i rapporti tra gli imputati - Misteri d'Italia
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Anche il diretto interessato (cfr. udienza 16 marzo 2001) confermava, precisando che, con il provvedimento<br />
di nomina del Consi<strong>gli</strong>o Superiore della Magis<strong>tra</strong>tura, e<strong>gli</strong> era stato, come sempre accade, esonerato dal<br />
lavoro giudiziario sin dal maggio del 1993; ciò dunque, aveva reso necessaria la sua sostituzione.<br />
Grazie alle risultanze dei tabulati telefonici, è stato altresì possibile identificare l'autore della comunicazione<br />
relativa al collegio, annotata sull'agenda di Pacifico: si <strong>tra</strong>tta di Salvatore Castello, cancelliere all'epoca in<br />
servizio presso la Corte d'appello di Roma, e<strong>gli</strong>, già sottoposto ad indagini per i medesimi fatti (e dunque<br />
esaminato ai sensi del- l'art.210 c.p.p. all'udienza del 12 febbraio 2002) ha ammesso - e del resto i citati<br />
tabulati erano assai eloquenti - di avere in<strong>tra</strong>ttenuto un rapporto alquanto stretto con l'avvocato Pacifico, che<br />
aveva anche incaricato di seguire proprie personali vicende legali.<br />
Specificamente interrogato in ordine alla citata annotazione, il Castello affermava di non ricordare alcunché,<br />
ma di non escludere di avere fornito questa indicazione per cortesia nei confronti di Pacifico, visto che si<br />
<strong>tra</strong>ttava di informazioni pubbliche ed accessibili a chiunque ne avesse interesse.<br />
Sempre alla stregua delle risultanze dei tabulati telefonici, dichiarava di avere <strong>rapporti</strong> anche con lo studio<br />
di Cesare Previti, ed in particolare con il collaboratore Marco Iannilli.<br />
Dunque, anche dopo che la sentenza firmata da Vittorio Metta era divenuta irrevocabile - ma, è appena il<br />
caso di notare, prima che l'IMI vi desse esecuzione, pagando ai Rovelli la somma di quasi mille miliardi di<br />
lire - Attilio Pacifico si attiva per seguire, passo dopo passo, <strong>gli</strong> sviluppi della causa che, per lui, valeva<br />
oramai trenta miliardi di lire e altrettanto valeva per <strong>gli</strong> amici Previti e Acampora.<br />
Tornando al punto, per allontanare da<strong>gli</strong> <strong>imputati</strong> la paternità dell'episodio relativo alla astensione di Mario<br />
Corda, occorrerebbe dare dignità logica - prima ancora che di convergenza con <strong>gli</strong> altri indizi - ad una<br />
ipotesi che di logico non avrebbe alcunché, immaginando una persona, diversa da Felice Rovelli e da questi<br />
assolutamente indipendente, che fosse tuttavia tanto interessata ad un esito della causa in favore della SIR al<br />
punto da attivarsi per ottenere notizie su<strong>gli</strong> "orientamenti" dei giudici e, avutele, le abbia utilizzate nel modo<br />
che sappiamo. Tutto ciò dopo che lo stesso Rovelli aveva tentato di influire su uno dei componenti del<br />
collegio precedentemente costituito e mentre costui, con le modalità che si sono sopra analizzate, si<br />
assicurava un costante monitoraggio sui nominativi de<strong>gli</strong> attuali giudici.<br />
L'assurdità di una simile ipotesi non ha neppure bisogno d'essere dimos<strong>tra</strong>ta, tant'è che neppure le difese vi si<br />
sono avventurate, proponendo invece uno scenario in cui uno de<strong>gli</strong> anonimi (ma non il secondo, rimasto<br />
senza spiegazione) <strong>tra</strong>eva origine da una irritazione ed un malcontento tutti interni alla ristretta cerchia del<br />
collegio giudicante. Ebbene: miseramente fallito questo tentativo della difesa di annullare la portata<br />
indiziaria della vicenda, scaricandone per intero il peso sul defunto giudice Ruggiero, rimane sul tappeto una<br />
sola conclusione compatibile con lo sviluppo storico della vicenda e con i dati documentali: le manovre che<br />
hanno condotto all'uscita dal processo del giudice Corda sono da ascrivere all'attività occulta de<strong>gli</strong> <strong>imputati</strong>,<br />
in nome e per conto della fami<strong>gli</strong>a Rovelli, con il concorso di altri appartenenti alla amminis<strong>tra</strong>zione<br />
giudiziaria, rimasti ignoti, che hanno violato i doveri del proprio ufficio nell'interesse di una delle due parti<br />
in causa.<br />
Come si dimostrerà a tempo debito, dalla seconda provvista Rovelli - per intenderci, quella finale, con la<br />
quale la parte vittoriosa nella causa salderà il debito a suo tempo con<strong>tra</strong>tto da Nino Rovelli con i tre avvocati<br />
- mancano parecchi denari, prelevati in contanti, dei quali si sono perdute le <strong>tra</strong>cce: denari certamente<br />
utilizzati anche per remunerare coloro i quali, con le condotte che si sono analizzate, hanno determinato<br />
l'esito della vertenza giudiziaria. Resta ora da verificare - per dare compiuta chiusura al quadro indiziario di<br />
questo frammento della lunga attività di corruzione - se, in contemporanea con il "filo diretto" <strong>tra</strong> Pacifico e<br />
Meccariello, i tabulati telefonici e le agende dell'onnipresente Attilio Pacifico registrino un intensificarsi dei<br />
contatti fra <strong>gli</strong> attuali <strong>imputati</strong> paragonabile a quello riscon<strong>tra</strong>to nei giorni dell'episodio Berlinguer.<br />
La risposta è decisamente positiva ed induce ad una prima, semplice riflessione: come si è già detto nella<br />
parte relativa ai <strong>rapporti</strong> fra <strong>gli</strong> <strong>imputati</strong> in generale, sia coloro che, nella ipotesi accusatoria, assumono la<br />
veste di intermediari della attività corruttiva, sia i giudici, hanno in sostanza sempre sostenuto - nelle<br />
differenti posizioni processuali -l'autonomia del rapporto con ciascuno de<strong>gli</strong> altri: in altre parole, Previti,<br />
Pacifico ed Acampora, pur ammettendo ciascuno stretti legami con <strong>gli</strong> altri, hanno sempre negato di essere<br />
reciprocamente a conoscenza dei <strong>rapporti</strong> di debito-credito che li legavano, tutti in via squisitamente<br />
personale, al defunto Nino Rovelli e, per sue disposizioni sul letto di morte, ai suoi eredi. Allo stesso modo,<br />
Squillante, pur legatissimo a Previti e Pacifico, dice di non avere mai parlato con costoro dei suoi <strong>rapporti</strong><br />
con Felice (ma sull'agenda di Pacifico il 9 lu<strong>gli</strong>o 1993, compaiono in successione, queste annotazioni:<br />
"18.10 Rovelli" "X Renato-Rovelli numero macchina e albergo") e viceversa. Vittorio Metta, che su questo<br />
tema come su altri decisivi nel processo, è stato avaro di dichiarazioni, nelle proprie scarne ricostruzioni ha