i rapporti tra gli imputati - Misteri d'Italia
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- a questo punto la fonte aveva ormai deciso di palesarsi, e venne chiamato un magis<strong>tra</strong>to della Procura<br />
della Repubblica di Milano: era il 21 lu<strong>gli</strong>o 1995 e, come risulta dal verbale acquisito, in quella sede la<br />
teste ebbe qualche incertezza e non se la sentì di "mettere nero su bianco"; l'effettiva verbalizzazione<br />
delle notizie ebbe inizio solo il successivo 25 lu<strong>gli</strong>o;<br />
- a precisa domanda ("il nominativo della fonte Olbia non fu rivelato alla A.G. fino a quando l'Ariosto non<br />
diede questa disponibilità a sottoscrivere le dichiarazioni?") questa fu la risposta del teste:<br />
"Chiaramente, funziona così per tutte le fonti... "; l'affermazione, oltre che di per sé credibile e logica<br />
(posto che, per configurazione normativa ex art. 202 c.p.p., l'identità della fonte è nota solo a colui che<br />
ne racco<strong>gli</strong>e le informazioni) è anche, nel caso di specie, confermata dai documenti acquisiti ed in<br />
particolare dall'appunto in data 3 agosto 1995 del Capitano Martino, nel quale si dice che "sulla esistenza"<br />
della fonte e "su<strong>gli</strong> elementi confidati" (e, dunque, non della sua identità) era stata "verbalmente"<br />
informata l'A.G.; anche su questo punto, il con<strong>tra</strong>rio ricordo del Colonnello Falomi non è esatto.<br />
In presenza di questi dati di fatto e non dimenticando che la buona fede de<strong>gli</strong> inquirenti (così come la non<br />
colpevolezza de<strong>gli</strong> <strong>imputati</strong>) è sempre presunta, davvero il Tribunale non vede come si possa sostenere la<br />
tesi difensiva più volte richiamata, totalmente priva di un benché minimo fondamento, prima di tutto sul<br />
piano storico.<br />
Nella primavera del 1995, en<strong>tra</strong>ta in <strong>rapporti</strong> con Guardia di Finanza in relazione ad una specifica vicenda<br />
patrimoniale, Stefania Ariosto ha accennato a<strong>gli</strong> operanti di essere a conoscenza di gravi fatti di reato,<br />
chiarendo però di non essere disposta a formalizzare il tutto. Lineare, e conforme ai doveri della Polizia<br />
Giudiziaria, l'averle prospettato l'eventualità (del tutto legittima, siccome disciplinata dalla legge e regolata<br />
da specifiche procedure de<strong>gli</strong> organi di investigazione, che, come è noto, ne fanno un larghissimo uso) di<br />
poter esporre tali notizie senza che la sua identità venisse palesata, ossia in veste di "informatore".<br />
Il <strong>tra</strong>scorrere dei mesi, sino alla fine di giugno, era servito ai suoi interlocutori per "studiarla" e poterne<br />
apprezzare il grado di attendibilità, oltre che per attendere se le generiche affermazioni relative a <strong>rapporti</strong> fra<br />
Tizio e Caio si condensassero intorno a fatti più concreti, sui quali eventualmente impostare una profìcua<br />
attività di indagine.<br />
Nel mese di lu<strong>gli</strong>o (anche a seguito dell'uscita di un articolo giornalistico - acquisito a<strong>gli</strong> atti - pubblicato sul<br />
quotidiano "II Giorno", che descriveva in modo assai "pungente" la teste) Stefania Ariosto aveva infine<br />
maturato la decisione di uscire dall'anonimato, presentandosi al Pubblico Ministero. Nessun mistero, nessun<br />
complotto, nessuna "gestione" illecita, bensì solo un periodo nel quale - come la Polizia Giudiziaria fa con<br />
qualunque fonte confidenziale - l'identità dell'informatore era nota solo a coloro che con lui (anzi, con lei)<br />
in<strong>tra</strong>ttenevano il rapporto, per l'appunto, "confidenziale". A ben vedere, le gravissime e ripetute asserzioni di<br />
una "preparazione" della testimonianza Ariosto nelle segrete stanze ad opera de<strong>gli</strong> inquirenti manca anche di<br />
qualsiasi barlume di supporto logico: su questo punto, invero, i difensori e <strong>gli</strong> <strong>imputati</strong> hanno levato alti lai,<br />
senza però mai dire, con precisione, come potesse essere avvenuta questa "preparazione".<br />
Se è vero, come questa sentenza dimos<strong>tra</strong> ampiamente, che i gravissimi elementi indiziari a carico de<strong>gli</strong><br />
<strong>imputati</strong> sono emersi a seguito delle richieste rogatoriali e delle altre indagini tecniche, tutte inizialmente<br />
svolte proprio allo scopo di verificare le accuse dell'Ariosto, allora il Tribunale non comprende in cosa sia<br />
consistita questa attività preparatoria, salvo pensare che <strong>gli</strong> inquirenti abbiano "suggerito" alla teste di<br />
parlare dei <strong>rapporti</strong> <strong>tra</strong> Previti, Pacifico e Squillante sperando che le (future) indagini bancarie all'estero<br />
potessero mos<strong>tra</strong>re lo scenario che poi hanno mos<strong>tra</strong>to.<br />
Ed ancora, se la testimonianza era stata preconfezionata, <strong>gli</strong> inquirenti avrebbero forse pensato di evitare<br />
alla Ariosto di incorrere in qualche errore, del tipo di quelli relativi al quadro del dottor Mele o alle presenze<br />
al Casinò di Rosario Priore.<br />
E comunque, come già si diceva, restano in quest'ottica insuperabili e granitici (oltre che assolutamente non<br />
"controllabili" da<strong>gli</strong> inquirenti) <strong>gli</strong> elementi, dei quali già s'è detto, desumibili dalle testimonianze di Giorgio<br />
Casoli e Vittorio Dotti, tanto per citarne solo alcuni.<br />
Qualche parola sui motivi che hanno spinto l'Ariosto a rendere testimonianza, posto che, come ben si<br />
comprende, ogni (pretesa) calunnia che si rispetti deve per forza avere un movente. La fervida fantasia dei<br />
difensori e de<strong>gli</strong> <strong>imputati</strong> ne ha gettato sul tappeto più d'uno, anche in modo con<strong>tra</strong>ddittorio: si è parlato di<br />
un interesse politico in capo ad alcuni magis<strong>tra</strong>ti del Pubblico Ministero (ma su questo il Tribunale non<br />
intende fare alcun commento); si è alluso a vendette personali della teste nei confronti della Fininvest per il<br />
mancato risarcimento di un danno da parte di una società assicuratrice legata al gruppo; si è fatto esplicito<br />
riferimento alle condizioni patrimoniali della donna ed alla sua esposizione debitoria, secondo la difesa