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i rapporti tra gli imputati - Misteri d'Italia

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Ricostruendo in fatto <strong>gli</strong> accadimenti relativi alla sorte della denuncia presentata dall’IMI, dai documenti<br />

acquisiti (cfr. prod. PM, in faldone 28) si rileva quanto segue:<br />

- in data 24 aprile 1992 il dott. Pietro Giordano, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale<br />

di Roma, sulla scorta dell'attività di indagine svolta, chiedeva al Giudice per le indagini preliminari di<br />

voler disporre l'archiviazione del procedimento, iscritto per l'ipotesi di cui all'alt. 490 c.p., per essere<br />

rimasti ignoti <strong>gli</strong> autori del reato;<br />

- con decreto depositato il 13 lu<strong>gli</strong>o dello stesso anno il giudice dott. Vincenzo Rotundo disponeva, con<br />

procedura "de plano", l'archiviazione del procedimento, ma con la diversa formula dell'infondatezza<br />

della notizia di reato;<br />

- la persona offesa Luigi Arcuti proponeva, in data 23 lu<strong>gli</strong>o 1992, ricorso per cassazione avverso tale<br />

decreto (non si può fare a meno di notare come, per un curioso gioco del destino, l'atto di impugnazione<br />

nell'interesse dell'IMI sia stato depositato personalmente da uno dei difensori de<strong>gli</strong> odierni <strong>imputati</strong>);<br />

- la Corte di Cassazione, sezione V, con sentenza in data 1° aprile 1993, annullava con rinvio il decreto<br />

impugnato, affermando che "il g.i.p., a fronte di una richiesta di archiviazione per essere rimasti ignoti<br />

<strong>gli</strong> autori del reato denunciato non può disporne l'archiviazione per il titolo, affatto diverso,<br />

dell'infondatezza della notitia criminis, poiché, così operando, verrebbe a privare la persona offesa di<br />

quei diritti e garanzie processuali (facoltà di ottenere Ravviso della richiesta del PM, diritto di fare<br />

opposizione, proponendo investigazioni suppletive ed elementi di prova, diritto di partecipare<br />

all'udienza in camera di consi<strong>gli</strong>o, di presentare memorie in cancelleria e di essere sentita) previsti nel<br />

procedimento di archiviazione c.d. ordinario e non invece in quello contro ignoti";<br />

- tornato il fascicolo al G.I.P., questo lo <strong>tra</strong>smetteva al PM, perché provvedesse a<strong>gli</strong> incombenti di cui<br />

all'art. 408 c.p.p., ritenendoli in concreto applicabili;<br />

- non intendendo aderire a tale indicazione, il PM insisteva nella già formulata richiesta di archiviazione<br />

per essere rimasti ignoti <strong>gli</strong> autori del reato: il G.I.P. dichiarava inammissibile la richiesta e, di nuovo,<br />

<strong>tra</strong>smetteva <strong>gli</strong> atti al PM;<br />

- il Procuratore della Repubblica proponeva ulteriore ricorso per Cassazione, contestando l'illegittima<br />

regressione del procedimento;<br />

- con sentenza in data 26 dicembre 1993 la Corte di Cassazione, sezione V, annullava il provvedimento<br />

del Giudice per le indagini preliminari, con rinvio allo stesso giudice precisando che, dopo il precedente<br />

annullamento, "al GIP non restava che uniformarsi alla sentenza di annullamento per ciò che<br />

concerneva ogni questione di diritto con essa esplicitamente o implicitamente decisa";<br />

- il giorno 8 maggio 1995 il PM reiterava le richieste di archiviazione;<br />

- con decreto in data 13 maggio 1996 il G.I.P. nuovamente disponeva l'archiviazione del procedimento<br />

per infondatezza della notizia di reato;<br />

- avverso tale decreto proponeva ancora ricorso per Cassazione l'IMl e, con sentenza in data 6 febbraio<br />

1997, la Corte di Cassazione, ancora una volta, pronunciava annullamento con rinvio del decreto<br />

impugnato, con questa secca formulazione finale: "l'ordinanza impugnata va dunque annullata, con<br />

rinvio de<strong>gli</strong> atti al medesimo giudice, il quale, nel nuovo giudizio di rinvio, si atterrà anche al principio,<br />

già formulato e sin qui disatteso, secondo cui deve ritenersi inibito al GIP, investito di una richiesta di<br />

archiviazione per mancata individuazione de<strong>gli</strong> autori del reato, disporre l'archiviazione medesime per<br />

infondatezza della notizia di reato";<br />

- infine, la vicenda si chiudeva, sul versante romano, con la <strong>tra</strong>smissione de<strong>gli</strong> atti alla Procura della<br />

Repubblica di Milano, la quale aveva oramai iniziato le indagini - con la richiesta di applicazione di<br />

misure cautelari - a carico de<strong>gli</strong> attuali <strong>imputati</strong>.<br />

Esaminato come testimone, Vincenzo Rotundo, ossia il primo giudice che, nell'ambito dell'Ufficio diretto da<br />

Squillante ebbe ad occuparsi della vicenda, ha riferito (cfr. udienza 21 maggio 2001) che, data l'importanza<br />

del procedimento e la delicatezza della questione giuridica da affrontare - e<strong>gli</strong> infatti intendeva disporre<br />

l'archiviazione con formula diversa da quella chiesta dal PM- aveva avuto alcuni colloqui con il capo<br />

dell'Ufficio: "parlammo più di problemi tecnici, e una cosa ricordo, che con<strong>tra</strong>riamente poi a quello che io<br />

feci, nell'ipotesi in cui io avessi deciso per un'archiviazione per infondatezza, come io feci. Squillante<br />

consi<strong>gli</strong>ava, cosa di cui in un certo senso è stato il motivo della riforma poi della Cassazione, se non ricordo<br />

male, perché io poi non l'ho più seguito... e consi<strong>gli</strong>ava la camera di consi<strong>gli</strong>o, consi<strong>gli</strong>ava di fare la<br />

camera di consi<strong>gli</strong>o, cosa che io invece ritenni di non fare essendo... avendo già dato ampia possibilità alle<br />

parti... di interloquire a mio avviso pienamente".

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