i rapporti tra gli imputati - Misteri d'Italia

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20.05.2013 Views

Ad esplicita domanda della difesa, che gli chiedeva se avesse tratto in qualche modo l'impressione che Squillante volesse favorire la parte Rovelli, il teste così rispondeva: "Lo escludo nella maniera più assoluta. Non ci sarebbero stati più di un colloquio". Infine, il teste precisava che non aveva più seguito il procedimento in quanto era stato collocato "fuori ruolo", essendo stato chiamato dal professore Mezzanotte (già difensore della SIR nell'incidente di legittimità costituzionale sollevato in fase di Cassazione) quale proprio assistente alla Corte Costituzionale, incarico che ancora ricopriva al momento del suo esame dibattimentale. Nel corso del proprio esame dibattimentale, Renato Squillante minimizzava i propri contatti con il giudice Rotundo in relazione al procedimento penale nato su denuncia IMI: "... questa cosa me la ricordo perché me n'è venuto a parlare Vincenzo Rotundo, però io ricordo soltanto che evidentemente me ne ha parlato perché si era visto accolto il ricorso contrario da parte della Cassazione sulla sollecitazione alla stessa Cassazione da parte del Pubblico Ministero. Però dopo che tutto questo era avvenuto, mai dico mai Rotundo a me ha parlato prima di questa decisione. Se è venuto da me, e mi ricordo che effettivamente mi fece un discorso di questo genere, tutto ciò deve essere avvenuto nel tempo successivo alla sua archiviazione quando, accolto il ricorso del Pubblico Ministero avverso la sua archiviazione dalla Cassazione, gli atti furono restituiti e dunque finirono all'altro GIP abbinato, secondo le regole prefissate". Alla domanda della difesa Rovelli, intesa a sapere se i Rovelli (o chi per loro) gli avessero mai chiesto di interessarsi a questo fascicolo, l'imputato rispondeva in questo modo: "Assolutamente no, avvocato, non lo sapevo manco io... Ma mai nella vita! Mai nella vita!". E'opinione del Tribunale che dalla vicenda in esame (nella sua assoluta ed eclatante peculiarità) non si possano trarre le considerazioni favorevoli all'imputato auspicate dalla difesa: sul piano della "informazione" circa lo sviluppo del procedimento, Squillante non aveva alcun bisogno di porre in essere condotte attive (anche se il teste non è stato precisissimo sulla domanda relativa alla iniziativa dei colloqui tecnici con il dirigente) visto che era lo stesso giudice incaricato che lo teneva informato sui problemi da affrontare e, soprattutto, sui propri orientamenti. In particolare, l'imputato (e la sua negazione sul punto non va oltre la dichiarazione meramente difensiva) era stato informato in anticipo sul fatto che il giudice propendesse per la soluzione della infondatezza della notizia di reato, ossia quella di fatto più funzionale agli interessi della parte Rovelli. Di certo, Squillante non ebbe ad esprimere perplessità (perché il teste non le ha riferite) sul vero problema tecnico, ossia sulla possibilità per il GIP di pronunziare decreto di archiviazione con formula diversa da quella oggetto della richiesta del PM; perplessità che forse avrebbero avuto un certo fondamento se si considera il fatto che - a differenza di quanto ha affermato il teste Rotundo, i cui ricordi, a questo punto, non appaiono freschissimi- le reiterate sentenze di annullamento da parte della Corte di legittimità (alle quali l'Ufficio GIP insisteva nel non uniformarsi) investivano proprio questo aspetto. Dunque, l'imputato, in un certo senso, non ha avuto neppure la necessità di esercitare la propria influenza, avendo di fronte a sé un giudice già ben orientato a pronunciarsi - con una soluzione tecnica in seguito reiteratamente giudicata illegittima dalla Corte di Cassazione - nel senso più favorevole alla famiglia Rovelli. Anzi, si può dire di più, poiché è oggettivo che sull'asse Pubblico Ministero - Giudice per le indagini preliminari - Corte di Cassazione si è sviluppato un "braccio di ferro" piuttosto inusuale, durato nel corso degli anni, francamente di portata tale (non tanto per l'importanza della vicenda sottostante, ma per il conflitto tra uffici) da non poter non essere presente, nelle sue varie fasi, a Squillante, soprattutto se, come sostenuto da Rotundo, fin dall'inizio vi fu coinvolto. Invero, ciò che rende la vicenda processuale peculiare non è il fatto che la Corte di Cassazione abbia considerato illegittima la prima decisione del G.I.P. (che ciò rientra nella normale dinamica processuale, a seguito di diverse interpretazioni delle norme) bensì il fatto che la stessa Corte, nelle sue successive pronunzie, abbia ripetutamente stigmatizzato il mancato uniformarsi del G.I.P. al principio di diritto impugnato, ufficio del G.I.P. che ha ribadito con pervicacia lo stesso orientamento "cassato" dalla Suprema Corte. Insomma, quasi un conflitto dell'Ufficio GIP con la Procura della Repubblica, da un lato, e con la Corte di Cassazione, dall'altro; una situazione talmente singolare da non potere essere sfuggita all'attenzione (e all'approvazione) del capo dell'Ufficio. IL COSIDDETTO "EPISODIO CORDA"

Come si è già visto trattando dello sviluppo della causa IMI - SIR, la Corte Costituzionale aveva dichiarato l'inammissibilità della questione sollevata in ordine all'art. 369 c.p.c., in sostanza rimettendo alla interpretazione della Suprema Corte la soluzione del quesito che le era stato devoluto. La causa era stata quindi riassunta avanti la Corte di Cassazione, con udienza fissata per il 16 marzo 1993; il collegio era presieduto dal dottor Mario Corda, e giudici erano i consiglieri Bibolini, Morelli, Borre e Ruggiero. Risulta altresì dagli atti che il Presidente designato aveva chiesto al Primo Presidente, Antonio Brancaccio, l'autorizzazione a rinviare la causa di qualche giorno, per esigenze legate alla prevedibile durata della discussione orale dei sedici ricorsi a ruolo per quella udienza; l'autorizzazione era stata concessa, con provvedimento del 24 febbraio 1993, e l'udienza rinviata al 25 marzo successivo. Nelle more, giungeva però alla Suprema Corte (indirizzata al Presidente Brancaccio ed a tutti i componenti del collegio giudicante, con timbro postale di spedizione in data 9 marzo 1993) una lettera anonima nella quale l'estensore, in sostanza, diceva di essere in possesso di un manoscritto del Presidente Corda nel quale questi invitava i giudici a modificare il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di deposito della procura speciale, e tutto ciò allo scopo di emettere una sentenza favorevole all'IMI. Il 18 marzo 1993 Mario Corda presentava al Primo Presidente dichiarazione di astensione, immediatamente accolta con provvedimento in calce in pari data, con il quale altresì si disponeva che la causa venisse trattata dal collegio precostituito, con la presidenza del dottor Ruggiero e la sostituzione del giudice astenuto con la dottoressa Milani. La trattazione del procedimento venne ulteriormente rinviata all'udienza del 27 mag-gio 1993, ed il presidente Ruggiero venne sostituito, su sua richiesta, con Giuseppe Salafia. A tale data la Corte assegnò la causa in decisione ma, prima del deposito della sentenza, era pervenuto un (ennesimo) esposto anonimo che recava in allegato l'originale della procura speciale del Presidente dell'IMI ai suoi difensori, strappata nel margine sinistro e tagliata all'angolo destro. Preso atto di questa rilevante novità il Presidente Salafia aveva riconvocato in camera di consiglio la Corte, che deliberava - con provvedimento in data 8 giugno, depositato in cancelleria il giorno successivo - di disporre la comparizione delle parti per il giorno 8 luglio. In data 14 luglio 1993 era depositata la sentenza con la quale la Suprema Corte definitivamente dichiarava inammissibile il ricorso dell'Istituto Mobiliare Italiano avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma in data 26 novembre 1990. In un così breve lasso temporale, dunque (dal marzo al giugno 1993), ben due a dir poco eclatanti anomalie colpiscono il già "tormentato" iter della causa IMI - Rovelli: un esposto anonimo induce il presidente Corda a presentare dichiarazione di astensione (subito accolta dal Primo Presidente) e, quando la causa era ormai passata in decisione, un ennesimo anonimo fa recapitare ai supremi giudici l'originale "mutilato" della procura speciale che non era risultata allegata al fascicolo. Il Tribunale, sulla base dei documenti acquisiti - in particolare i tabulati telefonici nonché le agende sequestrate presso lo studio dell'avvocato Pacifico - ritiene dimostrata anche quella frazione dell'ipotesi accusatoria che ascrive alle manovre illecite degli imputati gli eventi anomali ora riassunti, che hanno pesantemente influito sul corso della causa e sul suo esito finale. Si ricorderà che, nell'analizzare l'"episodio Berlinguer", il Collegio ne sottolineava la formidabile importanza anche quale chiave di lettura di avvenimenti successivi, che con il medesimo presentano marcatissime analogie, sul piano dei fatti e su quello delle risultanze probatorie: anche qui siamo di fronte ad un intervento esterno tendente a condizionare un giudice della causa (che viene addirittura "eliminato", così come "eliminato" era stato il Presidente Carlo Minniti), anche qui troviamo lettere anonime, anche qui spunta la figura di un "outsider" (in questo caso si tratta del collaboratore amministrativo della Corte di Cassazione, Nicola Meccariello); e, non ultimo, anche qui vi è un commento interno alla causa versante occulto degli eventi, rappresentato dai frenetici e più che significativi contatti tra gli imputati. La ricostruzione dei fatti non può che iniziare dal racconto dei protagonisti togati (purtroppo non tutti, poiché i consiglieri Borre e Ruggiero sono deceduti prima dell'inizio dell'attività di indagine) in definitiva le vittime di queste segrete manovre. Diamo subito la parola al Consigliere Morelli: "... l'impressione che ancora adesso conservo è... diciamo, di una certa manipolazione di cui eravamo stati fatti oggetto: in sostanza, questo Collegio pilotato da questa sostituzione; è ovvio che la sostituzione di un collega incide virtualmente sulla decisione, soprattutto quando si tratta di decisioni così sul filo del rasoio... non si può dire quale sarebbe stata la decisione... se non ci fosse stata quella sostituzione probabilmente avrebbe potuto anche essere diversa... il fatto che l'ordine

Come si è già visto <strong>tra</strong>ttando dello sviluppo della causa IMI - SIR, la Corte Costituzionale aveva dichiarato<br />

l'inammissibilità della questione sollevata in ordine all'art. 369 c.p.c., in sostanza rimettendo alla<br />

interpretazione della Suprema Corte la soluzione del quesito che le era stato devoluto. La causa era stata<br />

quindi riassunta avanti la Corte di Cassazione, con udienza fissata per il 16 marzo 1993; il collegio era<br />

presieduto dal dottor Mario Corda, e giudici erano i consi<strong>gli</strong>eri Bibolini, Morelli, Borre e Ruggiero. Risulta<br />

altresì da<strong>gli</strong> atti che il Presidente designato aveva chiesto al Primo Presidente, Antonio Brancaccio,<br />

l'autorizzazione a rinviare la causa di qualche giorno, per esigenze legate alla prevedibile durata della<br />

discussione orale dei sedici ricorsi a ruolo per quella udienza; l'autorizzazione era stata concessa, con<br />

provvedimento del 24 febbraio 1993, e l'udienza rinviata al 25 marzo successivo.<br />

Nelle more, giungeva però alla Suprema Corte (indirizzata al Presidente Brancaccio ed a tutti i componenti<br />

del collegio giudicante, con timbro postale di spedizione in data 9 marzo 1993) una lettera anonima nella<br />

quale l'estensore, in sostanza, diceva di essere in possesso di un manoscritto del Presidente Corda nel quale<br />

questi invitava i giudici a modificare il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di deposito della<br />

procura speciale, e tutto ciò allo scopo di emettere una sentenza favorevole all'IMI.<br />

Il 18 marzo 1993 Mario Corda presentava al Primo Presidente dichiarazione di astensione, immediatamente<br />

accolta con provvedimento in calce in pari data, con il quale altresì si disponeva che la causa venisse <strong>tra</strong>ttata<br />

dal collegio precostituito, con la presidenza del dottor Ruggiero e la sostituzione del giudice astenuto con la<br />

dottoressa Milani.<br />

La <strong>tra</strong>ttazione del procedimento venne ulteriormente rinviata all'udienza del 27 mag-gio 1993, ed il<br />

presidente Ruggiero venne sostituito, su sua richiesta, con Giuseppe Salafia.<br />

A tale data la Corte assegnò la causa in decisione ma, prima del deposito della sentenza, era pervenuto un<br />

(ennesimo) esposto anonimo che recava in allegato l'originale della procura speciale del Presidente dell'IMI<br />

ai suoi difensori, s<strong>tra</strong>ppata nel margine sinistro e ta<strong>gli</strong>ata all'angolo destro. Preso atto di questa rilevante<br />

novità il Presidente Salafia aveva riconvocato in camera di consi<strong>gli</strong>o la Corte, che deliberava - con<br />

provvedimento in data 8 giugno, depositato in cancelleria il giorno successivo - di disporre la comparizione<br />

delle parti per il giorno 8 lu<strong>gli</strong>o.<br />

In data 14 lu<strong>gli</strong>o 1993 era depositata la sentenza con la quale la Suprema Corte definitivamente dichiarava<br />

inammissibile il ricorso dell'Istituto Mobiliare Italiano avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma in<br />

data 26 novembre 1990.<br />

In un così breve lasso temporale, dunque (dal marzo al giugno 1993), ben due a dir poco eclatanti anomalie<br />

colpiscono il già "tormentato" iter della causa IMI - Rovelli: un esposto anonimo induce il presidente Corda<br />

a presentare dichiarazione di astensione (subito accolta dal Primo Presidente) e, quando la causa era ormai<br />

passata in decisione, un ennesimo anonimo fa recapitare ai supremi giudici l'originale "mutilato" della<br />

procura speciale che non era risultata allegata al fascicolo.<br />

Il Tribunale, sulla base dei documenti acquisiti - in particolare i tabulati telefonici nonché le agende<br />

seques<strong>tra</strong>te presso lo studio dell'avvocato Pacifico - ritiene dimos<strong>tra</strong>ta anche quella frazione dell'ipotesi<br />

accusatoria che ascrive alle manovre illecite de<strong>gli</strong> <strong>imputati</strong> <strong>gli</strong> eventi anomali ora riassunti, che hanno<br />

pesantemente influito sul corso della causa e sul suo esito finale.<br />

Si ricorderà che, nell'analizzare l'"episodio Berlinguer", il Collegio ne sottolineava la formidabile<br />

importanza anche quale chiave di lettura di avvenimenti successivi, che con il medesimo presentano<br />

marcatissime analogie, sul piano dei fatti e su quello delle risultanze probatorie: anche qui siamo di fronte ad<br />

un intervento esterno tendente a condizionare un giudice della causa (che viene addirittura "eliminato", così<br />

come "eliminato" era stato il Presidente Carlo Minniti), anche qui troviamo lettere anonime, anche qui<br />

spunta la figura di un "outsider" (in questo caso si <strong>tra</strong>tta del collaboratore amminis<strong>tra</strong>tivo della Corte di<br />

Cassazione, Nicola Meccariello); e, non ultimo, anche qui vi è un commento interno alla causa versante<br />

occulto de<strong>gli</strong> eventi, rappresentato dai frenetici e più che significativi contatti <strong>tra</strong> <strong>gli</strong> <strong>imputati</strong>.<br />

La ricostruzione dei fatti non può che iniziare dal racconto dei protagonisti togati (purtroppo non tutti,<br />

poiché i consi<strong>gli</strong>eri Borre e Ruggiero sono deceduti prima dell'inizio dell'attività di indagine) in definitiva le<br />

vittime di queste segrete manovre.<br />

Diamo subito la parola al Consi<strong>gli</strong>ere Morelli: "... l'impressione che ancora adesso conservo è... diciamo, di<br />

una certa manipolazione di cui eravamo stati fatti oggetto: in sostanza, questo Collegio pilotato da questa<br />

sostituzione; è ovvio che la sostituzione di un collega incide virtualmente sulla decisione, soprattutto quando<br />

si <strong>tra</strong>tta di decisioni così sul filo del rasoio... non si può dire quale sarebbe stata la decisione... se non ci<br />

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