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i rapporti tra gli imputati - Misteri d'Italia

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"rivelazione" non l'aveva affatto stupito, perché aveva già sentito parlare di ciò ("... mi spiace dirlo... non<br />

vo<strong>gli</strong>o essere offensivo nei confronti di Previti... ma è la verità..." ) che era una voce corrente nell'ambiente.<br />

Negava che la donna <strong>gli</strong> avesse riferito circostanze più specifiche, affrettandosi a precisare che "i due fatti"<br />

del Circolo Canottieri e del tavolino li aveva appresi successivamente, leggendoli sui giornali.<br />

Il Pubblico Ministero contestava però una differente dichiarazione resa in sede di indagini (in data 8 marzo<br />

1996), laddove alla domanda "le indicò, <strong>tra</strong> i magis<strong>tra</strong>ti destinatari di somme di denaro da parte di Previti,<br />

Renato Squillante?" aveva dato la seguente risposta: "II nome di Squillante fu fatto con riferimento a Previti<br />

in termini allusivi e non di detta<strong>gli</strong>o. Del resto, nel linguaggio colloquiale e confidenziale non c'è bisogno,<br />

perché si comprenda, dei detta<strong>gli</strong> tipici di una deposizione giudiziaria". Proseguiva il Pubblico Ministero:<br />

"Lei dal contenuto del colloquio cosa ha capito?", e la risposta è stata: "Capii che, secondo Stefania Ariosto,<br />

Squillante sarebbe stato destinatario di denaro da parte di Cesare Previti. Ovviamente io non sono a<br />

conoscenza diretta dei fatti, ma solo per averli appresi da Stefania Ariosto, e non sono quindi in condizioni<br />

di esprimere nessun giudizio sulla loro veridicità o meno".<br />

A fronte della contestazione, il teste ha confermato: "... il senso delle comunicazioni dell'Ariosto era proprio<br />

questo". Con tutte la precisazioni, la prudente presa di distanza, l'evidente imbarazzo, le scuse all'imputato,<br />

il riferimento minimizzante alle "voci correnti", la pudica scelta della terminologia, le espressioni<br />

impersonali ("il nome di Squillante FU FATTO..."), la sostanza della dichiarazioni del teste è, in fin dei<br />

conti, che la fidanzata <strong>gli</strong> aveva riferito, in epoca di molto precedente, dei <strong>rapporti</strong> illeciti di Previti con i<br />

giudici, ed in particolare con Renato Squillante.<br />

Più detta<strong>gli</strong>ata la descrizione del contesto del discorso che aveva portato Stefania, per analogia, a far<strong>gli</strong><br />

quelle confidenze: ella aveva chiesto a Previti, dati i suoi ottimi <strong>rapporti</strong> con i vertici di importanti banche,<br />

di intervenire in suo aiuto in merito ad un finanziamento per la realizzazione di un complesso edilizio con<br />

campo da golf; poiché per la realizzazione di tale impianto sportivo occorrevano autorizzazioni regionali, <strong>gli</strong><br />

aveva anche chiesto come muoversi nei <strong>rapporti</strong> con la pubblica amminis<strong>tra</strong>zione, ed in particolare con<br />

l'assessore regionale all'ambiente Ricotti. Previti, per tutta risposta, le aveva consi<strong>gli</strong>ato: "fai come me,<br />

portaje 'na borza de sordi... ". Così si era espressa la donna raccontando<strong>gli</strong> il fatto, proprio imitando la<br />

parlata di Cesare Previti; <strong>gli</strong> aveva anche detto che era stato tentato un contatto con l'assessore, col quale<br />

l'Ariosto, provando un po'di vergogna, aveva evitato di affrontare un discorso esplicito, consegnando<strong>gli</strong> un<br />

bi<strong>gli</strong>etto nel quale era scritto, più o meno: "come avvocato Previti". Dotti concludeva di non averne saputo<br />

più niente, se non che il progetto era stato abbandonato.<br />

Il racconto del teste corrisponde, persino nei detta<strong>gli</strong>, con quanto dalla Ariosto dichiarato sin dall'epoca<br />

dell'incidente probatorio: ed ecco un'al<strong>tra</strong> conferma - sia pure su un episodio avulso dal processo e perciò<br />

marginale - delle dichiarazioni della Ariosto. Per chiudere con il non facile (per lui) contributo probatorio di<br />

Vittorio Dotti, occorre ricordare un episodio, avvenuto nei primi giorni dell'agosto del 1995, quando la teste<br />

aveva da pochi giorni iniziato a rendere dichiarazioni avanti il Pubblico Ministero. Poteva essere il giorno 8<br />

(o 9) agosto, e Dotti era appena partito per una vacanza in barca con la fidanzata, quando la propria<br />

segretaria lo aveva avvisato di una chiamata da parte di Gianni Letta, il quale lo informava a sua volta che<br />

Silvio Berlusconi aveva necessità di parlar<strong>gli</strong>. Berlusconi era in partenza per le Bermuda, ma Dotti era<br />

riuscito a rin<strong>tra</strong>cciarlo da un telefono della Capitaneria di Porto; il suo interlocutore <strong>gli</strong> aveva chiesto se<br />

fosse vero che "Stefania aveva la scorta"; Dotti aveva risposto affermativamente, spiegando<strong>gli</strong> che ciò era<br />

dovuto, secondo il racconto fatto<strong>gli</strong> dalla donna, a minacce ricevute presumibilmente dall'ambiente dei<br />

"cambisti" con i quali Stefania, a causa del vizio del gioco al casinò, si era fortemente indebitata. Berlusconi<br />

<strong>gli</strong> aveva però posto una domanda specifica: "Ma non è che Stefania sta dicendo cose sul gruppo?". La<br />

domanda l'aveva colto di sorpresa e, di più, l'aveva proprio stupito, visto che, per abitudine, e<strong>gli</strong>, in generale,<br />

evitava di parlare del proprio lavoro, tanto più con la fidanzata, della quale non si fidava granché,<br />

ritenendola una che "parlava troppo"; aveva perciò rassicurato Berlusconi, proprio argomentando sul fatto<br />

che la donna non avrebbe potuto dire nulla sul gruppo, perché del gruppo nulla sapeva. Dotti aggiungeva in<br />

dibattimento che, allorquando l'aveva raggiunta ne<strong>gli</strong> uffici del Nucleo Regionale mentre l'Ariosto si<br />

apprestava a sottoscrivere il verbale di dichiarazioni avanti il Pubblico Ministero, ella l'aveva ulteriormente<br />

rassicurato sul punto, dicendo<strong>gli</strong>: "stai <strong>tra</strong>nquillo, il tuo Berlusconi non l'ho toccato".<br />

Un episodio che conferma, qualora ve ne fosse ancora il bisogno, la situazione - che solo un eufemismo può<br />

consentire di definire imbarazzante - in cui Vittorio Dotti si è dibattuto, sia nel corso delle indagini, sia -<br />

nonostante il tempo <strong>tra</strong>scorso - in sede di deposizione dibattimentale, e che è idoneo ad illuminare ed a far<br />

comprendere il tono complessivo delle sue dichiarazioni, certo non indulgenti, ne semplicemente<br />

compiacenti, nei confronti di colei che (pur fra alti e bassi ai quali il teste ha, forse poco elegantemente,<br />

alluso) era stata per anni la compagna della sua vita.

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