenere e petrolio, poi le mettono<br />

lungo le rive e sulle barche e le<br />

accendono per illuminare il passaggio<br />

della reliquia della “Spina di<br />

Gesù”. Le campane non suonano<br />

ma noi ragazzi facciamo gracidare<br />

le nostre “raganelle”.<br />

Per la festa del Corpus Domini,<br />

già qualche giorno prima, gli uomini<br />

preparano quattro altari nei quattro<br />

punti cardinali del paese per appoggiarvi<br />

Gesù nell’ostensorio. Sono<br />

delle vere e proprie cappelle ed è<br />

quasi una gara per vedere quale<br />

risulterà più bella. Il giorno di Corpus<br />

Domini poi, di buon mattino, si addobbano<br />

tutte le strade dove passerà<br />

la processione. Si tirano fuori le stoffe<br />

più belle, i pizzi più fini, i ricami più<br />

ricchi e i fiori, tanti fiori… Anche le<br />

barche sono vestite a festa e la processione<br />

fa il giro delle mura. Il sacerdote<br />

sta sotto il baldacchino, portato<br />

dagli uomini della Compagnia del<br />

Santissimo, intorno ci sono altri uomi-<br />

ni con le candele accese dentro alle<br />

apposite lanterne… Ci sono i chierichetti<br />

con i turiboli dell’incenso e tanti<br />

preti… e tanta gente… una fila lunga<br />

lunga… Invece succede spesso che,<br />

senza rispettare date e ore particolari,<br />

si incontri una piccolissima processione<br />

composta da tre o quattro persone:<br />

c’è il “nonzolo” che sorregge<br />

una specie di ombrello bianco sopra<br />

la testa del sacerdote al cui fianco<br />

cammina il chierico con il secchiello<br />

dell’acqua santa e, a volte, un uomo<br />

o una donna li seguono… E’ la mesta<br />

processione che si reca al capezzale<br />

di un moribondo per l’Estrema<br />

Unzione. Quando la vedono passare<br />

tutti si fermano e si fanno il segno di<br />

Croce (un po’ per devozione e un po’<br />

per scongiuro!) e poi cominciano a<br />

farsi domande e a darsi spiegazioni<br />

sul poveretto o la poveretta a cui<br />

tocca…<br />

Dopo la scuola elementare…<br />

Dopo la scuola elementare, chi<br />

vuole continuare gli studi deve andare<br />

a Zara, a Pola o a Trieste; gli altri<br />

possono andare a scuola ancora un<br />

po’ dai frati, se maschi, dalle monache,<br />

se femmine.<br />

Anch’io frequento la scuola delle<br />

monache. Non ci sono solo le materie<br />

di studio, ma si imparano anche i<br />

lavori femminili. Le monache sono<br />

bravissime a dipingere, ricamare,<br />

suonare e cantare, ti insegnano a<br />

inamidare e stirare i pizzi e i ricami,<br />

apparecchiare la tavola e rispettare<br />

il galateo. Da loro imparo tantissimo,<br />

riescono anche a farmi salire sul<br />

palco per una recita, ma sarà la<br />

prima e l’ultima volta…<br />

Non vado solo a scuola dalle<br />

monache, ci vado anche per la Messa<br />

e altre funzioni, soprattutto d’estate,<br />

quando torna a casa il cugino di<br />

mamma, don Guido Soldati, anche lui<br />

monaco benedettino. Vive a Padova,<br />

nel monastero di Santa Giustina, ma<br />

almeno una volta all’anno trascorre<br />

qualche giornata a Cherso.<br />

Mi piace l’atmosfera ovattata del<br />

convento: i canti salmodiati e le preghiere<br />

corali che provengono da dietro<br />

le grate quasi fossero davvero<br />

voci dal Paradiso…<br />

Dopo la Messa, che è sempre di<br />

buon mattino, le monache ci servono<br />

la colazione nel parlatorio: dalla<br />

ruota compare un vassoio coperto<br />

da un’elegante tovaglietta e ricolmo


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

di varie prelibatezze quali caffè e<br />

cioccolata fumanti e pasticcini come<br />

li sanno fare solo loro…<br />

Poiché sono brava a disegnare,<br />

don Guido vorrebbe portarmi a<br />

Padova per farmi studiare arte, ma<br />

la mamma dice di no, così vado ad<br />

imparare il mestiere di sarta e nel<br />

giro di pochi anni sono pronta per<br />

cominciare a lavorare da sola.<br />

Mia sorella, invece, dopo la scuola<br />

dalle monache, trova lavoro come<br />

impiegata all’Ufficio del Catasto. Il<br />

suo Capoufficio è lo zio Antonio il<br />

quale, se esige da tutti puntualità,<br />

diligenza, serietà, da lei pretende<br />

ancora di più affinché nessuno possa<br />

dire che fa preferenze per la nipote.<br />

La mia sartoria<br />

Il ’29 non è solo l’anno della crisi<br />

economica e del crollo della borsa…<br />

Nel ’29 acquisto la mia prima<br />

macchina da cucire: è una Singer, la<br />

migliore in circolazione a quell’epoca!<br />

Quando me la consegnano<br />

Cherso sta cominciando a “emergere”<br />

dalla coltre di neve che per qualche<br />

giorno l’ha completamente e letteralmente<br />

sommersa. Non c’era<br />

mai stata, a memoria d’uomo, un’altra<br />

nevicata del genere. In certi punti<br />

la bora aveva accumulato così tanta<br />

neve che, per uscire dalle case, era<br />

stato necessario scavare dei veri e<br />

propri cunicoli…<br />

Partecipo con tante altre donne, di<br />

varie età, al corso di perfezionamento<br />

che la stessa Singer, in collaborazione<br />

con la provincia di Pola, organizza<br />

proprio in quell’anno. Ho ventun anni,<br />

il lavoro mi piace e il numero delle<br />

clienti aumenta velocemente…<br />

Disegno i modelli, taglio le stoffe,<br />

cucio… nel giro di poco tempo gran<br />

parte delle signore nobili e della ricca<br />

borghesia di Cherso diventano mie<br />

affezionate e fedeli clienti. Per loro<br />

cucio di tutto, non solo vestiti, anche<br />

biancheria da giorno e da notte, abiti<br />

da sposa, da ballo e da cerimonia.<br />

D’estate si lavora per l’autunno e per<br />

l’inverno; d’inverno si preparano gli<br />

abiti estivi. Da sola non riesco a far<br />

fronte a tutte le richieste perciò assumo<br />

delle lavoranti, in certi periodi arrivo<br />

ad averne anche otto. In più, ogni<br />

tanto, ci sono le figlie delle mie clienti,<br />

quelle che, come dice il proverbio<br />

“imparano l’arte per metterla da<br />

parte” perché, non si sa mai…<br />

Nel laboratorio c’è sempre un allegro<br />

cicaleccio; le ragazze spesso si<br />

fanno piccoli scherzi, si prendono<br />

bonariamente in giro, si raccontano le<br />

loro avventure e, a volte, ci prendiamo<br />

mezza giornata di pausa per andare<br />

a raccogliere i fichi o le ciliegie o per<br />

fare un bagno o una gita in barca…<br />

Quanti punti… se potessimo<br />

mettere in fila tutte le cuciture realizzate<br />

con la mia gloriosa Singer chissà<br />

quante volte ci faremmo il giro del<br />

mondo!<br />

La seconda guerra mondiale e le<br />

sue conseguenze<br />

La vita scorre tranquilla, nonostante<br />

gli inevitabili alti e bassi…<br />

ma, un anno dopo l’altro, arriva la<br />

seconda guerra mondiale…<br />

Ora non siamo più bambini e non<br />

abbiamo più voglia di giocare…<br />

comprendiamo molto bene quello<br />

che sta succedendo… non ci sono<br />

più vestiti da ballo da confezionare,<br />

invece mi portano spesso abiti da<br />

adattare e cappotti da rivoltare…<br />

Quando le fortezze volanti ci sorvolano,<br />

tutta l’isola trema… e anche<br />

il sole si oscura… ma più spesso<br />

passano i “picchiatelli” che vanno a<br />

bombardare Fiume. Anche a Cherso<br />

buttano qualche bomba. Una mattina,<br />

mentre sto andando a Messa,<br />

sento arrivare un aereo in picchiata,<br />

faccio appena in tempo a ripararmi<br />

nella porta del Duomo che sento<br />

alcuni scoppi: bombardano lo “squero”<br />

di Craglietto, crolla una casa vicina<br />

e ci sono due morti, marito e<br />

moglie appena tornati dall’America.<br />

Restano anche delle bombe inesplose…<br />

e poi i tedeschi metteranno<br />

mine dappertutto… scorrerà molto<br />

sangue… tanto sangue per le strade…<br />

e morti… e “scomparsi”…<br />

In Pis’cio si rifugiano le navi da<br />

guerra, ci sono anche alcuni idrovolanti<br />

d’appoggio.<br />

Nell’estate del ’43, una domenica<br />

pomeriggio, dopo il vespro, esco in<br />

barca per un giretto con un paio di<br />

amiche. C’è anche mio nipote, che ha<br />

dieci anni. Siamo circa a metà della<br />

baia, tra la lanterna e “Drasiza” quando,<br />

dalla parte di Albona, arriva un<br />

idrovolante e inizia la manovra di<br />

ammaraggio. Cerco di remare più in<br />

fretta possibile per toglierci dalla<br />

traiettoria dell’aereo ma il velivolo è<br />

più veloce così, d’istinto, cerchiamo<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

11<br />

d’appiattirci sul fondo della barca. Il<br />

pilota ci vede ma non riesce ad evitarci<br />

ed i pattini dell’idrovolante ci agganciano<br />

e ci trascinano pericolosamente<br />

fin davanti alla chiesa delle monache.<br />

Quando l’apparecchio finalmente si<br />

ferma possiamo rialzarci e, uno alla<br />

volta, aiutati dal pilota, riguadagnare<br />

un po’ tremanti la terraferma.<br />

Tornata a casa, mia madre e mia<br />

sorella non mi risparmiano una<br />

solenne lavata di capo… non sanno<br />

che quest’avventura è ben poca<br />

cosa rispetto a tutto quello che ci<br />

aspetta…<br />

La guerra è finita e questi sassi e<br />

questo mare non sono più italiani…<br />

e noi saliremo su di una barca che<br />

non tornerà più indietro, neppure<br />

trascinata da un idrovolante…<br />

L’Italia ci accoglie con diffidenza…<br />

e quello che mi fa più rabbia è<br />

che la gente si meraviglia perché<br />

parlo bene l’italiano…<br />

Il mare di Livorno è diverso da<br />

quello di Cherso! Non è neppure salato…<br />

ma molto salato e amaro è il pane<br />

che ci danno nel campo profughi…<br />

A Tortona scopro per la prima<br />

volta il vero significato della parola<br />

“nebbia”… e quando arrivo qui, a<br />

ridosso del Monte Rosa, le nevicate<br />

come quella del ’29 a Cherso diventano<br />

ordinarie…<br />

Anche a me, come a mia madre<br />

quando era in America, mancano il<br />

sole, il mare e il profumo della salvia…<br />

ma, a differenza di lei, non<br />

posso sperare di tornare…<br />

Ora ho un marito e una figlia, la<br />

macchina da cucire e tanta voglia di<br />

vivere e di lavorare…<br />

Mi hanno insegnato ad avere fede<br />

nella Provvidenza e ad accettare con<br />

serenità la volontà di Dio… Questo<br />

faccio… Questo ho fatto tutti i giorni,<br />

un anno dopo l’altro… e sono 94…<br />

Di tutto rendo grazie a Dio<br />

(Fine)<br />

Un abbraccio a tutti i chersini<br />

sparsi per il mondo<br />

Giovanna Chersi<br />

Anche Giovanna Chersi ci ha lasciato.<br />

Siamo felici di averle dato la soddisfazione<br />

di leggere almeno le prime due<br />

puntate delle sue memorie. Alla famiglia,<br />

ed in particolare alla figlia che<br />

l’ha curata con tanto amore, giungano<br />

le condoglianze della Redazione.


12 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Da Neresine<br />

MEMORIE DI VITA DELLA FAMIGLIA CASTELLANI<br />

Panorama di Neresine<br />

Il racconto che segue fa parte della prima stesura della “Storia di Neresine” di Nini Bracco; l’Autore l’ha tolto dalla seconda stesura,<br />

più ampia e completa della precedente. Dal momento che, a partire da questo numero e col consenso del sig. Bracco, vorremmo pubblicare<br />

qualche stralcio della sua interessantissima Storia, abbiamo voluto cominciare proprio da questa parte perché, come scrive il<br />

Bracco: “Queste poche righe sono bellissime perché rappresentano uno spaccato autentico della inimmaginabile vita che facevano i<br />

nostri antenati; non solo, fra le righe si può leggere anche della mentalità, usi e costumi e spirito che ispiravano la loro esistenza”.<br />

Questa breve storia è stata<br />

scritta dalla zia Dora, dietro insistenti<br />

sollecitazioni da parte della<br />

mamma; io la trascrivo tal quale.<br />

“Miei cari, bisognerebbe avere<br />

una testa nuova per ricordare tutto.<br />

C’è tanto da ricordare!<br />

La famiglia era composta da:<br />

nonno Giovanni e nonna Maria, zia<br />

Maria, papà Romano e mamma<br />

Maria con i figli: Giovanni, Roberto,<br />

Dolores, Maria (Lia), Romana,<br />

Giorgina, Faustina, Lea e Letizia.<br />

Della famiglia facevano parte<br />

anche zio Carlo e zia Michelina<br />

con i figli: Toni, Attilio e Giovanna<br />

(Nina).<br />

Nell’anno 1919 eravamo in 19<br />

in famiglia, fino all’agosto del 1918<br />

siamo vissuti tutti assieme nella<br />

casa grande. Fino all’anno 1914<br />

avevamo come servitù due uomini<br />

e tre donne, erano di Veglia.<br />

Ricordo zio Carlo da ragazzo,<br />

ha fatto cinque anni il militare,<br />

prima quattro anni di servizio regolare<br />

di leva nella marina austriaca,<br />

il quinto trattenuto perché minacciava<br />

la prima guerra mondiale; poi<br />

quando è ritornato a casa, si è<br />

sposato alla mattina presto, per poi<br />

partire col piroscafo per Fiume in<br />

viaggio di nozze.<br />

Zio Rodolfo era impiegato alle<br />

poste a Lussino; durante la guerra<br />

’14 – ’18 è stato trasferito al Municipio<br />

di Neresine (come italiano<br />

non si fidavano lasciarlo alle poste<br />

per pericolo di spionaggio).<br />

Zia Gisella, sposata con zio<br />

Franco Cattarinich di Veglia (maestro<br />

della scuola elementare croata<br />

di Neresine), e zia Faustina, sposata<br />

con zio Piero Zuclich, avevano<br />

casa propria, ma eravamo tutti<br />

molto uniti e zia Maria, vedova<br />

Stanich, abitava con noi; anche zio<br />

Rodolfo un tempo abitava con noi<br />

perché la sua famiglia era a<br />

Trieste. Lo ricordo da ragazzo: era<br />

fidanzato con una di Lussino, dopo<br />

tre anni l’ha abbandonata e tutti


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

eravamo dispiaciuti perché era<br />

brava; dopo ha sposato la zia<br />

Stefania di Trieste.<br />

In quel tempo avevamo circa<br />

mille pecore, tre cavalli, uno in<br />

Gracisc’e vicino a Struasa, uno si<br />

era incastrato gli zoccoli in una grotta<br />

poi era caduto ed era morto, si<br />

chiamava Mulcina, l’altro si chiamava<br />

Mulcich ed il terzo si chiamava<br />

Moro; avevamo anche due buoi da<br />

lavoro, zio Carlo lavorava con loro<br />

dopo sposato, uno si chiamava<br />

Bachine e l’altro si chiamava Rumen.<br />

Poi avevamo due maiali e<br />

anche porcellini da vendere; a casa,<br />

a Neresine, avevamo due vacche,<br />

la Mora e la Bianca. Poi abbiamo<br />

allevato due nostri vitelli; mi ricordo<br />

che un giorno il nonno gli insegnava<br />

ad arare in Tridolzi Grimni (a Bora)<br />

e poi ha dovuto andare a Neresine,<br />

così ha lasciato me a continuare il<br />

lavoro, ma io avevo paura di loro e<br />

così li ho lasciati liberi.<br />

In Castello avevamo 36 pecore<br />

da mungere; alla mattina la mamma<br />

doveva macellare così lei mungeva<br />

alla sera e la mattina mungeva<br />

la Tomasina, in un primo tempo;<br />

poi la mattina andava la Jacova<br />

Ferdinandova, fino a che noi non<br />

siamo cresciute; ma poi noi dovevamo<br />

andare a Bora, in Garmosai,<br />

e così la mamma povera restava<br />

sola con tanto lavoro e coi piccoli<br />

da tendere.<br />

Nell’altra casa, dove abitava la<br />

Guardia di Finanza, a piano terra<br />

avevamo la macelleria e negozio di<br />

commestibili (botega) e manifatture<br />

e articoli casalinghi; la nonna nei<br />

giorni feriali lavorava in macelleria e<br />

nei giorni festivi ci lavorava papà;<br />

zio Carlo aiutava a macellare. Nei<br />

giorni festivi (weekend) si vendeva<br />

fino a 30 agnelli, poi avevamo<br />

molte galline; a Bora avevamo<br />

anche oche e tacchini (dindi); avevamo<br />

anche tre cani: il Fido era del<br />

nonno, il Tigher di zio Carlo e papà<br />

Romano aveva lo York, (veramente<br />

era più per zio Rodolfo); in casa<br />

erano sempre appesi tre fucili. In<br />

macelleria si vendeva anche lepri,<br />

tacchini, beccacce, ecc.; in casa si<br />

mangiava spesso gnocchi con la<br />

lepre. Poi avevamo circa trenta gorghi<br />

arativi di cui si vendeva in bottega<br />

il prodotto: grano, granoturco<br />

(formenton), fagioli, fave, lenticchie<br />

e zizzeriza.<br />

A Bora si mungevano circa 200<br />

pecore, si facevano fino a 17 formaggi<br />

al giorno, di 1,5 kg l’uno; al<br />

sabato mattina si preparavano sei<br />

sacchi pieni di formaggio e con tre<br />

cavalli si portavano a marina, (in<br />

Stenizze), e con la gaeta Bellona si<br />

portavano a Neresine. C’erano anche<br />

25 kg di burro che portava<br />

quella povera Antonia Caturicheva,<br />

in testa, fino a marina. Tutto il prodotto<br />

della settimana partiva al<br />

lunedì mattina col vapore, che si<br />

chiamava Francopan, per Basca<br />

(Veglia), per alberghi dove c’erano<br />

a quel tempo i turisti.<br />

In quel tempo zia Gisella e zio<br />

Franco stavano a Basca, dove lui<br />

era dirigente della scuola e prima,<br />

sotto l’Austria vecchia, spedivamo<br />

il formaggio in cassoni per Zara e<br />

la lana in sacchiere grandi, da una<br />

certa Anna vedova, non ricordo il<br />

cognome.<br />

Mi ricordo quando la mamma<br />

dava l’olio al formaggio, così faceva<br />

una grassa scorza, e quando si<br />

doveva spedire un cassone di formaggio,<br />

noi si doveva raschiare<br />

via col coltello, mi ricordo che si<br />

doveva lasciare un po’ di leggera<br />

scorza, in modo che non si asciugasse<br />

troppo; la mamma ci svuotava<br />

la tigna in terra in cantina e<br />

noi coi coltelli dovevamo raschiare<br />

le forme di formaggio.<br />

Al tempo della mietitura, venivano<br />

le donne di Neresine per falciare<br />

il grano e poi papà o zio Carlo<br />

con i buoi in Jara sgranavano, e<br />

noi dovevamo separare la paglia e<br />

insaccare; poi si portava a Neresine,<br />

dove la nonna, in terrazza col<br />

mastello di acqua, che noi dovevamo<br />

riempire, col tamiso lo lavava;<br />

poi in piazza, vicino al Sule (Zorovich)<br />

la mamma portava le ceste<br />

piene di grano, distendeva lenzuola<br />

di sacco per terra e lì si metteva ad<br />

asciugare. Quando la nonna lavava<br />

il grano, noi piccoli avevamo gusto<br />

a raccogliere con le mani le pule<br />

che galleggiavano, che poi davamo<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

13<br />

alle galline, con qualche granello<br />

misto alle pule.<br />

In quel tempo per macinare il<br />

frumento (grano) da pane si caricavano<br />

due cavalli con due sacchi<br />

ciascuno, e si andava a macinare a<br />

Lussino; in seguito andavamo con<br />

le barche a S. Martino di Cherso, e<br />

la mamma ci portava una struzza a<br />

treccia di dolce pan de Milan, festa<br />

per noi!<br />

Quando ci bisticciavamo adoperavamo<br />

i soprannomi, Dora scora,<br />

Joche pagnoche, Lia spia, Roma<br />

poma le campane sona, di altri non<br />

ricordo.<br />

D’inverno, dopocena al sabato<br />

sera, chiudevamo le porte della<br />

cucina grande e noi via in corridoio<br />

a ballare; Giovanni suonava l’organetto<br />

(e più tardi l’armonica). Nonostante<br />

il tanto lavoro, alla sera si<br />

era contenti.<br />

Ogni anno si tagliavano i boschi<br />

a migliaia di quintali e si vendeva la<br />

legna al vecchio Costante Camalich,<br />

e alla domenica, dopo il pranzo,<br />

veniva il vecchio Costantin a<br />

saldare i conti col nonno; la mamma<br />

gli preparava il caffè, il denaro<br />

stava nella camera della nonna in<br />

un baule, qualcosa andava al<br />

papà, ma tutti ugualmente erano<br />

padroni, perché papà era sempre a<br />

capo di tutto.<br />

Per tagliare la legna venivano<br />

uomini di Castua (Castuavzi) e di<br />

Gorizia (Gorinzi), poi di Belei e<br />

Plat, ecc.; dormivano in quella<br />

baracca vicino alla casa, non mi<br />

ricordo i loro nomi. Anche le serve<br />

erano di Belei e di Veglia. Quando<br />

si mungeva tante pecore rimaneva<br />

tanto siero (usamniza) e grandiose<br />

ricotte (puine); venivano le donne<br />

del circondario a sbattere le ricotte<br />

(tappat) per poter prendere l’acqua<br />

del burro per alimentare i loro<br />

maiali. In tempo di guerra venivano<br />

per lavorare anche delle donne di<br />

Lussino perché erano bisognose.<br />

Quando c’era la zia Michelina, io<br />

e la Caturicheva, ognuna di noi faceva<br />

due formaggi, (due la zia e due a<br />

testa io e la Caturicheva) ed un settimo<br />

aspettava per essere spremuto,<br />

ci duolevano le mani ai polsi e alla<br />

sera cascavamo dal sonno, che vita!


14 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Siamo stati tutti assieme fino<br />

alla morte del nonno, nell’agosto<br />

1918, poi zio Carlo è andato nell’altra<br />

casa, siamo rimaste sole,<br />

per fortuna che per un po’ di tempo<br />

è rimasta con noi la Caturicheva,<br />

ma poi la zia Michelina ce l’ha portata<br />

via, e noi tutti sotto i venti anni,<br />

era troppo duro; zia Michelina ci<br />

lasciava riposare mezz’ora dopo<br />

pranzo, nemmeno il tempo per<br />

svestirsi, altro che riposare!<br />

D’inverno si tagliava la legna<br />

anche se c’era quella piovisina<br />

fina, si castruzzava e segava alberi<br />

grossi e piano piano si bagnavano<br />

tutti i vestiti; quando ci alzavamo la<br />

mattina i vestiti erano tutti ghiacciati,<br />

mi vestivo pian piano perché mi<br />

si gelava la pelle, guarda che teste!<br />

Non so come siamo rimaste vive!<br />

La nonna Mica dell’Ernesto Bracco<br />

è stata con noi venti anni, lei era<br />

sempre la capa, ricordo quando da<br />

piccoli andavamo a Bora per brevi<br />

periodi, prima di andare a mungere<br />

le pecore, per jusina (merenda) ci<br />

faceva la frittata di uova, che bontà!<br />

Perché a casa noi non si mangiava<br />

le uova, qualche volta la nonna faceva<br />

la frittata con cipolle per cena, ce<br />

ne dava un pochino, per il resto mai<br />

un uovo! La zia Maria si faceva ogni<br />

giorno per merenda un uovo all’occhio<br />

di bue, il resto si doveva vendere;<br />

anche il formaggio si mangiava<br />

poco. Quando tornavamo da scuola,<br />

se in cucina grande non c’era nessuno,<br />

andavamo in vetrina a tagliare<br />

una fettina e la zia Maria, se ci trappava,<br />

chiamava la nonna, “Vite vite<br />

sir van landaiu (guardate guardate vi<br />

sperperano il formaggio)”. Tutto era<br />

ristretto per poter accumulare soldi<br />

per comperare nuove campagne.<br />

D’estate, quando era molto secco<br />

e non pioveva, i laghi rimanevano<br />

senza acqua, così si andava a pulire<br />

i laghi dai fanghi; ricordo che un<br />

anno si era portata l’acqua del<br />

pozzo in piazza di Neresine con la<br />

gaeta, fino al lago di Stuaristuan, si<br />

apriva il rastello (la lesa) di Struasa<br />

e Sredi in modo che tutte le pecore<br />

potessero bere; portavamo con i<br />

cavalli l’acqua fino a Visochi, Slatuia<br />

e Selo. Avevamo sempre acqua, da<br />

Slatuia si portava in Pregrai e Lose;<br />

si portava anche da Ossero, con il<br />

carro dei manzi. Non aveva piovuto<br />

per sette mesi, in quell’anno ci fu<br />

poco grano e la mamma era andata<br />

a Castelmuschio (Omisaj - Veglia) a<br />

comperare il grano; le donne lo portavano<br />

giù dalla montagna fino al<br />

mare, poi con barca privata si portava<br />

fino a Cherso; io e Giovanni, con<br />

noi c’era anche la Ima Cavedoni,<br />

siamo andati, col carro trascinato<br />

dai manzi, a prendere la merce a<br />

Cherso; mi ricordo che era tanto<br />

caldo che non si poteva quasi respirare<br />

in quella città così zeppa di<br />

case, ammucchiate l’una sull’altra, e<br />

con quelle calli strette.<br />

Dimenticavo di dire che il cane<br />

Tigher era alto, rosso, col pelo<br />

corto, il York era grigio con macchie<br />

marrone, più grosso, cane da<br />

ferma, e Fido era nero a macchie<br />

crema, basso e lungo.<br />

Avevamo anche tante olive, in<br />

Castello, Cluarich, Oresina, Peschine<br />

e altri luoghi più piccoli, si<br />

faceva tanto olio, sufficiente per<br />

tutti noi, casa e Bora, due pile piene<br />

e altri contenitori.<br />

Avevamo tanti colombi in soffitta<br />

della baracca, Giovanni da ragazzetto<br />

aveva sempre gabbie con<br />

uccelli, canarini, merlo, tortorelle e<br />

conigli in Ogradina.<br />

Poi avevamo vigna a Bora e a<br />

casa, facevamo vino sufficiente per<br />

il consumo di tutti noi; mi ricordo si<br />

portava a Bora una botticella (botusin)<br />

di cinque litri per il nonno, (al<br />

lunedì quando si andava a Bora, il<br />

pacco del nonno era una borsa di<br />

paglia con una struzza di pane<br />

bianco, che si comperava dai Menesini<br />

(Zorovich)), e così a cena il<br />

nonno consumava il suo quarto di<br />

litro di vino.<br />

Durante la guerra eravamo sole<br />

a Bora col nonno, quando andavamo<br />

a visitare le pecore in posti più<br />

lontani, il nonno camminava piano,<br />

e noi con lui ci stancavamo meno,<br />

poi andava a cavallo a passo d’uomo;<br />

invece con papà era più duro<br />

perché lui filava, e la Caturicheva<br />

diceva: “Ja ga ne moren tiendit,<br />

moran svako malo se satech (non<br />

riesco a starci dietro, devo ogni<br />

tanto fare una corsetta per rag-<br />

giungerlo)”. Avevamo tante mandorle<br />

a Bora e in Castello, si raccoglievano<br />

a sacchi; a Bora avevamo<br />

mele, noci e tanti fichi; avevamo un<br />

grande baraz a Bora e a casa, si<br />

vendeva fichi secchi a Lussino.<br />

Le pinze si mangiavano per<br />

Pasqua, per carnevale si mangiavano<br />

le calbassizze e a Natale le<br />

frittole, tutto molto buono, ben<br />

fatto; la nonna teneva una pinza<br />

sopra l’armadio, si seccava, ma<br />

fino all’altra Pasqua era lì. Per<br />

quanto riguarda le frittole, dopo averci<br />

dato ad ognuno la sua parte,<br />

il resto lo nascondeva sopra la<br />

vetrina in tinello; un giorno Giovanni<br />

dice: ti sa go arivà le frittole,<br />

son andà sulla finestra, e così andavamo<br />

ogni tanto a prenderne<br />

due. A Giovanni tutti volevano molto<br />

bene perché era il solo maschio,<br />

finché è venuto Roberto.<br />

Ci sarebbero tante altre cose da<br />

raccontare, ma ci vuole forza e<br />

tempo ed io così sola non posso<br />

ricordarmi tutto.<br />

Alla domenica per pranzo avevamo<br />

sempre brodo e lasagne<br />

bianche fine, io non potevo mangiarle<br />

perché non mi piacevano, mi<br />

veniva la nausea, allora quando<br />

finiva la S. Messa, aspettavo le zie<br />

Rocchi, mi attaccavo a loro per<br />

andar a mangiare lasagne grosse<br />

e nere di grano, con brodo di carne<br />

salata, che mi piaceva tanto; mi<br />

mettevano a mangiare seduta sulle<br />

scale, perché al tavolo non c’era<br />

posto, c’erano i bisnonni, poi i<br />

nonni, tre zii e tre zie; d’inverno al<br />

sabato sera, dopo cena, io e Giovanni<br />

andavamo a braccetto dai<br />

nonni e zii per ascoltare le storie in<br />

cucina, seduti sulle panche (buancich),<br />

attorno al focolare che era in<br />

mezzo; lungo la strada la bora<br />

fischiava e quando imboccavamo il<br />

bivio per Halmaz (vicino alla casa<br />

del Bortolo) io avevo un po’ di fifa,<br />

perché giù c’era il cimitero.<br />

Domenica pomeriggio andavo<br />

con la nonna a Rosario dai Frati,<br />

mi piaceva perché cantavo budi<br />

pohvajeno po sve vrieme Jsusa,<br />

Maria, Osipa slavno ime.”<br />

a cura di<br />

Nini Bracco


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

NOI E LE ALTRE COMUNITÀ<br />

Dall’Associazione delle <strong>Comunità</strong> Istriane<br />

Il benvenuto del Presidente Lorenzo Rovis<br />

E’ con vivo piacere che, a nome<br />

dell’Associazione delle <strong>Comunità</strong><br />

Istriane, do il benvenuto alla Società<br />

“Francesco Patrizio della <strong>Comunità</strong><br />

<strong>Chersina</strong>” che entra a far<br />

parte della nostra Associazione.<br />

Ritengo estremamente positivo<br />

che questa qualificata ed attiva<br />

<strong>Comunità</strong> abbia espresso il desiderio<br />

e formulato richiesta di affiliazione<br />

e di operare congiuntamente<br />

ad altre comunità di esuli per i<br />

comuni ideali che sono finalizzati a<br />

conservare, vivificare e difendere i<br />

valori della storia, della cultura e<br />

delle tradizioni della nostra gente.<br />

La <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> si congiunge<br />

così alle <strong>Comunità</strong> di Lussingrande<br />

e Lussinpiccolo che già<br />

Dalla <strong>Comunità</strong> di Lussinpiccolo<br />

Il Segretario responsabile, Giuseppe Favrini, ci scrive:<br />

I Rapporti con i Rimasti e con i Nuovi Venuti<br />

La targa apposta sulla chiesetta di S. Giuseppe dopo il restauro.<br />

Da parte dei Rimasti ho notato<br />

un certo rancore di fondo nei confronti<br />

di noi Esuli. Da un’analisi a<br />

freddo mi sembra che non potrebbe<br />

essere diversamente. Infatti se<br />

i Rimasti dessero all’Esodo l’importanza<br />

storica che effettivamente<br />

ha, se riconoscessero che si è<br />

trattato del fatto più importante di<br />

tutta la bimillenaria storia delle<br />

fanno parte dell’Associazione delle<br />

<strong>Comunità</strong> Istriane: ne deriva che<br />

tutte due le isole quarnerine si uniscono<br />

idealmente, nella nostra<br />

realtà associativa, all’Istria continentale.<br />

L’unità degli Esuli va ricercata<br />

sempre ed a ogni livello perché<br />

l’apporto di nuove forze, di idee e<br />

contributi non può che essere positivo<br />

per tutti coloro che sono animati<br />

da sinceri e positivi sentimenti<br />

di vero amore per la nostra terra.<br />

Purtroppo l’associazionismo<br />

degli Esuli è stato spesso caratterizzato<br />

da deleterie divisioni e contrapposizioni.<br />

Tali divisioni e contrapposizioni<br />

hanno generato una cronica debo-<br />

nostre terre e che per trovarne<br />

uno simile, nelle vicissitudini<br />

umane, è necessario risalire alle<br />

migrazioni bibliche, si dovrebbero,<br />

essi Rimasti, porre la domanda<br />

“ma noi perché siamo rimasti?”<br />

Non potrebbero rispondersi “Ci<br />

sentivamo slavi” perché oggi sono<br />

quasi tutti raccolti nelle <strong>Comunità</strong><br />

degli Italiani. Dovrebbero ricono-<br />

15<br />

lezza contrattuale e sono state il<br />

comodo alibi di molti governi e<br />

uomini politici che hanno ignorato<br />

o rimandato “sine die” la soluzione<br />

equa e definitiva di molte e giuste<br />

aspettative del popolo dell’Esodo.<br />

Animati dal convinto e forte desiderio<br />

di unità, abbiamo sostenuto<br />

con entusiasmo l’accoglimento<br />

della <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> nell’Associazione<br />

delle <strong>Comunità</strong> Istriane<br />

ed abbiamo ricercato con ferma<br />

convinzione il ritorno organico dell’Associazione<br />

medesima in seno<br />

alla Federazione delle Associazioni<br />

degli Esuli Istriani, Fiumani e<br />

Dalmati.<br />

Il Presidente<br />

Lorenzo Rovis<br />

scere che il Loro attaccamento<br />

alla scelta veneta e italiana dei<br />

Loro Avi era così flebile da non<br />

indurli ad affrontare i rischi di una<br />

fuga spericolata, per quelli che si<br />

sono visti rifiutare l’opzione, e i<br />

disagi, spesso inevitabili, del<br />

primo accoglimento in Italia.<br />

Anche “l’attaccamento alla terra<br />

natia” è stato spesso una “scusa”.<br />

Come si può identificare con la<br />

terra natia una terra lasciata da<br />

quasi tutti i suoi abitanti autoctoni<br />

e che, quindi, abbia perso la lingua<br />

e la cultura che la caratterizzavano,<br />

cioè la sua impronta originale?<br />

Sono più terre natie<br />

Trieste e, anche se ci hanno<br />

accolto male, le altre città e cittadine<br />

italiane che vivono tutte nella


16 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

La chiesetta di San Giuseppe, a Lussinpiccolo,<br />

in via di restauro.<br />

nostra cultura e parlano la nostra<br />

lingua. Non so fino a che punto<br />

sia accettabile che senza i<br />

Rimasti nelle nostre terre non ci<br />

sarebbero più lingua e cultura italiane.<br />

In effetti la loro conservazione<br />

ha potuto avere una certa efficacia<br />

solo dopo che sono giunti<br />

dall’Italia a questo scopo massicci<br />

finanziamenti. Efficacia però limitata<br />

dal timore di turbare gli “amichevoli”<br />

rapporti con le autorità<br />

slave; per questo timore la storia<br />

viene sottaciuta. Ma è una cultura<br />

monca quella che non può o non<br />

vuole estendersi alla storia che,<br />

sola, delinea l’identità di un popolo.<br />

Limitandosi alla lingua, alla letteratura<br />

e alle arti non si ha consapevolezza<br />

che si tratti della propria<br />

cultura. Nelle nostre terre,<br />

infatti, si studia l’italiano con la<br />

stessa o, meglio, con minor convinzione<br />

di quella posta per lo<br />

studio dell’inglese o del tedesco.<br />

Si dice poi che i giovani non<br />

possono subire le conseguenze<br />

derivanti dalle negligenze dei<br />

padri. Ma che cosa ci si può attendere<br />

da questi giovani che in<br />

Famiglia e a Scuola hanno appreso<br />

che le nostre terre istriane e<br />

dalmate erano sempre popolate<br />

da slavi, che romani, veneziani e<br />

italiani erano “dominatori che<br />

opprimevano gli autoctoni slavi”,<br />

che gli Esuli erano “fascisti delinquenti<br />

che sono fuggiti al giusto<br />

castigo che voleva infliggere loro<br />

la giustizia slava”. Alcuni di questi<br />

giovani, oggi adulti, sono a Trieste.<br />

A Loro sono state affidate anche<br />

posizioni delicate nei mass media<br />

e in associazioni culturali fondate<br />

dagli Esuli. Dal Loro modo di<br />

gestire queste posizioni risulta alla<br />

fine la matrice culturale da cui provengono.<br />

Essi dicono, ad esempio,<br />

che non è vero che gli Slavi<br />

hanno osteggiato l’uso della lingua<br />

italiana e che i Lussignani<br />

dopo essere stati romani, veneti,<br />

austriaci e italiani sono stati croati,<br />

come se l’Esodo non fosse esistito<br />

e i Lussignani, tutti italiani per<br />

origine o per scelta, fossero divenuti<br />

tranquillamente croati.<br />

Solo tenendo presente che<br />

oggi nelle nostre terre non si vuole<br />

ricordare la storia è comprensibile<br />

il livore con il quale è stata<br />

accolta la targa nella quale la<br />

<strong>Comunità</strong> di Lussinpiccolo desidera<br />

sia ricordato il suo contributo<br />

al restauro <strong>2003</strong> della Chiesetta<br />

di San Giuseppe a Lussinpiccolo.<br />

Nella targa infatti è scritto<br />

”L’Associazione Italiana dei Lussignani<br />

non più residenti a Lussino<br />

ha contribuito al restauro<br />

<strong>2003</strong> di questa Chiesetta di San<br />

Giuseppe, edificata alla metà del<br />

‘700, ultimo degli otto secoli nei<br />

quali Lussino appartenne alla<br />

Repubblica di Venezia”.<br />

Il nostro contributo ha coperto<br />

grosso modo metà della spesa<br />

(Euro 26.000), l’altra metà essendo<br />

stata sostenuta dal Comune di<br />

Lussinpiccolo. Il Comune però<br />

era tenuto a contribuire mentre<br />

noi Esuli potevamo facilmente<br />

dire: abbiamo lasciato tutto, comprese<br />

le nostre Chiese, per cui<br />

abbiamo già contribuito; anzi il<br />

nostro contributo è stato talmente<br />

grande da risultare incommensurabile<br />

con il restauro di tutti<br />

questi edifici di culto che i nostri<br />

Avi avevano costruito e ai quali<br />

erano attaccati forse più che alle<br />

Loro stesse case, Chiese che<br />

noi, con straziante dolore, abbiamo<br />

lasciato e che oggi sono fre-<br />

quentate soltanto dai Rimasti e<br />

dai Nuovi Venuti.<br />

Gli Esuli lussignani invece<br />

hanno voluto dimenticare tutto<br />

ciò e contribuire con denaro fresco<br />

anche per coprire il solco che<br />

li divideva dai Rimasti. Esattamente<br />

il contrario di quanto in<br />

proposito scriveva “La Voce del<br />

Popolo” di Fiume il 29 agosto<br />

<strong>2003</strong> “....Gli abitanti di Lussinpiccolo<br />

hanno espresso ancora<br />

una volta vivo rincrescimento per<br />

il fatto che si continua a voler<br />

scindere sempre, seminando<br />

astio, quelli che sono rimasti da<br />

quelli che se ne sono andati...”<br />

La posizione dei Rimasti tuttavia<br />

è forse comprensibile e in una<br />

certa misura giustificabile tenendo<br />

presente la posizione dei<br />

Nuovi Venuti, che sono in grande<br />

maggioranza e detengono il potere.<br />

Per i pochi Rimasti non sarebbe<br />

facile opporsi a Loro. Il sottacere<br />

la storia, il non considerare<br />

l’Esodo è ovviamente una prerogativa<br />

dei Nuovi Venuti. Altrimenti<br />

dovrebbero ammettere che Loro<br />

sono degli occupatori, che hanno<br />

talmente oppresso le identità e<br />

cultura degli autoctoni, hanno falsificato<br />

la Loro storia da costringerli<br />

all’Esodo. Non sarà facile<br />

che si ricredano, neanche con<br />

l’annessione all’Europa.<br />

Mi sembra ovvio però che per<br />

rispetto dei nostri Avi, delle Loro<br />

storia e cultura, dei nostri Caduti<br />

per la Patria Italiana, del nostro<br />

immane Sacrificio dell’Esodo, Noi<br />

non dobbiamo retrocedere di un<br />

passo dalle nostre posizioni.<br />

Sarebbe un tradimento. Ciò non<br />

vuol dire non insistere per buoni<br />

e amichevoli rapporti. Il rispetto<br />

delle Loro e Nostre identità, cultura<br />

e storia deve alla fine essere<br />

raggiunto per una proficua collaborazione<br />

se non proprio amicizia.<br />

Dobbiamo insistere con i più<br />

giovani di Noi perché perseguano<br />

questa meta quando Noi non lo<br />

potremo più fare.<br />

Giuseppe Favrini


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

NOTIZIE DAI CHERSINI NEL MONDO<br />

Dagli Stati Uniti<br />

Un orto chersino in Long Island (New York):<br />

si tratta della casa del nostro webmaster, cioè della persona che ha<br />

“messo su” e cura il nostro sito internet<br />

21 Agosto! Un giorno comune,<br />

un giorno come tanti altri per molta<br />

gente ma per John Bunicci era il<br />

giorno del suo compleanno, che<br />

ha desiderato festeggiare in com-<br />

pagnia di un gruppetto di amici<br />

nella sua casa di Long Island. Una<br />

casa come tante altre anche questa,<br />

ma diversa da tutte le altre<br />

perché nella sua villa sembra di<br />

Nelle due fotografie qui riprodotte il gruppo di amici radunati in casa Bunicci a Long Island.<br />

17<br />

respirare un’aria diversa, un’aria<br />

familiare a noi chersini perché<br />

Nino de Baldigara, così chiamato<br />

amichevolmente dai chersini e<br />

dagli amici, ha importato in essa<br />

tutto quanto ha potuto dalla sua<br />

lontana natia Cherso.<br />

Nel suo giardino crescono le<br />

ginestre, il magris, gli alberi da fico,<br />

il rosmarino, la salvia e tante altre<br />

piante originarie della nostra isola.<br />

Non manca neanche l’odore di salmastro,<br />

essendo la sua casa vicinissima<br />

al mare, che sparisce dallo<br />

sguardo solamente perché nascosto<br />

da arbusti, cespugli ed alti pini<br />

ed abeti.<br />

Lui dice: “Il mare c’è, sì, ma non<br />

è uguale a quello nostro”.<br />

Coltiva, con passione, un bel<br />

orto ricco di ogni ben di Dio, che<br />

non ha nulla da invidiare ai nostri<br />

orti chersini.<br />

Ho avuto il piacere di far parte<br />

anch’io del gruppetto invitato ed<br />

assieme a mio marito ho passato<br />

un pomeriggio molto piacevole, in<br />

compagnia della mia gente. La<br />

signora Bunicci, gentilissima, aiutata<br />

dalla cognata signora Mery, e<br />

naturalmente dal marito, ha preparato<br />

un pic-nic delizioso a base dei<br />

prodotti del loro orto e di tante<br />

altre golosità sia americane che<br />

nostrane. Ci accompagnava in sordina<br />

una musichetta appropriata e,<br />

tra ciacole, commenti, informazioni<br />

che riguadavano la nostra gente,<br />

abbiamo passato parte del pomeriggio.<br />

Per gli uomini non è mancata<br />

una partita a bocce, nel campo<br />

preparato con gran cura dal padrone<br />

di casa, mentre noi donnette,


18 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

da brave chersine, chiacchieravamo<br />

di gran lena. L’imbrunire è arrivato<br />

molto rapidamente e, sia pure<br />

con un leggero rimpianto, è arrivato<br />

il tempo dei saluti.<br />

Un grazie sentito ai Sigg. Bunicci<br />

per l’invito ed un saluto cordiale<br />

alla loro cognata sig.ra Mery<br />

ed agli amici Matteo e Vittoria<br />

Una chersina centenaria<br />

La signora Giovanna (Nina)<br />

Fornarich è nata a Cherso, provincia<br />

di Pola, il 18 Settembre 1903,<br />

da Nicolò e Antonia Fornarich,<br />

quinta di sei figli.<br />

Nel 1934 da Genova partiva per<br />

l’America per unirsi in matrimonio<br />

Giovanni Ceglian, conosciuto a Cherso come Suva<br />

Ceglian, che il 29 agosto <strong>2003</strong> ha compiuto 95 anni.<br />

Questa fotografia lo ritrae con i figli Concetta, Rita e<br />

Nicolò e con la pronipote Janet. Da notare che Rita,<br />

con la maglietta bianca, è la segretaria della<br />

Society <strong>Chersina</strong>. Il sig. Suva è stato appena operato<br />

di cateratta ad un occhio; speriamo che all’arrivo<br />

del giornale abbia recurato la vista per ammirare<br />

questa fotografia che lo ritrae con la famiglia.<br />

Sabini, Nicolò Chersi e la moglie<br />

Rina Duda, Francesco Sablich e la<br />

moglie Marina Bunicci col nipotino,<br />

Nicolo Sussich col figlio Michael,<br />

Giusto e Maria Miss, Mery Sablich<br />

ved. Rigovich ed Elvina Fatutta<br />

(moglie di Nino).<br />

Laura Cellani<br />

con il marittimo americano<br />

Giovanni Fatutta.<br />

Esattamente nel 1935<br />

raggiungeva il marito in<br />

America. L’anno seguente<br />

nasceva il figlio<br />

Rudy Fatutta.<br />

Nel 1939 rimase vedova.<br />

Nel 1945 si risposò<br />

con Giuseppe Negovettich<br />

per rimanere<br />

nuovamente vedova.<br />

Sostenuta dalla fede, continuava<br />

la sua vita di lavoro e sacrificio<br />

per allevare il figlio Rudy.<br />

Nel 1956 Rudy si sposò con Edith<br />

regalandole quattro nipotini.<br />

Negli ultimi anni risiedeva in casa<br />

del figlio.<br />

A Cherso<br />

O bel paese dove sono nato!<br />

Ovunque sono andato,<br />

mai ti ho dimenticato.<br />

Fra tutte le cose che ho visitato,<br />

le tue caniselie e i tuoi clanzici<br />

non ho mai dimenticato.<br />

Antonio Coglievina<br />

Nel 2002 fu ammessa nella<br />

casa di riposo cattolica OZANAM<br />

HALL, ove trovasi tuttora.<br />

Oggi, giovedì 18 Settembre<br />

<strong>2003</strong>, ricorre il suo centesimo<br />

compleanno.<br />

Nella cappella dell’Istituzione è<br />

stata celebrate una S.Messa in<br />

suo onore poi, attorniata dal figlio,<br />

dalla nuora, dai nipoti e da altri<br />

familiari (vedi fotografia a sinistra),<br />

Nina si è ritrovata in una sala della<br />

casa di riposo che la ospita per<br />

celebrare il lieto evento.<br />

Dopo aver letto il messaggio di<br />

auguri inviatile dal Presidente degli<br />

Stati Uniti e da sua moglie, abbiamo<br />

brindato assieme augurando<br />

alla novella centenaria, Giovanna<br />

(Nina) Fornarich Fatutta Negovettich,<br />

ancora molti anni in letizia.<br />

VITA DELLA SOCIETY<br />

Domenica, 19 ottobre <strong>2003</strong>, la Society <strong>Chersina</strong> di<br />

Astoria ha organizzato una gita al “The Mohegan Sun<br />

Casino” nel Connecticut. La giornata è trascorsa piacevolmente<br />

visitando il grandioso complesso e, naturalmente,<br />

con qualche sosta alle macchine da gioco<br />

(magna palanche) per fare qualche puntatina sperando<br />

di vincere qualcosa. Purtroppo, non tutti hanno<br />

avuto la fortuna dalla loro parte ma, in compenso, se<br />

non ci sono state grosse vincite non ci sono state neppure<br />

grosse perdite.<br />

Grande è stata invece l’allegria sia durante il viaggio<br />

di andata che durante quello di ritorno, anche per<br />

le storielle raccontate dalle due brave ed instancabili<br />

organizzatrici: Gianna Negovetti e Rita Sopar.<br />

E poi sono stati festeggiati i compleanni di due<br />

chersini anziani e quello di uno meno anziano, come<br />

risulta dalle fotografie e dagli scritti di questa rubrica.


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Dall’Australia<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

Mamma Lena se n’è andata<br />

La sua testimonianza ha arricchito il mondo e reso onore all’Italia<br />

Associazione S. Maria di Cherso - Sydney (Australia). Mamma Lena dona la medaglia “Il cuore di<br />

Mamma Lena” alle signore Anna Perovich e Vittoria Velcich in riconoscimento del loro servizio<br />

alla comunità giuliano-dalmata.<br />

Mamma Lena era un importante<br />

punto di riferimento per gli italiani residenti<br />

in Australia.<br />

Lena Morelli era nata ad Azzone,<br />

in provincia di Bergamo, nel 1914. Nel<br />

1956 era emigrata in Australia col<br />

marito Dino Gustin e i figli Rosalba e<br />

Roberto.<br />

“E’ stata la situazione in cui molti<br />

connazionali vivevano in questo paese<br />

– si legge nella cronaca di Sidney del<br />

quotidiano italiano “La Fiamma” – a far<br />

spalancare le porte del suo gran<br />

cuore, che ha iniziato a farsi carico<br />

delle difficoltà e delle sofferenze<br />

altrui”. Lena ha così iniziato un’attività<br />

sociale che l’ha portata a tendere la<br />

mano con semplicità e determinazione<br />

a tutti i bisognosi: connazionali soli<br />

che soffrivano per la lontananza dai<br />

loro cari rimasti in Italia, genitori in<br />

Italia che non avevano da tempo notizie<br />

dei loro figli, familiari incompresi,<br />

sposi in cerca di libertà, figli che fuggivano<br />

da casa, famiglie ingannate da<br />

agenti immobiliari disonesti, disoccupati<br />

in cerca di un posto di lavoro,<br />

degenti in ospedale in cerca di un<br />

interprete, persone bisognose di aiuto<br />

economico, ma soprattutto connazionali<br />

a cui serviva un cuore che sapesse<br />

comprendere e consigliare ed una<br />

mano amica che scrivesse le loro lettere<br />

per i parenti rimasti in Italia o li<br />

aiutasse a compilare i molti documenti<br />

richiesti nei vari settori della vita.<br />

Le maggiori attenzioni Lena le ha<br />

però sempre riservate agli ammalati,<br />

che visitava regolarmente, intervenendo<br />

se necessario presso i medici, procurando<br />

loro quello di cui avevano bisogno,<br />

organizzando raccolte per l’acquisto<br />

di apparecchi costosi, spedendo<br />

medicinali a coloro che risiedevano<br />

nei paesi dell’interno ed anche organizzando<br />

festicciole di compleanno<br />

per i più soli.<br />

A poco a poco le persone accontentate<br />

e i casi felicemente risolti aumentarono<br />

ma la fila di quanti continuavano<br />

a rivolgersi a lei rimase e, di fronte<br />

alla sua bontà e disponibilità, tutti<br />

cominciarono a rivolgersi a lei con l’affettuoso<br />

appellativo di “Mamma Lena”.<br />

Mamma Lena cominciò a far sentire<br />

la sua voce nel 1956 dalle colonne<br />

del quotidiano in lingua italiana di<br />

Sydney “La Fiamma”, in cui tenne fino<br />

VITA DELLA SOCIETY<br />

19<br />

al 1964 tre rubriche settimanali:<br />

“Salotto di Lena”, “Lena risponde” e<br />

“Di tutto un po’ ” Ma sono stati soprattutto<br />

i programmi radiofonici a permettere<br />

a Mamma Lena di raggiungere gli<br />

italiani nelle loro case per offrire, la<br />

sera, al loro ritorno dal lavoro, le notizie<br />

e le canzoni dall’Italia, fare compagnia<br />

agli anziani e alle persone sole e<br />

mettere a loro disposizione tante informazioni<br />

utili. Dal 1957 al 1959 c’è<br />

stata infatti l’«Ora Italiana» sulla 2SM<br />

e poi, per 13 anni, sulla 2CH si sono<br />

avvicendati “Il Notiziario Italiano”, “Arrivederci<br />

Roma”, “Festival in Casa”,<br />

“Musichiere” e “Sorella Radio”. Ci sono<br />

poi state, per 9 anni, le trasmissioni di<br />

Mamma Lena dalla 2KY e, per 4 anni,<br />

dalla 2SER-FM dell’University of<br />

Tecnology di Sydney, attraverso le<br />

quali sono stati lanciati parecchi cantanti<br />

e cantautori italiani e sono state<br />

realizzate diverse iniziative benefiche<br />

come l’asilo-nido “Mamma Lena Child<br />

Care Center” di Fairfield.<br />

L’attività che ha generosamente<br />

profuso a favore degli altri è stata premiata<br />

con diverse, ben meritate onorificenze<br />

come quella di cavaliere e<br />

commendatore della Repubblica<br />

Italiana. Ella è stata poi chiamata a far<br />

parte del “National Women’s Advisory<br />

Council” e del “World Who’s Who of<br />

Women; le è stato concesso il titolo di<br />

Member of British Empire e la<br />

Medaglia del centenario del governo<br />

australiano. Da parte sua Mamma<br />

Lena istituì la medaglia “Cuore di<br />

Mamma Lena”, che assegnò ai suoi<br />

collaboratori più meritevoli e che porta<br />

la scritta: “La vita passa, ma il bene<br />

fatto rimane”.<br />

Uno degli avvenimenti più importanti di quest’ ultimo periodo per i chersini australiani è<br />

stata la Festa del papà, celebrata domenica 14 settembre. Gli ospiti sono stati accolti<br />

nell’area di Marsden Park dell’Associazione Santa Maria di Cherso dal suo Presidente,<br />

Daniele Velcich. Assieme ai chersini erano presenti, come di consueto, i membri delle<br />

Associazioni dei Giuliani di Sydney e di Wollongong, dei Fiumani, dei Dalmati e dei<br />

Bellunesi. In tutto 300 persone. Nel corso dell’incontro sono stati premiati: il papà più<br />

anziano, Efrem Bonacina; il papà più giovane, Shaun Clayton; il nonno più giovane,<br />

Eddy Kalbavac. Sono stati inoltre festeggiati i compleanni di Elide Villartora, Mladen<br />

Federo e della signora Tina. L’incontro è stato coronato dalla consumazione di un ottimo<br />

pranzo e rallegrato da Albino e dalla sua orchestra col suono di canzoni vecchie e<br />

nuove, che hanno indotto parecchi partecipanti alle danze.


20 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

CRONACHE DI IERI E DI OGGI<br />

Gita di settembre a Cherso<br />

Nella fotografia di Corrado Ballarin, una parte dei gitanti sui gradini dell’altare maggiore del Duomo di Cherso dopo la Santa Messa.<br />

Anche quest’anno i chersini e i<br />

loro amici sono andati a Cherso per<br />

rivedere luoghi e persone per la gita<br />

di settembre che sta ormai diventando<br />

una consuetudine gradita ed<br />

attesa, in particolare da chi non può<br />

recarvisi autonomamente ed in altri<br />

momenti dell’anno. Si tratta in alcuni<br />

casi di signore sole o che abitano<br />

lontano.<br />

L’ottantesimo compleanno dell’arcivescovo<br />

Bommarco, nato a Cherso<br />

il 21 settembre 1923, ha fornito quest’anno<br />

ai chersini un motivo in più<br />

per ritonare “a casa”. L‘idea di festeggiare<br />

l’ottantesimo genetliaco di<br />

Padre Bommarco assieme a lui proprio<br />

a Cherso è stata dei suoi giovani<br />

e vecchi collaboratori, alcuni dei<br />

quali non erano mai stati sul posto<br />

ma desideravano tanto andarci perché<br />

ne avevano sempre e tanto sentito<br />

parlare dal loro superiore ed<br />

amico. E, in un baleno, si sono riunite<br />

cinquanta persone!<br />

Così, i gruppi in partenza per<br />

Cherso sono stati due: uno di trenta<br />

persone, guidato dal chersino Francesco<br />

Moise e dal nostro beneamato<br />

fotografo di Lussingrande,<br />

Corrado Ballarin, che ha effettuato<br />

un soggiorno di cinque giorni con la<br />

visita, oltre che di Cherso, di Vallon<br />

e Caisole. Qui sono stati accolti da<br />

un emozionato e festoso Mons.<br />

Giuseppe Bandera.<br />

L’altro gruppo ha visitato in due<br />

giorni Cherso e si è affacciato su<br />

Ossero. Sua guida d’eccezione, in<br />

autocorriera e per le strade di Ossero<br />

e di Cherso, è stato l’arcivescovo<br />

Bommarco che, senza dimostrare<br />

alcuna stanchezza, con entusiasmo<br />

e competenza, ha presentato ai suoi<br />

amici le bellezze naturali e storiche<br />

dei luoghi attraversati inframmezzandole<br />

coi suoi ricordi personali e il racconto<br />

degli antichi usi locali. A Cherso,<br />

una visita insolita è stata quella al<br />

convento delle Suore Benedettine di<br />

clausura, che hanno accolto i visitatori<br />

col suono dell’organo. Poi, in presenza<br />

degli ospiti esse hanno recitato<br />

l’Ora Terza e, dopo alcune brevi<br />

parole di saluto dell’arcivescovo<br />

Bommarco, hanno salutato gli intervenuti<br />

ancora col suono dell’organo.<br />

Momento culminante e unificante<br />

per i due gruppi dei gitanti, per i paesani<br />

e i loro ospiti è stata la S. Messa<br />

di domenica, 21 settembre, concelebrata<br />

in lingua italiana e croata nel<br />

duomo di Cherso da sacerdoti locali<br />

e ospiti e presieduta dal presule festeggiato.<br />

Alla Messa sono seguiti,<br />

nel ristorante Al Fontego, i festeggiamenti<br />

per gli ottantenni, che hanno<br />

visto l’arcivescovo riunito ad alcune<br />

sue vecchie compagne di scuola<br />

delle elementari. Fra i regali ricevuti<br />

dal presule il più significativo, e certamente<br />

fra i più graditi, è stato quello<br />

di un amico goriziano, che gli ha<br />

donato un bassorilievo in pietra,<br />

veneziano, autentico, raffigurante un<br />

leone. Gli amici avrebbero voluto<br />

offrire a Padre Bommarco la visione<br />

della torre civica col suo leone, che è<br />

finalmente a Cherso ma, benché non<br />

gli manchino le ali, non è riuscito<br />

ancora a volare fino alla sua sede.


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

Il 5 agosto <strong>2003</strong>, alle ore 21:00, nella sede della <strong>Comunità</strong> degli Italiani di Cherso si è svolta la premiazione del<br />

concorso fotografico “La più bella fotografia dell’isola di Cherso”, indetto dalla società Francesco Patrizio della<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> con sede a Trieste insieme alla <strong>Comunità</strong> degli Italiani di Cherso. Ma, prima di trattare il tema del<br />

concorso, parliamo un po’ della “bellezza”, cercando di scoprire il suo linguaggio.<br />

Preghiera<br />

Sotto il segno della “bellezza”<br />

un concorso fotografico<br />

di † P. Antonio Vitale Bommarco<br />

Il linguaggio della bellezza<br />

O Signore,<br />

vado a scoprire le meraviglie<br />

della natura, dell’arte, dell’uomo.<br />

Nella vastità degli orizzonti<br />

nella varietà delle creature<br />

nella grandezza delle opere dell’uomo<br />

io possa trovare il segno della tua presenza.<br />

Fa’ che io ritorni<br />

alle piccole e grandi cose di ogni giorno<br />

con lo sguardo pulito e la volontà decisa<br />

a far la mia parte perché il mondo<br />

sia sempre più abitabile nella fraternità,<br />

nella giustizia e nella pace. Fra’ Marco Tasca<br />

Delle creature visibili serviti in<br />

modo conveniente, come ti servi<br />

della terra, del mare, del cielo, dell’aria,<br />

delle sorgenti, dei fiumi.<br />

Quanto di bello e di meraviglioso<br />

trovi in essi, indirizzalo a lode e gloria<br />

del Creatore. Con il senso corporeo<br />

della vista accogli pure la<br />

luce materiale, ma insieme abbraccia,<br />

con tutto l’ardore del tuo cuore,<br />

quella vera luce che illumina ogni<br />

uomo che viene in questo mondo<br />

(cfr.Gv.1,9). Vogliamo esortarvi perché<br />

sappiate servirvi di ogni creatura<br />

e di tutte le bellezze di questo<br />

mondo in modo saggio ed equilibrato”.<br />

La bella citazione di San Leone<br />

Magno introduce all’augurio, a chi si<br />

trova nei luoghi di villeggiatura, di un<br />

sereno e proficuo ristoro per il fisico<br />

e per lo spirito.<br />

Bellezza creata da Dio<br />

Le meraviglie della natura<br />

“Ecco l’isole di sasso<br />

che l’ulivo fa d’argento.<br />

Ecco l’irte groppe, gli ossi<br />

delle schiere, sottovento!<br />

Dolce è ogni albero stento,<br />

ogni sasso arido è caro<br />

(da “La Canzone del Quarnaro” di Gabriele d’Annunzio)<br />

La bellezza<br />

Dopo un richiamo spirituale, andiamo<br />

a scoprire la bellezza in questa<br />

nostra isola.<br />

Bellezza creata dagli uomini, e<br />

tanti sono gli uomini, le stirpi, i popoli<br />

che nell’arco della storia sono passati,<br />

rimasti o cacciati, da questo suolo<br />

che, per la sua ubicazione geografica,<br />

è posto come confine o meglio come<br />

fronte tra il mondo latino e slavo: Istri -<br />

Greci - Romani - Illirici - Ungheresi -<br />

Veneziani - Francesi - Italiani - Iugoslavi<br />

- Croati. Tutti hanno lasciato<br />

qualche segno, ma ciò che oggi resta<br />

del cammino dei secoli, dopo i dolorosi<br />

contrasti delle nazionalità, e che<br />

crea quello che possiamo chiamare la<br />

“Chersinità”, è quanto è stato costruito<br />

nella nostra città durante i cinque<br />

secoli della presenza di Venezia.<br />

Ammiriamo il meraviglioso Portale<br />

del Duomo, il Campanile, la Torre<br />

dell’Orologio con il Leone, il Tor-<br />

Quando contemplo i tuoi cieli,<br />

opera delle tue mani, il sole,<br />

la luna, le stelle che tu fissasti:<br />

che è l’uomo perché te ne ricordi,<br />

perché ne abbia cura?<br />

Sal. 8,4 – 5<br />

21<br />

rione, le Porte Bragadina e Marcella<br />

con i loro Leoni, i resti delle Mura, il<br />

Palazzo Petris e tante, tante Chiese<br />

grandi e piccole.<br />

Di tutte queste bellezze della natura<br />

e degli uomini, permettete, cari<br />

turisti, che siamo orgogliosi prima di<br />

tutto noi, nati in quest’isola e tutti<br />

quelli che sono vissuti o oggi vivono<br />

qui, siano essi croati o italiani. A tutti<br />

questi vorrei suggerire di sentirsi<br />

prima di tutto “Chersini”; poi chersini<br />

croati o chersini italiani.<br />

Forse, innamorandoci sempre<br />

più delle nostre comuni radici, difendendo<br />

le nostre bellezze naturali e<br />

umane e, aggiungerei, non lasciando<br />

morire il nostro caro dialetto<br />

chersino, che è un miscuglio di parole<br />

veneziane e slave, forse, camminando<br />

insieme su questa strada,<br />

potremo superare il ristretto e nocivo<br />

nazionalismo italiano e croato.


22 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Cronaca della premiazione del concorso fotografico<br />

Il vincitore del concorso fotografico, dott. Carlo Rovida - con la camicia bianca - che stringe la<br />

mano del Sindaco di Cherso; alla sua sinistra l’Arcivescovo Bommarco mentre alla sua destra si<br />

intravede il Presidente della <strong>Comunità</strong> degli Italiani.<br />

Dopo questo veloce sguardo<br />

d’insieme sulle nostre bellezze, veniamo<br />

al concorso fotografico ringraziando<br />

prima di tutto i concorrenti, il<br />

Sindaco, il Presidente del Consiglio<br />

Comunale, il Presidente della Co-<br />

munità degli Italiani e il numeroso<br />

pubblico presente.<br />

18 sono stati i concorrenti, 13 dei<br />

quali hanno spedito le fotografie nella<br />

sede della Società Francesco Patrizio<br />

della <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> di Trieste e 5<br />

nella sede della <strong>Comunità</strong> degli<br />

Italiani, a Cherso. La più bella di tutte<br />

le fotografie è risultata, a giudizio unanime<br />

della commissione, la fotografia<br />

della Porta Romana Settentrionale di<br />

Lubenizze, scattata e spedita dal<br />

signor Carlo Rovida di Ilci, in provincia<br />

di Perugia. Tutte le 50 fotografie<br />

pervenute possono essere ammirate,<br />

in un ottimo allestimento, in questa<br />

sede e ognuno può valutare l’entità<br />

del risultato. A me sembra buono,<br />

anche se non superlativo, e lo giudico<br />

un buon inizio per continuare a scavare,<br />

con l’obiettivo, tante nascoste bellezze<br />

dell’isola e della città di Cherso.<br />

Siamo lieti che il primo premio sia<br />

andato ad un turista, che da quanto<br />

so non era solo di passaggio, ma è<br />

un fedele e costante ammiratore delle<br />

nostre bellezze. A lui ora consegniamo<br />

il premio di 250,00 euro.<br />

Termino recitando la più bella<br />

poesia su Cherso che io conosca,<br />

composta dal mio amico e compagno<br />

di banco alle elementari e che<br />

quest’anno celebrerebbe con me gli<br />

80 anni, se il Signore non l’avesse<br />

chiamato al premio, 5 anni fa.<br />

Isola mia di Aldo Policek<br />

Isola mia de sol incoronada Dolze tera de miel<br />

e de silenzi che la balnestra<br />

che la bora ronpe spande par aria<br />

bianchisando de spiuma co se sgrava el majo<br />

la marina, e del più garbo asedo<br />

svola i grifoni che fa santa<br />

sovra la rovina dei castelieri del zapador la sede e la fadiga.<br />

messi far la guardia Isola mia<br />

de Ustrina latina ti sta come una diga<br />

e de Hibernicia par fermar le ventere del levante<br />

fin Caisole fiera, in tramuntana. e dele sgrinfie barbare le ofese,<br />

povara tera mia, senza pretese,<br />

Isola un fia salvadiga e un fia strana siben che le stajoni passi<br />

Fra ’l cuntrastar de onbre e de ciarori e tante<br />

grote a strapionbo senpre de più de ti mi se inamoro<br />

e umide calanche carne de Absirto<br />

indove i mus’ci tera de San Marco<br />

come i primi amori e de sto amor proibito<br />

vargognosi i se sconde soto i gus’ci a pian mi moro.<br />

In finale il Presidente Toich manda un saluto in lingua croata. Segue l’offerta di bibite e biscotti per tutti.


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

S. Martino, patrono di Lussinpiccolo<br />

I lussignani residenti a Trieste<br />

ed i loro amici hanno festeggiato la<br />

ricorrenza del loro Santo Patrono,<br />

che cade l’11 novembre, il venerdì<br />

precedente per consentire, come<br />

al solito, la partecipazione del suo<br />

Presidente don Martinoli e del<br />

maggior numero possibile di fedeli.<br />

Erano presenti, come è ormai<br />

diventata una consuetudine, anche<br />

alcuni chersini e la Presidente dell’associazione.<br />

La S. Messa è stata<br />

concelebrata dai sacerdoti lussignani<br />

nella chiesa di S. Andrea e<br />

S. Rita di via Locchi.<br />

Dopo la Messa i partecipanti si<br />

sono recati nella sede dell’Associazione<br />

delle <strong>Comunità</strong> Istriane di<br />

via Belpoggio dove il Presidente<br />

dell’Associazione, Lorenzo Rovis,<br />

ha rivolto ai presenti alcune parole<br />

di saluto. Interessante è stato l’in-<br />

Sabato 15 novembre <strong>2003</strong>,<br />

presso l’ex Risiera di S. Sabba di<br />

Trieste, che fu impiegata dai nazisti<br />

come forno crematorio ed ora è<br />

monumento nazionale, si è conclusa<br />

la causa diocesana per la<br />

canonizzazione del chersino<br />

Padre Placido Cortese sacerdote<br />

dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali,<br />

vittima del nazismo e<br />

tervento di Pietro Parentin che ha<br />

visto per la prima volta le isole di<br />

Cherso, Lussino e Veglia durante il<br />

viaggio organizzato dall’Associazione,<br />

ritrovando e riconoscendo<br />

nella realtà i luoghi ripetutamente<br />

“visitati” attraverso le immagini di<br />

Corrado Ballarin. Parte centrale<br />

dei “discorsi” è stata la relazione<br />

del Segretario Responsabile della<br />

<strong>Comunità</strong>, Giuseppe Favrini, che<br />

ha fatto un resoconto sulle attività<br />

2002 soffermandosi in particolare<br />

sul restauro della chiesa di S. Nicolò<br />

di Lussinpiccolo, al quale la<br />

<strong>Comunità</strong> ha dato un contributo<br />

del 50%, pari a quello del Comune,<br />

come lo stesso dott. Favrini ha<br />

esposto dettagliatamente nell’articolo<br />

pubblicato nella rubrica “Noi e<br />

le altre <strong>Comunità</strong>” di questo numero<br />

di “<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong>”.<br />

martire di carità. Il luogo è stato<br />

prescelto perché si suppone che il<br />

corpo di P. Placido vi sia stato cremato<br />

dopo aver subito la tortura<br />

nel bunker del Palazzo delle S. S.<br />

di piazza Oberdan senza rivelare il<br />

nome di quanti l’aiutarono nella<br />

sua azione di aiuto a tutti i perseguitati.<br />

L’ex Risiera è stata scelta<br />

anche, come ha detto nel suo<br />

intervento l’Arcivescovo Emerito di<br />

Gorizia P. Bommarco, “per rendere<br />

omaggio non solo al P. Cortese<br />

ma a tutti gli uomini e donne<br />

immolati in olocausto in questo<br />

forno crematorio… P. Placido –<br />

dice ancora l’Arcivescovo Bommarco<br />

– entra nel meraviglioso<br />

martirologio del ventesimo secolo<br />

che il Papa Giovanni Paolo II ha<br />

ripresentato recentemente al<br />

mondo; questi martiri costituiscono<br />

un legame fra la testimonianza<br />

evangelica offerta nei primi secoli<br />

dell’era cristiana e quella che tantissimi<br />

uomini e donne continuano<br />

ad offrire al mondo anche ai nostri<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

23<br />

Un’altra importante attività di<br />

quest’ultimo anno è stata la pubblicazione<br />

del volume “La beffa di<br />

Lussino”, che è stata illustrata dalla<br />

dott.ssa Licia Giadrossi Gloria.<br />

Sono seguite le diapositive di<br />

Corrado Ballarin, che quest’anno ci<br />

ha fatto “visitare” Zara, a partire<br />

dalla Piazza delle Erbe, dove fervono<br />

gli scavi archeologici i cui reperti<br />

sono poi conservati nell’antica<br />

chiesa di S. Donato, ora museo. Il<br />

giro è proseguito con la chiesa di<br />

S. Grisogono e quella della Madonna<br />

della Salute, ricostruita dopo<br />

i bombardamenti del ’44 che avevano<br />

lasciato intatta solamente<br />

l’abside. Abbiamo poi visto il Seminario,<br />

i cinque pozzi che fornivano<br />

l’acqua a tutta la città e la Porta<br />

di Terraferma col leone marciano,<br />

opera del Sanmicheli.<br />

L’incontro si è concluso con un<br />

ottimo buffet condito da tante amichevoli<br />

chiacchiere<br />

Conclusione della causa diocesana per la canonizzazione di<br />

Padre Placido Cortese<br />

giorni per riaffermare il primato del<br />

Vangelo di Cristo e della Carità…”<br />

La causa era stata avviata il 29<br />

gennaio 2002 nella Curia vescovile<br />

di Trieste con una cerimonia già<br />

da noi descritta. Il rito odierno è<br />

stato presieduto dal Vescovo di<br />

Trieste Mons Eugenio Ravegnani<br />

alla presenza dell’Arcivescovo<br />

Emerito di Gorizia P. Antonio Vitale<br />

Bommarco, del Vescovo di Veglia<br />

Mons. Walter Zupan, del Padre<br />

Provinciale dell’Ordine dei Frati<br />

Minori Conventuali Padre Luciano<br />

Fanin, una rappresentanza dell’Associazione<br />

Nazionale ex Deportati<br />

Politici, di altre Autorità civili<br />

e religiose e di numeroso pubblico.<br />

La cerimonia - splendidamente<br />

organizzata - ha compreso alcuni<br />

momenti in lingua slovena e croata<br />

ed ha visto la partecipazione del<br />

coro ecumenico sloveno di Trieste<br />

diretto dal prof. Bogdan Kralj. La<br />

figura del martire è stata rievocata,<br />

oltre che dal P. Bommarco, dai lettori<br />

Elsa Fonda e Livio Valenµiµ.


24 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Sintesi del Verbale del 7° Consiglio Direttivo<br />

tenuto a Mestre, in via delle Messi n. 31, sabato 25 ottobre <strong>2003</strong><br />

Il Consiglio Direttivo della Società Francesco Patrizio della <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> si è riunito sabato 25.10.<strong>2003</strong> a<br />

Mestre, in via delle Messi n. 31, nell’abitazione del consigliere Marino Bellemo, gentilmente messa a disposizione<br />

dei convenuti, per trattare i punti all’ordine del giorno sottoelencati:<br />

1. Lettura ed approvazione del verbale della seduta precedente<br />

2. Messa a punto definitiva dello Statuto della Società<br />

3. Esame della bozza di regolamento proposta dalla commissione nominata allo scopo<br />

4. Adesioni alla “Società Francesco Patrizio della <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong>”<br />

5. Nomina di un Segretario della Società<br />

6. Individuazione dei rappresentanti della Società in seno all’Associazione delle <strong>Comunità</strong> Istriane (massimo 7, non<br />

necessariamente membri del C. D.)<br />

7. Sito INTERNET della Società<br />

8. Programma attività <strong>2003</strong>/2004: festa del Patrono, Raduno annuale, pubblicazioni, eventuali concorsi,…)<br />

9. Varie ed eventuali<br />

Erano presenti 8 su 15 consiglieri: Bellemo Marino, Bon Domenico, Moise Francesco, Moise Lucchi Meyra,<br />

Palazzolo Debianchi Carmen, Sussich Bonavita Paola, Tomaz Anna Maria, Tomaz Luigi.<br />

La seduta ha inizio intorno alle ore 10:00. Presiede la presidente Carmen Palazzolo Debianchi che, in assenza di un<br />

segretario, verbalizza anche la seduta.<br />

Approvato il verbale della riunione precedente, si passa alla trattazione del 2° punto all’o.d.g.. Sono pervenute soltanto<br />

2 proposte di modifica, quella di Marino Bellemo e quella del sig. Arrigo Bonato, marito della chersina Giannina<br />

Orlini, entrambe più formali che sostanziali. Esse vengono lette, discusse ed accolte. Il Consiglio, nel rivedere ancora<br />

una volta il documento, tenuto anche conto dell’andamento delle presenze, decide di ridurre il numero dei Consiglieri<br />

da 15 a 9; perché una seduta sia valida basterà quindi la presenza di 5 membri. La maggioranza dei Consiglieri ritiene<br />

che con un numero così ridotto di persone sarà più facile incontrarsi. Non è d’accordo la Presidente che ritiene<br />

che un numero così esiguo di individui non sia sufficientemente rappresentativo e manchi la possibilità di un confronto<br />

di idee pluralista.<br />

La discussione del 3° punto all’o. d. g. viene rinviata a tempo indeterminato.<br />

Per quanto riguarda il punto 4, la Presidente comunica che le adesioni alla Società sono state finora 78, (75 consegnate<br />

il giorno del raduno annuale e 3 giunte per posta); informa di aver sollecitato le adesioni dei chersini americani<br />

ed australiani tramite i referenti della <strong>Comunità</strong> negli U.S.A. ed in Australia; chiede pareri e proposte per l’eventuale<br />

sollecito di ulteriori consensi. Si conviene di cercare di raccogliere altre adesioni rispedendo tramite il giornale la<br />

scheda di adesione.<br />

In merito al punto 5, si rimane nella situazione attuale perché nessuno accetta l’incarico di Segretario, nemmeno<br />

quello della verbalizzazione, a turno, delle sedute di Consiglio.<br />

Per quanto riguarda il punto 8, la Presidente comunica che la S. Messa per la festa del Patrono sarà celebrata, come<br />

di consueto, dall’arcivesco Bommarco a Trieste, il 3 gennaio 2004, alle ore 16:00, nella chiesa di Santa Rita e<br />

Sant’Andrea di via Locchi. Dopo la cerimonia, su proposta di Gigi Tomaz, si discuterà il programma delle attività dell’anno.<br />

In merito al punto 6, danno la propria disponibilità a rappresentare, per il momento, la nostra <strong>Comunità</strong> nell’Assemblea<br />

generale delle <strong>Comunità</strong> Istriane, Bellemo M. e Moise F.<br />

Infine si va al computer per fare una carrellata sul sito INTERNET, 7° punto all’o.d.g. Dopo averlo velocemente “visionato”,<br />

tutti i presenti si riservano di esprimere una consapevole opinione dopo averlo esaminarlo con cura ed attenzione<br />

a casa con l’aiuto di figli, nipoti o amici esperti. Unanime è però la richiesta di riprodurre anche nella prima<br />

pagina del sito lo stemma di Cherso nella versione stampata sulla testata del nostro.<br />

In varie il C.D. decide che i contributi volontari siano distinti e separati dal rimborso-stampa stabilito per i libri e che è<br />

lecito un arrotondamento minimo (ai 5 euro) delle quote, per spese di gestione, in caso di attività associative varie.<br />

Il Presidente<br />

Carmen Palazzolo Debianchi<br />

La versione integrale del verbale è a disposizione dei soci interessati nella sede della Società – a Trieste in<br />

via Giulia n. 70 – ed è consultabile previo appuntamento telefonico con la Presidente (040 395942)


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

CRONACHE LAURANESI<br />

di Tonin Zmarich<br />

Ed. Rigoni, pag.150, € 16,00<br />

Si tratta di un’ulteriore opera narrativa<br />

della Cultura dell’esodo, che rievoca<br />

ricordi. Sono ricordi di un tempo vissuto<br />

nel piccolo mondo scomparso<br />

della cittadina di Laurana, raccolti ed<br />

esposti in maniera del tutto originale:<br />

cogliendo tutti gli aspetti ambientali<br />

che sono stati catalogati per argomento.<br />

Vengono menzionate vecchie usanze,<br />

personaggi di paese, macchiette,<br />

attività produttive e professionali, osterie<br />

e botteghe, ritratti di persone che<br />

caratterizzavano l’ambiente. Quel mondo<br />

ha cessato di esistere quando l’autore<br />

nel settembre del 1944 lascia per<br />

sempre Laurana in un’atmosfera di<br />

odio che si era sostituita a secoli di felice<br />

e operosa convivenza multietnica.<br />

I ricordi della propria vita iniziano<br />

con la balia Francesca nella prima<br />

infanzia. Riappare nei lettori anziani<br />

questa figura che sostituiva la<br />

mamma nell’allattamento prima che<br />

venisse prodotto il latte artificiale.<br />

Dell’epoca dell’asilo ricorda i giochi<br />

con i coetanei che formavano i<br />

“gruppi di quartiere!” Anche i giochi<br />

che descrive appartengono ad un<br />

tempo del tutto scomparso dai ricordi<br />

come le zucche vuote allacciate sotto<br />

le ascelle per imparare a nuotare.<br />

Ricompare il “gioco dei quattro canto-<br />

RECENSIONI<br />

ni”. Nelle scuole elementari le amicizie<br />

si erano ampliate con i ragazzi di<br />

altri quartieri e giocavano a darsi battaglia<br />

con fionde e cerbottane. Si rivive<br />

l’atmosfera del racconto “I ragazzi<br />

di via Pal”. Sono giochi scomparsi<br />

come i vecchi maestri che insegnavano<br />

principi morali.<br />

Zmarich si sente profondamente<br />

un liburno, perciò indugia a descrivere<br />

con amore i pergolati d’uva fragola e<br />

malvasia, le terrazze e i balconi ricoperti<br />

di vasi di garofani e gerani, la gita<br />

a Cherso, isola dove è nata sua<br />

madre, la costiera liburnica pregnante<br />

di leggende e di storia. Descrive il<br />

paesaggio di Laurana all’imbrunire<br />

con la chiesetta di San Salvador che<br />

preannunciava il faro e l’ampio porto.<br />

Durante la guerra venne mobilitato<br />

ma prima di venire avviato al fronte fu<br />

firmato l’armistizio. Tornato a casa, nel<br />

settembre del 1944 ha dato l’addio<br />

per sempre a Laurana mentre tede-<br />

History in exile<br />

Memorie e identità<br />

ai confini con i Balcani<br />

di Pamela Ballinger, pag. 286.<br />

Segnaliamo questo volume per i<br />

nostri lettori di lingua inglese, perché<br />

non ne esiste una traduzione in lingua<br />

italiana. L’autrice è una giovane<br />

docente di antropologia culturale che<br />

riporta nel libro i risultati della ricerca<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

25<br />

schi e X Mas combattevano contro i<br />

partigiani sempre più aggressivi. Con<br />

quella partenza finisce anche il tempo<br />

della giovinezza spensierata e felice.<br />

L’opera è dedicata al fratello Manfredi<br />

e agli altri che come lui furono<br />

barbaramente infoibati nell’atmosfera<br />

di odio che si era scatenata. Forse a<br />

stroncare le loro vite in quella maniera<br />

orrenda furono compaesani, forse<br />

compagni di scuola.<br />

L’autore auspica che il ricordo<br />

delle radici del patrimonio culturale<br />

della sua terra non venga dimenticato<br />

e serva di esempio alle generazioni<br />

future. Noi lettori auspichiamo che la<br />

sua opera raggiunga lo scopo. Dai tragici<br />

eventi del settembre 1943 è trascorso<br />

un lungo periodo di pace e per<br />

gli uomini di buona volontà si presenta<br />

la prospettiva di un comune cammino<br />

nella comunità europea.<br />

Pino Vuxani<br />

da lei condotta per alcuni anni nella<br />

Regione Giulia, per la sua tesi di dottorato.<br />

Si tratta pertanto di un lavoro<br />

scientifico, che affronta le diverse<br />

questioni con rigore e dopo aver effettuato<br />

per ciascuna di esse delle<br />

accurate e profonde indagini. Obiettivo<br />

della ricerca era indagare sulle<br />

vicende che hanno avuto come conseguenza<br />

l’esodo della popolazione<br />

italiana autoctona, la sua divisione in<br />

esuli e rimasti ma, soprattutto, la divisione<br />

della memoria per cui degli<br />

stessi tragici avvenimenti vengono<br />

date versioni diverse ed a volte opposte.<br />

Per quanto riguarda i contenuti,<br />

ne daranno un’idea i titoli dei capitoli<br />

e dell’introduzione. Titolo di quest’ultima<br />

è “L’ombra dei Balcani, cui seguono<br />

“Mappa della Marca Giulia”, “La<br />

seconda Guerra Mondiale”, “La Questione<br />

di Trieste”, “L’esodo sommerso”,<br />

“La politica della sommersione: le<br />

foibe”. Negli ultimi due capitoli c’è la<br />

descrizione di avvenimenti da parte di<br />

esuli e di rimasti e una ricostruzione<br />

della storia dell’epoca attraverso le<br />

testimonianze dei protagonisti.<br />

Il volume è in vendita nella Libreria<br />

Internazionale Italo Svevo di Trieste,<br />

ovviamente, nell’unica versione<br />

disponibile, e cioè in quella inglese.


26 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

<strong>Novembre</strong><br />

<strong>Novembre</strong>: i nostri morti parla ancora<br />

in italian nel vecio cimitero<br />

sovra quel scoio mio, fato straniero,<br />

indove bate sirocal e bora.<br />

I parla sì, ma proprio sotovose<br />

senza el conforto più de un fior amico,<br />

ultimi testimoni de un antico<br />

amor sepolto sto quele crose.<br />

<strong>Novembre</strong>: San Martin se mete in strada<br />

come ogni ano, el va verso l’inverno<br />

e resta solitaria la contrada<br />

indormenzada nel suo sono eterno:<br />

le piaghe de ogni casa abandonada<br />

brusa come le pampe de l’inferno.<br />

Dicembre<br />

Dicembre: l’ano vecio, sconsumado,<br />

cu ‘l saco svodo el se strascina via,<br />

passa San Nicolò, Santa Lucia,<br />

senza rimedio xe quel che xe stado;<br />

indrio più no se torna e alora andemo<br />

a fronte alta verso el novo ano<br />

butando drio le spale ogni altro afano<br />

e incontro a la speranza camineremo.<br />

L’albaro de Nadal pien de lustrini<br />

xe simbolo de luce e redenzion,<br />

sui rami le paranze e i mandarini<br />

profuma l’aria gelida de bon.<br />

Un augurio de cor: Forza chersini,<br />

cantero “Sempre alegri e mai passion!”<br />

Genaio<br />

Genaio de bordure ricamade<br />

sui rami del figher, abasso in orto,<br />

de barche sotovento cuzze in porto<br />

e de buganze su le man jazade.<br />

Canta la bora par le canisele<br />

sbisigando fin drento dei camini,<br />

trema de fredo el ciaro dei lumini<br />

e, nel ciel de la note, anche le stele.<br />

Bianchi fantasmi sta sconti nel scuro,<br />

pensieri che l’inverno in mente ciama,<br />

le ombre se rintana raso el muro<br />

co in meso el fuguler arde la fiama<br />

del grande zoco. El picolo al sicuro,<br />

ride nel sono in brazo de la mama.<br />

POESIE<br />

Febraio<br />

Febraio de violete<br />

e bore s’cete.<br />

Sconte fra i zochi de uliver,<br />

le prime se anunziava<br />

cu’l profumo<br />

quando ancora el jazo<br />

bianchisava<br />

atorno de le loquize<br />

in campagna,<br />

e la carnacia<br />

bordisando in zercio,<br />

la se lassava spetenar dal vento.<br />

Febraio. Ancora un refulo de inverno<br />

sul mar, carta de zucaro, ingrugnado.<br />

E quel profumo,<br />

anche imaginado,<br />

el mantien calda in cor<br />

ogni speranza.<br />

di Aldo Poceck de Pitor<br />

San Nicolò<br />

Per la vigilia de San Nicolò<br />

- tempo de fighi suti e de naranze,<br />

de lanzarde salade e de buganze –<br />

metevimo el stival su la finestra<br />

e, boni, in leto andavimo bonora.<br />

Fis’ciava zo par Varosina la bora.<br />

Un vecio alto, cu la barba bianca<br />

vestido in rosso e cu ‘l baston de argento,<br />

caminava curvado contro vento,<br />

stavimo cuzzi soto le coverte.<br />

El vecio, par a pian, drento i stivai<br />

ne lassava, passando, i sui regai.<br />

Che festa de matina! Apena ciaro<br />

saltavamo de leto e in do e do quatro,<br />

naranze, gianduioti, mandulato,<br />

bomboni e ancora ogni ben di Dio,<br />

pupe lenci, cavai de cartapesta;<br />

alora sì che iera propio festa!<br />

Ma soto un volto, in una casa scura,<br />

la matina arivava un fià più tardi:<br />

- Picolo mio, ti gnanche che ti guardi,<br />

el tuo stival ga un buso su la siola;<br />

piansi, ti ga raion. La cativeria<br />

più grande al mondo, xe la tua miseria.<br />

San Nicolò, si adesso ti va a torno,<br />

come una volta cu la zesta in spala,<br />

te prego, no scordar gnanche una scala<br />

Marzo<br />

o una finestra o una baladora:<br />

Marzo de vento,<br />

fa che ogni fio de dona sia cuntento!<br />

mato de cadena xe,<br />

Camina un vecio, cu ‘l baston de argento…<br />

come ti,<br />

chi che camina scalzo!<br />

Girlande de cocai<br />

picade in cielo<br />

su do ragi de un sol<br />

fresco de lissia<br />

te incorona la testa.<br />

Se dismissia<br />

ogni corpo da l’sono<br />

e ne le vene<br />

buliga frizantin sangue novelo.<br />

Marzo maturlo<br />

scarso de zervelo,<br />

pien de promesse mantegnude mai,<br />

el sol che ti ne mostri<br />

el passa via<br />

insieme cun quel svolo de cocai.


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

LA PAGINA DEI LETTORI<br />

Maria ˘iæ in Rogiæ così ci<br />

scrive da Cherso<br />

Egregi!<br />

Sono una chersina, nata, cresciuta,<br />

pensionata, sempre residente<br />

a Cherso.<br />

Sono membro della <strong>Comunità</strong><br />

degli Italiani; ricevo il giornalino.<br />

Trovo tante cose interessanti e<br />

che mi piace leggere come la rubrica<br />

“Chi ci ha lasciato”. A proposito<br />

di quest’ultima desidero<br />

scrivervi due righe e farvi una<br />

proposta. Non so se viene data<br />

informazione soltanto di quelli<br />

che ci hanno lasciato - ma membri<br />

della <strong>Comunità</strong> - oppure no. Si<br />

potrebbe far sapere anche chi dei<br />

chersini è morto a Cherso: in<br />

questo modo anche i tanti chersini<br />

sparsi per il mondo che ricevono<br />

la vostra stampa verrebbero<br />

a sapere la notizia. Quest’anno ci<br />

hanno lasciato proprio tanti veri<br />

chersini (perciò siamo sempre di<br />

meno). Parlando di questo argomento<br />

con un mio coetaneo residente<br />

in Italia e con altri chersini,<br />

tutti mi hanno detto: “Bisogna che<br />

qualcun fa saver, se no non se<br />

sa” Allora io vi faccio sapere i nomi<br />

dei chersini deceduti a Cherso<br />

nel <strong>2003</strong> e voi pensateci e decidete.<br />

Carissima signora, è proprio<br />

come le hanno detto i suoi amici:<br />

“Bisogna che qualcun fa saver…”<br />

perciò pubblichiamo nella rubrica<br />

apposita l’elenco degli estinti a<br />

Cherso nel <strong>2003</strong> che ci ha inviato<br />

e le saremmo grati se ci facesse<br />

pervenire, di volta in volta, prima<br />

dell’uscita del periodico, le informazioni<br />

in merito.<br />

Cherso<br />

Anche canora… musicale…<br />

classica<br />

Musica lirica, presenza costante<br />

nella nostra tradizione,<br />

insita nella nostra cultura, nella<br />

nostra naturale predisposizione<br />

al canto ordinato e armonioso.<br />

Fin da piccoli, in famiglia, la si<br />

cantava, la si respirava, ci si<br />

nutriva.<br />

In quell’epoca, forse, sarà stato<br />

così dappertutto, comunque,<br />

per essere un piccolo centro,<br />

Cherso era speciale. Cherso, allora,<br />

aveva un Signor Maestro, aveva<br />

un “GRANDE”, aveva Smareglia.<br />

E si godeva dell’attenzione,<br />

dell’impegno, del contributo<br />

personale di tutti i cittadini, dal<br />

più semplice all’insigne.<br />

Ricordo con struggente e romantica<br />

malinconia i primi anni<br />

’30, anni della mia infanzia. Anni<br />

in cui il maestro Antonio Smareglia<br />

– severo, rigoroso, esigente<br />

e… splendido – impegnava adulti,<br />

ragazzi e bambini, tutti insieme,<br />

nel difficile canto lirico, ottenendo<br />

risultati più che lodevoli.<br />

Una delle tante serate memorabili<br />

in quel nostro Patrizio: trovatore,<br />

la scena degli zingari: un<br />

coro (sempre misto) ben affiatato,<br />

compatto, armonico. Fuoco,<br />

incudine, martelli, ecc.<br />

Manrique, un diciottenne (el<br />

lavorava de barbier), io, (ben mascarada)<br />

Azucena, Mary Carvin<br />

ricorderà, l’acuto finale dovette<br />

farlo lei, quel salire sussultorio<br />

non mi riuscì mai, neanche alle<br />

prove (ogni volta me ciapava la<br />

“ridariola”).<br />

Poi, pezzi vari come “m’appari”<br />

e ancora: Ballo in Maschera,<br />

Forza del Destino ma anche Tosti,<br />

Leoncavallo, Schubert. Meyra<br />

ricorderà le prove della “Serenata”<br />

a casa sua con Smareglia.<br />

Con mia cugina Miranda duetti:<br />

Mefistofele, Faust, Flauto Magico<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

27<br />

e ancora Schubert, Mendelsshon,<br />

Pergolesi, ecc.<br />

D’estate concerti in Pra’.<br />

Ragazzi: Francesco Solis,<br />

Gasparetto, Giacometto, Aldo,<br />

… vorrei tanto poter ricordare<br />

tutti.<br />

Adulti: Bertotto, zio Vittore e<br />

zio Romano de Manzolini, Solis<br />

padre … e se qualcuno, in questo,<br />

mi può aiutare … felicissima.<br />

Anche al Fontego trovammo<br />

pronta ospitalità e perfino le monache,<br />

talvolta, svestivano la loro<br />

autorità confessionale (madre<br />

“Defonsa” ne faceva cantar: Non<br />

basta il pianto? Svenami, ti bevi il<br />

sangue mio, ecc.)<br />

E la Messa di Pasqua in Duomo?<br />

Musica straordinaria e mai<br />

più sentita. Voci mature belle corpose<br />

con qualche assolo di adolescente.<br />

Maria e Luisella Baici, ricordate?<br />

Per l’occasione vestivate due<br />

abiti in maglia di lana, fatti da<br />

vostra madre: uno azzurro pervinca<br />

e l’altro rosa pesco.<br />

Lasciai Cherso per l’Istria nel<br />

’37 in seguito a nostro dissesto<br />

economico e morale ma ci tornavo<br />

spesso dai nonni “Pitor” e da<br />

zia Mirta. Tornavo nel mio alveo<br />

originario dal quale traevo linfa<br />

integrativa di sostanziale efficacia<br />

in ambito spirituale.<br />

Cherso e l’Istria (entrambe da<br />

me amate) sono, pur nell’odierno<br />

benessere, il mio costante tormento<br />

e le loro “Sante Piere”, col<br />

passare del tempo, sono diventate<br />

macigni di amara nostalgia ma<br />

anche tenace e viva memoria<br />

dell’offesa atroce e dell’iniquo<br />

male.<br />

Bellussi Arianna<br />

(fia de Bepi e de Olj Policek)


28 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Gentilissima Presidente della<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong>,<br />

In un recente mio viaggio a<br />

Cherso ho assistito alla totale<br />

demolizione della scalinata di<br />

Rialto, eseguita per poter completare<br />

gli allacciamenti alla rete<br />

fognaria. Sul posto non ho notato<br />

nessun tecnico del Comune, solamente<br />

alcuni operai e manovali<br />

(vedi foto). Data l’importanza dell’opera<br />

che si va a demolire, trattandosi<br />

di opera secolare e storica,<br />

a mio avviso dovrebbe intervenire<br />

il Sovrintendente ai Beni Ambientali.<br />

E in riferimento al rifacimento<br />

totale del manto della Piazzetta,<br />

un lavoro eseguito a regola d’arte<br />

in tutti i particolari, ma non funzio-<br />

Carissimi,<br />

Il giornalino, nel nuovo formato,<br />

è maneggevole e sempre così gradevole<br />

da vedere… sorprendenti<br />

gli articoli sulla nostra Cherso e<br />

dei nostri grandi personaggi del<br />

passato ma…<br />

da che parte si è nascosta Delia,<br />

di cui ci manca quel “guizzo<br />

provocatorio”?<br />

Mi piacerebbe leggere di tanto<br />

in tanto qualche poesia di Aldo<br />

Policek perché le sue poesie racchiudono,<br />

come poche, tante realtà.<br />

Andando al cimitero con mio<br />

figlio, davanti al monumento di uno<br />

nale in caso di una pioggia un po’<br />

più abbondante. Una sera venen-<br />

zio di mio marito, che era caduto al<br />

seguito di F. Baracca, c’era per<br />

terra un vecchio vaso di zinco. Era<br />

bucato questo vaso e, nel minuscolo<br />

buchino, un piccolo fiore<br />

rosso aveva trovato il suo spazio.<br />

Prendendo in mano il vaso, mio<br />

figlio ha cominciato a declamare:<br />

Sul muro<br />

de una vecia casa dirocada<br />

xe nato un fior…<br />

Non potete immaginare la mia<br />

emozione! L’ho abbracciato commossa<br />

e felice. Mio figlio aveva<br />

do dal prato mi è stato infatti impossibile<br />

attraversare la piazza,<br />

coperta per oltre 30 centimetri di<br />

acqua piovana confluente da tutte<br />

le grondaie delle case circostanti.<br />

In questo caso sarebbe bastato<br />

mettere in opera due pozzetti collegandoli<br />

attraverso la via Fortis al<br />

mare, non molto distante.<br />

Suggerirei all’Amministraziuone<br />

Comunale di istituire una Commissione<br />

Tecnica in seno alla<br />

<strong>Comunità</strong> – e perché non coinvolgere<br />

anche la <strong>Comunità</strong> Italiana?<br />

– per le valutazioni del caso, dato<br />

che ora si vanno a intaccare moltissimi<br />

siti che dovrebbero avere<br />

una tutela di riguardo conservativo<br />

nell’ottica del “Come era e dove<br />

era”.<br />

P. A.<br />

letto a mia insaputa qualcosa che<br />

ci appartiene. Capite?<br />

Meri Costerni Vescovi<br />

Cara Meri,<br />

come vedi, ho trovato infine lo<br />

spazio per inserire sul nostro foglio<br />

la tua simpatica lettera e soddisfare<br />

il tuo desiderio di leggere qualche<br />

poesia di A. Policek. In questo<br />

numero ce ne sono tante.<br />

Troverò senz’altro il modo di<br />

pubblicare, prima possibile, anche<br />

i tuoi versi.


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

La nostra <strong>Comunità</strong> ricorda chi ci ha lasciato<br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

Doncovio Antonio a New York (Astoria) il 10.02.03 a 86 anni<br />

Spadoni Renato a Geelong (Australia) il 09.05.03 a 74 anni<br />

Juriaco Antonio a New York (USA) il 07.07.03 a 73 anni<br />

Wollner Ottavio a Verona il 10.07.03 a 76 anni<br />

Sablich Francesco a Trieste il 07.08.03 a 91 anni<br />

Colombis Froglia Fides a Lugano (Svizzera) il 10.08.03 a 91 anni<br />

Bommarco Maria a Trieste il 14.08.03 a 83 anni<br />

Stefani Biagini Iginia a Reggio Calabria il 16.08.03 a 86 anni<br />

La signora Maria ˘iæ in Rogiæ ci comunica (vedi “Pagina dei Lettori”) i nomi delle persone decedu-<br />

te a Cherso, nell’anno <strong>2003</strong><br />

Bacchia in Pugiotto Antonia il 19.01.03 a 91 anni<br />

Prendivoj in Sepµiæ Rina (de Francesco Perz) il 26.01.03 a 69 anni<br />

Sabliæ Vera (de Balde) il 02.02.03 a 53 anni<br />

Sigoviæ Stefano (Ziskiæ) il 16.02.03 a 80 anni<br />

Dezeliæ Ivan, nato a Loznati il 21.02.03 a 78 anni<br />

Toich in Ziz Nina il 28.02.03 a 91 anni<br />

Dujmovich Francesca in Marinkoviæ (Kekina Setepanca) il 09.03.03 a 66 anni<br />

Bravdica in Marinkoviæ Franica (Kekica Kokica) il 15.03.03 a 80 anni<br />

Filipas Ivan (Zuva Lesta) il 10.04.03 a 90 anni<br />

Ferlora in Salvagno Anita il 12.04.03 a 83 anni<br />

Surdich Antonio (Tone Gurla) il 12.05.03 a 90 anni<br />

Chiole Giovanni il 16.05.03 a 79 anni<br />

Toiæ Mario, nato a Smergo il 22.05.03 a 53 anni<br />

Sintiæ Antonia, nata a Smergo il 29.05.03 a 89 anni<br />

Dorcich in Fucich Ana (Kokica) il 02.06.03 a 92 anni<br />

Balon Guido, nato a Vallon il 15.06.03 a 80 anni<br />

Jurjako in Damijanjeviæ Ana, nata a Podol il 26.06.03 a 61 anni<br />

Toiæ Josip, nato a Smergo l’01.07.03 a 72 anni<br />

Soldatiæ in Toiæ Silvana il 04.07.03 a 41 anni<br />

Bravdica in Fornarich Rina (de Santacasa) il 14.07.03 a 80 anni<br />

Fatuta in Negovetich Franica (de Monsich) il 30.07.03 a 91 anni<br />

Fatuta in Purich Antonia (Tonina Zubanka de Pesich) il 10.08.03 a 84 anni<br />

Puriæ Giuseppe il 02.09.03 a 79 anni<br />

Fatuta in Filiniæ Maria (Maria Zubanka) l’11.09.03 a 91 anni<br />

Sussich Surdich Anna il 09.10.03 a 78 anni<br />

29


30 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Maria Bommarco, la maggiore<br />

dei fratelli Bommarco, ci ha lasciato<br />

Così la ricorda l’amica<br />

Nives Sepcich Muzzonigro<br />

Cara Maria,<br />

dopo averti rivolto l’estremo saluto<br />

al Cimitero di Gorizia, desidero<br />

ora, dalle pagine di “<strong>Comunità</strong><br />

<strong>Chersina</strong>”, giornale che tu amavi<br />

leggere con vivo interesse, rivolgere<br />

a te ancora un pensiero affettuoso,<br />

in forma di messaggio epi-<br />

stolare, per rievocare i momenti<br />

salienti della nostra lunga amicizia.<br />

Ti ho conosciuta a Cherso, quando<br />

io ero una ragazzina e tu una bella<br />

signorina alta e slanciata, con<br />

degli occhi chiari, grandi, espressivi,<br />

specchio del tuo animo schietto,<br />

generoso, altruista.<br />

Quando ti rividi eravamo nel<br />

’58, a casa dei tuoi zii, Matteo e<br />

Nella Bommarco, dove incontrai<br />

anche tua sorella Gianna. Io ero<br />

stata appena nominata al Liceo<br />

Scientifico di Gorizia e così venivo<br />

spesso a casa della vostra zia<br />

Nella, dove, grazie anche alla tua<br />

presenza, trovavo un ambiente<br />

familiare.<br />

Poi per lunghi anni ci siamo<br />

perse di vista; ti ritrovai a Gorizia<br />

nel 1983 in occasione dell’ingresso<br />

nella nostra Diocesi dell’Arcivescovo<br />

Padre Antonio Vitale Bommarco<br />

tuo fratello. Era il 6 febbraio,<br />

una fredda giornata d’inverno<br />

spruzzata dalla neve. Come fui<br />

contenta di rivederti! Da allora rial-<br />

lacciammo il nostro rapporto che<br />

continuò ininterrotto sino al tuo<br />

ritorno a Trieste.<br />

Venni spesso a trovarti in Arcivescovado<br />

e qualche volta incontrai<br />

anche Gianna; nel tiepido tepore<br />

del caminetto acceso trascorremmo<br />

insieme tante ore liete, ricordando<br />

Cherso, gli amici e le<br />

persone care. Tu eri per me un<br />

punto di riferimento, mi sembrava<br />

di non essere più lontana da<br />

Cherso di cui tu avevi sempre le<br />

notizie più recenti. Voglio ricordare<br />

la tua grande disponibilità, la tua<br />

instancabile operosità, la tua vita<br />

ben spesa, non solo a favore dei<br />

tuoi familiari ma di tutti coloro che<br />

a te si rivolgevano.<br />

Sotto un’apparente “scorza rude”,<br />

in te si celava un animo gentile,<br />

generoso, sensibile.<br />

Ti ho voluto bene cara Maria,<br />

ed ho sempre avuto la sensazione<br />

di essere da te ricambiata; per<br />

questo ti dico grazie e per tutto<br />

quello che in questi anni da te ho<br />

appreso.<br />

Addio Maria, questa volta per<br />

sempre. Con affetto e con stima,<br />

Nives.<br />

Ricette nostrane per i Chersini sparsi per il mondo<br />

tradizionali, semplici, salutari, da non dimenticare!<br />

Sardele na savor<br />

Il “savor” è un antico metodo di conservazione del pesce che, così preparato e conservato<br />

in un luogo fresco, può durare anche una settimana<br />

Ingredienti:<br />

sarde, gr. 700 - olio per friggere quanto basta - un po’ di farina per infarinare il pesce - 2 spicchi d’aglio tritati - olio d’oliva,<br />

1 dl - aceto di vino, 1 dl - un po’ di rosmarino - sale e pepe quanto basta.<br />

Esecuzione:<br />

Squamare e togliere le interiora alle sarde poi lasciarle scolare su di un tagliere o asciugarle con una salvietta di<br />

carta. Mettere su fuoco moderato abbondante olio per friggere e, quando comincia a fumare, mettervi le sarde infarinate.<br />

Per infarinarle correttamente passare nella farina solo la quantità di pesce da mettere immediatamente nella<br />

padella (un’infarinatura troppo precoce diventa infatti molliccia e pregiudica il risultato) poi metterlo in un setaccio e<br />

scuoterlo per eliminare la farina in eccesso e distribuirla uniformemente sulla superficie delle sarde. Quando l’olio<br />

comincia a fumare immergervi le sarde infarinate e farle dorare da una parte e dall’altra. Appena cotte, toglierle dal<br />

fuoco con un mestolo forato ed appoggiarle su di un largo vassoio ricoperto di carta assorbente e lasciarle raffreddare.<br />

Mentre il pesce si raffredda, mettere sul fuoco una padella con l’olio d’oliva e farvi rosolare leggermente l’aglio<br />

tritato. Infine disporre le sarde fritte e fredde, a strati, in un recipiente adeguato - oggi si può usare il pyrex - Condire<br />

ogni strato con l’aglio tritato, sale, pepe e rametti di rosmarino e versare sul tutto l’olio in cui è stato rosolato l’aglio e<br />

l’aceto in modo da ricoprire completamente il pesce. Coprire il recipiente e metterlo da parte per almeno 24 ore prima<br />

di consumarlo, freddo, come antipasto o come pietanza. Questa preparazione è adatta anche ad altri tipi di pesce di<br />

piccolo taglio o a filetti di pesce più grande.


<strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

<strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong><br />

GRAZIE PER I VOSTRI CONTRIBUTI<br />

Conto Corrente Postale: 11338340 - Intestato a: Associazione Francesco Patrizio<br />

della <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> - Via Giulia, 70 - 34126 Trieste<br />

Agostini Claudio ..........................................per amicizia....................................................................e 25,00<br />

Bacchia Giuseppina ....................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Bacchia Maria ..............................................in memoria di Domenico Pugiotto..................................e 20,00<br />

Badano Viviana............................................in memoria dei propri defunti ........................................e 30,00<br />

Baldas Gianni ..............................................in memoria di Bon Andriza ............................................e 20,00<br />

Bellussi Adriana ..........................................pro stampa ....................................................................e 30,00<br />

Bertotto Vincenzo ........................................pro stampa ....................................................................e 30,00<br />

Bonich Bracco Fides....................................pro stampa ....................................................................e 10,00<br />

Borri Baici Graziella ....................................in memoria di Nino Baici dalle famiglie Baici<br />

di Genova e Monfalcone ................................................e 200,00<br />

Brunetti Tino ................................................pro stampa ....................................................................e 10,00<br />

Bunicci Domenico ........................................pro stampa ....................................................................e 50,00<br />

Bunicelli Perisa Letizia ................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Castellan Meri e Piero ................................pro stampa ....................................................................e 30,00<br />

Chersi Adriana ............................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Chersi Giovanna ........................................in memoria dei propri defunti ........................................e 50,00<br />

Chersi Giovanna ..........................................in ricordo dei genitori da Giannina, Mariuccia e Bice ....e 30,00<br />

Coglievina Marino ........................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Coglievina Nino ..........................................pro stampa ....................................................................e 25,00<br />

Colombis Giulia ..........................................in memoria di Fides Colombis Froglia............................e 25,00<br />

Colombis Giulia............................................in memoria di Valerio Savoj Colombis e<br />

Suor Giacoma Giorgia Colombis ..................................e 25,00<br />

Conte Ester..................................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Costerni Vescovi Mery ................................pro stampa ....................................................................e 25,00<br />

Cremini Silvio ..............................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Cremonesi Nelly ..........................................pro stampa ....................................................................e 10,00<br />

Crivellari Nives ............................................in memoria del fratello Matteo Crivellari ........................e 100,00<br />

Crivici Pasquale ..........................................pro stampa ....................................................................e 50,00<br />

Desco Suor Gaudenzia................................pro stampa ....................................................................e 30,00<br />

Diacci Giovanni ..........................................in memoria di Diacci Giovanni ......................................e 10,00<br />

Donaggio Antonio ........................................in memoria dei propri defunti ........................................e 50,00<br />

Federico Nevio ............................................pro stampa ....................................................................e 15,00<br />

Filippas Pugiotto Maria ................................pro stampa ....................................................................e 10,00<br />

Fillini Don Antonio........................................pro stampa ....................................................................e 50,00<br />

Fratelli Bommarco........................................per ricordare la sorella Maria ........................................e 200,00<br />

Fucci Miriam ................................................in memoria delle sorelle Gina,<br />

Valentina e marito Antonio ............................................e 50,00<br />

Fucci Miriam ................................................in memoria di Nives Borri e Maria Bommarco ..............e 30,00<br />

Fucich Elena ................................................pro stampa ....................................................................e 15,00<br />

Gatti Renato ................................................pro stampa ....................................................................e 50,00<br />

Grisan Anita ................................................in memoria di Etta Smundin Stella ................................e 20,00<br />

Grisan Cretella Annamaria ..........................per i propri cari ..............................................................e 50,00<br />

Ivassich Giovanni ........................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Juresich Marina............................................pro stampa ....................................................................e 25,00<br />

Kamalich Ferlora Giannina ..........................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Lodi Giovanni ..............................................in ricordo di Nicoletta Candelari ....................................e 25,00<br />

Lovrich Ivan di Puntacroce ..........................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Maver Antonio..............................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Medarich Giuseppe......................................in memoria della moglie Maria Jacuzzi..........................e 50,00<br />

Muscardin Antonio e Rina............................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Nardelli Fulvio ..............................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Pellegrini Paolo e Anna ..............................in memoria della mamma chersina................................e 20,00<br />

31


32 <strong>Comunità</strong> <strong>Chersina</strong> <strong>Novembre</strong> <strong>2003</strong> n. <strong>49</strong><br />

Russo Quaglia Mariella................................pro stampa ....................................................................e 25,00<br />

Sepcich Nena e Giorgio ..............................pro stampa ....................................................................e 100,00<br />

Sintich Maver Giovanna ..............................in memoria del marito Antonio ......................................e 20,00<br />

Sorelle Mitis ................................................in memoria dei loro defunti ............................................e 10,00<br />

Sorelle Sussich ............................................in memoria di Anna Surdich ..........................................e 50,00<br />

Stagni Mons, Giuseppe................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Stefani Antonio ............................................in memoria della moglie Rita ........................................e 60,00<br />

Stefani Giorgio ............................................in memoria della zia Iginia ............................................e 100,00<br />

Stefani Nives ..............................................in memoria della cognata Iginia ....................................e 100,00<br />

Sucich Liliana ..............................................pro stampa ....................................................................e 20,00<br />

Surdich Francesco ......................................pro stampa ....................................................................e 25,00<br />

Sussich Tiziani Loredana ............................in memoria di Maria Bommarco ....................................e 25,00<br />

Sussich Tiziani Loredana ............................in memoria di Antonio Sussich ......................................e 25,00<br />

Cacchioli Giuseppe e Antonia (Fornarich) ..........................................................................................$ Usa 20,00<br />

Ceglian Giovanni ................................................................................................................................$ Usa 100,00<br />

Coglievina Antonio & Emilia ................................................................................................................$ Usa 30,00<br />

Fatutta Elvina ..............................................in memoria di Nino e della mamma Ofelia Bacci ..........$ Usa 40,00<br />

Fermeglia Gildo e Laura......................................................................................................................$ Usa 30,00<br />

Filipas Antonio (Canada) ....................................................................................................................$ Usa 40,00<br />

Fornarich Negovettich Nina ........................per i miei 100 anni di esistenza ....................................$ Usa 100,00<br />

Galosich Vitich Laura ..........................................................................................................................$ Usa 30,00<br />

Juriano Maria,Tina e Rina, ..........................in memoria del fratello Antonio ......................................$ Usa 50,00<br />

Legaz John..........................................................................................................................................$ Usa 10,00<br />

Michicich Anton ..................................................................................................................................$ Usa 20,00<br />

Mocolo Carmela ..................................................................................................................................$ Usa 10,00<br />

Morin Maria ........................................................................................................................................$ Usa 20,00<br />

Muscardin Piero e Fernanda ..............................................................................................................$ Usa 20,00<br />

Negovetti Antonio ........................................in memoria di Rina Bradizza Fornarich..........................$ Usa 20,00<br />

Petrani Guido e Terry ..........................................................................................................................$ Usa 42,00<br />

Radoslovich Andrea ............................................................................................................................$ Usa 10,00<br />

Sabini Matteo e Vittoria ......................................................................................................................$ Usa 20,00<br />

Sablich Giorgio Sr. ..............................................................................................................................$ Usa 10,00<br />

Sablich George e Lina ........................................................................................................................$ Usa 10,00<br />

Sepcich Nick & Mary (Florida) ............................................................................................................$ Usa 20,00<br />

Suriani Valcich Etty..............................................................................................................................$ Usa 10,00<br />

Tentor Antony & Inge ..........................................................................................................................$ Usa 10,00<br />

Vala Rosario........................................................................................................................................$ Usa 30,00<br />

Verbora Giuseppe ..............................................................................................................................$ Usa 10,00<br />

Zorovich Nory & Jack ..........................................................................................................................$ Usa 20,00<br />

Missinich Anna ............................................pro stampa ....................................................................$ Usa 30,00<br />

Splendore Wanda ........................................pro stampa ....................................................................$ Usa 20,00<br />

Viti Nello ......................................................pro stampa ....................................................................$ Usa 500,00<br />

Sharp Elaine ................................................per ricordare Maria Bommarco ......................................$ Usa 50,00<br />

Apap Maria..........................................................................................................................................$ Aus. 20,00<br />

Battaia Giacomo ................................................................................................................................$ Aus. 30,00<br />

Bradizza Nello ....................................................................................................................................$ Aus. 20,00<br />

Carvin Giorgio ....................................................................................................................................$ Aus. 50,00<br />

Carvin Luigi ........................................................................................................................................$ Aus. 50,00<br />

Carvin Mary ........................................................................................................................................$ Aus. 50,00<br />

Marussi Antonio ..........................................pro stampa ....................................................................$ Aus. 50,00<br />

Marussich Nino e Serafina ..........................in memoria dei propri defunti ........................................$ Aus. 50,00<br />

Perovich Anna e Piero ........................................................................................................................$ Aus. 40,00<br />

Perovich Gino......................................................................................................................................$ Aus. 20,00<br />

Scarpin Pina........................................................................................................................................$ Aus. 30,00<br />

Spadoni Anna ............................................in memoria di Renato Spadoni ......................................$ Aus. 20,00<br />

Velcich Daniele....................................................................................................................................$ Aus. 20,00<br />

Velcich Daniele....................................................................................................................................$ Aus. 30,00


Fotografia di C. Ballarin. I celebranti con un gruppo di bambini di Cherso dopo la Santa Messa domenicale del 21 settembre.

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