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i rapporti tra gli imputati - Misteri d'Italia

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tentato di ammorbidire alcuni <strong>tra</strong>tti del racconto al chiaro scopo di minimizzare l'accaduto per alleggerire la<br />

loro posizione.<br />

Del resto, le premesse di questo atteggiamento sono en<strong>tra</strong>te nel processo sia per bocca dello stesso teste, sia<br />

per iniziativa della difesa. E' infatti documentato l'intervento, nel corso delle indagini, di persone es<strong>tra</strong>nee al<br />

fatto, ma comuni conoscenti di Berlinguer e Squillante (si <strong>tra</strong>tta del professor Dario Spallone) nei confronti<br />

delle quali il teste si è trovato in comprensibile imbarazzo, per avere accusato una persona tanto stimata,<br />

determinandone la sottoposizione a misura cautelare: ed ecco allora facilmente spiegati i tentativi maldestri<br />

di prendere le distanze da quanto all'epoca dichiarato, ricorrendo alla giustificazione (spesso evocata nei<br />

Tribunali) del modo incalzante in cui il Pubblico Ministero aveva condotto l'interrogatorio (e come poteva<br />

essere altrimenti, visti i dati emersi dalla acquisizione dei tabulati?), alla ammissione di avere detto<br />

"inesattezze", in conseguenza dello stress per le domande accusatene, alla promessa di "correggerle" in<br />

dibattimento, ristabilendo la verità. Insomma, il teste Berlinguer non ha il coraggio di un leone, e lo si è visto<br />

con chiarezza nel corso dell'esame dibattimentale, ove erano tangibili il suo imbarazzo e la sua difficoltà per<br />

essere "costretto" a dire la verità: dunque, come si diceva, pur mantenendo fermo il succo del racconto<br />

(l'essere stato invitato a prendere contatto con Simonetta Sotgiu per "perorare" le ragioni dei Rovelli, contro<br />

i quali si stava accanendo una "iniqua" campagna di stampa, dietro compenso di ben cinquecentomilioni di<br />

lire) e<strong>gli</strong> lo ha "addolcito" con i riferimenti all'invito alla imparzialità ed alla serenità di giudizio, allo stato di<br />

ansia del giovane Rovelli, che doveva essere rassicurato, ai bonari inviti di Squillante ("...non c'è niente di<br />

male...se si chiede che si giudichi con imparzialità... per dar<strong>gli</strong> una mano"); in poche parole, cercando di<br />

smorzare, più nei toni che nei contenuti, più nei detta<strong>gli</strong> che sul punto cen<strong>tra</strong>le, le categoriche dichiarazioni<br />

del 1997, avendo sempre cura (anche per tutelare se stesso) di negare propri personali contatti con Cesare<br />

Previti, oggettivamente documentati dai tabulati telefonici. A ben vedere, un atteggiamento non dissimile ha<br />

connotato la sua condotta anche nel fatto che ci interessa: di fronte ad una richiesta di chiaro sapore illecito<br />

e<strong>gli</strong> (forse in ciò spinto dalla autorevolezza di Renato Squillante o dalla comune appartenenza ad ambienti di<br />

potere della Capitale) non ha saputo respingere, da subito, esplicitamente e con fermezza, la proposta, ne ha<br />

tantomeno ritenuto di avvertire il giudice oggetto dei ten-tativi di avvicinamento. Ha preferito tenere i propri<br />

interlocutori un po'in sospeso, forse facendo intendere - o facendo sperare - una possibile adesione alla<br />

proposta: solo co-sì infatti trovano spiegazione i ripetuti contatti telefonici (anche di sua iniziativa) che non<br />

avrebbero avuto ragion d'essere in caso di una sua secca risposta negativa. Ed anche i suoi contatti con il<br />

giudice Sotgiu - contatti i quali, come emerge dai tabulati sono significativamente assai frequenti nei giorni<br />

che interessano, per pòi decisamente diradarsi nei giorni successivi - appaiono spiegabili con questo<br />

atteggiamento non chiaro e netto: pur avendo deciso di non dire nulla all'interessata, ha intensificato i<br />

contatti con lei (e ciò poteva avvenire senza ingenerarle sospetti, visti i <strong>rapporti</strong> di amicizia) forse sperando<br />

di poterle inconsapevolmente "s<strong>tra</strong>ppare" qualche confidenza che potesse tornare utile a Rovelli, magari per<br />

intuire o prevedere quali potessero essere <strong>gli</strong> orientamenti della Corte sulla questione di legittimità<br />

costituzionale che la difesa dell'IMI aveva in extremis chiesto ai giudici di sollevare.<br />

In questo senso, può apparire suggestivo ricordare che la stessa Sotgiu ha raccontato di avere ricevuto, il 30<br />

gennaio, una lettera anonima, con la quale si affermava di sapere che la Corte avrebbe deciso in senso<br />

favorevole all'IMI: un anonimo che non ha avuto alcun seguito - in quanto la destinataria si limitò a<br />

cestinarlo, senza farne parola ai colleghi - ma che richiama qualche analogia con quanto avverrà l'anno<br />

successivo, in re- lazione all'appunto redatto dal Presidente Corda.<br />

Comunque, anche nella versione più "edulcorata", la richiesta di colloquio fatta a Ber-linguer <strong>tra</strong>disce con<br />

assoluta chiarezza l'illiceità del fine, poiché davvero incredibile risulta la richiesta di far giungere al giudice<br />

l'invito ad essere imparziale, promettendo, quale compenso, la non irrilevante somma di cinquecento milioni<br />

di lire. Se questa è la chiave di lettura de<strong>gli</strong> avvenimenti e dei contatti che, nella assoluta segretezza, si<br />

verificano "a latere" della ormai famosa udienza del 29 gennaio 1992 e del suo epilogo con la pubblicazione<br />

dell'ordinanza del 12 febbraio 1992, devono essere ora <strong>tra</strong>tte alcune conclusioni sui soggetti che vi<br />

partecipano, sulla loro veste e sul loro ruolo nell'ambito del più ampio disegno corruttivo oggetto dell'ipotesi<br />

d'accusa.<br />

Come il Tribunale ha in parte già dimos<strong>tra</strong>to, la sentenza con la quale la Corte d'appello decideva sulle cause<br />

riunite (sull'an, a seguito dell'annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione, sul quantum in<br />

grado d'appello) è stata oggetto di un accordo corruttivo, stretto da Nino Rovelli per il <strong>tra</strong>mite dei tre<br />

intermediari Attilio Pacifico, Giovanni Acampora e Cesare Previti, con il giudice Vittorio Metta. Questi,<br />

come si dirà, riceve fin dal 1990 (anno in cui la causa viene mandata in decisione, con sentenza depositata il

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