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i rapporti tra gli imputati - Misteri d'Italia

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Dunque anche nell'episodio Corda, come nella vicenda Berlinguer, si regis<strong>tra</strong> un perfetto coordinamento<br />

delle comunicazione <strong>tra</strong> <strong>gli</strong> <strong>imputati</strong>, che, anche in questo caso, si intensificano e divengono totali (ossia<br />

coinvolgendoli tutti, nessuno escluso) in concomitanza con eventi assolutamente cruciali per la causa, come<br />

quello ora esaminato, in cui attendeva di racco<strong>gli</strong>ere i frutti della massiccia azione informativa messa in atto<br />

da tempo sui giudici della Corte di cassazione, giungendo all'esito più confacente, in questo momento, a<strong>gli</strong><br />

interessi della parte Rovelli, "l'eliminazione" dal processo di un giudice che aveva rappresentato un ostacolo<br />

(forse l'ultimo) verso l'acquisizione della autorità di giudicato alla sentenza frutto di patto corruttivo, quella<br />

estesa (rectius, sottoscritta) da Vittorio Metta.<br />

CONCLUSIONI<br />

Dopo avere analizzato nel detta<strong>gli</strong>o tutta l'imponente mole delle risultanze processuali relative ai <strong>rapporti</strong> <strong>tra</strong><br />

<strong>gli</strong> <strong>imputati</strong> - partendo dalle loro stesse dichiarazioni, passando at<strong>tra</strong>verso i tabulati telefonici e le agende - è<br />

giunto momento di raggruppare tutte le conclusioni che si sono andate via via formulando, potendo, ora,<br />

dare una risposta all'interrogativo formulato all'esordio del capitolo, allorquando ci si era soffermati sui toni<br />

e sui contenuti della lettera che Angelo Rovelli inviò al fi<strong>gli</strong>o all'indomani della sentenza della Corte<br />

d'Appello di Roma in ordine alla causa Imi-Sir, emessa da un collegio nel quale era relatore il Consi<strong>gli</strong>ere<br />

Vittorio Metta. Non senza, però, avere ripreso e ricordato le osservazioni svolte a proposito di alcuni<br />

particolarissimi "documenti", la maggior parte dei quali rinvenuti e seques<strong>tra</strong>ti nel corso della perquisizione<br />

svolta presso lo studio legale dell'avvocato Attilio Pacifico, in Roma, ed uno, consistente in due smilze<br />

paginette dattiloscritte, prodotto da Giovanni Acampora nel corso di un interrogatorio reso nel lontano 1996.<br />

Si <strong>tra</strong>tta, dunque, di documenti che si trovano a<strong>gli</strong> atti da anni, fin dalle battute iniziali delle indagini<br />

preliminari; e tuttavia, su di essi il dibattimento non si è mai soffermato, anche perché Metta, Rovelli e<br />

Battistella non hanno reso l'esame e Acampora non ha inteso rispondere a domande sulla vicenda Imi-Sir per<br />

la quale è stato giudicato separatamente; quando se ne è parlato (cfr. esame Pacifico), lo si è fatto<br />

tangenzialmente, considerandoli le parti, tutti unitariamente alla stregua di atti del procedimento civile, come<br />

se fossero copie di atti di parte, copie di memorie, copie di ordinanze, copie di sentenze.<br />

Ma non era così.<br />

Certo, Pacifico aveva veramente presso il suo studio parecchie copie de<strong>gli</strong> atti di causa, così come li aveva<br />

Acampora, il quale, insieme all'appunto poc'anzi citato, aveva prodotto una bozza ed una versione<br />

"definitiva" dell'atto di citazione in riassunzione depositato dai legali di Nino Rovelli dopo il primo<br />

annullamento in Corte di cassazione della sentenza sull'an debeatur. Ma en<strong>tra</strong>mbi erano custodi e depositari<br />

di ben altri documenti, scritti su carta semplice, non recante l'intestazione di questo o quello studio legale,<br />

senza il sigillo della Repubblica Italiana che compare sulle intestazioni delle ordinanze o delle sentenze,<br />

fìnanco senza una sigla o una firma.<br />

A questo punto si potrebbe pensare ciò che ha tentato di sostenere Acampora nel già citato interrogatorio:<br />

Nino Rovelli (perché è di quel periodo che si <strong>tra</strong>tta) aveva i suoi avvocati, illustri professori e luminari del<br />

diritto, e tuttavia, da uomo tutto proteso verso l'affermazione dei propri diritti, che riteneva violati, aveva<br />

inteso, con discrezione, consultare altri professionisti e farsi consi<strong>gli</strong>are da loro. In modo occulto, però, per<br />

non urtare la sensibilità dei suoi avvocati "storici", che lo avevano da sempre seguito nei burrascosi <strong>rapporti</strong><br />

con l'IMI e con il "costituendo" consorzio.<br />

Nulla di illecito dunque, neppure la sostanziosissima "parcella", aleatoriamente agganciata all'esito della<br />

causa, che poi si rivelò multimiliardaria.<br />

Ma, come si è visto, non è così.<br />

Come si è già ampiamente dimos<strong>tra</strong>to anche mediante la riproduzione del "testo a fronte", i documenti dei<br />

quali si parla, ad una attenta lettura, si sono rivelati, nei toni, nella terminologia, nella impostazione, ben<br />

diversi da pareri, consi<strong>gli</strong>, critiche o suggerimenti sulle argomentazioni da utilizzare o sui percorsi da seguire<br />

per sostenere al me<strong>gli</strong>o le ragioni della SIR e del suo creatore: erano bozze di consulenza tecnica d'ufficio<br />

per la valutazone della SIR; erano riflessioni sulla opportunità che il risarcimento riconosciuto in primo<br />

grado venisse ridotto in appello "per ragioni di immagine", infine, erano le linee guida della sentenza estesa<br />

da Vittorio Metta sia nella parte sull'an che nella parte sul quantum debeatur, dall'imputato massicciamente<br />

riprese (con qualche mi<strong>gli</strong>oramento stilistico) nella stesura della motivazione.<br />

E ciò, è appena il caso di ripeterlo, chiude e sigilla ermeticamente un cerchio che era già chiuso sulla base di<br />

tutti <strong>gli</strong> altri elementi, che qui si vo<strong>gli</strong>ono solo ricordare a volo d'uccello: l'esistenza di una struttura esterna<br />

dotata di notevoli capacità informative - un dipendente della Corte di cassazione telefonava a Pacifico quasi<br />

quotidianamente, per informarlo della composizione del collegio giudicante e poi, per dir<strong>gli</strong> che "non c'erano

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