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SPAZIO PUBBLICO SPAZIO DE CONVIVENZA ... - Casal dels Infants

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INTI_it 10/10/06 08:58 Página 201<br />

<strong>SPAZIO</strong> <strong>PUBBLICO</strong><br />

ESPACIO PÚBLICO | ESPACE PUBLIC<br />

<strong>SPAZIO</strong> <strong>DE</strong> <strong>CONVIVENZA</strong><br />

ESPACIO <strong>DE</strong> CONVIVENCIA | ESPACE <strong>DE</strong> CONVIVIALITÉ<br />

<strong>SPAZIO</strong> DI DIALOGO<br />

ESPACIO <strong>DE</strong> DIÁLOGO | ESPACE <strong>DE</strong> DIALOGUE


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REDAZIONE E COORDINAMENTO<br />

Coordinamento del progetto:<br />

Elena Pérez<br />

Coordinamento della ricerca:<br />

Celia Premat<br />

Supervisione del progetto:<br />

Miquel Àngel Alegre – Istituto del governo e politiche pubbliche. Universitat Autònoma de Barcelona.<br />

Gruppo di coordinamento del <strong>Casal</strong> <strong>dels</strong> <strong>Infants</strong> del Raval (Barcellona, Spagna)<br />

Coordinamento generale: Celia Premat<br />

Gruppo d'appoggio: Elena Pérez, Nadia Hakim, Núria Arlández, Raúl Martinez, Sandra Erill, Anna Esteve.<br />

Gruppo di coordinamento di Affabulazione (Ostia, l'Italia):<br />

Coordinamento generale: G. Filippo Lange<br />

Gruppo d'appoggio: Giancarla Amatulli, Ghislaine Sacuto, Raffaella Tarantini<br />

Gruppo di coordinamento de Le Vide Technique/Parcours Citoyen (Bruxelles, Belgio):<br />

Coordinamento generale: Dominique Nalpas<br />

Gruppo d'appoggio: Jean-Michel Barthéléry, Marie B. Bouillon, Mathieu Jamotte, Henry Landroit, Jean-Marie Lison, Alain Marcel,<br />

Fanny Pieman, Myriam Stoffen<br />

Gruppo di coordinamento di Carrefour Culturel (Toulouse, la Francia):<br />

Coordinamento generale: Claude Rosenthal<br />

Gruppo d'appoggio: David Brunel, Myriam Mazouzi, Patricia Rosenthal<br />

Traduzione dei testi:<br />

Herman Bashiron<br />

Correzione dei testi:<br />

Caridad Martínez e Mònica Vidiella<br />

Disegno grafico:<br />

Clic Traç, sccl.<br />

Impressione:<br />

Estudi6<br />

Ringraziamenti speciali: a tutti i partecipanti delle diagnosi dei quartieri di Ostia, Toulouse, Barcellona e Bruxelles.<br />

D.L.: B-29403 2006


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INTRODUZIONE<br />

Questo manuale è il frutto del progetto europeo "Spazio pubblico, spazio di convivenza, Spazio di dialogo"<br />

che è stato condotto a termine in quattro città e mediante la partecipazione degli organismi: Le Vide<br />

Technique y Parcours Citoyen (Brusseles, Belgio), Carrefour Culturel (Toulouse, Francia), Affabulazione<br />

(Ostia, Italia) e <strong>Casal</strong> <strong>dels</strong> <strong>Infants</strong> del Raval (Barcelona, Spagna).<br />

Queste associazioni hanno in comune il punto di partenza del progetto. Negli ultimi anni in Europa si stanno<br />

producendo dei cambiamenti molto profondi in alcune zone delle città, in parte a causa di situazioni di<br />

trasformazione urbana, tipologia di servizi, ecc. ma anche a causa di un importante arrivo di immigrati<br />

extra-comunitari in quartieri in degrado e con grandi problematiche sociali ed economiche. Il quartiere è<br />

quindi lo spazio di quotidianeità dove si sviluppano maggiormente incontri e scontri tra attori e vicini di<br />

diverse culture o di origini differenti e crediamo che la partecipazione in un contesto di quartiere modifichi<br />

queste relazioni di convivenza e multiculturalità.<br />

Prendendo questo come punto di partenza, il progetto è consistito in due tipi di linee di lavoro che sono<br />

state effettuate da giugno 2005 a maggio 2006 riguardo alla convivenza vista da tre prospettive:<br />

Interculturale, Intergenerazionale ed Intergenero.<br />

Da un lato, ogni associazione e popolazione locale coinvolta ha elaborato una diagnosi partecipativa sulla<br />

convivenza negli spazi pubblici dei propri quartieri. Queste diagnosi hanno avuto lo scopo di analizzare la<br />

complessità di questo argomento, e concludere in una serie di proposte di miglioramento di questa convivenza<br />

nel sua contesto più immediato.<br />

D'altra parte, nelle quattro città si sono portate a termine molte azioni promotrici della convivenza nello spazio<br />

pubblico attraverso le tre prospettive prima citate e tramite la partecipazione delle reti associative e dei<br />

vicini/e dei quartieri.<br />

Come si può intuire da ciò che è stato già spiegato, la cosa primordiale e innovatrice di questo progetto è<br />

radicata non soltanto nella sua prospettiva comunitaria dell'argomento, ma anche nella sua metodologia,<br />

nella ricerca-azione partecipativa, che è allo stesso tempo una metodologia di ricerca e un processo d'intervento<br />

sociale. Cosicché attraverso un processo simultaneo di conoscenza e di riflessione della realtà<br />

sociale del territorio, si è proposto che la popolazione partecipante fosse il soggetto di un processo di<br />

miglioramento e di trasformazione del suo ambiente più immediato.<br />

In questo Manuale si riprendono quindi le conclusioni diagnostiche e le schede di buone pratiche delle<br />

quattro associazioni. La nostra intenzione è quella di far conoscere l'esperienza condivisa e renderla fruibile<br />

a tutti coloro che lavorano per migliorare la convivenza tra questa popolazione multiculturale che è già<br />

una realtà negli spazi pubblici di tutta l’Europa.<br />

Grazie a tutti coloro che hanno partecipato direttamente o indirettamente al progetto "Spazio pubblico,<br />

Spazio di convivenza, Spazio di dialogo" e che hanno reso possibile l'edizione di questo manuale di Buone<br />

Pratiche.


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CONCLUSIONI <strong>DE</strong>LLA RICERCA<br />

SULLA <strong>CONVIVENZA</strong> NEGLI SPAZI PUBLICI<br />

DI BRUXELLES, OSTIA, TOULOUSE E BARCELLONA


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206 LE VI<strong>DE</strong> TECHNIQUE/ PARCOURS CITOYEN, BRUXELLES, BELGIO<br />

1. Introduzione generale – Presentazione del quartiere, dentro la città<br />

Il nostro quartiere è situato in Ixelles, in uno dei 19 comuni di Bruxelles. Bruxelles è una città - regione di<br />

approssimativamente un milione di abitanti. È una città importante in molti aspetti: capitale di Stato federale,<br />

capitale di organismi federati (le comunità linguistiche, la regione fiamminga), e finalmente, capitale<br />

europea. Molte istituzioni internazionali hanno lì la loro sede. Molte imprese multinazionali ed ONG hanno<br />

la loro sede europea a Bruxelles. C'è una forte immigrazione. Il francese (fr) e l’olandese (nl) costituiscono<br />

il bilinguismo classico di questa città e sono lingue ufficiali. Ma al giorno d'oggi, si parlano più di 60 lingue<br />

nelle varie famiglie. La metà dei giovani di meno di 25 anni non è interessata dal bilinguismo tradizionale.<br />

Il francese è la lingua franca. Nonostante sia una delle regioni più ricche d’Europa quanto a PIL, si denota<br />

la presenza di molti poveri. Il tasso di disoccupazione è elevato (22%).<br />

1.1. Geografia<br />

Ixelles è situato nella parte Sud-Est del centro urbano. La zona in questione è abbastanza vasta. È situato<br />

in un quadrilatero tra la Port di Namur, la Piazza Flagey, la Chaussée di Ixelles e Avenue de la Couronne.<br />

Le persone che vivono lì sono approssimativamente 15.000. Molte istituzioni culturali sono situate in prossimità,<br />

le più importanti sono le università (ULB, VUb). Si fa notare la presenza delle istituzioni europee<br />

situate nelle vicinanze e che costituiscono una sfida che deve essere presa in considerazione.<br />

Attaccata al centro di Bruxelles, la zona è situata nel primo settore. Quest'ultimo è stato sviluppato tra il<br />

secolo XIX grazie all'industrializzazione e soprattutto allo sviluppo di una classe media di commercianti ed<br />

artigiani che hanno fornito lavoro agli abitanti stessi della zona.<br />

1.2. Storia<br />

Questa zona ha vissuto il suo apogeo nel corso del secolo XX. A partire dagli anni 60 assistiamo ad una<br />

decadenza. La classe media è maggiormente attirata 'dalla città campagna' ed abbandona il primo settore<br />

densamente popolato. Appaiono zone urbane deteriorate. Alcuni edifici sono disabitati. Scende il prezzo<br />

degli affitti. Allo stesso tempo aumenta l'immigrazione. Gli immigranti, che occupano posti mal remunerati,<br />

si installano là dove il prezzo dell'alloggio è<br />

più basso, come ad esempio le zone del primo<br />

settore. È da allora che si inizieranno ad installare<br />

popolazioni emigranti, inizialmente portoghesi,<br />

però anche spagnoli ed italiani e soprattutto<br />

marocchini.<br />

1.3. Popolazione<br />

Anche se non c’è ufficialmente immigrazione,<br />

la popolazione continua a differenziarsi con<br />

l'installazione di studenti stranieri che rimangono<br />

nel quartiere una volta finiti gli studi e con<br />

l'arrivo di persone procedenti dall'Africa, l'Asia,<br />

il Sudamerica e dall'Europa dell'Est, che lasciano<br />

il loro paese per ragioni politiche, sociali o


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economiche. Occorre prendere in considerazione anche l'arrivo di persone che lavorano per istituzioni<br />

europee o che fanno parte di una classe media internazionale (imprese multinazionali ed ONG) attirate dalla<br />

diversità del quartiere o che hanno il loro luogo di lavoro nelle vicinanze. Questa zona è come un'anticamera.<br />

C’è una gran frequenza di rinnovamento della popolazione. In totale, in un quartiere con una popolazione<br />

molto densa rispetto alle norme di Bruxelles, più o meno un 40% di non-belgi risiedeva nel nostro<br />

perimetro e più ancora in Matonge.<br />

È una popolazione molto mista socialmente parlando. Tutte le categorie sociali sono rappresentate. Sono<br />

presenti giovani adulti e giovani coppie in tutto lo spazio (attorno a St Boniface, i giovani adulti rappresentano<br />

il 35% della popolazione). Nel quartiere, il tasso di disoccupazione è più elevato della media regionale.<br />

Ma ci sono anche molti studenti, artisti e una classe media considerevole che possiede un alto livello<br />

intellettuale. Tutto ciò contribuisce a che non ci sia nessun ghetto (come nel resto di Bruxelles) ed è, soprattutto,<br />

uno dei quartieri più cosmopoliti della città.<br />

1.4. Servizi ed infrastrutture<br />

Il quartiere è allo stesso tempo molto commerciale e molto residenziale. La Porte di Namur e la parte alta<br />

della Chaussée d’Ixelles è uno dei centri commerciali più importanti della città. Il “Haut de la Ville” è un<br />

luogo di passeggio molto animato, famoso per i suoi cinema e i suoi bar. Matonge che è giusto al lato, è<br />

un centro urbano africano molto animato, con persone che vengono da lontano (il Belgio, paesi limitrofi).<br />

Molto vicino, Illot St- Boniface è una zona di negozi moderni nella quale i giovani di classe media escono<br />

generalmente. Malibran è piuttosto dedicato ai commerci nordafricani. Vi si trova anche una grande moschea.<br />

Flagey è una delle più grandi piazze di Bruxelles, è un punto strategico regionale. Molte istituzioni<br />

culturali (museo, teatri, sale di concerto...) sono state stabilite in questa zona o nei dintorni più vicini. Il resto<br />

degli isolati è soprattutto residenziale. Ci sono molte scuole (Fr, NL) e centri d'insegnamento superiore.<br />

1.5. Rete di associazioni<br />

Il tessuto di associazioni è molto importante. Occorre però distinguere chiaramente le associazioni di servizio<br />

(formazione, sociali, alloggio, salute, giovani, donne, stranieri, ecc.), ed i gruppi più informali che sono<br />

emersi nella zona da anni: comitati di zona, associazioni socioculturali, collettivi, ecc... Le prime, sovvenzionate<br />

dallo Stato, organizzano servizi di tipo pubblico. Le seconde, autonome, funzionano come parte di<br />

una società civile attiva più che rivendicativa. La creazione di punti d’incontro tra queste due forme di associazioni<br />

non è facile, anche se possiamo contare su qualche successo.<br />

Tutto ciò contribuisce a far sì che il quartiere sia molto diverso e rilucente, molto urbano. E’ questo che probabilmente<br />

attira molta gente. Effettivamente, dopo anni di decadenza, la zona rappresenta al giorno d'oggi<br />

un luogo molto attraente. Ma girano minacce su questo mix. Lo scarso numero di alloggi sociali e l'interesse<br />

che suscita la zona nelle alte classi internazionali crea, generalmente, un aumento speculativo degli<br />

affitti. Sulla scala della città, questo suppone un'onda di segregazione. Forse quelli più poveri dovranno lasciare<br />

il quartiere se non si fa nulla al riguardo. Ci sará allora una forma di segregazione residenziale che<br />

porrá termine probabilmente alla diversità attuale.<br />

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208 LE VI<strong>DE</strong> TECHNIQUE/ PARCOURS CITOYEN, BRUXELLES, BELGIO<br />

2. Diagnosi di convivenza<br />

2.1. I gruppi<br />

2.1.1. introduzione generale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Il nostro quartiere raggruppa approssimativamente più di trenta varie nazionalità. Per questo è comprensibile<br />

come non sia facile parlare di forma dettagliata di ogni gruppo. I belgi sono quelli più numerosi, tuttavia,<br />

non sono un gruppo uniforme. Al giorno d'oggi, essere belga significa certamente avere radici complesse.<br />

Una politica che favorisce la naturalizzazione con la volontà di non distinguere il fatto di essere<br />

belga in base alle origini etniche, non permette di spiegare statisticamente questa diversità nei “nazionali<br />

stessi”.<br />

A Matonge, le popolazioni nere subsahariane dominano lo spazio pubblico, anche se non vivono nella stessa<br />

zona. Matonge è un centro urbano africano internazionale. Le popolazioni utenti della zona e che vengono<br />

da antiche colonie belghe sono quelle più numerose, ma si trovano quasi tutti i gruppi africani: musulmani,<br />

cristiani, animisti, atei, dell'ovest dell'Africa o dell'Africa centrale, ecc. A loro piace trovarsi a Matonge<br />

perché là possono ottenere prodotti africani d'importazione, fare affari, comperare biglietti aerei, chiacchierare<br />

e parlare anche di politica e inoltre regolare i propri conti. Matonge è come una piccola camera nella<br />

quale risuonano gli echi delle sfide che percorrono il continente africano. Ciò crea a volte problemi addizionali<br />

di convivenza.<br />

A Malibran esiste un fenomeno simile, con i residenti nordafricani, soprattutto marocchini. La moschea<br />

della via Malibran è poco visibile ma attira una popolazione musulmana al di là della zona. Questa non è<br />

esclusivamente magrebina. Musulmani neri (mauritani, maliensi, ecc...) si riuniscono lì cosí come altri del<br />

sud dell'Asia (Pakistan, Iran, ecc.).<br />

I portoghesi sono molto visibili nella zona di Flagey. Molti risiedono là da tempo e formano una Comunità<br />

abbastanza omogenea ed organizzata, con i loro club di calcio, associazioni di giovani, negozi, bar, ecc... I<br />

portoghesi affermano la loro identità e conservano un forte patrimonio culturale e contemporaneamente<br />

sono integrati nella vita sociale belga (con il lavoro specialmente).<br />

I sudamericani formano un gruppo “relativamente” poco visibile benché sia molto attivo e sia abbastanza<br />

presente. Questo gruppo forma reti che si riuniscono abbastanza poco nello spazio pubblico. Non hanno<br />

generalmente la documentazione in regola e vengono a lavorare ma senza intenzione di restare. Si riuniscono<br />

generalmente soprattutto in spazi privati. Tuttavia cominciano ad essere conosciuti nel quartiere due<br />

piccoli luoghi culturali sudamericani abbastanza dinamici e politicizzati. La casa dell'America latina, installata<br />

recentemente nella piazza Flagey, attira un pubblico regionale.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

Nel quartiere di Matonge risalta un certo orgoglio in alcuni Africani in relazione all'attrazione della zona:<br />

"C'è gente che viene da qualsiasi parte per vedere Matonge. Io sono tra coloro che hanno conosciuto<br />

Matonge al principio e che hanno contribuito a fare del quartiere quello che è adesso"(Kungu).


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Nella zona di Flagey-Malibran, esistono sensazioni simili. Specialmente con i portoghesi che non temono<br />

di mostrare un certa ostentazione, soprattutto durante grandi competizioni di calcio. "La cosa buona di<br />

questa zona è che possiamo esprimere la nostra gioia e ciò che siamo. Siamo molto felici di poter celebrare<br />

i nostri festeggiamenti nella zona. Facciamo qualcosa tipicamente portoghese ma aperto a tutti." (Una<br />

persona un pò esaltata dopo la vittoria dei portoghesi).<br />

Generalmente ciascuno sembra rendersi conto che può essere come è realmente e mostrarlo: “Mi piace<br />

poter mettere il mio “boubou” (tunica africana) per uscire per strada. Quando c’è il sole esco per strada e<br />

mi metto a chiacchierare con i miei amici mauritani all’angolo. Mi sembra buono di potersi riunire là, come<br />

nel mio paese in Africa." (Samba, un abitante). Ciò che risalta è una zona dove uno può esibire la sua identità<br />

senza scrupoli.<br />

2.1.2. Analisi Intergenero<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

La questione del genere non ha un carattere specifico nei nostri quartieri. Se consideriamo la complessità<br />

sociologica e la diversità 'internazionale' del quartiere, la relazione tra uomini e donne della zona è simile<br />

alla storia universale di questa relazione. C’è di tutto: donne d'origine belga in situazione precaria, donne<br />

musulmane emancipate (artiste, giuristi, ecc.), donne installate da tempo ma che non dominano nessuna<br />

lingua nazionale, donne della seconda o terza generazione sempre tra due mondi, recentemente arrivate,<br />

clandestine con poca vita sociale, ecc...<br />

Spesso, in una parte delle Comunità di immigrati, le relazioni uomini/donne sono ereditate della storia di<br />

persone procedenti dalla campagna o che interpretano precetti religiosi e non possono considerare la<br />

donna più che come donna di casa (Magreb, Turchia, America latina, Africa subsahariana, ecc.). Alcuni giovani<br />

magrebini delle nuove generazioni si emancipano e diventano infermieri, assistenti sociali, avvocati,<br />

medici, artisti, ecc., ed a volte vivono da soli. Allo stesso tempo, ci sono ogni volta più donne (tra cui giovani)<br />

che portano il velo. La sua interpretazione è ancora complessa.<br />

Ma le nostre zone non sono al riparo dai problemi.<br />

Le organizzazioni di donne fanno fede di<br />

numerose difficoltà che incontrano le donne:<br />

problemi di salute, finanziari, di solitudine e di<br />

maltrattattamento. Le donne senza documentazione<br />

o quelle recentemente arrivate sono un<br />

gruppo a rischio. L'analfabetismo è notevole e<br />

l'accesso alla lingua veicolare continua a rappresentare<br />

una difficoltà. Sono nati diversi servizi<br />

d'alfabetizzazione, dentro o fuori delle associazioni<br />

di donne. Concludendo, non ci sono<br />

asili sufficienti o luoghi d'accoglienza per bambini.<br />

Un asilo infantile è in procinto di essere<br />

creato.<br />

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210 LE VI<strong>DE</strong> TECHNIQUE/ PARCOURS CITOYEN, BRUXELLES, BELGIO<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

Si continua a porre nelle nostre zone la questione dell'emancipazione di molte donne. "Non voglio andare<br />

ai festeggiamenti dei vicini magrebini, perché sarebbe come mettere le dita in un ingranaggio che mi porterebbe<br />

troppo lontano. È il prezzo che devo pagare per mantenere la mia autonomia rispetto a loro, sennò<br />

mi trascinerebbero in una logica comunitaria che respingo, con effetti di controllo sulla mia vita personale<br />

che non sono disposta ad accettare." (donna algerina di 40 anni).<br />

Un altro esempio è quello di molti uomini del sud del Mediterraneo e, al giorno d'oggi, di regioni subsahariane<br />

che temono il concetto di “libertà della donna”. “Temono che questa libertà si rivolti contro di loro”<br />

(Mireille). Una persona recentemente arrivata dell'Algeria si rivolge ad un uomo belga: "Ma non ti dá fastidio<br />

che tua moglie sia libera? Non hai timore che ti sia infedele appena ti giri?" (un algerino senza documenti).<br />

Alcune donne magrebine che non possono lavorare né riunirsi con amici non hanno altra vita sociale<br />

che quella di prendere parte ad attività di associazioni create da e per donne. "Il fatto di accedere a questo<br />

tipo di associazioni suppone già un'apertura verso il quartiere e verso una più grande cittadinanza" (Ana).<br />

2.1.3. Analisi Intergenerazionale<br />

a). Descrizione oggettiva<br />

In questi quartieri vivono molti giovani adulti e giovani coppie. Nelle zone di St Boniface e Matonge, che<br />

sono luoghi di passeggio, queste cifre sono incredibilmente elevate (73% delle persone vivono da sole e<br />

più del 35% hanno tra 25 e 34 anni) e le persone più grandi sono meno numerose. Questo crea problemi<br />

di convivenza tra persone di varie generazioni. Non esiste un dialogo rispetto alle difficoltà causate dai festeggiamenti<br />

notturni dei giovani, che sono a volte rumorosi.<br />

Molti gruppi di giovani africani (o belgi d'origine africana) che non vivono in Matonge si riuniscono là. Tra loro<br />

alcuni occupano lo spazio pubblico in modo molto evidente. Ci sono varie bande che hanno generalmente comportamenti<br />

che creano un clima d'insicurezza. Ciò crea gravi problemi di convivenza con gli utenti ed i commercianti<br />

del vicinato che ritengono che queste bande nuocciono al loro commercio (soprattutto in Rue de la<br />

Paix). Questo fenomeno urbano prende a volte<br />

dimensioni drammatiche quando si trasforma in<br />

regolamenti di conti. Ma in realtà le cifre sulla<br />

delinquenza e la criminalità non sono molto alte.<br />

Nel quartiere di Maligran esistono fenomeni simili<br />

con giovani d'origine magrebina, ma in modo<br />

meno visibile.<br />

Alcune associazioni lavorano per risolvere<br />

questi argomenti ed a volte ci riescono. Giovani<br />

immigranti sono invitati a riprendere la loro<br />

relazione con i genitori mediante il dialogo in<br />

gruppo. Altri sono invitati ad esprimersi tramite<br />

produzioni cuturali, artistiche: Cd, video, ecc.<br />

Però anche qui la visibilità pubblica di queste<br />

azioni è insufficiente.


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Generalmente, il mondo dei giovani non è solito incrociarsi con quello dei più grandi nello spazio pubblico.<br />

L'individualismo generalizzato e la mediocrità degli spazi pubblici non favoriscono in modo “naturale” il rincontro<br />

tra generazioni. I centri d'interesse, l'evoluzione estremamente rapida delle tecnologie – nella quale<br />

i più grandi si sentono “disconessi” - rafforzano queste tendenze. Ad esempio, un centro d'accoglienza per<br />

persone più grandi è situato in Rue Malibran. Non ha una relazione con il quartiere (anzi al contrario). È una<br />

mancanza che occorre correggere.<br />

Nei nostri quartieri non si “lavora” molto sulla questione della relazione tra generazioni. I servizi e le associazioni<br />

che si occupano di ogni differente pubblico sono troppo separati. Grazie a servizi ogni volta più<br />

numerosi, le persone più grandi possono restare ogni volta più tempo nelle loro case. Ma l'effetto perverso<br />

della sostituzione delle socialitá primarie da parte di professionisti è che si produce ogni volta più distanza<br />

tra alcuni abitanti ed altri.<br />

Esiste una presa di coscienza della mancanza di rincontro e scambio tra generazioni. Ciò che è "inter-generazionale"<br />

si è trasformato in una categoria ausiliaria per i pubblici poteri. Servizi ad hoc si incaricheranno<br />

di ciò...<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

"Io, se voglio riunirmi con i miei amici, devo farlo qui. Matonge è la mia casa. Benché non viva qui, questo<br />

è il mio quartiere. Qui mi sento bene. Ci vediamo per strada perché non abbiamo un altro posto dove<br />

andare. Non facciamo niente di male, chiacchieriamo soltanto, non abbiamo soldi per andare ad un bar."<br />

(un giovane di una banda incontrato per strada).<br />

Per quanto riguarda ciò, i commercianti della Rue de Matonge - ad esempio - hanno difficoltà con i vari<br />

gruppi di giovani. "Ogni volta siamo sempre di più a chiederci se potremo continuare a vendere qui. Alcuni<br />

dei miei clienti mi dicono che non osano parcheggiare l'automobile, dunque smettono di venire" (un commerciante<br />

belga della Rue de la Paix). "Capisco che è difficile per i giovani. Ma quando fanno i loro traffici,<br />

non può essere" (un altro commerciante della stessa via).<br />

Questi sentimenti non riflettono necessariamente quelli di tutti. Un responsabile dei commercianti di questa<br />

stessa via si esprime in modo aperto: "È certo che ci sono giovani che causano problemi, ma il nostro<br />

modo di agire sarà di provare a convincerli a creare delle occasioni di festa con noi, per comunicare. Una<br />

delle soluzioni è di mostrare un quartiere aperto" (commerciante di Rue de la Paix). Ricerche più avanzate<br />

segnalano che queste sensazioni d'opposizione non sono maggioritarie, ma si concentrano in luoghi specifici,<br />

prima in Rue Malibran, ed al giorno d'oggi in Rue de la Paix.<br />

2.1.4. Analisi interculturale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

La complessità dei gruppi (130 nazionalità) - quelli installati da molto tempo, quelli installati da poco tempo,<br />

quelli recentemente arrivati - il suo ingarbugliamento, non permette di fare un'analisi pertinente in termini<br />

d'analisi della relazione tra gruppi. Qualsiasi tentativo è condannato al fallimento.<br />

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212 LE VI<strong>DE</strong> TECHNIQUE/ PARCOURS CITOYEN, BRUXELLES, BELGIO<br />

È chiaro che molti gruppi si organizzano e provano a coltivare la loro identità creando associazioni culturali.<br />

Un importante lavoro educativo e culturale è elaborato nella moschea. È lo stesso anche per le chiese<br />

delle popolazioni africane. Alcuni Sudamericani creano centri di riunione, i “Peuls” mauritani hanno formato<br />

un'associazione. I portoghesi hanno da tempo associazioni molto visibili ed organizzano feste di quartiere<br />

e tornei di calcio tra di loro, ecc. Non possiamo però negare l'esistenza di alcune tendenze comunitarie,<br />

con tutto ciò che questo suppone in relazione al controllo sociale.<br />

La dimensione essenziale dell’interculturalità che traspare è precisamente questa capacità di convivere<br />

anche se esistono conflitti o, soprattutto, ignoranza. Ciò che risalta è qualcosa che va oltre questa descrizione<br />

di gruppi o tra gruppi. In questa zona si elabora uno spazio nel quale la diversità di culture è possibile.<br />

"Matonge può trasformarsi in una finestra autentica di interculturalità" (Kungu).<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

In questa zona urbana non si percepiscono forti discussioni sull'esclusione degli altri (anche se a volte succede).<br />

Non possiamo parlare di sentimenti razzisti espliciti. Questi sentimenti non si mostrano. Ciò è dovuto<br />

certamente al fatto che sono molto lontani dall’essere dominanti.<br />

Si esprime così una persona anziana per quanto riguarda l'argomento dei numerosi senza documenti che<br />

stanno nel quartiere: "Non possiamo albergare tutta la miseria del mondo" (Marc). Il sentimento di questa<br />

persona, in gran parte condiviso da altri, sfiora il limite del razzismo. In questa conversazione, un interlocutore<br />

che sitúo la questione di coloro senza documenti nel contesto della globalizzazione che ha luogo nei<br />

quartieri, ci ha detto: "Sì, è certo che il tema riguardante le persone senza documenti è complesso e non<br />

lo risolveremo con una bacchetta magica. Possiamo esprimere tutto ciò che sentiamo finchè non è l’odio<br />

verso gli altri ciò che guida il nostro discorso" (Dominique). E l'altro di risposta: "Sono d'accordo ma, anche<br />

così, dà paura. E anche questo devo poterlo esprimere. Infatti la ringrazio di lasciarmi esprimere rispetto<br />

all'argomento, perché a volte, ho l'impressione che esprimere i propri timori sia vietato" (Marc).<br />

Benché esista una tendenza all'apertura, esistono anche tendenze al ripiegamento comunitario: "Alcune persone<br />

sono venute a trovarmi per dirmi che come musulmano non avevo diritto di vendere alcool. Li ho fatti<br />

andare via rapidamente dicendo loro che non si intromettano negli affari miei" (un commerciante iraniano).<br />

2.2 Spazi<br />

2.2.1. Introduzione generale:<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Il quartiere studiato è multiplo ed è distribuito in numerosi spazi che si succedono ma non si somigliano.<br />

Nessuna delle vie o spazi sono occupati da una sola popolazione, gli abitanti - e le cifre lo dimostrano -<br />

formano un miscuglio di popolazioni e di funzioni, di convivenza distribuita in tutto lo spazio, benché esistano<br />

gruppi dominanti in alcuni posti. Lo spazio delle vie, i commerci ed i trasporti non è chiuso, è aperto<br />

ed è accessibile a tutti. Questi spazi riuniscono una grande varietà di funzioni che permettono un'appropriazione<br />

mista. Benché alcuni spazi sembrino meno aperti alla varietà, ciascuno di essi mantiene una<br />

dimensione limitata ed è immediatamente attiguo agli spazi vicini che hanno altre caratteristiche, cosa che<br />

mantiene quest'impressione di varietà delle funzioni.


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Dal punto di vista residenziale non esiste nessun tipo di segregazione. Nessuno spazio residenziale può<br />

considerarsi come occupato da un gruppo culturale o sociale. Quasi in tutte le parti esiste una varietà di<br />

abitanti.<br />

Generalmente, la qualità degli spazi pubblici viene considerata da tutti come insufficiente. I lavori per il condotto<br />

dell’acqua della piazza Flagey hanno ridotto ancora di più l'utilizzo di questo spazio per un lungo<br />

periodo. Scomodi, con poche o senza panchine, gli spazi pubblici non sono considerati propizi all’incontro.<br />

Le strade, che sono generalmente intasate, sono troppo strette, considerate sporche e di cattiva qualità<br />

(spostamento difficile per persone e disabili). Le opere di rivitalizzazione della zona dovrebbero risolvere in<br />

parte queste difficoltà. Le automobili sono un elemento onnipresente, si appropriano dello spazio e nuocciono<br />

all'ambiente. Ciò non impedisce che nello spazio del vicinato dei luoghi più residenziali, si crei una<br />

routine quotidiana che alimenta un riconoscimento reciproco tra vicini che a sua volta può creare dei legami<br />

di simpatia e d'aiuto mutuo, benché superficiale.<br />

Concludendo, la varietà delle funzioni urbane, la giustapposizione degli ambienti, la varietà dei movimenti<br />

continui dello spazio pubblico incita molte persone a deambulare e passeggiare per il quartiere e ciò permette<br />

di affermare le basi per condividere il senso civico. "...Il confronto con la differenza e l'innovazione<br />

è un appello continuo al desiderio di comunicare con gli altri" (X. Leloup).<br />

Quest'ultimo aspetto si cerca di portarlo a termine sempre di più attraverso un'appropriazione rinnovata<br />

degli spazi pubblici. Le vie, piccole o grandi, sono oggetto di un'occupazione spaziale in termini di organizzazzione<br />

di pasti nella strada, di quartiere di dimensioni variate. Sarebbe necessario effettuare un'analisi<br />

tipologica di queste feste poiché sono molto diverse. Questo fenomeno, relativamente recente, contribuisce<br />

a dare un'immagine dinamica e piacevole dei quartieri, sostenuto al giorno d'oggi dal settore politico.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

Cosa è il quartiere? Non esiste un accordo preciso su ciò che è il quartiere. Diverse persone ritengono che<br />

il territorio adottato corrisponde a vari quartieri. Un commerciante di Rue de la Paix: "Saint Boniface, no,<br />

non è Matonge. Guardate i negozi, tra questa via e la Rue Longue, appena al lato, non c’è nulla a che vedere.<br />

Lì è Matonge, qui è Saint Boniface." Alcuni<br />

dicono che il quartiere di Matonge continua<br />

oltre la Piazza Fernand Cocq: "Vivo nella via dei<br />

Campi Elisei, in Matonge" (un abitante durante<br />

una conversazione sui confini della zona). Ciò<br />

ha causato molte risate. Risalta il modo con il<br />

quale ciascuno prova ad appropriarsi del quartiere<br />

di Matonge. Osserviamo lo stesso tipo di<br />

comportamento con la zona di Malibran.<br />

Si osservano difficoltà al momento di trattare<br />

l'argomento degli spazi pubblici in modo collettivo.<br />

"Non parleremo oggi ancora una volta<br />

degli escrementi dei cani sui marciapiedi, no?"<br />

(un tenente durante una riunione pubblica).<br />

Questa breve frase ascoltata ripetute volte dice<br />

213


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214 LE VI<strong>DE</strong> TECHNIQUE/ PARCOURS CITOYEN, BRUXELLES, BELGIO<br />

molto sulla difficoltà che esiste per trattare argomenti relativi allo spazio pubblico... Spesso esprimono una<br />

sensazione di impotenza: "In ogni modo, a che serve se diaciamo qualcosa? Loro (I politici) fanno ciò che<br />

gli pare, non ci ascoltano" (un vicino durante una conversazione informale sulla ristrutturazione della via<br />

Malibran).<br />

2.2.2. La relazione tra i generi<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

È difficile parlare della relazione che potremmo stabilire tra spazio e relazione intergenero. Normalmente e<br />

generalmente non esiste l'esclusione della donna. Ad esempio, nel quadro delle commissioni di partecipazione<br />

degli abitanti in relazione con i programmi di rivalutazione, le donne sono molto presenti. Si tratta<br />

però di donne belghe o europee, con una formazione di livello superiore e che non hanno generalmente<br />

bambini. Benché questa possibilità di esprimersi esista chiaramente per le donne, tuttavia molte non possono<br />

accedere ad uno stesso livello di partecipazione nel dibattito pubblico.<br />

Per molte donne il problema è un altro. Sono molte coloro che non possono accedere nemmeno in spazi<br />

semipubblici (bar ed altro), pensiamo ad alcune donne d'origine musulmana o latinoamericana. La presenza<br />

di queste donne nello spazio pubblico è scarsa. Per queste donne - come per tutti gli altri -, lo<br />

spazio pubblico della strada non è molto propizio per riunirsi. Non esistono luoghi 'naturali' dove le<br />

donne possono trovarsi e conversare. Di conseguenza, molte rimangono chiuse nelle loro case. Esistono,<br />

ovviamente, spazi associativi dedicati alle donne. Ma, anche se fanno un buono lavoro, continuano a disporre<br />

di pochi mezzi e sono abbastanza riservati, non annunciano generalmente le loro attività pubblicamente.<br />

Questi luoghi nei quali si rafforza il loro diritto ad esprimersi, dove si permette loro di parlare,<br />

e dove valorizzano le loro identità, sono necessari come luoghi d'emancipazione delle donne. Tuttavia,<br />

non incitano sufficientemente le donne che li frequentano a confrontarsi con uno spazio pubblico di dialogo.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

La presenza delle donne nello spazio pubblico<br />

ha le sue conseguenze. Tramite le donne, sono<br />

anche le culture che dialogano: "Gli africani che<br />

chiacchierano nelle strade, o le mamme africane<br />

che camminano lentamente..., mentre io<br />

quando lavoravo avevo l'abitudine di correre, di<br />

voler fare tutto troppo rapidamente, e... quando<br />

mi incrocio con queste mamme africane che<br />

camminano lentamente, beh anch’io vado più<br />

lentamente... (ride), invece di stressarmi sempre."<br />

Tuttavia, lo spazio pubblico simbolico non è<br />

facilmente accessibile: "Per molte donne è<br />

molto difficile esprimersi in pubblico. Non sono<br />

abituate, soprattutto quando non sanno parlare


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bene francese. Come possono interessarsi al quartiere? Non gli viene in mente che possono farlo." (Marie).<br />

Questo è certamente un parere sensato che riassume molto bene gli atteggiamenti sull'assenza di donne<br />

in molti luoghi di dibattito.<br />

2.2.3. Analisi intergenerazionale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Risalta chiaramente come problema in queste zone la mancanza di uno spazio per i giovani. Questo problema<br />

è ricorrente, lancinante e molti agenti lo conoscono. Le soluzioni sono poche e meritano la creazione<br />

di spazi di discussione tra giovani ed adulti e con i poteri politici.<br />

Le pratiche partecipative su questo argomento sono scarse e difficili da applicare. In questo tipo di situazione,<br />

i progetti si costruiscono più in base a relazioni di forze (domande) che su una base di dialogo.<br />

L'esempio più conosciuto è quello 'del piccolo parco', del quale si erano appropriati i giovani e dal quale<br />

sono stati allontanati a causa della pressione dei vicini che si opponevano (generalmente anziani). Nella<br />

zona di Sans-souci succede la stessa cosa. E così in qualsiasi parte. È come se non fosse possibile stabilire<br />

uno spazio di dialogo tra giovani ed adulti!<br />

Si possono fare alcune critiche alle associazioni di servizio che si occupano dei giovani. Queste, benché<br />

favoriscano la loro espressione, non sviluppano tuttavia progetti sufficienti di incontro tra i differenti pubblici<br />

al fine di trasformare quest'espressione in fonte di dialogo. Inoltre, si stabilisce una presa di coscienza<br />

intorno al concetto di cittadinanza. Concludendo, tanto nella zona di Matonge come in quella di Flagey,<br />

alcuni lavori di riadattamento degli spazi dovrebbero sviluppare terreni di gioco che possono adattarsi ai<br />

giovani. In questo quartiere densamente popolato, questo non potrà funzionare senza l'appoggio di vicini,<br />

abitanti e utenti della zona e senza un vero dialogo.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

Spesso i giovani non sanno dove andare: "Se avessimo un locale per noi, posti che ci appartengono, nei quali<br />

restare, non saremmo obbligati a stare per strada" (una banda di giovani incontrati per strada). "...Sì, ci rifiutano<br />

in tutti i posti. La gente fa di tutto per la sua automobile, ma dei giovani, nessuno se ne preoccupa." L'influenza<br />

dell'automobile sullo spazio pubblico nel corso degli anni e delle generazioni relega i giovani in spazi limitati.<br />

Da qui forse deriva il fatto che i giovani d'origine magrebina considerano l’automobile potente (decappottabile<br />

e di marca tedesca) come un elemento di distinzione di condotta maschilista "Bum, bum, bum... vrooaaw"<br />

(frase ascoltata nella zona di Malibran). "Mi chiedo da dove prendano i soldi per comprare tali automobili"<br />

(un vicino osservando un'automobile messa in doppia fila nella via Malibran e che impedisce di passare<br />

all'autobus). Ciascuno cerca il suo luogo proprio.<br />

2.2.4. Analisi Interculturale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

La diversità è chiaramente presente dappertutto. La convivenza è visibile negli spazi pubblici o semipubblici.<br />

“Questa diversità nello spazio pubblico permette a ciascuno un'esposizione di sè" (X. Leloup). Ciò<br />

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216 LE VI<strong>DE</strong> TECHNIQUE/ PARCOURS CITOYEN, BRUXELLES, BELGIO<br />

effettivamente crea legami. I negozi, ad esempio, benché si specializzino in funzione di alcune popolazioni<br />

(Africani in Matonge, Nordafricani e portoghesi nella zona di Malibran, ad esempio), non sono rivolti a una<br />

sola clientela e mantengono sempre un'apertura tale che rende impossibile che una popolazione imponga<br />

agli altri i suoi costumi e le proprie abitudini. La frequenza regolare dei negozi di vicinato favorisce le occasioni<br />

di contatto e contribuisce alla convivenza e alla multiculturalità della zona. Nei negozi, nei luoghi associativi<br />

o durante le feste, si intavolano a volte conversazioni tra una popolazione ed un'altra. Alcune feste<br />

nello spazio pubblico sono la prova che esiste realmente una volontà di incontro. Si tratta quindi di favorire<br />

le occasioni di riunione. Ciò che crea la convivenza "non è tanto la festa di per sè, ma la costruzione<br />

comune di un progetto ed il fatto che ciascuno porta qualcosa" (Kungu).<br />

Tuttavia, a parte le occasioni di festa, non esistono spazi di dibattiti e scambi, né tantomeno spazi di discussione<br />

organizzati dai poteri pubblici. Quando si tratta di discutere della gestione di spazi comuni come<br />

il riadattamento di una piazza, di una strada, ecc..... la popolazione non è invitata. Programmi di rivitalizzazione<br />

della zona cercano di risolvere quest'aspetto, ma con successo moderato. Da questi programmi<br />

emergono tre infrastrutture culturali e di quartiere che individuano nuove potenzialità che auspicano una<br />

maggiore partecipazione di tutti gli abitanti.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

"Posso sbagliare, ma credo che il fatto di unire i negozi con gli alloggi favorisca il contatto" (un abitante<br />

marocchino). "Quando qualcuno ha un problema, ad esempio, un vicino, vengono in casa nostra (...)<br />

Possiamo fidarci di tutti i nostri vicini. È certo, è molto, molto allegro" (il figlio un commerciante marocchino/pachistano).<br />

Anche se esiste realmente una convivenza che viene messa poche volte in dubbio, sono<br />

molto più scarsi gli spazi reali di incontro tra una cultura ed un'altra: "Ci parliamo ma senza conoscerci<br />

realmente. Comunichiamo abbastanza poco" (Leon, un abitante. È come se, effettivamente, questa convivenza<br />

bastasse: "Non è necessario andare in casa del vicino, basta essere tollerante." (un abitante belga<br />

durante una conversazione per strada). "Non sento la necessità di sapere ciò che la gente fa in casa propria"<br />

(un commerciante d'origine magrebina installato da tempo).<br />

Può essere predominante il concetto di tolleranza, ma anche tutto ciò che ha qualcosa di ambivalente. C'è<br />

un aspetto positivo, l'accettazione liberale di mettersi in relazione con l'altro e condividere spazi comuni<br />

(ognuno è libero, non giudico i diversi modi di vivere). Ed un aspetto negativo, l'indifferenza verso gli altri e<br />

la mancanza d'interesse per costruire progetti in comune, che può essere portatrice di un relativismo culturale<br />

(senza conflitto rispetto ai valori), senza un vero incontro.<br />

2.3. Sentimenti<br />

2.3.1. introduzione generale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Esistono i vicini autentici? Questo è un argomento che, in un certo modo, non si discute. Gli autoctoni che<br />

vivono da molto tempo lì e che hanno conosciuto il quartiere con le loro varie ondate d'immigrazione ormai<br />

non sono più la maggioranza. Gli immigranti sono considerati come coloro che hanno dato nuovamente vita<br />

ad una zona moribonda e la loro presenza al giorno d'oggi è completamente legittima. Sono loro che compongono<br />

il quartiere ed i loro figli sono le future generazioni.


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Per un periodo, per molti immigranti, queste zone formavano come una specie d'anticamera: era il luogo<br />

dove trovavano una residenza di passaggio. Ma col tempo queste zone si sono convertite in un luogo stabile.<br />

Molti immigranti sono diventati proprietari nel quartiere (portoghesi, marocchini, ecc...) o agenti economici.<br />

Effettivamente, la maggioranza degli abitanti della zona può rivendicare una storia di esodo (anche<br />

interno al Belgio). Oramai questo processo si è trasformato nella norma. L'identità di questa zona è questa<br />

diversità culturale in sé stessa. Questa forma d'identità senza una dominazione chiara è affermata ogni<br />

volta più. Dà l'impressione che ciascuno possa vivere con le proprie caratteristiche e differenze. Sono molti<br />

coloro che decidono di vivere lì per questa ragione.<br />

Quelli “recentemente” arrivati, per lo più africani delle regioni subsahariane – persone che fanno richiesta<br />

di asilo o che sono senza documenti e permessi - senza un buon alloggio, occupano generalmente lo spazio<br />

pubblico, ma non sono necessariamente percepiti come stranieri della zona. Fanno parte del paesaggio.<br />

Questo quartiere poroso ha una certa attitudine “per integrare” gli immigrati recentemente arrivati. Ciò<br />

contrasta con i cittadini dei vecchi paesi dell'Europa centrale o dell'Est, che al giorno d'oggi fanno parte<br />

dell'Unione europea. Molti vengono a cercare lavoro, ma la situazione specifica che permette loro di andare<br />

e venire, non li induce ad installarsi. La comunicazione e l’incontro tra loro sembrano difficili.<br />

Questa apertura culturale, percepita come identità del quartiere, diventa ogni volta più visibile grazie alle<br />

feste e alle esperienze multiple mediatiche che si elaborano al suo interno. La disputa rispetto al condotto<br />

dell’acqua e la ristrutturazione della piazza Flagey ha richiamato molto l'attenzione. Altro esempio, quello<br />

di coloro senza documenti e permessi che, per la seconda volta, hanno deciso di occupare una chiesa del<br />

quartiere. Sono sostenuti da molti vicini organizzati. Questo ed altri elementi innovatori sono una specificità<br />

notevole di questo quartiere anticonformista.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

Il quartiere è descritto come animato e vivo, l'animazione e la diversità delle funzioni (residenziale, commerciale,<br />

di svago) che prevalgono in esso, favoriscono le relazioni sociali e la convivenza, in raffronto con<br />

l'indifferenza e l'anonimato dei quartieri semplicemente residenziali.<br />

"Dunque... sì, ci sono Turchi, Curdi, Turchi cristiani,<br />

Assiri, Iracheni. Confondiamo tutto ciò con<br />

il mondo del Medio Oriente musulmano, ma qui<br />

dentro c'è una grande varietà. E questa varietà...<br />

O i Vietnamiti, i Pachistani o i Bengalesi o<br />

gli Indù, ed anche i Sudamericani. Questa<br />

varietà impedisce che una forte minoranza<br />

occupi il luogo degli altri. C'è una specie d'equilibrio.<br />

Nessuno pretende di essere maggiormente<br />

padrone del quartiere che un altro. E se<br />

contate anche i gitani che hanno come una<br />

specie di luogo di incontro per la strada... là,<br />

più su. Siamo molti (ride)" (un commerciante<br />

Armeno, non residente).<br />

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218 LE VI<strong>DE</strong> TECHNIQUE/ PARCOURS CITOYEN, BRUXELLES, BELGIO<br />

Visto dall’esterno il quartiere possiede un grande potere d'attrazione. "Credo di aver commesso un errore<br />

andandomene in periferia. Mi piacerebbe tornare ad Ixelles, qui almeno c’è vita. Non ci si annoia."<br />

(Nathalie, ex residente che torna spesso nel quartiere con nostalgia). Sono molto i giovani che cercano un<br />

alloggio in questo quartiere. "Quando vedo tutto ciò che succede in questo quartiere, l'Assemblea dei vicini<br />

e tutto il resto, mi viene voglia di installarmi a Malibran" (una giovane donna che è impegnata per le persone<br />

senza documenti e permessi).<br />

2.3.2. Analisi Intergenero<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Molte giovani donne, studentesse o che iniziano la vita professionale, si sentono completamente a proprio<br />

agio per vivere da sole nella zona. Ad esempio, sono molto le donne che affermano di non avere paura a<br />

camminare di notte quando tornano da una festa. Effettivamente, questa sensazione di sicurezza che fa in<br />

modo che uno si senta come a casa, proviene dal fatto che ad ogni momento del giorno o della notte c'è<br />

gente per le strade. Una donna può - come chiunque - vivere la vita che desidera. D'altra parte, creare<br />

legami sociali nella zona è considerato come relativamente facile.<br />

Questa possibilità di creare legami sociali nella zona favorisce specialmente le donne sole che vivono con<br />

uno o più figli. Questa rete sociale le aiuta ad assumere le responsabilità inerenti alla loro condizione e che<br />

sarebbero molto difficili da assumere senza questo aiuto.<br />

Le donne immigranti della prima generazione si sentono generalmente sole nello spazio pubblico.<br />

Sembrano cercare nello spazio una dinamica relazionale simile a quella che pre-esisteva nei loro paesi d'origine.<br />

Soffrono per una reale mancanza di possibilità di incontro e gli mancano dei punti di riferimento in<br />

relazione con le tradizioni che portano dentro di sè.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

Molte donne occupano un posto importante nell'elaborazione dell'identità aperta, anticonformista e<br />

solidale del quartiere. A volte conducono<br />

anche alcune di queste dispute e azioni<br />

(comitato Cité, comitato Flagey, Brasserie,<br />

ecc...): “Per me è un modo per integrarmi"<br />

(Anne D.) "Vengo dalla campagna, non<br />

conoscevo la città. Partecipando sono diventata<br />

una Brussellese" (Anne T, una donna con<br />

due figli). Si tratta però di casi isolati. La<br />

maggioranza delle donne non ha tempo per<br />

preoccuparsi del quartiere. Troviamo qui una<br />

sensazione che riassume molto bene le varie<br />

opinioni: "I progetti che si portano a termine<br />

sono molto buoni. Però io devo occuparmi del<br />

mio negozio che non chiude fino alle 9 di<br />

sera. È il caso di molte donne. Mancano<br />

luoghi di ritrovo per bambini. Qui nel mio


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negozio vengono molti giovani. Faccio i compiti con loro. È molto difficile per le donne che lavorano."<br />

(Irma, una commerciante belga).<br />

Una donna magrebina che lavora presto la mattina e torna tardi la sera invitata ad una festa da un vicino:<br />

"Non ho tempo per uscire. Mi piacerebbe andare, ma non sono abituata. Di solito esco durante le feste di<br />

quartiere. Il pomeriggio vado a fare un giro. Mi piace vedere un pò di gente. Ma non è facile parlare con le<br />

altre persone." Questa sensazione riflette anche quella di molte altre donne, soprattutto magrebine di prima<br />

generazione. Si mettono in una situazione “tra-due” nel pianerottolo del palazzo che a sua volta si trasforma<br />

in un luogo possibile di socializzazione, un legame tra lo spazio intimo e lo spazio della riunione. Per<br />

quanto riguarda la sensazione di sicurezza, le opinioni variano: "Credo che sia più pericoloso nelle zone<br />

deserte. La via Malibran è meno pericolosa dei quartieri ricchi e vuoti..." (Una donna italiana di 27 anni).<br />

2.3.3. Analisi Intergenerazionale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

In questo quartiere senza dubbio, come in molti altri, si deve mostrare interesse speciale per le sensazioni<br />

ambivalenti che vivono i giovani immigratii. "Sono molti coloro che sperano e attendono qualcosa dai loro<br />

padri e dalla società" (L. Cherradi). I genitori di questi giovani condividono generalmente le stesse angosce,<br />

le stesse sofferenze e le stesse delusioni ma il trauma risulta così tanto doloroso che non osano parlare<br />

di ciò. D'altra parte, “I loro genitori, tutto sommato, sono meno “istruiti” dei figli e di conseguenza non<br />

sono più punti di riferimento identitari" (Mireille). "La solitudine del discendente di un immigrato è terribile.<br />

E, inoltre, è vittima dei clichés diffusi dalla società" (L. Cherradi).<br />

Questi giovani, che in maggioranza hanno una scarsa formazione, fanno fronte ad un futuro senza uscita<br />

(disoccupazione) e sono vittime di molte discriminazioni nella vita quotidiana o nel lavoro. Questa situazione<br />

sviluppa in molti giovani una collera sorda che non riescono a trasmettere con parole. Può succedere<br />

che alcuni sviluppino comportamenti delinquenziali. Questo succede soprattutto, al giorno d'oggi, per i giovani<br />

di culture magrebine o subsahariane.<br />

Inoltre, bisogna osservare con attenzione speciale il gruppo di persone più grandi che si sono installate nel<br />

quartiere da molto tempo. Spesso, queste persone più grandi hanno perso i loro riferimenti sociali e relazionali.<br />

Sotto l'effetto del loro isolamento, le persone più grandi sviluppano una nostalgia verso il quartiere<br />

che hanno conosciuto e vissuto in passato ed una sensazione d'insicurezza, soprattutto nei confronti dei<br />

giovani identificati come stranieri, cosa che conduce a volte al rifiuto degli altri.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

"Alle persone anziane, anche d'origine belga, piace molto il proprio quartiere. A volte però si nota un certo<br />

razzismo ordinario nei loro discorsi." (André). A volte succede che queste persone anziane non si sentano<br />

riconosciute: "Adesso tutti mostrano interesse per le culture straniere, però a nessuno gli interessa il nostro<br />

folclore di Bruxelles" (Marc, pensionato). "Effettivamente, le persone più grandi si isolano e temono le<br />

novità" (André).<br />

In modo simmetrico, i giovani del quartiere non si sentono a loro agio. "Cosa fa la polizia? Mentre ci arrestano<br />

perché abbiamo la pelle scura, continua ad essere introvabile una bambina scomparsa" (alcuni giovani<br />

dimostranti nel 1997, dopo avere scoperto il corpo della piccola Loubna, scomparsa per più di un<br />

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220 LE VI<strong>DE</strong> TECHNIQUE/ PARCOURS CITOYEN, BRUXELLES, BELGIO<br />

anno). Continuano oggi ad esistere sensazioni contrarie. "Ho messo la testa a posto. Vado a scuola di contabilità.<br />

Provo ad esprimermi attraverso i video. Ma sono molti coloro che non fanno nulla. Sbagliano.<br />

Rimangono 'contro il muro', tra loro. Alcuni sono arrabbiati perché non vedono nessun futuro riguardo alla<br />

disoccupazione. Credono che non servono a nulla. Non sempre mi ascoltano" (Safian, 20 anni,<br />

Marocchino).<br />

2.3.4. Analisi interculturale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

E’ un fatto evidente: è possibile assumere la propria identità nei nostri quartieri. Nel nostro quartiere vivono<br />

una miriade di gruppi culturali (etnici, nazionali, artistici, socioculturali, ecc...) autonomi, che possono<br />

esprimere senza timore la propria identità. L'individuo può liberamente esprimere il suo modo di essere.<br />

Questo quartiere, "nel quale l'individuo è invitato a dimostrare una certa inventiva nella sua relazione con<br />

gli altri" (X Leloup), non favorisce l'isolamento familiare né il ripiego su sè stesso. Tutto ciò costituisce l’attrazione<br />

del quartiere e la sua identità. La diversità culturale è apprezzata, spesso desiderata, a volte folclorizzata.<br />

La convivenza tra gruppi culturali è un fatto.<br />

Tuttavia, per tanta gente ciò è insufficiente. Esistono ogni volta più gruppi culturali che propongono di lavorare<br />

su un'identità nuova, più contemporanea, e che assuma la responsabilità dell’urbanità. Il tempo dello<br />

scambio di conoscenze e soprattutto della partecipazione ad una definizione attiva degli spazi di vita in<br />

comune, sembra essere arrivato. Dobbiamo poter parlare dei valori. "È necessario costruire progetti in<br />

comune. E’così che vedo l’interculturalità." (Nguyess). È possibile che questo quartiere, così tanto complesso,<br />

abbia una responsabilità per quanto riguarda il processo interculturale. Questo progetto potrebbe nel<br />

frattempo porre le basi stesse della sua futura identità e allo stesso tempo controllare la problematica della<br />

gentrificazione.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

Come si è detto precedentemente, il quartiere sembra possedere un alto potenziale di convivenza. Ed è<br />

orgoglioso di ciò. "Se vivo in queste zone, è perché posso mostrare quello che sono" (un vicino). Si possono<br />

esprimere le differenze in modo abbastanza libero. Anche se ad alcuni ciò continua a sembrare insufficiente.<br />

"Le Comunità vivono separate. Si uniscono soltanto nei negozi, ma per strada non si salutano."<br />

(Samir). Questo tipo di parere non è sempre condiviso: "Esiste una maggiore interazione tra le culture in<br />

raffronto con la situazione in Schaerbeek" (Gudrun). "Viviamo in pace, rispettando gli altri in modo più o<br />

meno distante, ma il rispetto è già almeno una certa forma di riconoscimento, e questo mi sembra già<br />

abbastanza buono” (una abitante algerina).<br />

"Il quartiere ha l’aspetto di una finestra. Possiamo esporci. E questo è un potenziale. Ma è chiaro che quest'esposizione<br />

dissimula il fatto che spesso i nostri spazi più che essere combinati, sono giustapposti."<br />

(Leïla). Resta ancora molto da fare. Si ammette però la necessità di aprirsi: "Crediamo che sia necessario<br />

conoscersi. Di fatto è uno dei precetti fondamentali del Corano. Noi stessi, con la nostra associazione, non<br />

siamo sufficientemente aperti con il quartiere e con coloro che lo frequentano. Dobbiamo fare un mea culpa<br />

per quanto riguarda quest'argomento." (Samir). Si dovrebbe forse "sentire piacere e desiderare questo<br />

incontro" (Nguyess).


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222 AFFABULAZIONE, OSTIA, L’ITALIA<br />

1. Breve descrizione del quartiere:<br />

1.1 Informazioni generali sul quartiere<br />

Il quartiere di Ostia ponente nasce alla fine degli anni ’60 sulla spinta dell’emergenza abitativa di una<br />

massa popolare e sottoproletaria, in buona parte composta da immigrati italiani provenienti dal sud Italia,<br />

inurbatisi in modo rapido e disordinato nelle baraccopoli romane e ricollocati successivamente in quartieri<br />

ghetto costruiti in varie aree della città di Roma.<br />

Concepita urbanisticamente come area residenziale si trasforma da subito in un contenitore di disagi sociali,<br />

dovuti in parte al fenomeno della disoccupazione e della sottocultura diffusa, ed in parte alla mancanza<br />

di infrastrutture e servizi di prima necessità.<br />

La lotta per il diritto alla casa caratterizza i movimenti di rivendicazione sociale dei primi anni, compattando<br />

gruppi di diversa origine e tradizioni e favorendo un senso di appartenenza di classe sociale. È di questi<br />

anni la presenza e l’indagine socio-antropologica di Pasolini, che ad Ostia ponente sarà barbaramente<br />

ucciso nel 1975. Negli anni successivi sarà il mercato delle droghe pesanti e il degrado culturale a sconvolgere<br />

il tessuto e l’identità sociale del quartiere: abbandonato dalle Istituzioni, governato da organizzazioni<br />

di micro-criminalità diffusa, Ostia ponente diventa uno dei quartieri più malfamati e pericolosi dell’intera<br />

città di Roma. Durante gli anni ’90 alcune zone del quartiere si sviluppano rispetto ad altre: si modifica<br />

la composizione sociale della zona, alcune aree rimangono “a rischio” mentre per altre inizia un processo<br />

di auto-promozione. Oggi lo scenario sociale è poliforme, con trasformazioni socio-economiche in atto ma<br />

è assente la logica di uno sviluppo coerente.<br />

Rimane infatti aperta la “questione giovanile”, misurabile soprattutto in termini di abbandono scolastico, di<br />

micro-devianza ed emarginazione, fenomeni che investono anche altre fasce generazionali. Sospeso<br />

nell’immaginario collettivo tra un passato ‘deviante’ ed un presente con segnali di rinnovamento, il quartiere<br />

bersaglio di Ostia ponente sembra interrogarsi sul proprio futuro, più che mai subordinato alla capacità<br />

di autodeterminazione che la comunità saprà o meno dispiegare.<br />

1.2. Situazione socio-economica<br />

Il quartiere bersaglio conta circa 20.000 abitanti,<br />

mentre la ‘cittadina’ di Ostia ne annovera<br />

più di 100.000; il Municipio (XIII) è il secondo in<br />

tutta Roma per numero di abitanti (oltre<br />

200.000) e per presenza di giovani.<br />

Negli ultimi anni, il quartiere si è ritrovato al<br />

centro di nuovi investimenti pubblici e privati, in<br />

particolare la costruzione del porto turistico, e<br />

più di recente, la ristrutturazione del lungomare,<br />

nella prospettiva di un rilancio turistico. La<br />

massa ingente di capitale privato e pubblico<br />

investito sulle infrastrutture della zona non ha<br />

soddisfatto tuttavia le aspettative occupaziona-


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li degli abitanti, disattesi nel miraggio di uno sviluppo che si è rivelato essere a beneficio di pochi (gruppi<br />

economici), tradendo le promesse e le premesse di una riqualificazione complessiva. Lo sbocco occupazionale<br />

è soprattutto nel settore dei servizi e dell’edilizia. La popolazione immigrata trova impiego nei settori<br />

non più appetibili per gli italiani: edilizia, servizi domestici e di assistenza alla persona, pulizia delle macchine,<br />

vendita ortofrutticoli, piccola ristorazione, commercio ambulante.<br />

La disoccupazione, la sotto-occupazione e il lavoro nero rimangono le piaghe più diffuse. A questo va associato<br />

un tasso di dispersione scolastica più alto rispetto alla media cittadina, e la presenza di fenomeni<br />

riconducibili ai processi di emarginazione materiale e culturale (baby gangs, consumo e spaccio di sostanze<br />

stupefacenti, suicidi, episodi di violenza). Manca nel complesso una idea organica di sviluppo socio-economico,<br />

il rischio di una intraprendenza di pochi gruppi economici dominanti a detrimento degli interessi<br />

generali della comunità è concreto e suscita un allarme giustificato.<br />

1.3. Servizi ed infrastrutture<br />

I servizi per le fasce deboli (minori, donne, anziani e immigrati) rimangono insufficienti di fronte alla domanda.<br />

I centri di aggregazione sono organizzati da organismi del terzo settore, sia di matrice laica che cattolica,<br />

spesso nella forma dell’autofinanziamento e dell’autogestione.<br />

Unici spazi pubblici attrezzati di aggregazione sono i parchi, il campo sportivo e le spiagge nel periodo estivo.<br />

Hanno contribuito alla qualificazione dell’offerta formativa l’apertura di una biblioteca e di un Teatro<br />

pubblici che tuttavia sono decentrati rispetto alle aree più a rischio. Un centro di formazione professionale<br />

di recente apertura costituisce lo sbocco migliore per la domanda formativa e di inserimento professionale.<br />

La strada e la sala giochi rimangono gli spazi più frequentati dai minori maggiormente a rischio, spesso<br />

già vittime della dispersione scolastica. Non esistono servizi specifici per le donne, ne’ centri anziani<br />

attrezzati, mentre l’emergenza abitativa per una parte della popolazione immigrata è stata risolta con l’istituzione<br />

di un centro socio-abitativo autogestito che soddisfa solo parzialmente le esigenze abitative. I<br />

nuovi immigrati, quasi sempre clandestini, trovano alloggi di fortuna subendo speculazioni e ricatti nella<br />

ricerca della casa. Emerge con sempre più drammaticità la mancanza, a livello locale e nazionale, di una<br />

politica sull’edilizia pubblica, causa di fortissimi disagi sociali.<br />

1.4. Collettivi e gruppi del quartiere<br />

L’insediamento di cittadini immigrati è avvenuto soprattutto negli ultimi anni, ma in modo sparpagliato e<br />

dispersivo. Sono presenti rappresentanze di oltre 100 gruppi etnici ma non esistono comunità realmente<br />

consolidate ed in grado di auto-rappresentarsi sotto il profilo culturale, tranne una comunità di Rom, insediata<br />

da molti decenni ed integrata nel tessuto sociale.<br />

L’intervento pubblico a favore dell’accoglienza e dell’integrazione è stato molto carente, e troppo spesso<br />

delegato all’iniziativa di singoli gruppi di volontariato.<br />

Le piazze sono i luoghi di incontro soprattutto per gli anziani ed i bambini mentre sono ancora carenti le<br />

opportunità di impiego del tempo libero (impianti sportivi e centri culturali), anche per la popolazione immigrata.<br />

Alcuni gruppi, soprattutto di cittadini esteuropei, si riuniscono in parchi pubblici settimanalmente, ma<br />

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224 AFFABULAZIONE, OSTIA, L’ITALIA<br />

senza riuscire a costruire dei progetti comuni e condivisi con la comunità.<br />

1.5. Livello associativo e reti<br />

Le realtà civiche più attive sono legate ai comitati di quartiere, alle esperienze sociali auto-organizzate e<br />

del terzo settore.<br />

E’ intorno ai bisogni primari che si sono attivate le reti ed i comitati civici. E’ incrementata la domanda per<br />

le attività ricreative e culturali, solo parzialmente soddisfatta dalle iniziative del terzo settore. Le reti primarie<br />

sono ancora deboli nelle aree più difficili, a causa di un contesto indebolito dal degrado culturale e dalla<br />

precarietà economica.<br />

E’ tuttavia da sottolineare che in questi anni i diversi organismi stanno imparando la metodologia del lavoro<br />

in rete e si percepisce un miglioramento della capacità di iniziativa delle associazioni del quartiere.<br />

L’attivazione di percorsi dal basso ha stimolato la cultura della cooperazione, acquisita come patrimonio da<br />

parte delle reti più avanzate.<br />

Le reti pubblico/privato, quando funzionano dimostrano la loro efficacia.<br />

Considerate le caratteristiche peculiari del quartiere bersaglio, la sua dimensione e complessità, la scelta<br />

strategica si è indirizzata verso la formazione di gruppi di base e l’empowerment di reti primarie. Il lavoro<br />

di rete ha favorito infatti scambi di saperi, di pratiche operative e di visione, e ha coinvolto singole associazioni<br />

e reti nella progettazione di iniziative socio-culturali.<br />

2. Analisi sulla convivenza<br />

2.1. Gruppi<br />

2.1.1 Introduzione generale<br />

I processi di industrializzazione riconducibili al boom economico degli anni ’60 hanno conferito al tessuto<br />

sociale un carattere più atomizzato; sono venute a cadere le tutele che in passato venivano garantite dalla<br />

famiglia intesa come istituzione primaria che accoglieva le esigenze principali dell’individuo, fungendo da<br />

ammortizzatore e da elemento di integrazione.<br />

Questi processi sono risultati particolarmente evidenti nelle aree periferiche delle grandi metropoli, dove un<br />

inurbamento rapido e disorganizzato ha deprivato una nuova massa di persone dei propri punti di riferimento<br />

intesi come senso di identità ed appartenenza.<br />

Nelle aree periferiche, è il caso del quartiere di Ostia ponente, si è venuto accumulando un disagio generalizzato<br />

che ha investito le classi sociali meno protette. Da parte istituzionale è mancata una politica del<br />

welfare efficiente e trasversale: laddove sono avvenuti investimenti, questi si sono caratterizzati per l’assenza<br />

di una logica organica e coerente, assolutamente deficitaria nel settore dei servizi sociali e culturali.<br />

In alcuni casi la totale assenza istituzionale è stata evidente ed ha significato uno stato di abbandono con<br />

conseguenza il diffondersi di un sentimento di rassegnazione e un progressivo processo di disgregazione<br />

dei rapporti sociali.


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Tuttavia, in risposta all’emarginazione e alle carenze infrastrutturali, si sono ricostituite nel corso degli anni<br />

reti civiche di auto-promozione e protezione, sulla spinta iniziale di piccoli gruppi di cittadini, di matrice sia<br />

cattolica che laica e politica. Hanno preso forma cosi dei processi di riqualificazione socio-ambientale con<br />

ricadute anche sul tessuto economico che hanno riconfigurato il quartiere e la sua composizione sociale.<br />

Questo fenomeno, sebbene discontinuo e settoriale ha tuttavia contribuito a favorire l’emergere di alcuni<br />

gruppi sociali, particolarmente vulnerabili.<br />

E’ il caso di comunità di immigrati che si sono organizzati in rete con organismi locali ed hanno ottenuto il<br />

riconoscimento di un centro socio-abitativo di prima accoglienza; il caso di gruppi di anziani che hanno<br />

ottenuto spazi di incontro, ma anche il caso di soggetti a rischio come tossicodipendenti, malati psichici e<br />

diversamente abili che hanno sperimentato nuove forme di auto-aiuto od intrapreso nuove strade di integrazione<br />

sociale. La relazione tra i gruppi invisibili e quelli più consolidati, in grado di determinare dei cambiamenti<br />

più incisivi nell’immaginario e nella pratica sociale hanno favorito la nascita di nuovi spazi e opportunità.<br />

Laddove le reti sociali hanno trovato il sostegno anche istituzionale esse sono cresciute, diventando<br />

realtà affermate e rappresentando efficaci modelli di intervento. In altre zone dove ha prevalso il senso<br />

di rassegnazione e immobilismo, i rapporti tra persone e gruppi si sono deteriorati, contrassegno di un contesto<br />

molto debole, privo di punti di riferimento ed in cui hanno più facilmente attecchito elementi tipici della<br />

sottocultura e della devianza.<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

Il fermento della realtà sociale è recente: esistono esperienze e pratiche sociali che hanno fatto incontrare<br />

tra loro gruppi di diverso tipo, attivando reti di sostegno, ma non c’è quella dimensione di attivazione organizzata<br />

della società civile, in termini di partecipazione larga alla vita politica e culturale; non ci sono gruppi<br />

‘forti’, con una specifica forza trainante, ma un insieme di piccoli gruppi che nel tempo hanno maturato<br />

la consapevolezza di doversi unire per raggiungere risultati concreti. È il caso del ‘cantiere sociale’ che<br />

unisce in rete organismi diversi per progettare insieme anche alle istituzioni un grande polo integrato di<br />

servizi socio-culturali.<br />

In linea generale, intorno ai diritti di cittadinanza negati nei confronti degli immigrati e di altre categorie a<br />

rischio di esclusione sociale, si sono formate<br />

reti di aiuto dal basso che hanno mobilitato italiani<br />

e stranieri nella rivendicazione del diritto<br />

alla casa, una emergenza condivisa che ha creato<br />

rapporti di solidarietà non facilmente immaginabili.<br />

E’ intorno alla casa e al diritto allo studio<br />

che si sono create le sinergie migliori trasformando<br />

rapporti segnati da pregiudizio in<br />

rapporti di aiuto reciproco.<br />

Le relazioni si sono saldate intorno ad uno<br />

scopo: da casuali ed instabili sono diventate<br />

durature ed organizzate per la difesa dei diritti<br />

primari.<br />

Un gruppo forte si è costituito intorno all’identi-<br />

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226 AFFABULAZIONE, OSTIA, L’ITALIA<br />

tà religiosa islamica e riunendo molteplici nazionalità ha creato un proprio luogo di culto, autogestendo uno<br />

spazio abbandonato trasformato in una moschea, in attesa di essere legalmente riconosciuta.<br />

In generale vale la regola che i contesti vulnerabili tendono a produrre relazioni sociali deboli all’interno proprio<br />

interno e verso altri gruppi. Sentimenti di estraneità e diffidenza si frappongono nella relazione quotidiana,<br />

creando un ostacolo alla convivenza, cioè alla costruzione dei rapporti di vicinato.<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

Nelle aree maggiormente ‘a rischio’ le relazioni tra gruppi sono inficiate da un diffuso sentimento di paura<br />

e di rifiuto verso l’alterità, che si determina sia su scala intergenerazionale, che su quella dei rapporti tra<br />

culture. Sfuma l’interesse a riconoscere le ragioni dell’altro e la volontà di armonizzare le diverse esigenze:<br />

si rifiuta il bisogno e l’opportunità di una socialità condivisa, favorendo l’emergere di interessi particolari,<br />

settari.<br />

Alcuni di questi fenomeni di chiusura sono riferibili anche ai rapporti tra generi, in particolare una sedimentata<br />

sotto-cultura sessista incide negativamente sull’instaurarsi di rapporti paritetici uomo/donna e ad una<br />

consapevole maturazione dell’identità femminile.<br />

In generale gli attori dei diversi gruppi avvertono il senso di solitudine ed esprimono il bisogno di rompere<br />

il proprio isolamento.<br />

2.1.2. Analisi Intergenero<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

Nei contesti caratterizzati dalla presenza di una sottocultura sessista si verificano fenomeni di subalternità<br />

delle donne, sia giovani che adulte. Questo determina una sottovalutazione delle problematiche femminili,<br />

intese come bisogni specifici non formulati né soddisfatti. Di qui l’acuirsi di fenomeni come: la gravidanza<br />

precoce, l’interruzione degli studi, difficoltà per l’inserimento sociale e lavorativo, e fenomeni di violenza<br />

familiare, spesso relegati nella sfera del ‘sommerso’.<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

Emerge la difficoltà a riconoscere e formulare<br />

un bisogno specifico da parte delle donne più<br />

vulnerabili anche data la mancanza di momenti<br />

di confronto interpersonale necessari ad<br />

affrontare la solitudine.<br />

La condizione femminile è complessa in generale:<br />

anche le donne più emancipate affrontano<br />

la sfida dei molteplici ruoli (professionale,<br />

familiare) a discapito della sfera personale<br />

(bisogni specifici della ‘Persona’).


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Una ragazza dice: ‘..bisognerebbe cambiare la mentalità, io lo vedo in mio padre ed in mio fratello…una<br />

mentalità molto chiusa; cerco di essere sempre molto autonoma, di organizzarmi da sola; esiste ancora la<br />

mentalità che tu donna devi rimanere dentro casa, devi badare ai figli ecc.; devono permetterci di dare, di<br />

realizzarsi in diversi ambiti. Nella mia esperienza di volontariato ho incontrato moltissime donne, difficilmente<br />

c’erano uomini. Io non voglio rinchiudermi dentro casa come mia madre ed è fondamentale per me lavorare<br />

nel sociale, rendermi utile a 360 gradi….’.<br />

2.1.3. Analisi intergenerazionale<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

Si rileva una generalizzata difficoltà di dialogo tra le diverse fasce di età (minori/giovani/adulti/anziani), tipica<br />

della società moderna, in cui le diverse generazioni (pur non essendo molto distanti a livello di età) si<br />

trovano a vivere realtà nettamente differenti. In particolare viene meno il senso della solidarietà tra generazioni,<br />

categorie di età tra loro distanti tendono a perdere le ragioni di un confronto.<br />

Questa dissonanza è aggravata però da fenomeni di disgregazione riconducibili al consumo diffuso di droghe:<br />

è la subcultura specifica di questo mondo (tanto dei giovani che degli adulti) che accentua l’alienazione<br />

da sé e spezza i legami di prossimità.<br />

Nel caso di gruppi di anziani inseriti in un contesto ricreativo e/o in grado di attivarsi, matura la consapevolezza<br />

dei propri bisogni e la capacità di moblitazione. In questo caso le relazioni con la comunità aumentano<br />

qualitativamente e quantitativamente e si consolidano reti tra gruppi di età.<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

Viene avvertito il bisogno di ricostituire i nodi relazionali soprattutto da parte degli anziani, che sentono<br />

sempre più lontano ed incomprensibile il mondo giovanile, nelle loro espressioni e bisogni.<br />

Il mondo degli adulti percepisce una grossa difficoltà a dialogare con il mondo dei “minori a rischio”, laddove<br />

vengono agite modalità comportamentali aggressive.<br />

Il gruppo diventa per questi ragazzi uno strumento per esprimere la propria aggressività senza assumere<br />

su di sé responsabilità e visibilità personali. Le modalità aggressive di comunicazione si riproducono negli<br />

spazi pubblici come la scuola, la piazza, ripercuotendosi contro altri gruppi.<br />

Il gruppo crea una identità collettiva ed un senso di appartenenza che genera una duplice reazione: di chiusura<br />

e isolamento all’interno e di rottura e scontro verso l’esterno.<br />

2.1.4. Analisi interculturale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

È diffuso nell’immaginario collettivo una percezione negativa dell’immigrato. Questo caratterizza sia il quartiere<br />

bersaglio che l’intera società ed è anche riconducibile ad una più generale Islamofobia che caratterizza<br />

i rapporti tra culture alla luce delle dinamiche mondiali contemporanee.<br />

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Questo stato di cose pregiudica il naturale instaurarsi di rapporti sociali con gli altri gruppi della comunità,<br />

generando fenomeni di isolamento e accentuando le incomprensioni.<br />

La precarietà lavorativa della gran parte della popolazione immigrata, aggravata da una legislazione inadeguata<br />

che non tutela a sufficienza le necessità nelle varie sfere esistenziali (esigenze abitative, culturali..),<br />

rappresenta un grande ostacolo per l’integrazione: vengono meno i momenti di contatto e di scambio tra<br />

italiani e stranieri, oppure la forza lavoro straniera è utilizzata in tutti quei settori rifiutati dagli italiani. La<br />

scuola tuttavia è un luogo che favorisce l’incontro interculturale, anche tra gli adulti, ma non riesce da sola<br />

ad affrontare la complessità della sfida di una società interculturale. Nella rivendicazione dei diritti fondamentali,<br />

come quello della casa, prendono forma iniziative che coinvolgono tanto gli italiani che gli stranieri,<br />

con l’effetto di armonizzare le diversità in funzione dei bisogni. Va sottolineata l’esperienza della moschea<br />

autogestita che costituisce un esempio di costruzione di spazi per l’auto-rappresentazione culturale,<br />

un passaggio verso la tutela della propria identità, che puo’ meglio realizzarsi una volta che sono soddisfatti<br />

i bisogni primari della casa e del lavoro.<br />

Il quartiere, pur avendo una sua storia di immigrazione, non sempre presente nella memoria collettiva, fatica<br />

a riconoscere i bisogni esistenziali di chi migra: l’immigrato viene percepito come un elemento estraneo,<br />

che sottrae risorse già scarse.<br />

Da parte della comunità non si avverte il bisogno o viene scarsamente formulata la domanda di una politica<br />

più attenta ai momenti di scambio e conoscenza reciproci. Nei quartieri più svantaggiati, il vedere stranieri<br />

che lavorano crea uno stato di confusione e rabbia che crea una immagine distorta ma condivisa della<br />

realtà.<br />

La legge sull’immigrazione relega l’immigrato clandestino in una sfera di illegalità, non solo giuridica ma<br />

anche sul piano sociale e morale, stigmatizzandone la pericolosità. Per esempio l’istituzione dei Centri di<br />

Permanenza Temporanea, nell’ambito dell’attuale Legge sull’immigrazione, ‘accoglie’ l’immigrato clandestino<br />

in un non luogo segregandolo fisicamente e psicologicamente.<br />

Questo deficit di accoglienza suscita in alcune comunità immigrate una forte chiusura all'interno del proprio<br />

gruppo e la costruzione nell'immaginario collettivo di uno stereotipo dell'italiano visto come razzista ed<br />

ignorante. Si sente la necessità di un intervento di mediazione socio-culturale che sostenga il migrante<br />

nella risoluzione dei propri bisogni agevolando e snellendo l'iter burocratico del permesso di soggiorno,<br />

ricerca di un lavoro, conoscenza dell'altro e confronto con gli autoctoni che dovrebbero uscirne rafforzati<br />

dalla conoscenza dell'altro e delle sue sofferenze.<br />

C) Descrizione soggettiva<br />

E’ forte lo stereotipo negativo derivante dall’etichettamento subito innanzitutto da parte delle Istituzioni e<br />

dei Media, che contribuiscono alla formazione di un senso comune e appiattiscono su pochi elementi la<br />

complessità del fenomeno immigrazione.<br />

Uno degli intervistati sostiene: ‘…Gli immigrati rubano il lavoro’, ‘….danno la casa agli immigrati invece<br />

che agli italiani’, ‘…sono sempre ubriachi e creano problemi’; un altro intervistato dice: ‘…hanno aperto<br />

un negozio di pesce, invece se vuole aprire qualcosa un italiano gli fanno un sacco di problemi, invece loro<br />

siccome fanno tutti questi attentati mettono paura’.


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La clandestinità porta ad una precarietà esistenziale causata dalla negazione dei diritti di cittadinanza,<br />

come la libera circolazione, la mancanza dei momenti di scambio culturale, l’estrema difficoltà nella ricerca<br />

della casa e del lavoro, pre-condizioni necessarie per un inserimento effettivo nel tessuto sociale.<br />

Un immigrato sostiene: ‘…ci sono tre soggetti: gli immigrati, il popolo italiano ed il governo che ha interesse<br />

a mantenerci divisi……non sono gli italiani che vogliono questa divisione…servirebbe una legge<br />

sull’immigrazione che garantisce tutti….c’è la volontà di mantenere questa situazione e lo vediamo con le<br />

informazioni che ci forniscono, si parla sempre delle cose negative degli immigrati come se tutti fossero<br />

delinquenti…’.<br />

Il tema della convivenza interculturale è sentito come una meta molto lontana, mancando le basi primarie<br />

per l’inserimento. La domanda di auto-rappresentazione culturale emerge ma solo successivamente alla<br />

soddisfazione dei bisogni primari. intervista ad un immigrato del centro socio abitativo Vittorio Occupato:<br />

‘… senza permesso non si può lavorare quindi non si riesce a pagare l'affitto,mangiare e poi non riusciamo<br />

ad aiutare le nostre famiglie rimaste nei paesi di origine ….. ma non possiamo neanche iscriverci in<br />

una palestra ad un corso in una scuola pubblica! Noi non abbiamo gli stessi diritti degli altri siamo stranieri."<br />

La risposta di un ragazzo africano all'invito a partecipare ad una festa delle culture:"se domani trovo lavoro,<br />

in shallah piano piano riuscirò a sopravvivere e forse a migliorare la mia vita, solo allora potrò andare<br />

alle feste culturali ed aprirmi liberamente allo scambio e alla conoscenza degli altri… sennò potrò parlare<br />

solo dei miei problemi e di come potrei essere aiutato… rischiando di rafforzare l'immagine dell'africano<br />

poverino…’; un altro immigrato della scuola di italiano del centro socio-abitativo sostiene: ‘..per noi la vita<br />

non è facile siamo continuamente fermati dai carabinieri quando camminiamo nei pressi della stazione del<br />

treno e siamo maltrattati perché arabi, quindi per loro sicuramente terroristi …. Ma con i neri è la stessa<br />

cosa poiché esistono in questura diversi funzionari apertamente razzisti!’.<br />

2.2 Spazi<br />

2.2.1. Introduzione generale:<br />

Effettuando una mappatura degli spazi pubblici<br />

del quartiere rileviamo situazioni differenti; si<br />

possono descrivere processi di riqualificazione<br />

sia urbanistica che sociale, essendo questi due<br />

aspetti complementari. In alcuni casi si è innescato<br />

un meccanismo di valorizzazione e trasformazione<br />

di uno spazio ‘morto’ e abbandonato in<br />

uno spazio ‘vivo’ e partecipato, che si è inserito<br />

in modo attivo nel vissuto quotidiano degli abitanti,<br />

diventando luogo di incontro, di scambio e<br />

di partecipazione.<br />

E’ il caso della Piazza delle Repubbliche<br />

Marinare che grazie all’intervento di un comitato<br />

di quartiere ha promosso una ricostruzione<br />

fisica e sociale dei giardini, trasformandoli in un<br />

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luogo di aggregazione per tutte le fasce di età, organizzandovi mercati all’aperto ed iniziative di animazione<br />

durante l’anno. Questo esempio può rappresentare un buon modello, e la rete del progetto europeo<br />

intende favorire il trasferimento di questa buona pratica anche nelle aree limitrofe. Risulta trainante non<br />

solo la cura estetica dello spazio ma anche l’atmosfera di rinnovamento che scaturisce dalle attività artistiche<br />

e culturali.<br />

Analogo processo non si è verificato nella Piazza Gasparri, seppure interessata da una ristrutturazione della<br />

piazza finanziata dalle Istituzioni nell’anno 2000. In questo caso non si è ancora generato un processo dal<br />

basso di forte attivazione civica, sebbene vi siano dei segnali di volontà di riappropriazione dello spazio pubblico.<br />

Per alcuni decenni lo spazio era come segregato: l’accesso era fortemente problematico, si configurava<br />

come un ghetto pericoloso per gli “estranei”. Negli ultimi anni si sono venuti formando dei nuclei, sia istituzionali<br />

che del volontariato, che hanno avviato un’opera di rinnovamento culturale. Tuttavia è ancora<br />

debole la capacità di favorire un lavoro sistematico di rete, condizione per sviluppare una politica di sviluppo<br />

umano.<br />

Altro esempio significativo per descrivere il quartiere nella sua interezza è il polo della ex colonia Vittorio<br />

Emanuele. Questa imponente struttura, per lungo tempo rimasta in uno stato di semiabbandono, negli ultimi<br />

anni è diventata il fulcro di aspirazioni e di interessi pubblici e privati, che la stanno trasformando in un<br />

cantiere sociale di progettazione partecipata.<br />

Questo è un esempio di come il lavoro di rete tra le realtà di base, abbia prodotto una sinergia strategica<br />

ed operativa portando ad una effettiva riqualificazione culturale e materiale.<br />

Ad oggi esiste un sistema integrato socio-sanitario-culturale che offre servizi per la formazione (una biblioteca<br />

ed un teatro pubblico e popolare), per l’accoglienza degli immigrati (un centro socio-abitativo), per i<br />

gruppi vulnerabili (Mensa Caritas, sportello di ascolto, Centro Igiene Mentale). Grazie alla mobilitazione delle<br />

reti di base e all’attenzione istituzionale questo modello si va ampliando e sperimenta nuove progettualità<br />

modulate sulle reali esigenze dei cittadini fino ad incidere anche sulle politiche territoriali.<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

La sinergia tra reti civiche e istituzionali, come<br />

anche una concezione della riqualificazione<br />

che sia fisica ed insieme culturale sono elementi<br />

complementari per uno sviluppo complessivo<br />

degli spazi pubblici.<br />

Il quartiere bersaglio è di formazione recente,<br />

ed è nato privo di un adeguato piano urbanistico:<br />

nelle case popolari vengono inizialmente<br />

ammassate le famiglie senza casa ma senza<br />

fornire servizi di assistenza né spazi pubblici di<br />

incontro.


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Dopo l’ambivalenza degli anni ’80, in cui si percepiva lo sviluppo quasi esclusivamente come crescita economica,<br />

si delineano nuovi scenari: si rileva la volontà dei cittadini di riappropriazione dei luoghi comuni ed<br />

un desiderio di socialità, espressa anche attraverso una nuova sensibilità e cura degli spazi verdi. La rinascita<br />

e il desiderio di partecipazione, promosso in un primo tempo dai piccoli gruppi, ha coinvolto segmenti<br />

sempre più ampi ricostruendo i luoghi fisici e simbolici della socialità. La capacità di saldare le spinte<br />

dall’alto e dal basso sono l’espressione matura di questa mobilitazione orientata ad attivare la società civile,<br />

con progetti sostenibili nel tempo. Gli spazi pubblici diventano vivibili per il tempo libero ma producono<br />

anche opportunità di lavoro (opera di manutenzione, piccole attività di vendita e servizi culturali).<br />

La prospettiva di intervento di rete garantisce un coinvolgimento dei vari gruppi sociali, maturando una coscienza<br />

più ampia e nuovi strumenti di intervento sulla realtà, che promuovono gli spazi fisici e le persone<br />

che li abitano.<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

laddove è avvenuta una maturazione culturale delle reti gli attori vivono un senso di protagonismo in relazione<br />

ai progetti di riqualificazione degli spazi: è diffusa una forte coesione sociale e un senso preciso degli<br />

obiettivi comuni. Il dibattito è aperto e impostato sull’ascolto, emerge la consapevolezza che l’interesse particolare<br />

si ricongiunge con quello generale: la promozione dello spazio proprio coincide con quello collettivo,<br />

si punta ad una “politica e poetica” degli spazi.<br />

Nelle aree più vulnerabili, meno investite da dinamiche di rinnovamento civile, gli attori sono meno consapevoli<br />

e questo si riflette in una precaria gestione degli spazi che faticano ad assumere una centralità nella<br />

vita del quartiere. Si determina una situazione di stallo in cui non si sviluppano appieno le capacità di autopromozione,<br />

a scapito della qualità della convivenza e del dialogo. Una giovane cittadina si esprime cosi:’…<br />

da questa parte del cavalcavia …è considerata la parte “cattiva” perché Ostia è molto divisa: “di qua” e<br />

“di là”, a Nuova Ostia in passato c’era una situazione di delinquenza abbastanza notevole…. Io sono cresciuta<br />

con mio padre che mi diceva che da piazza delle Repubbliche Marinare in poi ci vorrebbe il confine…<br />

però è vero che in passato i delinquenti abitavano questa zona e c’è questa sorta di emarginazione… mia<br />

madre è terrorizzata che io esca alle 7 di sera…’.<br />

2.2.2. Analisi intergenero<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

Mancano gli spazi per l’autodeterminazione, sia in senso fisico che culturale. Questa mancanza è trasversale<br />

alle classi sociali, ma è più penalizzante nei contesti fragili: la scarsità e, a volte, la totale assenza di<br />

luoghi specifici determina l’impossibilità di confrontarsi, riconoscere il bisogno ed emanciparsi rispetto ad<br />

esso.<br />

In mancanza di spazi pubblici, viene privilegiato l’incontro in spazi “invisibili” come l’ambiente domestico e<br />

per questo ristretti al piccolo gruppo. Questa strategia garantisce un luogo per vedersi ma penalizza il confronto<br />

più allargato con la comunità.<br />

Nel caso dei servizi istituzionali di prevenzione e assistenza socio-sanitaria (consultorio femminile) il basso<br />

livello culturale può diventare un ostacolo ad una fruizione serena del servizio, e a questo si aggiungono<br />

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232 AFFABULAZIONE, OSTIA, L’ITALIA<br />

fattori come l’inadeguatezza del personale e dell’organizzazione del centro. A ciò si aggiunge una complessità<br />

del messaggio sul tema della vita e dell’aborto, dell’educazione non idonea alla sessualità, della sfera<br />

morale che assume un valore (auto)giudicante.<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

E’ esclusivo degli ambienti più solidi la capacità di ideare spazi, intesi come fisici e culturali, di integrazione,<br />

per rispondere ai bisogni specifici di genere. In questi casi affiora una visione larga sulle diverse sfere<br />

esistenziali della donna ed una progettazione articolata, in termini di servizi ed opportunità, di risposta a<br />

tale complessità, tipica dell’universo femminile. Si tratta tuttavia di un processo precario per la debolezza<br />

di una politica al femminile, caratteristica negativa della cultura italiana.<br />

Una donna intervistata dice:’.. Vorrei che si creasse una maggiore consapevolezza da parte delle donne,<br />

dei loro diritti, quindi offrire un servizio che possa dar modo alle donne non solo immigrate di non sentirsi<br />

sole, ed emarginate…. e comunque una maggiore attenzione da parte delle istituzioni’.<br />

Rispetto alla gestione degli spazi pubblici:’…le donne si vedono qui in piazza, ma se facessero uno spazio<br />

per le donne se lo prenderebbero quelli di Piazza Gasparri…’<br />

2.2.3. Analisi intergenerazionale<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

La carenza di spazi specifici per i giovani e gli anziani, intesi come spazi di aggregazione tra pari e di incontro<br />

e conoscenza reciproca, favorisce un processo di chiusura nel privato e di isolamento rispetto all’altro.<br />

In mancanza di luoghi di aggregazione i giovani si appropriano di aree pubbliche (la strada) e semi-pubbliche<br />

(la sala giochi), dove non si fruisce di uno spazio ma “lo si subisce”; la carenza di un’offerta formativa<br />

e culturale adeguata rende alto il rischio di riprodurre una sottocultura che inibisce la maturazione di<br />

uno spirito propositivo.<br />

Nei contesti più strutturati, dove è più forte la società civile, gli spazi vengono rivendicai e sono frutto di<br />

una progettualità intergenerazionale.<br />

Categoria meno individuabile è la categoria degli ‘adulti’, più assorbiti dal ritmo lavorativo che li appiattisce<br />

nel ruolo produttivo e genitoriale: di conseguenza non vengono meglio formulati bisogni e la richiesta di<br />

spazi specifici.<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

Per i giovani dei contesti più disagiati lo spazio è il territorio di riferimento, cioè l’insieme dei luoghi che<br />

costituiscono l’ambiente di vita. La micro-comunità diventa un forte dispositivo generatore dell’identità, ci<br />

si definisce in relazione ed opposizione ad altri gruppi e zone della città in base al luogo di provenienza, in<br />

particolare alla piazza o strada pubblica di appartenenza.<br />

Per gli anziani la partecipazione alla vita della piazza o ad eventuali centri di aggregazione favorisce la possibilità<br />

di incontrarsi e raccontarsi. Laddove lo spazio pubblico è privo di una adeguata offerta di socialità<br />

la convivenza rimane limitata e gli spazi meno partecipati.


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2.2.4. Analisi interculturale<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

Tendenzialmente l’immigrato si raggruppa con i membri della comunità di provenienza e spesso i gruppi si<br />

ritrovano in spazi specifici della città.<br />

Nel quartiere esiste un centro socio-abitativo per immigrati che però subisce lo stigma negativo da parte<br />

della comunità. Si riflette su questo centro un atteggiamento generale di diffidenza e chiusura presente<br />

nell’intera società nei confronti degli stranieri e questo luogo fatica a sviluppare la sua potenziale forza di<br />

punto d’incontro interculturale.<br />

Si riducono i momenti di condivisione degli spazi pubblici per vari fattori legati sia alle difficoltà di un inserimento<br />

armonico nei vari settori della società che ai rischi dovuti allo stato di clandestinità.<br />

Lo spazio pubblico si riduce ad essere soprattutto luogo di lavoro (commercio ambulante).<br />

Ma per gli abitanti del centro socio abitativo lo spazio pubblico di incontro è il ritrovo dove: ‘…scambiare<br />

la sera due chiacchere o fare una partita a ping pong bevendo un te o una birra insieme a chi condivide lo<br />

stesso spazio di abitazione…’. Per chi frequenta il posto è una piccola isola "felice" di armonia e scambio<br />

tra varie comunità presenti.<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

In conseguenza alle difficoltà legate al riconoscimento del permesso di soggiorno e di lavoro e in generale<br />

allo status giuridico, lo straniero fatica a trovare momenti e luoghi per la propria auto-rappresentazione<br />

culturale. La ricerca degli spazi è funzionale all’aggregazione con il proprio gruppo, e viene avvertita la<br />

mancanza di spazi e di una politica di conoscenza ed integrazione.<br />

Tuttavia nelle mobilitazioni comuni viene evidenziato come: ‘..Uno spazio condiviso dovrebbe essere un<br />

luogo dove tutti , a prescindere dalla comunità<br />

originaria a cui fanno riferimento, sentono il<br />

proprio appartenere … ecco perché nelle case<br />

occupate o negli spazi sociali autogestiti dove<br />

si condividono percorsi comuni di lotta è più<br />

facile che si instaurino spontaneamente dinamiche<br />

di scambio e relazioni tra i vari gruppi<br />

con il risultato di crescere culturalmente tutti’.<br />

2.3. Sentimenti<br />

2.3.1. Introduzione generale:<br />

In generale il quartiere è segnato da processi di<br />

trasformazione che ne riconfigurano confini e<br />

auto-percezioni. Non sono più evidenti i segni<br />

233


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234 AFFABULAZIONE, OSTIA, L’ITALIA<br />

urbanistici e sociali che nel passato lo contraddistinguevano nettamente, etichettandolo come quartiere<br />

disagiato e a rischio.<br />

In seguito al tramonto della stagione di attivazione e rivendicazione politica degli anni ’70 che generava,<br />

attraverso la mobilitazione comune, un senso di appartenenza e di identità sia individuale che collettiva,<br />

cambia lo scenario dei rapporti umani.<br />

Nelle parti più vulnerabili del quartiere la frantumazione dei legami di comunità e di solidarietà di classe<br />

sociale, avvenuta negli anni ’80 e aggravati dalla diffusione delle droghe pesanti, hanno influito fortemente<br />

sulla qualità della vita: i rapporti di prossimità sono deteriorati con conseguenze negative sui sentimenti<br />

di appartenenza. La comunità è stata fortemente etichettata come deviante e associata nell’immaginario<br />

collettivo della città ad un ghetto delinquenziale.<br />

Lo stigma ha accompagnato e accompagna in parte anche oggi gli abitanti della piazza più difficile, condizionandone<br />

l’integrazione sociale ma anche lavorativa. L’identità negativa è stata introiettata dagli stessi<br />

abitanti, l’emarginazione sociale e culturale ha prodotto come reazione un senso di appartenenza ambivalente:<br />

di orgoglio e di rifiuto. Questo dinamica risulta particolarmente evidente nel fenomeno della baby<br />

gangs giovanili.<br />

Emerge il sentimento di un abbandono da parte delle Istituzioni, ma non si oppone un rifiuto deciso articolando<br />

una risposta coerente ed un processo di auto-determinazione.<br />

La perdita di riferimenti culturali, legati anche all’identità di classe sociale, ha lasciato un vuoto di valori<br />

colmato dall’avanzata del modello materialista degli anni ’80 che ha spezzato i legami di solidarietà e di<br />

prossimità. La cultura popolare, riconducibile in Italia e nel quartiere di Ostia ponente all’esistenza storica<br />

di una classe proletaria e sotto-proletaria, ha subito una torsione ed un regresso progressivo, da cui è scaturito<br />

un senso di disorientamento culturale ed identitario.<br />

Nei contesti che hanno saputo reagire a questa recessione generale creando e mobilitando reti sociali e<br />

riappropriandosi di bisogni e di spazi, è riemersa una nuova combattività legata alla difesa del<br />

quartiere/ambiente di vita, con ricadute positive<br />

nei sentimenti di identità e di appartenenza<br />

degli e tra gli attori sociali. È qui che la società<br />

civile è riapparsa come agente locale di trasformazione,<br />

attivando un ampio sentimento di<br />

protagonismo: organismi e gruppi diversi<br />

hanno preparato il terreno della mobilitazione<br />

formando la cultura della partecipazione.<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

Laddove la partecipazione attiva si trasforma in<br />

uno strumento di riappropriazione dal basso di<br />

opportunità negate si viene formando un senso<br />

di consapevolezza del gruppo come elemento<br />

strategico necessario per il cambiamento. In


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questa dinamica gruppale la percezione di sé è orientata intorno ad un nuovo protagonismo: si rafforzano<br />

al contempo l’individuo ed il gruppo, i gruppi si intrecciano e si affermano le reti tra associazioni, diventa<br />

così tangibile il rafforzamento della società civile. Gli obiettivi crescono fino ad includere una visione generale<br />

di sviluppo, ben oltre il proprio quartiere di appartenenza. Riemerge il concetto di ‘territorio’, di ‘città’,<br />

che sintetizzano i piani del globale e del locale. Riaffiora progressivamente la capacità di analisi delle problematiche<br />

di altri paesi e continenti che facilita scambi e sinergie, fino a pochi anni fa impensabili, con<br />

mondi distanti. La tematica dello sviluppo sostenibile e della cittadinanza attiva favorisce la formazione di<br />

una consapevolezza globale che si traduce in nuove ‘visioni del mondo’ e in strategie operative, riconducibili<br />

allo slogan sulla ‘globalizzazione dei diritti’.<br />

Nei contesti vulnerabili aumenta invece il gap culturale e la difficoltà a colmare il deficit formativo. Qui il<br />

senso di appartenenza ai luoghi fisici (la piazza, la strada, il bar…) rimane determinante.<br />

Laddove i gruppi riescono a legarsi e a mobilitarsi in una dialettica costruttiva, condividendo obiettivi e progettualità,<br />

emergono sentimenti di appartenenza reciproca, e matura un nuovo senso di sé ed una visione<br />

più comprensiva della realtà, dei bisogni propri ed altrui.<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

Laddove sono forti le reti sociali, si afferma un senso di agio e di maggiore vivibilità degli spazi pubblici.<br />

Aumenta la capacità di animazione dei luoghi (riqualificazione del verde, organizzazione di eventi ricreativi<br />

per il tempo libero, ideazione di servizi e posti di lavoro, momenti di integrazione tra realtà diverse).<br />

Il cittadino si sente inserito in un ‘luogo’ più protetto e rassicurante che garantisce un sistema informale di<br />

tutela e prevenzione.<br />

Nei contesti più a rischio rimane contraddittorio il sentimento di appartenenza al quartiere, sospeso tra<br />

rivendicazione orgogliosa e senso di rifiuto. Un abitante della piazza più a rischio dice: ‘..la solidarietà non<br />

esiste più, ognuno pensa a sè….c’era più povertà una volta ma più solidarietà perchè le relazioni tra persone<br />

avevano più valori, c’era un senso di appartenenza che oggi si è perso….prima cose come queste<br />

che vediamo adesso tipo autisti del bus che vengono aggrediti non si vedevano …’.<br />

L’autopercezione è inficiata dai processi di etichettamento subiti, ne è un esempio chiaro l’iscrizione dei<br />

figli nelle scuole extra quartiere, come segno di rassicurazione e protezione da un pericolo percepito ‘in<br />

casa propria’.<br />

2.3.2. Analisi intergenero<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

In mancanza di modelli culturali (opportunità, luoghi..) che valorizzino i lati specifici dell’identità femminile,<br />

avviene più facilmente una assimilazione di atteggiamenti aggressivi e di strutture gerarchiche tipiche della<br />

mentalità maschile sessista, soprattutto nelle ragazze adolescenti.<br />

Questo fenomeno di emulazione limita la costruzione di una identità personale, e specifica di genere, penalizzando<br />

scelte e azioni future. Le donne adulte spesso chiuse nel ruolo di madri o di mogli, tendono a modellare i loro<br />

bisogni sulle esigenze familiari e non riescono ad esprimere compiutamente la propria sfera personale.<br />

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236 AFFABULAZIONE, OSTIA, L’ITALIA<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

In generale le donne lamentano un senso di subalternità nei confronti della cultura maschilista, non le sono<br />

riconosciute la sovrapposizione dei ruoli e il carico di responsabilità che assume su di sè. Le esigenze familiari<br />

assorbono quel tempo e quelle energie che la donna vorrebbe dedicare a se stessa e che le<br />

Impediscono di vivere una dimensione personale soddisfacente.<br />

I processi storici di emancipazione femminile non hanno modificato gli assetti di fondo delle subculture sessiste,<br />

rimaste impermeabili al rinnovamento nei rapporti di genere.<br />

2.3.3. Analisi intergenerazionale<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

La realtà sociale è in continuo mutamento e gli anziani fanno fatica a comprendere un mondo che è così<br />

distante da quello che hanno vissuto.<br />

La politica del welfare li ha tutelati maggiormente rispetto ai minori, ma non ha saputo cogliere la domanda<br />

di integrazione con le altre fasce di età. Emerge un desiderio, difficilmente soddisfatto di auto-racconto,<br />

che faccia da ponte con i più giovani. La solitudine e i raggruppamenti settari degli anziani riflettono una<br />

condizione tipica della società post-industriale che penalizza gli attori fuori dal ciclo produttivo.<br />

Per i minori pesano la complessità e le sfide poste dalla cultura contemporanea: la mancanza di adeguati<br />

strumenti culturali rendono problematica l’inclusione e generano frustrazione, rabbia e chiusura in se stessi<br />

e nel gruppo ristretto di riferimento.<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

Il senso di insicurezza è il tema centrale: essa produce una duplice reazione, di chiusura e di timidezza da<br />

un lato e di aggressività e arroganza dall’altro, espressioni tipiche della precarietà esistenziale.<br />

Gli attori avvertono una insoddisfazione generalizzata ma non sono in grado di identificarne le ragioni e<br />

strutturare una risposta.<br />

Gli anziani faticano a trovare modalità di comunicazione con l’universo giovanile, una anziana si esprime<br />

cosi:’…i ragazzi è meglio tenerli a distanza…’, un altro anziano che vive nelle case popolari esprime un<br />

tipico atteggiamento rassegnato: ’…i ragazzini crescono e rimangono uguali anche da grandi, sfasciano<br />

tutto non hanno cura di niente’.<br />

2.3.4. Analisi interculturale<br />

a) Descrizione oggettiva:<br />

La sensibilizzazione sul tema dell’intercultura e del dialogo con lo straniero non è una preoccupazione<br />

primaria nel sentire comune. In una fase di crisi generalizzata di tutto il paese, lo straniero viene percepito<br />

più come una minaccia che come una risorsa, come un contendente di opportunità già scarse:


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“se non lavora è un potenziale delinquente”, se è occupato “ruba lavoro agli italiani”.<br />

Questo sentimento è dominante, tuttavia la scuola e il terzo settore più impegnato e solidale rappresentano<br />

dei dispositivi importanti di integrazione, seppure non accompagnati da una politica generale sull’intercultura.<br />

b) Descrizione soggettiva:<br />

In generale ciò che più determina uno stato di frustrazione nell’immigrato è il rapporto con le istituzioni<br />

piuttosto che con il singolo cittadino: le difficoltà nel riconoscimento del permesso di soggiorno con conseguenti<br />

problemi per l’inserimento in ambito lavorativo, gli fanno vivere la condizione di “precario della<br />

vita”. Un immigrato africano afferma:’..questo sistema ti spinge a comportarti in modo sbagliato per<br />

sopravvivere; per lavorare ci vuole il permesso di soggiorno ma per avere un permesso di soggiorno ci<br />

vuole un lavoro….per rinnovare un permesso la questura ti fa aspettare anche due anni, durante i quali<br />

non puoi lavorare e magari dopo non te lo rinnovano …cosi noi non abbiamo la possibilità di integrarci…’.<br />

Un altro clandestino africano dice:’ …Veramente non puoi neanche lavorare senza permesso di soggiorno<br />

, come fai a vivere?’.<br />

La reclusione nel ruolo di clandestino, oltre ad essere giuridica è psicologica. Relegati in quelli che vengono<br />

bizzarramente definiti centri di accoglienza (CPT), e che in realtà sono dei veri e propri centri di detenzione,<br />

gli immigrati temono di apparire agli<br />

occhi di tutti i cittadini italiani come delinquenti,<br />

perché così vengono trattati a prescindere<br />

dalle storie personali e da eventuali illegalità<br />

commesse. L’immagine del ‘terrorista’, fomentato<br />

dal razzismo di guerra, dai media e dai<br />

politici più conservatori, è per loro difficile da<br />

scardinare. L’inserimento lavorativo è a loro<br />

avviso precondizione indispensabile per quello<br />

sociale e nonostante ritengano gli italiani un<br />

“popolo accogliente”, faticano a trovare una<br />

loro visibilità culturale e identitaria; si tende a<br />

istaurare legami duraturi e quotidiani, non con<br />

tutta la realtà circostante, ma prevalentemente<br />

con i propri conterranei: si creano gruppi separati<br />

di rumeni, polacchi africani ecc., che si<br />

organizzano per il tempo libero e per attività<br />

ricreative separatamente gli uni dagli altri.<br />

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238 CARREFOUR CULTUREL, TOULOUSE, LA FRANCIA<br />

1. Descrizione della zona e quartiere<br />

1.1. Contesto<br />

Il quartiere Arnaud Bernard è un quartiere popolare, l'ultimo quartiere popolare in una città storica,<br />

Toulouse, situato tra la porta Nord della città ed il suo centro storico, con la basilica St Sernin. La sua popolazione<br />

raggiunge i 10.000 abitanti. La zona è sempre stata un luogo di passaggio e di immigrazione. Dopo<br />

gli anni trenta e gli anni dell'immigrazione spagnola, è al giorno d'oggi la zona degli immigranti nordafricani.<br />

Quest'aspetto è rafforzato dalla presenza di ristoranti, bar e attivitá di commercio nordafricane, concentrate<br />

in alcune vie. Troviamo anche rappresentanti di altre nazionalità... "Era una zona operaia, in essa<br />

vivevano molti spagnoli che fuggivano della guerra di Spagna, e polacchi, è sempre stata una zona di accoglienza..."<br />

Odette, 75 años. La zona è da tempo un luogo di residenza per gli anziani. C'è una notevole<br />

varietá sociale. Attualmente, l'evoluzione è sensibile e le modifiche devono perdurare: l'evoluzione demografica<br />

genera ogni volta più la presenza di persone anziane o studenti (prossimità delle università e del<br />

centro urbano), e famiglie monoparentali. Aumenta la proporzione di piccoli alloggi disponibili, nonostante<br />

il desiderio del municipio di favorire la stabilizzazione di famiglie (desiderio che si nota, ad esempio, attraverso<br />

una politica d'aumento del numero di posti negli asili del centro). D'altra parte la costruzione del<br />

metro che si sta portando a termine, modificherà certamente i flussi di pedoni e le attività commerciali che<br />

si trovano "nel suo tratto". La zona dispone di spazi pubblici: la piazza Arnaud Bernard, circondata da bar<br />

e che dà sulla strada della circonvallazione, è stata modificata anni fa per potere costruire un parcheggio<br />

sotterraneo. È il luogo dei mercati: La piazza de las Tiercerettes, piccola e più centrale, il giardino di<br />

Embarthe.<br />

1.2. Situazione socioeconomica<br />

Arnaud Bernard è un quartiere di alloggi popolari e di attivitá commerciali. É sempre stata una zona commerciale,<br />

luogo d'installazione delle successive ondate d'immigrazione perché è popolare ed è situato vicino<br />

al centro peró é più economico e per molto tempo è stato il luogo di raccolta del mercato all'ingrosso.<br />

Queste caratteristiche avranno sicuramente un'evoluzione, dovuta in particolare all'aumento improvviso dei<br />

prezzi immobiliari come nel resto del centro. Attualmente l'attivitá commerciale rappresentata è variegata,<br />

con una notevole proporzione di "commercio<br />

etnico", soprattutto nordafricano. È un luogo<br />

con molti ristoranti di tutte le nazionalità. È<br />

anche un luogo di mercato importante a<br />

Toulouse. I mercati del fine settimana, in particolare,<br />

attirano una considerevole parte della<br />

popolazione nordafricana delle altre zone di<br />

Toulouse ma anche della periferia, ed anche<br />

del resto della provincia e della regione.<br />

1.3. Servizi e infrastrutture<br />

I servizi e le infrastrutture pubbliche sono presenti<br />

e disponibili e ció é dovuto alla centralitá<br />

della zona che dispone anche di qualsiasi tipo<br />

di attivitá commerciale. I servizi amministrativi


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sono presenti (poste, centro sociale, municipio di zona, centro amministrativo), come pure le scuole, gli<br />

asili, alcune università, residenze per anziani... La zona comunica con l'esterno grazie alla strada di circonvallazione,<br />

molto vicina al centro storico, é ben comunicata dagli autobus e tra poco anche dal metro. Gli<br />

investimenti e le azioni del municipio sono criticati generalmente dagli abitanti, specialmente per quanto<br />

riguarda la manutenzione e la pulizia.<br />

1.4. Collettivi e gruppi di zona<br />

La popolazione del quartiere è caratterizzata dalla sua diversità. È specialmente rappresentata la popolazione<br />

nordafricana, in relazione soprattutto con le attività commerciali e che utilizza il “centro urbano" come<br />

luogo di riunione per la popolazione che vive nelle zone periferiche di Toulouse. Questa popolazione è quindi<br />

per lo più non residente della zona. La zona è caratterizzata dalla presenza di una "piccola delinquenza",<br />

da un traffico organizzato di sigarette e di oggetti rubati che vengono utilizzati per essere venduti ai<br />

“nuovi” arrivati. Il luogo é frequentato anche da tossicodipendenti ed é un luogo di traffici illegali. Esiste<br />

anche una popolazione più emarginata e più esclusa, presente specialmente nella piazza centrale e che si<br />

distingue per il suo alcolismo, visibile soprattutto durante la notte, in gruppi che vanno da 10 a 20 persone.<br />

1.5. Livello associativo e reti<br />

Molte associazioni sono presenti nel quartiere, ed é questa una delle ragioni per cui alcuni residenti si sono<br />

installati in esso. Le associazioni più rappresentative e dinamiche sono di carattere civico (comitato di<br />

zona), culturale (riunione culturale, commissione di feste...) e sociale (alfabetizzazione, associazione di<br />

commercianti...) La vita associativa e culturale è radicata da lungo tempo nella zona. I luoghi associativi<br />

sono aperti ed accessibili, in particolare la "casa del quartiere", dove il comitato della zona si riunisce. Le<br />

"manifestazioni associative" sono frequenti negli spazi pubblici, in vie e piazze, e sono generalmente plurimensili,<br />

benché vecchi residenti dicono che stanno diminuendo. Si tratta solitamente di festeggiamenti o<br />

eventi organizzati peró gli organizzatori delle associazioni si mobilitano facilmente anche per occasioni<br />

"limitate" come ad esempio un anniversario o un brindisi d'accoglienza ai nuovi abitanti. Le relazioni con i<br />

gruppi sono cordiali, di buona qualitá, specialmente tra associazioni e municipi di quartiere.<br />

2. Diagnosi della convivenza<br />

2.1. Gruppi<br />

2.1.1. Introduzione<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

La convivenza ed il livello d'aiuto reciproco nella zona sembrano essere forti, Arnaud Bernard è percepito<br />

in questo modo, anche "dall’esterno" (1, 2)<br />

- La zona si caratterizza dalla diversità e non si osserva né risalta all’inizio l'esistenza di gruppi.<br />

L'impressione generale è abbastanza omogenea e doppia: quella di un "quartiere arabo" con un'immagine<br />

negativa vista dall’esterno, e quella di una zona piacevole e con un grande meticciato vista dall'interno.<br />

L'esistenza di gruppi costituiti o spontanei non è latente all’inizio, neppure i fenomeni di segrega-<br />

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240 CARREFOUR CULTUREL, TOULOUSE, LA FRANCIA<br />

zione o di esclusione. La piazza centrale ed i suoi occupanti sono basicamente coloro che causano maggiori<br />

critiche e dove si concentrano esperienze relazionate con l’insicurezza.<br />

Soltanto un'analisi più sottile, fondata su interviste più personalizzate e piú iniziative, con uno sforzo d'osservazione,<br />

permette di vedere più lontano ed identificare i gruppi.<br />

- per un gruppo di circa trenta persone, inter-genere ed inter- generazionale, che prendono parte generalmente<br />

alle associazioni, il riferimento alla cultura occitana è fondamentale, riferendosi ad una posizione<br />

de-centralizzante (Felix Marcel CASTAN) che sostiene i valori della pluralità culturale, l'intervento<br />

e il dibattito pubblico a partire dalle preoccupazioni quotidiane del quartiere.<br />

- La popolazione nordafricana rappresenta la funzione commerciale della zona: le attivitá commerciali<br />

del centro, della piazza e delle vie pedonali adiacenti. La clientala attirata da queste attivitá non è<br />

specificamente della zona ma piuttosto dell’intera Toulouse e dei suoi dintorni. Questa popolazione<br />

aumenta molto durnate i giorni di mercato. Allo stesso tempo, i commercianti non sono generalmente<br />

abitanti della zona, le origini culturali sono multiple e non soltanto dell'Africa del Nord. La trasmissione<br />

patrimoniale delle attivitá commerciali è frequente. Esiste un'associazione di commercianti<br />

da molto tempo, attiva e multiculturale. Il quartiere è un luogo di incontro per la popolazione nordafricana<br />

delle zone periferiche di Toulouse (Empalot, le Mirail...), specialmente la grande piazza e i<br />

bar e i ristoranti che la circondano. Questo è l'uso dei luoghi e degli spazi che ne fa questo gruppo<br />

in modo non permanente.<br />

- Una popolazione di studenti vive tradizionalmente nel quartiere e ció é dovuto alla prossimità delle università.<br />

Non sono molto presenti né molto "visibili" nella vita della zona, eccetto alcuni che prendono<br />

parte alla vita associativa.<br />

- Esiste una popolazione di "persone senza tetto", non si tratta ovviamente di un gruppo organizzato. Si<br />

tratta di una popolazione "tradizionalmente" abbastanza tollerata ma da alcuni anni si è sviluppata una<br />

popolazione più giovane, di una o due decine di persone, nelle quali si denota una certa aggressività.<br />

- Le famiglie monoparentali, le madri celibi, costituiscono un piccolo gruppo (dieci/venti persone) che ha<br />

sviluppato relazioni interpersonali (3). La sua partecipazione associativa e nella vita del quartiere è generalmente<br />

importante.<br />

Ci sembra essere poco scambio interculturale nelle famiglie in generale, si vedono poche coppie miste.<br />

Sono generalmente costituite intorno a due generazioni, i nonni sono generalmente poco presenti.<br />

- La rete di associazioni è folta, la zona è la sede di molte associazioni, stabilite da molto tempo addietro,<br />

e per alcune persone fanno parte dell'attrazione della zona. Le proposte di animazioni culturali o civiche<br />

sono importanti e la partecipazione è generalmente attiva ed aperta. Il comitato della zona è un asse<br />

importante e allo stesso tempo indipendente (e non sovvenzionato) e messo in relazione con le altre<br />

associazioni. Molte donne sono coinvolte a livello associativo mentre glii incarichi di maggiore "responsabilità"<br />

o di direzione sono generalmente occupati da uomini.<br />

- Il pubblico che beneficia delle associazioni è multi-culturale, ma i gruppi che le dirigono no, eccetto l'associazione<br />

di commercianti. La "federazione" degli abitanti all’interno delle associazioni è abbastanza


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debole, eccetto il coro civico, i laboratori di danza e di percussioni e le cene di quartiere (4) che costituiscono<br />

un'eccezione notevole.<br />

- La delinquenza: si tratta principalmente di una piccola delinquenza rilevata nella zona, specialmente di<br />

traffico di sigarette e di hashish. La zona è considerata come un luogo d'approvvigionamento di<br />

Toulouse. La presenza di venditori è costante, ma specialmente durante i mercati del fine settimana. Il<br />

numero di persone è difficile da precisare, si tratta di decine di persone. Si tratta di gruppi organizzati,<br />

di paesi dell'Est o dell'Africa del nord, non-residenti e tra i quali esistono conflitti di territorio.<br />

- La tolleranza nella zona è relativa. Quando aumenta la loro presenza e quando ci sono delle "molestie"<br />

(5), può essere sollecitato l'intervento della polizia, ma questa risorsa non è ancora ben vista dagli abitanti<br />

della zona. Esiste una specie di "auto-regolazione" dell'ampiezza e dell'esperienza del fenomeno:<br />

come se il fatto di conoscere meglio i venditori grazie alla loro presenza nel quartiere, li convertisse in<br />

persone più simpatiche.<br />

- I "giovani": sono presenti nella zona, con una dinamica di gruppo abituale alla gente di questa età, senza<br />

organizzazione specifica. Non si rileva alcuna organizzazione tipo "banda".<br />

- Le persone più grandi: la loro definizione è posta dall'indagine: i sessantenni non sono identificati in<br />

questo gruppo, le "persone più grandi" fanno riferimento ad una popolazione molto più vasta e definita<br />

da una mancanza di partecipazione al legame sociale e/o ad una situazione di dipendenza. Questa popolazione<br />

esiste nel quartiere benché in modo poco visibile (6).<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1. "Una giovane minorata torna a casa dei suoi genitori dopo un breve ricovero in ospedale anziché tornare<br />

al centro specializzato nel quale sarebbe dovuta tornare considerando "la gravità" del suo handicap;<br />

il commento del medico rileva che: "vive in Arnaud Bernard, la sua famiglia riceve aiuti e appoggio..."<br />

Claude 49 anni.<br />

2. “Quel che mi piace di questo tipo di lotta contro l'isolamento... è che dà l'impressione che chiunque può<br />

trovare una piccola sistemazione... Corinne<br />

43 anni<br />

3. "Esiste una solidarietà autentica tra donne<br />

del quartiere, senza distinzione di culture...<br />

Véronique 41 anni "<br />

4. "Non mi sembra una zona così tanto viva dal<br />

punto di vista associativo (nel senso di una<br />

mobilizzazione importante e regolare da<br />

parte di volontari che vivono nella zona),<br />

esiste una antinomia tra il numero di associazioni<br />

e quel che si fa per il quartiere (in<br />

termini di azioni procedenti da un interesse<br />

partecipativo degli abitanti stessi, proposte e<br />

organizzate grazie al loro impulso)..." Valérie<br />

38 anni<br />

241


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242 CARREFOUR CULTUREL, TOULOUSE, LA FRANCIA<br />

5. "Sono arrivata al punto di uscire con una sigaretta di tabacco da rollare nella bocca perché non mi chiedano<br />

una sigaretta... Sylvie 38 anni”<br />

6. "Loro stanno nelle loro case, noi siamo al corrente di tante cose perché avevamo delle associazioni...<br />

Suzanne 70 anni "<br />

2.1.2. Analisi intergenero<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Nelle questioni di convivenza e meticciato è dove le opinioni sono più negative. In raffronto con gli altri assi,<br />

inter- generazionale ed interculturale, i dati dell'indagine suggeriscono l'assenza delle donne, specialmente<br />

negli spazi pubblici ed un fallimento relativo del meticciato. Al contrario, la presenza attiva di donne e<br />

l’”equilibrio” uomini-donne emerge per quanto riguarda la vita culturale ed associativa del quartiere (1) La<br />

loro presenza "in loco" sembra essere maggioritaria (2). L'esclusione ha a che vedere con due constatazioni:<br />

L'assenza relativa di donne nordafricane eccetto durante i giorni di mercato nei negozi di prodotti alimentari,<br />

ma si tratta principalmente di una popolazione non - residente nella zona: di conseguenza, i gruppi di<br />

uomini non possono essere considerati come fattore di esclusione della presenza delle donne.<br />

L'assenza di donne nella piazza centrale: deve essere messo in relazione con la presenza di una popolazione<br />

emarginata e l’inciviltá che la loro presenza suppone, ma anche con le caratteristiche della piazza<br />

stessa, autentico asse di penetrazione nel quartiere e che non funziona realmente come piazza se non nel<br />

pomeriggio o al principio della notte.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1. "Tra tutte le zone dove ho vissuto a Toulouse, qui é dove risulta più facile abbordare la gente (Julie, 24<br />

anni, haitiana)<br />

2. "Sono le donne coloro che militano di più nella zona..." M B 61 anni "<br />

2.1.3. Analisi intergenerazionale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Le persone più grandi non sono presenti negli<br />

spazi pubblici. Benché non sia possibile affermare<br />

che si tratta di un'evoluzione recente, è<br />

probabile che gli spazi pubblici siano stati frequentati<br />

da questa popolazione alcuni anni fa.<br />

La causa di ciò è la struttura stessa di questi<br />

spazi, che non sono concepiti per questo utilizzo.<br />

Esistono luoghi (comunque poco frequentati)<br />

per questa popolazione (tipo sale di riunione,<br />

club della terza età). Lo scambio intergenerazionale<br />

è molto presente al di fuori di


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questa categoria, il ruolo dei giovani e delle persone più grandi per lo più è riconosciuto. L'esclusione è<br />

poco citata nell'indagine. Prova di ciò è la sua partecipazione durante gli eventi organizzati nella zona.<br />

(1,2,3)<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1. "Viviamo in un edificio nel quale c'è una casa d'accoglienza per anziani e ció mi sembra molto buono..."<br />

Annie 30 anni "<br />

2. "I giovani apportano molto con il loro dinamismo, le persone più grandi potrebbero apportare di più di<br />

ciò che fanno.... Odette 75 anni "<br />

3. "Si vedono meno anziani, è una pena, a parte ciò credo che ci sia una buona relazione... si vedono giovani<br />

parlare con anziani... M.B. 61 anni "<br />

2.1.4. Analisi interculturale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

L'analisi della mescolanza interculturale urta con i dati sociologici della zona. La popolazione nordafricana<br />

è molto forte negli spazi pubblici, si tratta di una conseguenza dell'utilizzo dei negozi specifici, degli spazi<br />

pubblici e semipubblici come i bar, da parte di persone che nella loro maggioranza non vivono nel quartiere.<br />

Nonostante anche gli abitanti della zona siano utenti di questi negozi (1) il miscuglio culturale é un fattore<br />

descritto come positivo da molte persone (2). Le relazioni interpersonali sono di buona qualità ma non<br />

si vedono legami più strutturati, eccetto tra gli utenti di alcune associazioni e le famiglie monoparentali. In<br />

ogni caso, non si osserva alcun tipo d'esclusione eccetto con la popolazione "delinquente" ma le difficoltà<br />

trovate rispetto ad essa sono evocate allo stesso modo indipendentemente dall'origine delle persone<br />

interrogate.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1. “Nel bar le conversazioni sono in arabo, e in televisione emettono" Al Jazira ", ma quando entriamo,<br />

cambiano lingua, le conversazioni passano al francese e senza sensazione d'esclusione..." Patricia 54<br />

anni "<br />

2. "Mi sembra interessante, é anche una delle ragioni per le quali sono venuta... Valérie 38 "<br />

2.2. Spazi<br />

2.2.1. Introduzione<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Disponiamo di tre spazi pubblici: una grande piazza centrale che è stata ristrutturata tre anni fa, che dà<br />

sulla strada della circonvallazione e da cui partono le vie commerciali. Una piccola piazza, molto centrale,<br />

la piazza del Tiercerettes, un giardino pubblico di piccole dimensioni: il giardino di Embarthe. Benché in<br />

modo globale non si registrano fenomeni di esclusione o segregazione in questi luoghi, un'analisi più sot-<br />

243


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244 CARREFOUR CULTUREL, TOULOUSE, LA FRANCIA<br />

tile sottolinea le caratteristiche proprie di ciascuno di essi. Globalmente, la grande piazza è criticata e definita<br />

come insicura e poco piacevole: è una zona cementata che copre il parcheggio sotterraneo. La ristrutturazione<br />

è recente ma è criticata in modo abbastanza unanime in termini di perdita di convivenza. Si tratta<br />

di un grande spazio vuoto che non crea nessuna sensazione di sicurezza o di intimitá. Non c'è nessun<br />

elemento centrale che incita a riunirsi, conversare, all'ospitalità.<br />

Le caratteristiche della piazza: zona centrale, spazi verdi, panchine e luoghi dove fermarsi sono state perse<br />

dopo la ristrutturazione: adesso é piuttosto un luogo di passaggio verso il centro urbano. La presenza dei<br />

tavoli all’aperto dei bar e dei ristoranti non sembra essere sufficiente. Non esistono riunioni spontanee in<br />

questa piazza. Le panchine sono scarse e con molto spazio tra una e l’altra e in genere sono occupate da<br />

mendicanti ubriachi. La conservazione di queste panchine è un argomento di dibattito attuale nel quartiere.<br />

La piazza è sporca (bottiglie rotte, rifiuti, contenitori di immondizia gettati a terra). È un luogo di traffici<br />

illeciti che aumentano la sensazione di insicurezza e di inospitalitá. È una piazza di incroci e che non invita<br />

a fermarsi (1)<br />

La piazza delle Tiercerettes, molto più piccola, ha conservato le caratteristiche di uno spazio pubblico utilizzato:<br />

è circondata da una diramazione di due strade e da piccoli edifici. La sua architettura invita a sedersi<br />

ed è unluogo d'appuntamento per gli utenti e gli abitanti della zona. È anche circondata da luoghi associativi<br />

aperti e da un bar molto frequentato. La sua occupazione è importante, spontanea, con riunioni di<br />

utenti dei dintorni e di abitanti del perimetro. È una piazza con dimensioni "umane", con una fonte centrale<br />

provvista di scalini sui quali sedersi, scale la cui circonferenza dà la sensazione "di scendere" nella piazza.<br />

Costituisce uno spazio protetto e piacevole, chiaramente delimitato e che invita a fermarsi. Dispone di<br />

panchine vicine le une alle altre e messe una di fronte all’altra, con colori "caldi" (ocra e crema). È una<br />

piazza piena di sole e circondata dal verde. In primavera è un luogo di riunioni spontanee di convivenza:<br />

aperitivi, musicisti o gruppi musicale, giochi con palle, prove del coro.<br />

Il giardino di Embarthe è di piccole dimensioni. È un giardino nuovo con giochi infantili, spazi per giocare<br />

a bocce ecc..... in mezzo a residenze; abbastanza frequentato dagli abitanti e specialmente da madri e figli.<br />

Questo luogo è una sfida che sorge della volontà attiva di riappropriazione ed occupazione per questo tipo<br />

di pubblico, nonostante sia frequentemente occupato da "emarginati". Emerge spesso il suo aspetto non<br />

sano. In questo senso genera molti dibattiti ed è solitamente utilizzato per lo svolgimento di manifestazioni<br />

associative. La domanda civica a questo riguardo è importante, fosse anche soltanto per la costruzione<br />

dei bagni pubblici. Il giardino è chiuso di notte e gli abitanti richiedono una sorveglianza durante il giorno.<br />

Le vie della zona sono disposte secondo un asse centrale, con viali periferici verso il centro storico e la<br />

basilica di Saint Sernin, e vie perpendicolari. Le vie sono tutte piccole ed abbastanza strette. Le vie dell'asse<br />

sono molto commerciali e specialmente frequentate durante i mercati del fine settimana.<br />

Sono frequenti e spontanei i raggruppamenti di alcune persone, di commercianti, di vicini e transeunti,<br />

soprattutto nella via occupata dai negozi nordafricani. In questa via è dove si sviluppa anche il contrabbando<br />

di sigarette nei giorni di grande afflusso. Le vie perpendicolari sono occupate principalmente da alloggi,<br />

senza occupazione speciale dello spazio pubblico.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1. "Perché sono abituato e non sono una donna, ma quando sarò con la mia famiglia, non mi sentiró sicuro<br />

in questa zona...la sera cerco di evitarla e la mattina presto anche... Mustapha 40 anni "; "Ho clienti che


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non osano incrociare la piazza... - Michel 44 anni "; "In qualsiasi modo, sono sicura che dovere incrociare<br />

la piazza è meno divertente per una donna che per un uomo - Julie 24 anni "<br />

2.2.2. Analisi intergenero<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Nessuno degli spazi pubblici è stato descritto come luogo di esclusione o segregazione. Tuttavia, la piazza<br />

centrale è stata definita maggiormente come insicura per le donne. Questo, fondamentalmente, in termini<br />

di inciviltá. I bar e i ristoranti che la circondano hanno una clientela mista ma le persone che li frequentano<br />

sono soprattutto uomini (1). Durante il giorno funziona come asse di passaggio dai viali periferici verso<br />

il centro urbano, di notte è utilizzata come luogo di "passaggio", e poi diventa un luogo di "raggruppamenti”<br />

ed é quando si nota di più l'assenza delle donne. La piazza delle Tiercerettes è utilizzata da tutti senza<br />

discriminazione di sesso oggettiva o soggettiva. Il giardino é naturalmente e culturalmente frequentato da<br />

madri con i loro figli.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1 "Ci sono posti dove non puoi fermarti perché sei donna, come alcune terrazze del quartiere..." Corinne<br />

43 anni ""<br />

2.2.3. Analisi intergenerazionale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Ad eccezione delle persone più grandi, varie generazioni utilizzano con molto piacere gli spazi pubblici (1),<br />

mantenendo le stesse osservazioni per la piazza centrale (2). Le azioni civiche e culturali condotte a termine<br />

in questi spazi attirano una popolazione che va dall'adolescenza fino all'età matura. Le reti di associazioni<br />

coprono gli stessi gruppi d'età. La popolazione di residenti molto più grandi utilizza molto poco questi<br />

spazi.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1 "Tra le varie generazioni le cose vanno bene,<br />

c'è molta complicità e interscambi nella piazza<br />

e nei negozi..." Jeanne 72 anni "<br />

2 “Parlo con Omar, il vagabondo, lui parla con<br />

la sua bottiglia, gli dico di allontanarsi un pó<br />

e sapete che succede? Mi ascolta... Odette,<br />

75 anni "<br />

2.2.4. Analisi interculturale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Il miscuglio culturale è evidente, senza esclusio-<br />

245


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246 CARREFOUR CULTUREL, TOULOUSE, LA FRANCIA<br />

ne visibile. Nessuno spazio è occupato da un solo gruppo culturale. Gli scambi sono frequenti intorno ai<br />

parenti: gruppi di madri di famiglia e favoriti dalle manifestazioni associative culturali e civiche. Cercano e<br />

desiderano una partecipazione pluri-culturale peró continua ad essere considerata poco importante (1). La<br />

preponderanza della popolazione nordafricana nella grande piazza è evidente la sera. Si tratta soprattutto<br />

dei giovani uomini che sono generalmente residenti della zona e che utilizzano i bar, i tavoli all’aperto, le<br />

panchine e lo spazio centrale della piazza stessa anche per partite di calcio improvvisate.<br />

Quest'occupazione può durare fino a notte tarda causando problemi relazionati con l’alcolismo e l’ubriacatura<br />

di alcune persone.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1. "Le relazioni sono buone, ma il rimprovero che può essere fatto alla Comunità nordafricana è che sono<br />

poco presenti nelle varie manifestazioni organizzate per il quartiere... Corinne 34 anni"<br />

2.3. Identità e proprietà<br />

2.3.1. Introduzione<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Il sentimento di appartenenza e d'identità del quartiere é forte ed è condiviso. La sensazione d'esclusione,<br />

di "non trovare il proprio luogo" non è citata che da meno del 10% delle persone interrogate. Globalmente,<br />

la maggioranza delle persone sottolinea il suo parere positivo nei confronti del quartiere, la sua buona integrazione<br />

ed un livello di convivenza elevato. Infatti è spesso una delle ragioni addotte per la scelta di installarsi<br />

nella zona (1) mentre, al contrario, le rappresentazioni di questa zona che sono fatte "dall'esterno"<br />

sono molto piú moderate ed anche negative: "la zona araba, un luogo di traffico..." (2) e moderate soltanto<br />

grazie all'immagine forte della rete di associazioni (3).<br />

La grande diversità associativa fa parte delle rappresentazioni del quartiere e, nonostante la sua forte presenza,<br />

la sua azione è criticata perché considerata insufficiente in raffronto con la vecchia cultura associativa,<br />

è la prova di un desiderio e di alcune esigenze<br />

che restano vive.<br />

L'attrazione del commercio etnico è integrata<br />

ed è stata accettata da anni poiché la zona è<br />

sembra stata un luogo d'accoglienza di immigrazioni<br />

continue relazionate sempre con una<br />

certa attività commerciale.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1 "Questa zona ha molte particolarità, ci sono<br />

molte incontri, é molto interculturale, c'è molta<br />

mescolanza, non mi trasferiró... i miei amici<br />

sono stupiti, non capiscono che voglio restare<br />

qui, credono che sia un quartiere pericoloso..."


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Sandra 29 anni" 2 "La gente che lo conosce ha un'idea positiva, ma coloro che non conoscono la zona<br />

credono che sia pericolosa. È un'impressione che scompare appena entri in contatto con la zona... prima<br />

di vivere in Arnaud Bernard, anch’io avevo questi pregiudizi... Julie 24 anni "<br />

2 "É un po'come essere in un paese, nel buon senso della parola..."Corinne 43 anni" “É una zona dove è<br />

presente un'atmosfera di paese, grazie anche al lavoro delle associazioni... se sono ancora qui è perché<br />

qui mi sento bene... M.B. 61 anni " “Quando vivi qui, sai dove vivi... Véronique 41 anni"<br />

3 "Mio fratello non ha mai visto Toulouse, ma ha sentito parlare del quartiere Arnaud Bernard attraverso<br />

le canzoni dei Fabulous Troubadours, è stato il primo a parlarmi del quartiere e la prima cosa che mi<br />

hanno detto quando sono arrivato a Toulouse è stato "se cerchi sigarette economiche o qualcosa da<br />

fumare, vai ad Arnaud Bernard"... Fred 24 anni "<br />

2.3.2. Analisi intergenero<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

La zona è descritta in modo positivo dalle donne, specialmente in termini di rottura dell'isolamento (1).<br />

L’attività associativa e la partecipazione civica contribuiscono molto a ciò. Tuttavia, sembra che la proporzione<br />

di persone che vivono da sole aumenti, questo deve essere messo in relazione con la modifica delle<br />

condizioni dell'alloggio: affitti più costosi, appartamenti più piccoli nonostante una politica che prova a contrastare<br />

questa tendenza relazionata con l'evoluzione sociale ed il mercato immobiliare: volontà di conservare<br />

alloggi accessibili per le famiglie, creazione di posti in asili infantili...<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1. "Conosco molta gente che è venuta a vivere qui per sentirsi meno sola con i figli..."Sylvie 38 anni"<br />

2.3.3. Analisi intergenerazionale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

Il sentimento d'identità e di appartenenza al quartiere è condivisa da tutte le generazioni. Nel caso delle<br />

persone più grandi, la perdita d'identità è messa in relazione piuttosto con l'esistenza della piccola delinquenza<br />

e soprattutto dalla ristrutturazione della piazza centrale che è stata molto criticata. Tuttavia rivendicano<br />

la loro appartenenza al quartiere (1).<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1. "Mi sento come in casa..." K 78 anni "<br />

"È meglio così, mi sento bene, ci sono tutti i negozi... Odette 75 anni "<br />

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248 CARREFOUR CULTUREL, TOULOUSE, LA FRANCIA<br />

2.3.4. Analisi interculturale<br />

a) Descrizione oggettiva<br />

L'aspetto pluri-culturale della zona fa parte della sua identità e rappresenta un elemento addotto come<br />

punto positivo (1) dalla maggioranza degli abitanti che lo integrano come tale e se ne appropriano. Nessuna<br />

popolazione sembra volere rivendicare un'identità culturale unica per il quartiere. Compresa la popolazione<br />

nordafricana che respinge la denominazione di "quartiere arabo" che gli danno generalmente fuori dal<br />

quartiere.<br />

b) Descrizione soggettiva<br />

1 "È per questo che mi piace, per il miscuglio culturale... Vincent 39 anni "


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250 CASAL <strong>DE</strong>LS INFANTS <strong>DE</strong>L RAVAL, BARCELLONA, SPAGNA<br />

1. Breve descrizione della zona oggetto d'intervento<br />

1.1. Contestualizzare la città e il quartiere<br />

Il quartiere del Raval, situato nel centro della città di Barcellona, confina con la Rambla, luogo di passeggiata,<br />

e con le Ronde, che sono degli assi di mobilità e circolazione attorno al centro storico. È stato il primo<br />

centro urbano intorno al quale si è iniziata a costituire la città di Barcellona. È un quartiere che originariamente<br />

alimentava la città ed è costituito in funzione delle necessità che ha ad ogni momento: zone di coltivazione,<br />

ospedali e centri d'aiuto, e successivamente, industrie. L'organizzazione e la composizione della<br />

zona in piccole viuzze e vie di passaggio di entrata ed uscita, formano una grande parte del quartiere attuale.<br />

Durante il XIX secolo la crescita della città e dell'industria nel quartiere, lo ha trasformato in un luogo d'arrivo<br />

e di passaggio di gruppi umani che arrivano a Barcellona, procedenti da altre zone dello Stato spagnolo,<br />

convertendo il quartiere in uno spazio densamente popolato e con una giustapposizione di realtà<br />

diverse. Questa realtà multipla, insieme alla vicinanza al porto, configura il Raval come uno dei centri del<br />

movimento operaio ed uno degli spazi di commercio, riunione e baratto, incluso quello della prostituzione.<br />

Il nome di “barrio chino" (quartiere cinese) ha definito per molto tempo la realtà del quartiere e di una grande<br />

parte di situazioni di degrado e deterioramento della zona.<br />

Durante gli ultimi anni ed a partire da proposte di ristrutturazione urbanistiche, il Raval ha vissuto una trasformazione<br />

intensa, poiché da un lato si aprono nuove vie di comunicazione come la Rambla del Raval e<br />

dall’altro si crea un grande spazio dove si concentrano musei, centri di cultura e centri universitari. Queste<br />

trasformazioni permettono di ventilare la zona, ma allo stesso tempo introducono nel territorio una grande<br />

quantità di nuove realtà.<br />

Parallelamente, il Raval si trasforma in una delle zone d'accoglienza della cosiddetta nuova immigrazione,<br />

per la sua storia, per la sua tradizione, per la tipologia dell'alloggio (case piccole, mal fornite, in viuzze,<br />

ecc..) e per essere un asse centrale della città. In meno di cinque anni la popolazione che proviene da altri<br />

paesi è aumentata fino a quasi il 47% della popolazione totale della zona, considerando il fatto che in tutta<br />

la città è del 15.9%.<br />

Attualmente nel Raval vivono 46.322 persone,<br />

di cui più della metà sono uomini. La proporzione<br />

di “giovane popolazione” minore di 35 anni<br />

è quasi il 40% della popolazione totale della<br />

zona. Quindi è una zona dinamica, con una<br />

grande mobilità e con una situazione di notevole<br />

cambiamento costante.


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1.2. Situazione socioeconomica<br />

Il passato industriale ed il modo in cui si è formato il quartiere, hanno prodotto un'economia informale che<br />

è ancora presente, così come tutta una struttura commerciale che serviva e che si occupava di questo<br />

movimento economico, demografico. I grandi cambiamenti sofferti durante gli ultimi anni trasformano la<br />

situazione socioeconomica del Raval. E si mantiene una piccola industria soprattutto di mobili, di materiali<br />

di costruzione, tessile e metalli. La sua grande forza è il commercio al dettaglio, che è stato enormemente<br />

trasformato con l'arrivo di un commercio gestito da persone d'origine extra-comunitaria, che sono<br />

soprattutto specializzati nel campo dell’alimentazione, degli abiti e le scarpe. È anche un quartiere di servizi,<br />

occorre tenere conto che è una delle zone della città con una grande concentrazione di hotel e di<br />

imprese che hanno una gestione immobiliare.<br />

La realtà sociale del quartiere ha dimensioni molto complesse ed evolve nella misura in cui il quartiere si<br />

trasforma. Per questo il Raval ha un'alta concentrazione di servizi sociali, educativi e sanitari. Certamente<br />

il passato del quartiere e la grande quantità di servizi che sono stati stabiliti sono due fattori che hanno<br />

prodotto una domanda e una notevole istallazione di gruppi delicati (indigenza, tossicodipendenze, ecc..) o<br />

in situazioni molto precarie. Le cattive condizioni dell'alloggio, la grande quantità di persone anziane con<br />

molte poche risorse e la nuova immigrazione che vede il quartiere come luogo d'arrivo (problemi di risorse,<br />

documenti, infanzia trascurata, ecc.), produce o dà continuità alle situazioni già esistenti di precarietà<br />

sociale che rende necessario un intervento.<br />

1.3. Servizi ed infrastrutture<br />

Il fatto che il Raval si sia formato in funzione della sua situazione geografica per quanto riguarda la città è<br />

determinante dal tipo, la quantità o la qualità dei servizi e delle infrastrutture esistenti. Un altro fattore che<br />

condiziona la realtà della zona è il progetto urbano di modifica del centro storico di Barcellona, messo in<br />

marcia da alcuni anni, che cerca di configurarlo come centro culturale. Uno degli elementi chiave è che<br />

durante gli ultimi anni sono stati costruiti due grandi musei: il MACBA e il CCCB, che hanno preteso di<br />

modificare la vita culturale della zona, favorendo la creazione di gallerie, bar e centri di riunione. Come è il<br />

caso della grande quantità di teatri e biblioteche, ecc. Si stanno inoltre incorporando anche due università<br />

e centri di informazione e servizi per tutta la città.<br />

In questa complessa realtà appaiono anche tutta una serie di necessità che il quartiere esige e che si trasforma<br />

in servizi educativi e sociali per bambini, giovani e persone anziane, come pure servizi sociali palliativi<br />

di emergenza per povertà, mendicità e tossicodipendenze. Tuttavia le necessità culturali e di incontro<br />

per i vicini della zona sono limitate dalle domande che produce la città, benché durante gli ultimi anni si<br />

stia provando a stabilire legami tra le varie infrastrutture ed i servizi per potere occuparsi delle necessità<br />

del quartiere al quale mancano servizi comuni. Si può dire finalmente che la grande quantità di realtà culturali<br />

ha prodotto ed ha rafforzato una grande varietà di servizi religiosi presenti nel territorio: buddisti, cattolici,<br />

evangelisti, musulmani, che svolgono spesso un ruolo di centri culturali e di riunione.<br />

1.4 Collettivi e gruppi di zona, livello associativo e reti<br />

Nel quartiere del Raval vivono più di 40 nazionalità, facendo di questa zona la più multiculturale e diversa<br />

di tutta la città di Barcellona. Questa molteplicità non soltanto di nazionalità ma di diversi gruppi umani con<br />

interessi diversi come artisti, commercianti, professionisti, vicini della città che vengono a passare i loro<br />

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252 CASAL <strong>DE</strong>LS INFANTS <strong>DE</strong>L RAVAL, BARCELLONA, SPAGNA<br />

momenti liberi, turisti, anziani, giovani e bambini, nuovi vicini, tra gli altri fanno che questo quartiere abbia<br />

una ricchezza difficile da scoprire ed analizzare completamente. Nel gruppo di persone venute da paesi<br />

extra-comunitari che vivono nel quartiere risaltano i pachistani, i filippini, i marocchini e gli ecuadoriani.<br />

Il quartiere del Raval conta circa 236 associazioni, che riuniscono sia vicini che persone che vivono in diverse<br />

zone della città. C'è una relativa quantità di associazioni culturali tradizionali della zona, come le associazioni<br />

dei vicini. Si creano anche quelle di tipo commerciale che pretendono di dinamizzare e promuovere<br />

la zona. Esiste anche una grande quantità di associazioni culturali, artistiche, interdipendenti, ONG o di<br />

tipo religioso che non coprono la realtà soltanto del Raval ma della città.<br />

2. Diagnosi della convivenza<br />

2.1. Gruppi<br />

2.1.1. Introduzione generale<br />

Il Raval è uno dei quartieri della città con una più grande quantità di servizi, associazioni e gruppi formali<br />

ed informali che riuniscono persone sia della zona che dell’intera città. Ogni gruppo umano che vive, viene<br />

ad effettuare attività, o che semplicemente passa per il Raval, si raggruppa in un certo modo. Alcuni lo<br />

fanno in modo permanente, altri provvisoriamente. Spesso il ruolo dei servizi è di promuovere relazioni e<br />

scambi soprattutto tra i gruppi più fragili.<br />

Ciò che è certo è che ci sono diverse realtà sociali secondo il genere, l'età o l'origine, le diverse situazioni<br />

economiche o culturali, il fatto se si è vicini del quartiere o no e del tempo di soggiorno o convivenza che<br />

si ha. Questo fa in modo che si creino gruppi umani che si riuniscono a volte nello spazio pubblico, a volte<br />

in spazi semipubblici promossi da organismi, o, per quanto riguarda i gruppi più invisibili, negli spazi privati<br />

o le case, dandosi un certo livello di reti di relazione e solidarietà. Occorre sottolineare che non si stabiliscono<br />

relazioni per appartenere ad una di queste categorie. Ciò che è certo è che l'accesso a spazi di<br />

riunione è limitato ad alcuni gruppi e ciò è un fatto che produce l'esclusione di altri che spesso occupano<br />

lo spazio pubblico per potersi mettere in relazione o semplicemente rimangono invisibili o semplicemente<br />

persone che sono isolate. Quindi la mancanza di spazi comuni limita questa correlazione.<br />

Le relazioni nei gruppi stessi o nelle comunità sono meccanismi d'appoggio per l'integrazione, in un quartiere<br />

in cui si arriva spesso in situazioni di fragilità enorme, come nel caso delle persone recentemente arrivate<br />

da altri paesi. Esistono casi in cui le persone creano un'identità propria e differenziata dall’altro per<br />

essere riconosciute come gruppo umano, benché questo succeda in molti casi a causa della marginalizzazione<br />

e l'esclusione. Questo tipo di raggruppamento fa in modo che non ci sia contatto tra le varie culture,<br />

soltanto sporadicamente, e questo produce una stigmatizzazione delle persone secondo la loro nazionalità.<br />

Questo tipo di gruppi vengono denominati ghetti e sono rappresentati da una visione negativa. Le<br />

attività di un gruppo nell'ambito del quartiere sono generalizzate a tutto il gruppo. Le lacune linguistiche<br />

complicano spesso l’incotro tra differenti Comunità.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

Esiste una doppia visione parallela segnata dall'ignoranza della situazione dell’altro e dalla motivazione o<br />

meno per conoscersi limitando le relazioni umane: "Noi ci mettiamo sempre a giocare, però gioca chi vuole.


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E ogni volta che chiediamo chi vuole giocare a calcio giochiamo sempre gli stessi, non viene mai un pachistano.<br />

Si mettono tutti i pachistani a giocare insieme, tre o quattro rumeni anche, vogliono stare soli e non<br />

vogliono venire con noi, vogliono soltanto giocare soli e parlare del loro paese (...) Ci sarà qualcuno interessato,<br />

però in generale gira un gruppetto di pachistani e cominciano "a guachuui a guachuua"." (Luis, 9<br />

anni)<br />

Le risorse condizionano le pratiche relazionali e la possibilità di stabilire contatti umani diversi: "La Rambla<br />

del Raval, dove ci sono abbastanza pachistani, (...) sai che i pachistani gli hanno messo un nome che la<br />

chiamano la Rambla Triste. E perché? Perché là ci sono numerosi pachistani che non hanno il permesso<br />

di soggiorno. E quindi non hanno denaro, non guadagnano soldi. E quando hai tempo libero, cosa fai? Non<br />

possono andare nei bar... E c’è l'abitudine nel nostro paese di uscire il pomeriggio e sederci in un parco o<br />

di fronte a casa nostra (...). Non possiamo spenderci il denaro (...) e parliamo, e ci informiamo, e ci sono<br />

molte cose, per questo occupiamo di più lo spazio." (Javed, pachistano). Tutte queste situazioni si vivono<br />

come processi d'isolamento e di solitudine da parte dei diversi gruppi umani che convivono nel territorio.<br />

2.1.2 Analisi Intergenero<br />

Si considera che il gruppo di donne è spesso un gruppo invisibile e poco presente nei vari spazi del quartiere,<br />

essendoci pochi luoghi di incontro per esse. La mancanza di spazi determina che abbiano un minore<br />

livello di informazione ed accesso alle risorse comparandolo con gli uomini. L'età, l'origine (rurale - urbano),<br />

le relazioni di genere in ogni cultura, la situazione di lavoro, i ruoli e le dinamiche migratorie fanno si<br />

che ci siano o meno reti di solidarietà. Ci sono alcuni gruppi di donne come le Filippine o le latino-americane,<br />

che hanno compiuto spesso un processo migratorio sole e questo, aggiunto ai carichi familiari, non<br />

gli permette di accedere a spazi di riunione propri, a meno che la Comunità non li organizzi.<br />

Quando il processo migratorio è relazionato con la famiglia, come nel caso delle donne pachistane, la loro<br />

invisibilità è maggiore dovuta ai carichi familiari che le vengono assegnati. Il ruolo della donna nella famiglia<br />

determina l'accesso di queste al mondo del lavoro o di partecipazione. Le donne soprattutto si trovano<br />

e si mettono in relazione in spazi informali come piazze o di fronte alle scuole, ma il livello di raggruppamento<br />

viene dato spesso dalla nazionalità. Gli spagnoli al contrario hanno un più grande accesso alla<br />

partecipazione poiché hanno spazi di riunione,<br />

dovuto alle strutture tradizionali delle associazioni<br />

che tendono normalmente a non produrre<br />

spazi specifici per le donne.<br />

Si considera che i gruppi più fragili sono le<br />

donne anziane, dovuto alla solitudine e all'isolamento,<br />

alla perdita di reti di relazione e le giovani<br />

donne che devono combinare responsabilità<br />

familiari o restano in casa per ragioni culturali.<br />

Le donne che esercitano la prostituzione<br />

hanno una situazione speciale, però non c'è<br />

una speciale valutazione negativa verso esse,<br />

ma più rispetto all'ambiente che si crea o ai<br />

conflitti che possono provocare nei dintorni.<br />

Esiste una solidarietà di tipo implicito ed una<br />

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volontà di lavoro congiunto tra le donne, anche se esistono stereotipi e stigmatizzazioni sulla realtà dell'altra<br />

persona.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

Le condizioni di vita oggettive e strutturali delle donne condizionano la percezione della loro propria esperienza<br />

limitando i loro settori di sviluppo personali ed interpersonali: "E’ molto duro perché lavoriamo come<br />

donne di casa fisse (...). Quindi non abbiamo tempo per metterci in contatto, però si, abbiamo diverse attività."<br />

(Rita, leader filippina). Il ruolo della famiglia e la Comunità esercitano un controllo sulle relazioni ed il<br />

tipo di esperienze delle donne nello sviluppo personale, dovendo esse spesso ridefinire e rinegoziare con<br />

la loro Comunità. "La donna credo che abbia un inconveniente aggiunto, voglio dire che ho dei vicini, una<br />

del Bangladesh, (...) la comunicazione con il mondo è suo marito. Allora è vero che le parlo e le devo dire<br />

che si stia zitta con il marito." (Montse origine colombiana).<br />

2.1.3. Analisi Intergenerazionale<br />

Chiaramente la realtà è diversa tra le varie generazioni. Esiste una mancanza di dialogo e comunicazione<br />

tra le varie età e si riscontra una notevole mancanza di comprensione e conoscenza di questa<br />

realtà diversa. I giovani si sentono incompresi, i più grandi da parte loro non si sentono ascoltati. Esiste<br />

una stigmatizzazione enorme in funzione dell'età. Dovuto alla grande quantità di obblighi e ricerca di<br />

risorse da parte dei padri, spesso i giovani ed i bambini sono soli, in funzione di ogni gruppo umano<br />

occorre ricorrere ad attenzioni di terzi. I giovani hanno poche offerte d'attività parascolari, anche se<br />

esistono una grande quantità di servizi che non coprono completamente o non sono adattati alle loro<br />

necessità.<br />

Per questo cercano spazi di incontro con altri giovani, normalmente della loro stessa origine, cercando<br />

un'identità propria differenziata dai padri e in spazi nei quali si possano sentire a proprio agio, effettuando<br />

una mobilità nel territorio e pratiche che sono incomprese dal resto della Comunità. Gli anziani<br />

da parte loro si che hanno spazi di riunione, a partire da servizi comunali o da associazioni che ricevono<br />

le persone che vivono tradizionalmente nella zona. Tuttavia la loro salute, la situazione economica<br />

o le strutture degli edifici (mancanza di<br />

ascensori, ecc..) diminuisce la socialità degli<br />

anziani. Il riconoscimento sociale e la perdita<br />

del gruppo familiare influenza enormemente<br />

l'integrazione e la partecipazione degli anziani<br />

nella nuova realtà della zona. La famiglia è<br />

stata trasformata durante gli ultimi anni, c'è<br />

una perdita di controllo dei padri verso i figli,<br />

gli anziani hanno perso le loro reti familiari.<br />

Le famiglie sono spesso in una situazione di<br />

precarietà enorme, esiste un eccesso di<br />

sovraccarico orario dovuto a ragioni di lavoro<br />

da parte degli adulti, lasciando i gruppi più<br />

dipendenti in situazione d'abbandono. Spesso<br />

le cure e le attenzioni nei confronti dei più


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bisognosi devono essere garantite da parte di terzi e nel caso delle persone immigrate o gruppi più fragili<br />

in cui c'è una maggiore mancanza di risorse, questa situazione è ancor peggiore. In alcune culture esiste<br />

l’obbligo di mantenere una relazione con i padri, essendo un gruppo di appoggio ereditato, ma allo stesso<br />

tempo ci sono limitazioni, il fatto è che molti giovani della zona non hanno la figura del nonno.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

Esiste un'esperienza contradittoria tra il desiderio di mantenere una famiglia e le necessità che questa<br />

richiede per poter sopravvivere, trovando spesso nell'analisi una sopravvalutazione degli elementi culturali<br />

ed affettivi di questo fatto.<br />

"I penso che li lasciano molto soli, i figli, si hanno fatto la loro vita, ma ci sono molte persone anziane sole,<br />

ed i figli fanno la loro vita. Nella nostra terra, le persone anziane sono il tronco dove ci sosteniamo, gli chiediamo<br />

sempre consigli! ma attualmente non tutti i ragazzi la vedono così, ma come una cosa passata di<br />

moda, fuori fase." (Ines, origine ecuadoriana).<br />

L'adattamento dei quartieri, come il Raval, alla nuova realtà di trasformazione globale, esclude le persone<br />

anziane creando una sensazione di solitudine ed isolamento nei loro appartamenti. "Ci sono posti per<br />

incontrare gli anziani, il <strong>Casal</strong>, ma ci sono molte persone che non vogliono o non possono uscire per strada,<br />

che è diverso. Molte persone non possono uscire per strada, primo problema, se cominciamo perché<br />

non si sentono bene e non hanno l’ascensore, già non scendono. In seguito se i figli se ne sono andati perchè<br />

non gli piace il quartiere, rimangono soli..." (María, origine spagnola).<br />

2.1.4. Analisi interculturale<br />

I processi migratori in sé stessi producono il desiderio di conoscere gente, c'è interesse per integrarsi e<br />

per comprendere i codici culturali locali, per potere funzionare bene nella vita quotidiana. Quindi l'adattamento<br />

ai criteri e ai modi di funzionamento della società d'accoglienza, è una delle difficoltà per l'immigrante<br />

che non vuole perdere le sue origini ed il suo passato che gli dà identità. Alcuni autoctoni che sentono<br />

di essere stati privati delle risorse che prima gli venivano assegnate, generano atteggiamenti di rifiuto<br />

verso coloro che considerano colpevoli, i nuovi immigranti. Spesso non li incorporano nelle relazioni e li<br />

costringono a rimanere nei loro gruppi d'accoglienza. Si riscontrano relazioni specifiche con alcuni vicini<br />

d'origine diversa, ma sono sottovalutati come contatto. Anche molti autoctoni del quartiere emigrarono ed<br />

hanno vissuto una parte delle difficoltà esistenti ora, provando queste stesse necessità relazionali e d'identità.<br />

Gli immigranti possono sentirsi isolati, non riconosciuti come cittadini, incluso legalmente, e non prendono<br />

parte ai processi. Il ruolo delle associazioni di immigranti e di alcuni gruppi religiosi ha un compito significativo<br />

nell'accoglienza e l'integrazione in un gruppo di riferimento. Cattivi utilizzi o conflitti derivati dalla<br />

saturazione della zona sono interpretati come conflitti interculturali e si accusa ai vicini di avere atteggiamenti<br />

intolleranti. Spesso si etichettano le persone a causa del colore o di non essere una persona conosciuta.<br />

Nella zona si associano problemi derivati dalla delinquenza o dai conflitti all'immigrazione. I mezzi di<br />

comunicazione spiegano in modo negativo e peggiorativo il funzionamento di diversi gruppi in relazione con<br />

l'immigrazione.<br />

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256 CASAL <strong>DE</strong>LS INFANTS <strong>DE</strong>L RAVAL, BARCELLONA, SPAGNA<br />

Il fatto che l'immigrazione porti ad una grande quantità di persone che arrivano nel quartiere a cercarsi una<br />

maniera per vivere, genera tutta una serie di problemi come la saturazione degli alloggi, servizi, occupazione<br />

di spazio pubblico, che costringe i leader della Comunità a delle mediazioni.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

Si è coscienti e si vedono le difficoltà di alcuni gruppi umani, ma lo sguardo sull'altro molte volte non toglie<br />

peso a ciò che si è vissuto e ciò che si sta vivendo nella nuova realtà del quartiere.<br />

"Alla fine anch’io sono immigrante, di genitori che venivano da Aragona. La società cambia un po', pretendere<br />

che al momento tu cambi l'immigrazione di colpo, e solo, senza esigenze, senza pressioni, sola è<br />

obbligata a cambiare. Non è strano che per noi sia un impaccio, e non è strano, non si può prendere come<br />

un rifiuto, che quello di qua lo prenda come un impaccio così. Non li condivido, ma li capisco. È un caso,<br />

ed inoltre è l'ignoranza, ma dobbiamo capire che anche quello di dentro deve adattarsi. E non parlo perché<br />

non si offenda nessuno." (Ventura, origine autoctona)<br />

2.2. Spazi<br />

2.2.1. Introduzione generale<br />

Il quartiere ha vissuto un'importante trasformazione a partire dall’apertura e dalla creazione di piazze e<br />

spazi aperti, come spazi comuni e di miglioramento della qualità della vita dei vicini. Questi cambiamenti<br />

avevano scopi diversi, da un lato il miglioramento del quartiere ma anche la promozione del quartiere nella<br />

città. Questo ha portato a che la pianificazione non fosse spesso coerente e che si individuassero contraddizioni<br />

nel disegno del progetto, sia nelle zone verdi che nell’urbano. La costruzione di questi spazi è stata<br />

fatta in momenti diversi e si sono effettuate modifiche poiché si individuavano nuove necessità ad ogni<br />

momento. L'importante mobilità interna del quartiere e la necessità di apertura alla città, ha promosso la<br />

necessità di investire specialmente in zone di passaggio o assi centrali come la Rambla del Raval.<br />

Le vie e le piazze del Raval sono oggi spazi di riunione, di relazione ed attività, in passato lo erano i negozi, ma<br />

i cambiamenti sofferti nella zona hanno modificato questa situazione. I problemi di mobilia, d'illuminazione, di<br />

pulizia e d'incoerenza nella pianificazione producono spesso che alcuni spazi della zona non siano utilizzati e<br />

siano abbandonati o che altri causino una sensazione d'insicurezza. Creando un importante disagio a livello<br />

locale. Tutto sommato si utilizzano diversi meccanismi per utilizzare le piazze e le vie, benché non siano adattate<br />

alle necessità, trovando alcune volte spazi sovraoccupati: giochi senza infrastrutture, persone che stanno<br />

in piedi e chiacchierano, o persone che utilizzano altre parti della mobilia per sedersi e chiacchierare, ecc...<br />

È nella strada dove la gente osserva il modo di agire degli altri gruppi o persone e si dà una spiegazione a<br />

ciò che si vede. Le persone si raggruppano generalmente negli spazi pubblici per origine e la mancanza di<br />

contatto tra comunità fa si che negli spazi pubblici tutto si deduce ed aumentano gli stereotipi, e spesso<br />

questo è rafforzato da attriti o conflitti possibili che si verificano nei palazzi dei vicini.<br />

Questo tipo d'occupazione produce una percezione fra cui i raggruppamenti di un certo gruppo d'origine<br />

limitano o, così si crede, generano una limitazione nell'occupazione da parte di persone di un'altra origine.<br />

A volte la creazione o l’ubicazione di un nuovo spazio urbano o il suo utilizzo in diverse ore modificano<br />

questo tipo d'occupazione.


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Questa situazione causa un importante scontro visivo e rompe l’oggettivazione dei problemi di sicurezza,<br />

causando una grande quantità di rumori nella zona. La presenza di gruppi marginali, molto presenti nelle<br />

vie del Raval, non impedisce l'utilizzo variato degli spazi pubblici del quartiere.<br />

Lo spazio pubblico svolge un ruolo socializzatore ed informatore degli eventi e delle varie realtà del quartiere.<br />

Le riunioni informali e di relazione nello spazio sono basate spesso su questi fatti. Lo spazio pubblico<br />

quindi ha un alto valore d'informazione, di creazione di stereotipi e quindi di creazione di quartiere. È<br />

negli spazi pubblici che si riproducono i conflitti che si verificano nelle case e nelle organizzazioni.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

La sensazione che il quartiere è saturo e che non sono soltanto gli immigrati coloro che utilizzano le strade,<br />

ma che la pressione che vive il territorio con gli utilizzi che crea la città è un fatto: “E poi che il quartiere<br />

non è occupato soltanto da gruppi che si concentrano per gruppi, la via dei Marocchini e questa e<br />

quell’altra... ma il quartiere è occupato da gente che non vive nella zona e sono tutto il giorno qui....."<br />

(Alicia, insegnante)<br />

Ci sono vicini che per il loro contatto con altre persone sono coscienti di generalizzazioni che si stanno producendo<br />

e del pericolo dell'argomento: "Quando c’è un litigio o un omicidio dove c'è un immigrante si sottolinea<br />

la nazionalità. Tale persona d'origine non so che, non so se importa l'origine al momento di definire<br />

un delitto o un processo. E ci sono molte delle cose che dici tu, non hanno nulla a che vedere con l'immigrazione,<br />

ma con altri argomenti, che qui si producevano anche quando non c’erano immigrati." (Jordi,<br />

membro di un'associazione).<br />

2.2.2 Analisi Intergenero<br />

La grande complessità di situazioni che vivono le donne nel quartiere del Raval, la mancanza di spazi di<br />

riunione e la sovraoccupazione degli spazi pubblici da parte di alcuni gruppi limita loro l'utilizzo dello spazio<br />

pubblico. Le necessità familiari spingono affinchè le donne utilizzino le strade come uno spazio di passaggio<br />

per badare al gruppo familiare e facendo dello spazio pubblico uno spazio di passaggio e non d'utilizzo.<br />

I pochi incontri tra donne nelle strade si<br />

svolgono generalmente all’entrata delle scuole<br />

e nei parchi infantili. Le relazioni in questi spazi<br />

sono generalmente caratterizzate da donne<br />

raggruppate per nazionalità o origine e a volte<br />

si producono attriti. Tuttavia esiste un grado di<br />

valorizzazione delle donne di altre nazionalità<br />

ed a volte è dato dall'abito, come valore<br />

aggiunto.<br />

Le donne della zona, ciascuna nella sua propria<br />

realtà, vivono in un ambiente ed in funzione di<br />

criteri comuni, poiché appartengono ad una<br />

comunità e svolgono un ruolo sociale. Questo<br />

fa si che lo spazio pubblico sia uno spazio dove,<br />

nel caso di alcuni gruppi, si controlli la comuni-<br />

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258 CASAL <strong>DE</strong>LS INFANTS <strong>DE</strong>L RAVAL, BARCELLONA, SPAGNA<br />

tà e dove si conoscano o meno gli atteggiamenti individuali e collettivi delle persone. Tutto ciò influenza il<br />

vestiario, i raggruppamenti di persone e l'accesso in alcune zone e non in altre. I pochi spazi di riunione,<br />

come i negozi, di cui prima le donne si avvalevano per potersi incontrare benché fosse in modo informale,<br />

sono scomparsi a causa dei cambiamenti di gestione. I servizi dalla loro parte non hanno definito fino ad<br />

oggi una linea chiara di lavoro in questo senso e quindi si sta rimettendo in questione e promuovendo la<br />

creazione di spazi per donne.<br />

Si può infine dire che il fatto che lo spazio pubblico sia utilizzato soprattutto da uomini e che la sola occupazione<br />

chiara dello spazio pubblico sia da parte di donne che esercitano la prostituzione, produce un doppio<br />

stigma. Da un lato molte delle donne del quartiere pensano di essere osservate e controllate e che i<br />

commenti degli uomini gli danno insicurezza e gli limita l'utilizzo di alcuni spazi del quartiere. D'altra parte<br />

gli uomini di alcune comunità vedono come un rischio l'utilizzo da parte delle donne di alcuni spazi del<br />

quartiere.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

Non è una sensazione isolata, che in generale lo spazio pubblico del quartiere è uno spazio “maschilizzato”:<br />

"E io si che non differenzierei tanto tra le donne di qui e le donne immigranti. Lo spazio pubblico è poco<br />

utilizzato dalle donne in generale, e forse l'immigrazione può dare un’impronta speciale." (Lourdes, tecnica<br />

dei servizi).<br />

Ciò causa una sensazione di fragilità ed insicurezza: "Io all’inizio, quando facevamo delle uscite per fotografare,<br />

chiaramente non comprendevo perché quando uscivi con le donne le notavi come se avessero<br />

timore, perché non le notavi con tranquillità, ed è perché tu esci e senti tutti gli sguardi, e non guardano<br />

te, ma guardano loro, (...) realmente è una molestia degli uomini che le guardano..." (Pilar, insegnante di<br />

adulti).<br />

2.2.3 Analisi Intergenerazionale<br />

A livello globale, dovremmo sottolineare che quasi il 45% delle persone che si trovano negli spazi pubblici<br />

del Raval, è costituito da minori di 30 anni.<br />

Quest'importante occupazione, indica la mancanza<br />

di spazi per giovani e l'importante rete di<br />

relazioni che si è stabilita negli spazi pubblici<br />

da parte di questo gruppo. Occorre tenere in<br />

conto, tuttavia, che una notevole parte di quest'occupazione<br />

dello spazio pubblico è dovuta<br />

alla presenza dei turisti o dei gruppi di giovani<br />

di Barcellona che vengono ad effettuare attività<br />

di svago nella zona. Le percentuali d'occupazione<br />

degli spazi pubblici da parte degli<br />

anziani arrivano al 10%.<br />

I giovani realizzano una grande varietà di attività<br />

nello spazio e specialmente sport quando<br />

si allestisce uno spazio per questo. Molti sono


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in piedi o seduti nello spazio, chiacchierano, passeggiano ecc. Insomma vanno nelle piazze e nelle strade<br />

per incontrarsi e chiacchierare con gli amici, ovvero effettuano attività di tipo relazionale. Il fatto che siano<br />

di diverse culture produce insicurezza o intimidisce, creando un alto livello di stigmatizzazione di questo<br />

gruppo. Nel caso dei bambini giocano e fanno sport in determinati spazi e spesso sono soli o con i loro<br />

amici, specialmente in alcuni piazze.<br />

Le persone anziane fanno un importante impiego degli spazi pubblici del quartiere in funzione delle ore del<br />

giorno e in funzione dell'esistenza di infrastrutture adeguate per la loro età e della non-occupazione da<br />

parte di altri gruppi con i quali ci possono essere attriti o sensazioni d'insicurezza. È un gruppo che effettua<br />

a volte attività sportive nello spazio pubblico e che accede generalmente nelle piazze del quartiere per<br />

portare fuori i propri cani. Le persone anziane nella portata delle loro possibilità hanno una grande mobilità<br />

nelle strade del quartiere e in esse si incontrano, commentano e parlano di vari argomenti, spesso del<br />

quartiere. In generale gli anziani hanno spazi di riunione tanto a livello locale come di servizi.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

Lo spazio pubblico è un posto dove le relazioni e le situazioni delle persone secondo la loro età si mostrano<br />

chiaramente. C'è un'importante sensazione di perdita che molte volte si trasforma in conflitto: "...è<br />

necessario lavorare dal punto di vista delle persone che lavorano con gente anziana e con giovani, cercare<br />

un’empatia affinchè i gruppi comprendano più la realtà dell’altro. All’anziano il giovane del posto lo intimidisce<br />

e il giovane non comprende le persone più grandi. Questo succede fin dall'inizio dei tempi, il più<br />

grande ha sempre detto ora tocca a me ed ora esci da qui..." (Berta, tecnica comunale)<br />

La solitudine e la fragilità dei gruppi diventano palesi e spesso sono segnate dalla mancanza di spazi specialmente<br />

per i giovani "...Se c'è un ragazzo che sta giocando solo nella via, senza un monitore. Se i suoi<br />

genitori lavorano, imparerà a mettersi con gente più grande..." (Fouad, giovane di origine marocchina).<br />

2.2.4 Analisi interculturale<br />

E’ nelle vie e nelle piazze del Raval che si mostra e si vede l’enorme quantità di realtà esistenti nel quartiere.<br />

Molte persone sono di passaggio, altri cercano e trovano nello spazio pubblico il punto di riunione e<br />

di contatto, è lì che si può parlare con i vicini, ottenere un'informazione sulle risorse e far parte della rete<br />

di relazioni necessarie per socializzare. Il gruppo più numeroso presente nello spazio pubblico è quello<br />

spagnolo con il 51% del totale, seguito del marocchino con un 14 %, da quello pachistano con il 12% e<br />

da quello latinoamericano con il 10 %, soprattutto nel Raval Sud, aumentando la presenza di asiatici nel<br />

Raval nord. La presenza di turisti è così significativa che a seonda dell'epoca sono molto presenti nelle strade<br />

del quartiere.<br />

Gran parte delle difficoltà interculturali si ritrovano anche negli edifici del vicinato, dovuto al tipo d'organizzazione<br />

locale, anche a causa di norme culturali, ma spesso per non avere altri spazi dove potere sviluppare<br />

le loro attività. L'accesso agli spazi semipubblici (locali, servizi, ecc.), è spesso condizionato dal livello<br />

di autorganizzazione di ogni gruppo e dall’aver potuto stabilire un dialogo con l'amministrazione o con<br />

gli organismi della zona.<br />

Si parla dell'importante occupazione da parte di alcune comunità di alcune zone del quartiere. Si stigmatizza<br />

l’uso di una strada per un gruppo o si generano conflitti d'utilizzo rispetto a questi spazi, spesso deter-<br />

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minati dalle infrastrutture esistenti o semplicemente per essere un punto di riunione in relazione con negozi,<br />

moschee o centri religiosi vicini. Questa realtà produce un'esclusione nei confronti di altri gruppi e ciò<br />

è vissuto come un'espulsione ed una perdita di spazi comuni.<br />

Esistono varie regole d'utilizzo dello spazio pubblico, in una prospettiva culturale, che sono spesso distanti<br />

o a volte sorprendono. A volte vi sono criteri in relazione a forme di funzionamento nei paesi d'origine o<br />

semplicemente modalità d'utilizzo che venivano adottate anche in passato nel quartiere, ma che sono state<br />

perse a causa dei cambiamenti sofferti negli spazi pubblici e nelle relazioni che si stabiliscono nella città.<br />

La presenza di gruppi marginali o di situazioni illegali e criminose e quindi la presenza della polizia genera<br />

gran parte delle stigmatizzazioni e situazioni conflittuali rispetto all'immigrazione, che si allarga ai mezzi<br />

di comunicazione, assumendo un ruolo di conflitto interculturale difficile da contenere.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

Le norme sociali di funzionamento, l’emigrazione e le lamentele rendono terribilmente complesse le relazioni<br />

tra i vari gruppi, e ciò è vissuto male da tutti: "Si, i vicini si lagnano, e non è la prima volta, che i pachistani<br />

mettono la musica alta, non puliscono la scala o dei sudamericani. Io mi chiedo, qui c'è un esempio<br />

molto presente e spero che nessuno si offenda... Quando qui hanno iniziato a costruire gli edifici, la gente<br />

che veniva dalla campagna ha cominciato a far salire gli asini negli ascensori, ma poiché avevano sempre<br />

vissuto in questa libertà, pensavano che anche gli asini avrebbero potuto salire con gli ascensori. (Iqbal,<br />

capo pachistano)<br />

2.3. Sensazioni<br />

2.3.1. Introduzione generale<br />

I processi migratori ed i cambiamenti costanti sofferti nel quartiere del Raval nel corso degli anni hanno<br />

reso difficile strutturare una coesione sociale chiara ed uniforme condotta da un solo interlocutore e che<br />

creasse un'identità di quartiere solida. Ciò che è certo è che in questa realtà multipla, i vicini del quartiere<br />

hanno cercato nel corso degli anni, meccanismi di riunione, di relazione e di autorganizzazione che gli<br />

permettesse di assorbire questi cambiamenti e questi nuovi gruppi umani che stavano arrivando.<br />

Nel quartiere c'erano situazioni di marginalizzazione e deterioramento di alcuni gruppi, ma la conoscenza<br />

dei vicini creava un equilibrio che permetteva di sopportare la povertà e la pauperizzazione che ha vissuto<br />

il quartiere per numerosi anni..<br />

L'arrivo dell'immigrazione, parallelamente al processo di ristrutturazione urbana, frammentò quest'equilibrio<br />

fragile, ma carico d'identità, del quartiere del Raval. Si sono formate una gran molteplicità di nuove<br />

situazioni che coesistono e che non sanno come situarsi dinanzi a questa nuova realtà. L'immigrazione è<br />

già un fenomeno nuovo e sconosciuto, ed arrivare a comprendere una realtà così diversa, tanto per quelli<br />

recentemente arrivati che per i vecchi vicini è un compito spesso titanico. Si può affermare che il quartiere<br />

ha un grande livello di tolleranza e solidarietà.


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I nuovi vicini sono spesso di passaggio, vengono a cercare risorse o semplicemente vengono ad informarsi,<br />

tutto ciò non permette di riconoscere ed identificare a queste persone come “conosciute”. Le relazioni<br />

quindi sono poco stabili e durature nel tempo.<br />

La percezione che esisteva già e che esiste, che il Raval era ed è una zona povera e conflittuale, fomenta<br />

la volontà di molti vicini di cercare casa fuori del territorio come un miglioramento della propria situazione<br />

e del proprio status sociale. Ciò che è certo, è che molti dei figli dei vecchi vicini del quartiere non vivono<br />

più nel Raval.<br />

Il fatto che sia centro città complica il combinare e promuovere una cultura di quartiere, benché esista una<br />

certa volontà per questo. La presenza attuale di un mercato immobiliare che vuole promuovere il quartiere<br />

per i suoi interessi, e che pressiona ed espelle a molti vicini dai loro attuali alloggi lo rende più complicato.<br />

I progetti diversi e complessi della città di Barcellona, producono un utilizzo ogni volta maggiore di<br />

questo quartiere e creano molti problemi di convivenza dovuto all'alto inquinamento acustico causato dai<br />

rumori prodotti dalla vita notturna.<br />

Tuttavia, è vero che la grande quantità di servizi ed organismi che lavorano nel territorio stanno cercando,<br />

con molte difficoltà, di promuovere un lavoro in rete e integrale che si occupi delle diverse situazioni che<br />

genera il quartiere e che promuova un lavoro per, da parte e con la gente della zona. Si stabiliscono complicità<br />

e si iniziano a trovare spazi congiunti di lavoro che producono spazi comuni per i vicini del Raval.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

È chiaro che c'è un'esperienza comune a tutte le persone che hanno costituito, che sono venuti e che continuano<br />

ad arrivare nel quartiere e per di più in un quartiere di immigranti: "È come voi! Voglio dire immigrante,<br />

povero immigrante! Chi vive con voi, come voi, non ha occasione di lavorare... ancora no, ancora<br />

no. E se continua così, ogni volta saremo più lontani, e dopo 15 o 30 anni che succederà? I nostri figli?<br />

Vivranno come noi? No! Non voglio che i miei figli vivano come ho vissuto io, mai! E se egli dicesse: "Vivo<br />

come viveva papà. E allora? Quale è la vita? Quale è il mondo? E cosa è il primo mondo?" E prenderà e<br />

farà qualcosa. Devi già pensare a questo! Devi risolvere! Non devi lagnarti...." (Javed, chef pachistano).<br />

Quindi la visione del futuro, benché in alcuni<br />

momenti conflittuale o lamentosa, è: "...Non ci<br />

resta altro rimedio che convivere" (Alicia,<br />

insegnante).<br />

2.3.2 Analisi Intergenero<br />

Le donne del Raval hanno un livello basso di<br />

auto-organizzazione. La maggioranza di associazioni<br />

del quartiere è diretta da uomini e<br />

spesso le donne hanno soltanto alcuni spazi di<br />

riunione. I centri religiosi, che hanno un peso<br />

importante nel quartiere, limitano anche l'utilizzo<br />

alle donne. Le donne sono sprovviste di<br />

spazi di riunione e di relazione.<br />

261


INTI_it 10/10/06 08:59 Página 262<br />

262 CASAL <strong>DE</strong>LS INFANTS <strong>DE</strong>L RAVAL, BARCELLONA, SPAGNA<br />

Il vincolo che molte di esse hanno rispetto al territorio è in relazione, spesso, con l'istruzione dei loro figli<br />

e molte volte partecipano e collaborano in azioni che permettono di migliorare la situazione di questi, e troviamo<br />

donne recentemente arrivate pronte a prendere parte e a collaborare in progetti comuni.<br />

Hanno anche un grande desiderio di conoscere ed apprendere, e si trovano una grande quantità di servizi<br />

utilizzati da donne, e loro sono disposte a produrre interscambio e interrelazione. Ma molte di queste attività<br />

sono progettate in una prospettiva assistenziale, che non promuove un compromesso con l'ambiente<br />

più immediato delle donne, benché si lavori per stabilire meccanismi di solidarietà.<br />

Esistono alcune donne tra le vecchie vicine e le nuove immigranti che cercano spazi d'implicazione con il<br />

loro proprio gruppo, e che hanno una relazione con il territorio del quartiere e la comunità. Ma la loro implicazione<br />

fino ad oggi in spazi istituzionali è quasi nulla.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

La realtà comune e piena di spazi da condividere forma parte di uno dei futuri del quartiere: "Credo che la<br />

differenza non è che non partecipano le donne immigranti, ma non partecipano le donne in generale.<br />

Quando parliamo di gruppi con diverse difficoltà, le donne sono l’anello più debole, con i bambini e gli<br />

anziani." (Txelo, assistente sociale)<br />

2.3.3. Analisi Intergenerazionale<br />

I bambini, i giovani e le persone anziani si sentono del Raval e sono forse i gruppi che più sono identificati<br />

con il territorio, perché sono alla fine coloro che lo vivono più intensamente, coloro che lo conoscono<br />

meglio e coloro che ne conoscono le difficoltà.<br />

La partecipazione è attiva nei casali dei giovani, dei bambini e degli anziani, nei centri educativi e, nel caso<br />

degli anziani, nelle associazioni e gruppi del quartiere. Così come la mobilità enorme che hanno nello spazio<br />

pubblico fa di loro gli autentici vicini del quartiere<br />

Nel caso dei bambini e dei giovani l'esperienza<br />

che c'è della zona è spesso di una zona<br />

conflittuale, deteriorata, essendo questo l’antico<br />

"Xino" nel quale essi hanno poche possibilità<br />

di futuro. Il compromesso di trasformazione<br />

verso il loro quartiere è delimitato da una<br />

chiusura degli organismi verso l'ambiente, ed<br />

anche, per molti di loro, dal sentirsi "immigrati"<br />

che non hanno il riconoscimento sociale e<br />

l'integrazione adeguata ad una cittadinanza di<br />

futuro. La situazione di alcuni giovani autoctoni<br />

è diversa nel momento in cui partecipano in<br />

associazioni o in gruppi organizzati dai loro<br />

genitori, ma continuano ad avere spesso il loro<br />

progetto di futuro fuori del quartiere.


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La situazione degli anziani è diversa, hanno vissuto ed hanno sopportato gran parte delle pressioni e dei<br />

cambiamenti sofferti nel quartiere e si sentono relazionati al territorio con legittimità, non riconosciuta<br />

secondo loro dall'amministrazione. Esiste la sensazione di aver perso il quartiere di sempre, di aver perso<br />

gli spazi e che l’immigrazione ha tutti i privilegi. Anche loro sono stati immigranti e la loro storia e la loro<br />

esperienza ha perso valore in un contesto in cui i cambiamenti globalizzanti hanno una maggiore forza.<br />

Tuttavia non sono sprovvisti di reti ed hanno spazi di partecipazione dove i loro pareri sono riconosciuti<br />

come tali.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

Sentire chiaramente da parte di tutti che la zona del futuro sarà definita dalla grande varietà di realtà, è un<br />

fatto che si constata e si rende visibile nelle scuole: "Sono d'accordo con l'argomento delle generazioni, il<br />

miscuglio che si produce nelle scuole è molto positivo di fronte al futuro, ma nel frattempo che non stiamo<br />

nel futuro dovrà passare un periodo e bisognerà continuare a lavorare. A me ciò che mi preoccupa non<br />

sono coloro che stanno in questa tavola ma coloro che non ci sono..." (Jordi membro di un'associazione).<br />

2.3.4 Analisi interculturale<br />

La complessità esistente nel quartiere rende difficile il ravvicinamento tra le varie culture. Ciò che è sconosciuto<br />

suscita timore e insicurezza e soprattutto si ignorano le altre realtà, quello che si vede è ciò che<br />

si sa. Le relazioni si basano soprattutto su percezioni, discorsi e stereotipi sugli altri. Esiste nel quartiere un<br />

alto grado d'informazione e voci che corrono da un posto alll’altro e ciò produce una confusione enorme<br />

tra realtà e percezione.<br />

Di conseguenza, possiamo dire che c'è una mancanza di relazione generale, non si condividono spazi, ci<br />

sono pochi progetti comuni che hanno un'implicazione relazionata con il territorio. Le persone si auto-organizzano<br />

soprattutto per mantenere un livello di relazione con i propri simili, e questo processo è molto minore<br />

nel caso degli immigrati.<br />

Tuttavia, c'è un'importante volontà da parte degli agenti sociali del territorio per produrre processi nei quali<br />

si lavori per il Raval. La configurazione e la promozione di associazioni di commercianti che lavorano per il<br />

quartiere e per la città, ma che sanno chiaramente che senza una trasformazione della zona non ci saranno<br />

cambiamenti. L'implicazione delle associazioni culturali e degli organismi, con servizi per produrre progetti<br />

congiunti. E soprattutto il lavoro di mediazione da parte di interlocutori di alcune comunità sta portando<br />

il quartiere verso una nuova realtà.<br />

a) Descrizione soggettiva<br />

Al giorno d’oggi le nuove situazioni che vive il quartiere del Raval hanno bisogno di una più grande implicazione<br />

di tutti gli agenti e questa è un'esperienza condivisa: "Perché a volte dobbiamo correggere ciò di<br />

cui stiamo parlando. Quando parliamo si parla non dei conflitti che credo che esistano, ma di aria fritta.<br />

Perché quando gli immigrati che sono arrivati 15 o 30 anni fa, sentono che continua ad arrivare altra gente<br />

e le risorse sono ancora uguali, non si sono aumentate le risorse, mentre i beneficiari si che sono aumentati"<br />

(Iqbal, capo pachistano).<br />

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BUONE PRATICHE <strong>DE</strong>LLA <strong>CONVIVENZA</strong><br />

NEGLI SPACI PUBLICI DI BRUXELLES<br />

OSTIA, TOULOUSE E BARCELONA


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266 BUONE PRATICHE INTERGENERO<br />

Donne per vedere più lontano. Sguardi sulla via Malibran.<br />

ASSOCIAZIONE: Parcours citoyen/ Le Vide Technique<br />

TEMA <strong>DE</strong>LL’AZIONE: INTERGENERO<br />

CONCETTO <strong>DE</strong>L TEMA <strong>DE</strong>LL’ AZIONE: Favorire l'espressione delle donne sul loro quartiere nello spazio pubblico<br />

BENEFICIARI: Spazio “Couleurs femmes”, abitanti della via Malibran.<br />

RISORSE: Umane, materiali, economiche.<br />

- Presenza di un gruppo di donne costituito - dagli abitanti - una via una zona...<br />

- Un'animatrice<br />

- Persone che possano parlare di concetti come spazio pubblico, convivenza...<br />

- Macchine fotografiche usa e getta (o no), casse di cartone, vernici, matite... in definitiva, un buon materiale da<br />

disegno<br />

- Tempo, molte ore di laboratorio<br />

- Una comunicazione (integrata nel “Festival Habiter”) che mette in relazione diversi aspetti<br />

- Finanziamenti europei, comunali (materiale, animatrice, comunicazione...)<br />

TERRITORIO E CONTESTO CONCRETO<br />

Il quartiere in questione è il quartiere Malibran. È un quartiere popolare del comune di Ixelles. L'azione si concentra<br />

più specificamente nella via Malibran, come spazio pubblico essenziale ed asse simbolico di questo quartiere abitato<br />

da una grande diversità sociale e culturale. Lo spazio pubblico che compone questa strada subirà alcune trasformazioni<br />

nel quadro di un programma di rivitalizzazione del quartiere.


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BUONE PRATICHE INTERGENERO<br />

GIUSTIFICAZIONE <strong>DE</strong>LL` AZIONE<br />

E’ da tempo che l'argomento delle ristrutturazioni dello spazio pubblico è all'ordine del giorno. La partecipazione<br />

nella definizione di questo spazio pubblico è per noi un tema di ricerca già da alcuni anni. Una delle constatazioni<br />

classiche è che di rado le donne (soprattutto coloro che appartengono a gruppi culturali minoritari) sono invitate ad<br />

esprimersi sul quartiere e sui loro spazi di vita. Si è dato inizio ad un lavoro a questo riguardo nel quadro dello spazio<br />

“Couleurs femmes”, un'associazione di donne del quartiere. La proposta che facciamo si basa sull’idea che i frutti<br />

di questo lavoro ed un certo sviluppo possano aprirsi verso lo spazio pubblico, verso l’incontro ed il dibattito (e non<br />

soltanto verso il luogo di decisione politica). A tal fine, l'idea è di proporre un mezzo di comunicazione creativo, dove<br />

si articolino realtà ed immaginazione.<br />

La lingua proposta quindi, è una lingua sensibile che non si basi soltanto sulla parola e sulla ragione strumentale,<br />

che è una forma dominante del pensiero nel quadro dell'assetto del territorio (una lingua molto maschile).<br />

SVILUPPO <strong>DE</strong>LL’AZIONE<br />

L’azione si sviluppa in diverse fasi.<br />

La fase d'osservazione: un gruppo di donne è invitato a visitare la via Malibran, ad osservarla, parlare e fotografarla.<br />

Vengono fornite alcune informazioni sullo spazio pubblico (concetti).<br />

La fase espressione e creatività: questo gruppo di donne è invitato ad esprimersi in modo pittorico. La fotografia<br />

(rappresentazione breve della realtà) è messa in un quadro di cartone. La fotografia è prolungata con un disegno.<br />

Quest'ultimo distorce, amplifica, contrasta, ecc. gli elementi di realtà presentati dalla fotografia e sviluppa l'immaginazione<br />

e la critica. Funge da sostegno ad un lavoro d'espressione e di incontro che ha luogo nel laboratorio.<br />

La fase di restituzione pubblica: le opere si espongono al pubblico. Le donne che hanno partecipato al laboratorio<br />

espongono le loro intenzioni. Da ciò inizia un dibattito con gli abitanti e gli altri utenti presenti. Scambiano opinioni<br />

sul loro modo di percepire la via, il quartiere, il vivere in quest'ultimi, su una base sensibile (come donna, come...)<br />

Non si tratta di opporre funzionalità (automobile contro pedoni - negozi contro abitanti - convivenza contro economia).<br />

OBIETTIVI<br />

Si tratta di permettere al maggior numero di persone di espimersi sull'argomento di uno spazio pubblico che deve<br />

essere riabilitato (o no). Di fatto, in questo caso, si tratta di permettere che donne che non dominano molto bene il<br />

francese (lingua utilizzata per gli scambi pubblici nel quartiere) e che appartengono a culture minoritarie che sono<br />

generalmente escluse da questi luoghi d'espressione, possano esprimersi sul luogo dove vivono, in questo stesso<br />

luogo, con gli altri. Si tratta dunque di creare uno spazio pubblico aperto. Anche se si presta attenzione soprattutto<br />

alle donne, non si tratta tuttavia di fare una discriminazione positiva, ma di valorizzare pareri diversi, sguardi diversi,<br />

ecc.<br />

Si tratta, più specificamente, di favorire l'espressione della persona, l'espressione personale, la creatività e fare in<br />

modo che le persone si interessino a ciò che è urbano.<br />

ELEMENTI DI INNOVAZIONE E PARTICIPAZIONE<br />

Risaltano molti elementi d'innovazione:<br />

- Lavorare sulla diversità delle lingue e punti di vista: lingua sensibile, lingua d'esperto, lingua di cittadino, ecc...<br />

- Articolare lavoro d’immaginazione e realtà - non limitarsi a ciò che esiste.<br />

- Permettere a ciascuno di accedere direttamente allo spazio pubblico senza la mediazione di un portavoce<br />

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268 BUONE PRATICHE INTERGENERO<br />

- Creare relazioni 'orizzontali' tra abitanti ed utenti (tra cittadini)<br />

- Aumentare la complessità e la ricchezza dei pareri<br />

EFFICACIA<br />

L'esperienza è troppo limitata ancora per sapere se produce un impatto tangibile, positivo e duraturo. Per poterlo<br />

confermare, l'esperienza deve estendersi e riguardare un maggior numero di persone. Tuttavia, tutto sembra segnalare<br />

che l'analisi proposta interessa i collaboratori e i partecipanti desiderosi di proporre una continuazione che<br />

sviluppi l'idea e la prolunghi.<br />

TRASVERSALITA’<br />

Il carattere trasversale ha luogo a vari livelli. Generalmente, ciò che riguarda la cultura (espressione, creatività, istruzione<br />

permanente, arte, immaginazione) è completamente separato da ciò che riguarda l’Ordinamento dello spazio<br />

(urbanismo, architettura, economia, sviluppo sostenibile). Questi due mondi non si incontrano. Si tratta fondamentalmente<br />

di metterli in relazione.<br />

FONDAMENTO E SOLIDITA’<br />

- Quest'azione nasce da una preoccupazione specifica da parte dei “beneficiari”.<br />

La maggior parte della gente di questo paese non si immagina che possono influenzare sul loro ambiente.<br />

Soprattutto se appartengono a gruppi minoritari.<br />

- L'azione parte da un esercizio di diritto fondamentale che raramente si mette in pratica: il diritto di definire il proprio<br />

ambiente. Si tratta di creare le condizioni di una possibilità. (Forza dichiarativa della lingua)<br />

- L'azione non si basa su una necessità, ma sul desiderio, nel piacere.<br />

- Produce un movimento che sembra voler essere prolungato - proseguire<br />

SOSTENIBILITA’ E REPLICABILITA’<br />

L'azione proposta è abbastanza concreta e semplice. I suoi principi anche. Sono facilmente comprensibili e quindi<br />

riproducibili. Ma come diceva un architetto: "non tutto è nella pietra". Non è necessario riabilitare uno spazio pubblico<br />

per parlare di esso. Un dispositivo come quest'ultimo può servire all'elaborazione di una diagnosi sulla convivenza<br />

ad esempio...<br />

VALUTAZIONE <strong>DE</strong>I RISULTATI<br />

- 8 donne hanno partecipato al laboratorio, 6 hanno partecipato all'insieme del laboratorio, 4 hanno partecipato<br />

al dibattito finale.<br />

- Si sono realizzate 8 opere. Considerate come un successo.<br />

- Circa trenta persone erano presenti durante il dibattito di restituzione<br />

- Si è iniziata una conversazione molto piacevole e considerata dalla maggioranza come valorizzante.<br />

- Gli uomini presenti hanno segnalato che gli uomini erano capaci di dire le stesse cose... Ciò indica certamente<br />

una femminilizzazione della società nell'insieme...<br />

- Questo incita a ripetere l'azione su scala più vasta e confrontando punti di vista basandosi su altre forme d'espressione<br />

o a partire da altri pubblici - e proporre la riunione nello spazio pubblico... (buon tempo)<br />

- Sembra che questo processo interessi i “poteri pubblici” desiderosi di andare oltre.


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BUONE PRATICHE INTERGENERO<br />

“Venite ad improvvisare (cantando) sulle donne e sugli uomini"<br />

ASSOCIAZIONE: Carrefour Culturel Arnaud Bernard<br />

TEMA <strong>DE</strong>LL’AZIONE: INTERGENERO<br />

CONCETTO <strong>DE</strong>L TEMA <strong>DE</strong>LL’ AZIONE:<br />

Organizzare nella piazza principale del quartiere un evento nel quale le donne e gli uomini della zona si esprimano<br />

sulle relazioni intergenero attraverso la "parola" (improvvisazione) e i "fatti" (canzone e danza). A tal fine, abbiamo<br />

effettuato un opuscolo nel quale è scritto il principio di una canzone che gli abitanti possono completare per esprimere<br />

il loro parere sull'argomento delle donne e degli uomini. Questi opuscoli sono in seguito ripresi per essere utilizzati<br />

durante la pratica, cioè per essere cantati. Nell'azione sono implicate le associazioni del quartiere, il Coro civico<br />

per "tutte le età, tutte le origini benvenute, cantanti, falsi cantanti, dilettanti e senza formazione vocale" ed i partecipanti<br />

della classe di percussioni e di danza del quartiere.<br />

BENEFICIARI: Tutto il pubblico del quartiere e le persone che sono di passaggio.<br />

RISORSE: Alcuni volontari, fotocopie, attrezzatura di decorazione, pasto di convivenza e le persone che prendono<br />

parte al Coro civico, alla classe di danza e di percussioni, attività azionate dall'associazione Escambiar situata nel<br />

nostro quartiere.<br />

TERRITORIO E CONTESTO<br />

La piazza Arnaud Bernard è la piazza più grande del quartiere. Dalla sua ristrutturazione, 3 anni fa, molte persone<br />

hanno constatato una diminuzione della convivenza, la comparsa di una piccola delinquenza che occupa la piazza<br />

in modo permanente (traffico di sigarette e di altro). - Il coro civico interviene facilmente, soprattutto con gli utenti<br />

delle classi di danza e percussioni, per incoraggiare e fornire della musica e della danza durante ogni evento celebrato<br />

nel quartiere. I loro interventi sono apprezzati.<br />

GIUSTIFICAZIONE <strong>DE</strong>LL`AZIONE<br />

Nella piazza Arnaud Bernard, secondo i questionari e le dichiarazioni degli abitanti del quartiere, gli uomini attirano<br />

l'attenzione delle donne in modo inappropriato perturbando l'utilizzo che fanno dello spazio pubblico. Questa piazza<br />

è un luogo che deve essere riconquistato in termini di convivenza. Piccola delinquenza. Squilibrio di frequentazione<br />

tra uomini e donne. La canzone e la danza sono naturalmente portatori e mediatori di convivenza intergenero.<br />

SVILUPPO <strong>DE</strong>LL’AZIONE<br />

a) Lavoro di redazione: negli opuscoli e nei manifesti che sono stati distribuiti nei giorni precedenti alla pratica, gli<br />

abitanti potevano scrivere quattro versi sotto il refrain proposto sull'argomento intergenero:<br />

"Nel mio quartiere, ci sono molte cose da fare, Nel mio quartiere, faccio quello che posso, Nel mio quartiere, ci<br />

sono molte cose da fare, Nel mio quartiere , faccio quello che posso"<br />

Un esempio d'improvvisazione:<br />

"Nel mio quartiere devo improvvisare, non ho molto talento per poetare, Dalla mia bocca escono molte stupidità,<br />

ho bisogno di te, donna, perché io trovi la civiltà."<br />

b) Canzoni e danze: ciascuno a sua volta canta una delle improvvisazioni riprese e/o improvvisa, ed in seguito la<br />

appende sul filo situato nel mezzo del cerchio che si è formato. Si tratta di danze collettive nelle quali si possono<br />

esercitare le individualità.<br />

La danza utilizzata è un cerchio, i passi sono semplici, avanti, indietro e il cerchio gira. Nel mezzo, in coppia, la gente<br />

si sfida improvvisando passi, ed in seguito lasciano la postazione ad un'altra coppia nel mezzo del cerchio. Con<br />

questa base facile da integrare, tutti possono partecipare ed usufruire del gioco.<br />

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270 BUONE PRATICHE INTERGENERO<br />

OBIETTIVI GENERALI<br />

- Favorire la convivenza ed il rispetto reciproco intergenero nello spazio pubblico con un vettore d'attività culturale.<br />

- Aprire il dibattito sulla questione della convivenza tra uomini e donne in uno spazio pubblico con problemi. Ciò<br />

attraverso la pratica stessa e con tutti i partecipanti (utente del coro e del pubblico) come pure attraverso la diffusione<br />

degli opuscoli a titolo di sensibilizzazione su quest'argomento.<br />

ELEMENTI DI INNOVAZIONE<br />

- Creazione di un folclore: la danza e la canzone negli spazi pubblici (da parte degli abitanti e per gli abitanti).<br />

Lavoro dell'associazione Escambiar, specializzata nel campo della musica ed in pratiche musicali. Elaborazione<br />

di un nuovo folclore basato sulle influenze occitane e del Nord-est del Brasile (relativo alla storia che hanno in<br />

comune).<br />

- L'opuscolo interattivo: possibilità per le persone di esprimere la loro sensazione sulla questione in modo piacevole<br />

ed anonimo.<br />

PARTICIPAZIONE<br />

La mescolanza uomini/donne è un successo. Ciò è stato possibile grazie alla scelta dei protagonisti con i quali si è<br />

effettuata l'azione. Tra le persone presenti, 40 erano utenti delle attività gratuite organizzate nella zona: 1) del Coro<br />

civico, 2) delle classi di danza, 3) delle classi di percussioni. Il resto del pubblico era composto da persone che erano<br />

di passaggio ed abitanti del quartiere. (80 persone in totale). Alcune persone del pubblico che erano di passaggio<br />

(abituate a quest'azioni) hanno attivamente preso parte unendosi alla danza.


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BUONE PRATICHE INTERGENERO<br />

EFFICACIA<br />

La preparazione della manifestazione, tramite l'opuscolo da completare, ha permesso che molte persone si interessassero<br />

alla messa in marcia dell'evento ed alla sua pubblicità. L'opuscolo esprime la volontà di riunione e di convivenza<br />

uomini/donne, le improvvisazioni rispettano l'argomento. La realizzazione della pratica ha prodotto una reazione<br />

intergenero.<br />

TRASVERSALITA’<br />

La vita associativa del quartiere e le buone relazioni tra gli attori delle associazioni hanno permesso di organizzare<br />

tutto con molta facilità. L'associazione GFEN (che effettua seminari di scrittura) è venuta a presentare il suo lavoro.<br />

La messa in marcia ed il momento in cui si sono redatte le improvvisazioni hanno dato vita a riunioni e discussioni<br />

con le associazioni dei vicini sull'argomento.<br />

FONDAMENTO<br />

I problemi relazionati con le norme di cortesia e d’educazione nella piazza sono il punto di partenza dell'azione effettuata.<br />

Il fatto di trattare la questione attraverso una canzone che le persone presenti devono improvvisare permette<br />

di enunciare (con umore) ed ascoltare le esperienze vissute dalle persone.<br />

SOLIDITA’<br />

Questa manifestazione ha permesso di dimostrare che gli abitanti di un quartiere possono fare fronte ad un problema<br />

prendendo la parola nel luogo stesso del conflitto. Questo serve a dimostrare alle persone interessate - presenti<br />

nella piazza e spettatori -, senza quindi denunciarli, che questi comportamenti non sono accettabili. Il fatto di effettuare<br />

quest'azione dimostra anche che pur essendo stufi di questi comportamenti, gli abitanti non hanno timore a<br />

parlare di ciò. Un'azione come questa ha la capacità di integrare tutti, tra cui alcune persone in grande difficoltà, il<br />

cerchio e la canzone assorbono facilmente le differenze. Ridurre la sensazione d'insicurezza con il fatto di occupare<br />

lo spazio.<br />

SOSTENIBILITA’<br />

La facilità a livello materiale con la quale è possibile mettere in marcia la pratica permette di effettuare questo tipo<br />

d'azione in modo regolare. Tuttavia, è necessario che si presentino occasioni o circostanze per cantare e ballare nella<br />

piazza. Il coro civico, con le sue caratteristiche stesse, può intervenire e mettere in scena, tramite la danza o il canto,<br />

la relazione intergenero in molte occasioni e luoghi.<br />

REPLICABILITA’<br />

I mezzi utilizzati per questa pratica non sono specificamente materiali. Si basa nella qualità e densità del tessuto<br />

civico ed associativo della zona, è necessario avere un repertorio semplice di canzoni e danze collettivi.<br />

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272 BUONE PRATICHE INTERGENERO<br />

Laboratori di interscambio di ricette del mondo<br />

ASSOCIAZIONE: <strong>Casal</strong> <strong>dels</strong> <strong>Infants</strong> del Raval<br />

TEMA <strong>DE</strong>LL'AZIONE: INTERGENERO<br />

CONCETTO <strong>DE</strong>L TEMA <strong>DE</strong>LL’ AZIONE: Abbiamo intenzione di elaborare l'argomento dal punto di vista del genere.<br />

Rafforzando la sua capacità d'azione trasformatrice e favorendo lo scambio. Il lavoro di inter-genere si fonda secondo<br />

noi nel rendere visibile la donna nello spazio pubblico e questo si è portato a termine nell'azione finale nella piazza<br />

Folch i Torres.<br />

BENEFICIARI: Donne della zona del Raval il cui luogo d'origine sia la Catalogna, il Marocco, il Pakistan o l'America<br />

Latina (nazionalità presenti nella nostra zona). Donne nella loro maggioranza legate ad alcune associazioni, organismi<br />

della zona che lavorano con donne. Donne che usano poco lo spazio pubblico.<br />

TERRITORIO E CONTESTO<br />

Cucina didattica del <strong>Casal</strong> <strong>dels</strong> <strong>Infants</strong> del Raval e piazza Folch i Torres nella zona del Raval (Barcellona). Una zona<br />

che durante gli ultimi anni, ed in modo molto rapido, ha sofferto un'importante trasformazione urbana e sociale.<br />

Attualmente quasi il 50% della popolazione è costituito da immigranti. L'azione nello spazio pubblico è stata effettuata<br />

nella piazza Folch i Torres perché, anche se si dispone di uno spazio infantile, la presenza della donna é ridotta.<br />

GIUSTIFICAZIONE <strong>DE</strong>LL ‘AZIONE<br />

La fragilitá della donna nello spazio pubblico, la sua reclusione, più o meno generalizzata secondo la cultura, al quadro<br />

domestico, ci appare come una delle trasformazioni più importanti da risolvere nel nostro tempo. Questa situazione<br />

peggiora a causa dei pochi spazi di incontro e interrelazione tra donne che esistono attualmente nella zona .<br />

Le forme di organizzazione che, in altri tempi e/o luoghi, erano servite come spazio di scambio, riflessione ed azione<br />

delle donne si notano per la loro assenza (nel caso di gruppi di donne) o funzionano con difficoltà per la bassa<br />

partecipazione sociale nel caso delle AMPAS e nel caso delle associazioni prevale il dominio maschile.


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BUONE PRATICHE INTERGENERO<br />

SVILUPPO <strong>DE</strong>LL’AZIONE<br />

Preparazione. a) Una volta definite le culture con le quali avremmo realizzato gli interscambi ci siamo messi in contatto<br />

con vari organismi per spiegare l'azione e perché ci fornissero 3 o 4 donne (il numero era limitato da questioni<br />

di spazio e per facilitare il dibattito e l'interscambio). Una volta raggiunto un numero di donne ci mettiamo d'accordo<br />

con ogni gruppo (per cultura) perché scelgano la ricetta che dovranno cucinare. Quindi chiediamo loro fotografie<br />

personali per favorire il dibattito sulla situazione della donna nei vari paesi. Realizzazione: Nel corso di 4 settimane<br />

ogni cultura ha insegnato al resto una ricetta tipica del loro paese, in seguito in piccoli gruppi commentavano<br />

le fotografie familiari e spiegavano le abitudini culturali, il ruolo della donna ecc.. Alla fine il laboratorio si conclude<br />

con un campione del lavoro effettuato nella piazza Folch i Torres, in cui hanno partecipato donne di altri organismi<br />

ed alcune di loro hanno anche cucinato piatti dei loro paesi d'origine.<br />

OBIETTIVI<br />

- Produrre processi di partecipazione sociale della donna.<br />

- Promuovere la creazione di reti di scambio e di azione sociale tra donne. Promuovere il dibattito sulla situazione<br />

della donna nelle varie culture. Promuovere il protagonismo della donna nello spazio pubblico.<br />

ELEMENTI DI INNOVAZIONE<br />

È la prima volta che in un'esperienza di scambio di ricette di cucina si introduce un dibattito sulla situazione della<br />

donna nel lavoro, la cultura, la famiglia, lo svago e lo spazio pubblico. È anche innovatore il favorire il dibattito attraverso<br />

fotografie su vari aspetti (cultura, svago, famiglia, lavoro) che portano le donne stesse. Inoltre persone di vari<br />

luoghi d'origine e di vari organismi si mettono d'accordo per cucinare una sola ricetta. La rappresentazione teatrale<br />

effettuata durante l''iniziativa nello spazio pubblico ha facilitato l'interazione tra i partecipanti ed il suo potenziamento.<br />

PARTICIPAZIONE<br />

La partecipazione dei vari gruppi si é registrata nella preparazione (la ricetta è stata scelta da ogni gruppo, si trovó<br />

il giorno per facilitare la loro presenza), sviluppo (le donne cucinavano le ricette, spiegavano le fotografie che avevano<br />

portato) e valutazione dell'azione (si è effettuata un'indagine sia con le donne che con i vari organismi per valutare<br />

l'azione). Le donne hanno sentito che le si è tenute in conto in qualsiasi momento. Comunque, anche se alcuni<br />

organismi hanno partecipato portando delle donne, questi non si stanno addossando il lavoro di facilitare spazi di<br />

relazione e incontro per le donne.<br />

EFFICACIA<br />

Abbiamo verificato che questo tipo di azioni con donne di varie culture aiuta a stabilire relazioni di affetto tra persone<br />

di varie culture e favoriscono la relazione e lo scambio. Quest'azione ha aiutato le donne a conoscersi, a trovare<br />

sollievo, a mettere in comune problematiche e a passare un buon momento trascurando le problematiche. La cucina<br />

è un elemento che produce curiosità e che aiuta a elaborare temi di interculturalitá. Inoltre la cucina di varie culture<br />

è un argomento che ha attratto l'interesse dei mezzi di comunicazione.<br />

TRASVERSALITA’<br />

L'azione ha coinvolto organismi che lavorano con donne nel quartiere del Raval. Quest'azione è stata incorporata<br />

nelle attività organizzate nel mese della donna lavoratrice (programmazione Taula de la Dona), ma l'implicazione di<br />

alcuni di questi organismi avrebbe potuto essere maggiore. Nell'azione in Folch i Torres valutiamo positivamente che<br />

oltre alla partecipazione di organismi di donne della zona abbiano anche collaborato altri progetti del <strong>Casal</strong> che si<br />

occupano di donne. È importante sottolineare la partecipazione di giovani donne e donne che si trovano in un processo<br />

di notevole marginalizzazione.<br />

273


INTI_it 10/10/06 08:59 Página 274<br />

274 BUONE PRATICHE INTERGENERO<br />

FONDAMENTO<br />

L'azione è fondata fin dall'inizio, a partire da diverse diagnosi della convivenza nello spazio pubblico del Raval effettuate<br />

durante gli ultimi tre anni, a partire dalla valutazione di altre esperienze effettuate precedentemente e sulla<br />

base dal lavoro educativo di strada (progetto quertiere educativo) dove ci troviamo con poca presenza della donna<br />

nello spazio pubblico, concretamente nella piazza Folch i Torres (benché disponendo di uno spazio infantile).<br />

SOLIDITA’<br />

In questo senso occorre tenere in conto che l'azione si iscrive nel quadro d'attività del progetto”Barri Educador" del<br />

<strong>Casal</strong> <strong>dels</strong> <strong>Infants</strong> del Raval, che si occupa di realizzare processi d'implicazione della Comunità nella convivenza della<br />

zona attraverso interscambi, spazi di mediazione, lavoro di strada, ecc... questa azione è stata congiuntamente effettuata<br />

con il progetto <strong>Casal</strong> Familiare, per consolidare un gruppo stabile di donne alle quali concedere uno spazio di<br />

incontro. E`stato necessario introdurre nel dibattito il tema del quartiere e concedere spazi dove anche gli uomini<br />

abbiano potuto apportare qualcosa.<br />

SOSTENIBILITA’<br />

Il laboratorio ha fornito a tutti i coinvolti un'esperienza di lavoro congiunto legato al territorio ed allo scambio tra<br />

donne di varie culture. Le azioni hanno rafforzato valori culturali come il rispetto. Terminata l'azione ci troviamo con<br />

un gruppo consolidato, con il desiderio di fare delle cose al quale daremo continuitá e concederemo uno spazio di<br />

riunione.<br />

REPLICABILITA’<br />

L'azione è facilmente replicabile. La cucina è un fattore che motiva in qualsiasi paese, benché sia importante contare<br />

sull'implicazione di diversi organismi. Si renderebbe ancora più facile l'azione se gli organismi si implicassero<br />

un pó di piú oltre a dare un semplice apporto di donne. In ogni caso ció che varia sarà l'origine delle ricette secondo<br />

le culture predominanti in ogni paese.


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BUONE PRATICHE INTERGENERAZIONALI<br />

La notte bianca<br />

ASSOCIAZIONE: Affabulazione in rete con altre ass.ni locali<br />

TEMA <strong>DE</strong>LL’AZIONE: INTERGENERACIONALE<br />

CONCETTO <strong>DE</strong>L TEMA <strong>DE</strong>LL’ AZIONE: una iniziativa dedicata ai bambini italiani e stranieri e alle loro famiglie, basata<br />

su un’animazione di tipo interculturale, con presentazione di fiabe dal mondo mediterraneo, arabo, africano, ed<br />

una scenografia dello spazio in tema, con offerta di prodotti del commercio equo e solidale. Il teatro usato per la<br />

valorizzazione e rappresentazione delle identità culturali del territorio.<br />

BENEFICIARI: bambini, pre-adolescenti ed adulti (reti familiari)<br />

TERRITORIO E CONTESTO<br />

Spazi comuni della ex colonia del Vittorio Emanuele, Ostia ponente, sede di un sistema integrato di servizi sociosanitari<br />

e culturali.<br />

GIUSTIFICAZIONE <strong>DE</strong>LL ‘AZIONE<br />

le attività culturali per i bambini, in tempi extra scolastici, sono quasi inesistenti, in genere le attività culturali ufficiali<br />

tengono in poco conto della presenza multiculturale sul territorio, specie di bambini immigrati nelle scuole.<br />

L’iniziativa vuole valorizzare lo spazio pubblico della biblioteca e dei cortili e trasformare l’immagine negativa causata<br />

da uno stigma dovuto alla presenza degli immigrati. Inoltre il tema a sfondo interculturale e a beneficio dei minori<br />

vuole stimolare una riflessione sulle future politiche culturali, investendo la sfera della rete di servizi pubblici e del<br />

privato sociale.<br />

SVILUPPO <strong>DE</strong>LL’AZIONE<br />

a) convocazione di meetings con una rete di associazioni locali e scelta del tema della prima azione<br />

b) diffusione dell’iniziativa nel quartiere tramite affissioni, incontri, mezzi stampa<br />

c) ricerca di un cofinanziamento (ottenuto) per ampliare l’offerta dell’animazione<br />

d) organizzazione tecnica della serata<br />

OBBIETIVI<br />

- valorizzare le differenze culturali presenti sul territorio valorizzando uno spazio pubblico di incontro e socialità<br />

- coinvolgere la rete locale sui bisogni dei bambini/e sia italiani che stranieri<br />

ELEMENTI DI INNOVAZIONE<br />

L’azione ha coinvolto nella promozione la biblioteca comunale sfruttando un bacino di utenza molto grande, di adulti<br />

e bambini.<br />

Alla serata di animazione teatrale interculturale ha partecipato una compagnia teatrale di adolescenti a rischio, utenti<br />

di un centro di aggregazione giovanile situato nel quartiere. Tale partecipazione è stata positiva per aver promosso<br />

lo spirito dell’impegno e del volontariato con gli adolescenti stessi. Gli adolescenti vivono nel quartiere bersaglio<br />

e sono entrati in rete con il progetto europeo e le varie organizzazioni coinvolte.<br />

PARTECIPAZIONE<br />

La rete locale di associazioni che partecipano al progetto Espacio Publico hanno unanimamente deciso l’iniziativa,<br />

progettandola e valutandola insieme attraverso 2 meeting di progettazione, 1 meeting tecnico di organizzazione ed<br />

1 meeting di valutazione.<br />

La presenza di organismi diversi (enti pubblici come la biblioteca comunale, ed enti privati come le ass.ni) ha rafforzato<br />

il concetto che pubblico e privato possono creare, lavorando in rete, sinergie efficaci ed efficienti, mettendo in<br />

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276 BUONE PRATICHE INTERGENERAZIONALI<br />

comune risorse finanziarie e competenze professionali di diversa origine. La partecipazione attiva di risorse umane<br />

del settore pubblico e privato all’intero ciclo della progettazione rappresenta un valore aggiunto per la rete che si<br />

qualifica nelle sue capacità di lettura dei bisogni e di risposta operativa.<br />

EFFICACIA<br />

La rete pubblico/privato viene rafforzata culturalmente, c’è una presa di coscienza comune della sua efficacia. Il<br />

tema dei diritti dei bambini, ad una socialità aperta, permanente, diffusa e qualitativa diventa un obiettivo condiviso<br />

per il futuro della rete locale: inizia la discussione sul tema: la città a misura di bambino, con obiettivo di definire un<br />

piano di azione specifico per il quartiere di ostia ponente, basato su servizi sociali e culturali specifici. É’ in fase di<br />

progettazione (partecipata) una rassegna socio-culturale con finanziamento di un ente pubblico (Provincia di Roma)<br />

per valorizzare gli spazi pubblici del quartiere, coinvolgendo i minori ma anche gli immigrati, nel corso del 2006. E’<br />

in fase di progettazione anche una rassegna di cinema per i bambini del quartiere sul tema dei ‘diritti dei minori’ al<br />

gioco, alla socialità e alla cultura.<br />

TRASVERSALITA’<br />

Operatori dei servizi pubblici (Scuola, biblioteca, servizi sociali) e del privato sociale (cooperative, centro di aggregazione<br />

giovanile, associazioni culturali) sono presenti nella rete e progettano insieme le tre azioni del progetto europeo<br />

FONDAMENTO<br />

l’azione è in continuità con altre azioni di sistema implementate nel corso degli ultimi anni, intorno alla questione<br />

della valorizzazione delle differenze culturali e della lotta al razzismo, specialmente in un luogo dove vive una comunità<br />

di 100/150 immigrati di diversa provenienza, che subisce una stigmatizzazione da parte della comunità locale.<br />

L’azione n.1 avrà un seguito con la azione n.2, che avverrà nei luoghi limitrofi e con target simili. Il processo di<br />

(auto)valorizzazione dei luoghi abitati dagli immigrati ed oggetto di stigma è continuo e articolato in azioni diversificate<br />

(convegni, spettacoli, animazioni ecc.)<br />

SOLIDITA’<br />

L’azione è in continuità con un processo di rivalutazione/promozione dello spazio interessato (ex colonia Vittorio<br />

Emanuele), a forte connotazione multiculturale, e con una presenza significativa di bambini italiani e stranieri presso<br />

la biblioteca comunale. In tale spazio si stanno progettando nuovi servizi sociali e culturali integrati, l’azione dunque<br />

rafforza il processo pubblico di riappropriazione di diritti e servizi essenziali messo in atto dal basso da parte di<br />

organizzazioni comunitarie nel corso degli ultimi anni.<br />

Tale processo di rivendicazione politico-culturale rappresenta un fattore di solidità, poichè la parte istituzionale ha<br />

recepito l’importanza delle proposte inserendole in una strategia di rilancio del quartiere, in stretta sinergia con le<br />

parti sociali, e con un metodo innovativo di progettazione partecipata.<br />

L’intero complesso degli spazi della ex colonia”Vittorio Emanuele” e della parte di quartiere interessata dai futuri<br />

finanziamenti sarà riqualificata, la percezione della comunità locale ed i pregiudizi verso la popolazione immigrata<br />

residente nel centro socioabitativo ubicato internamente alla”Vittorio Emanuele” saranno ridotti, aprendosi nuove<br />

possibilità di confronto con le culture altre contestualmente alla fruizione dei nuovi servizi sociali e culturali.<br />

SOSTENIBILITA’<br />

L’organizzazione in rete di eventi favorisce la presa di coscienza collettiva e il trasferimento di saperi, moltiplicando<br />

capacità di autorganizzazione e una visione olistica delle problematiche e delle priorità. La rete che progetta genera<br />

una accumulazione e diffusione di sapere critico, misura al tempo stesso le problematiche ordinando le priorità,<br />

sulla base di valori condivisi collettivamente. La rete realizza le sue azioni e si allarga continuamente favorendo una


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BUONE PRATICHE INTERGENERAZIONALI<br />

progettazione (partecipata) a ciclo continuo e arricchendosi di contenuti e metodologie. Gli obiettivi micro tendono a<br />

diventare macro, i contenuti locali e globali; si passa dalla analisi specifica dei bisogni del quartiere e dei gruppi target<br />

ad una analisi complessiva del territorio, attraverso un meccanismo politico e pubblico: il bilancio Partecipativo<br />

(vedi esperienza di Porto Alegre e del Social Forum). In tal modo la rete si innesta in meccanismi decisionali della<br />

‘politica ufficiale’e ha la possibilità di incidere effettivamente nella progettazione delle politiche sociali, culturali, giovanili,<br />

ambientali ecc.<br />

REPLICABILITA’<br />

Lo stigma nei confronti della popolazione immigrata e delle diversità culturali viene affrontato partendo dalla promozione<br />

dei diritti dei bambini, dal coinvolgimento delle rispettive famiglie, e degli operatori ed organismi impegnati nel<br />

mondo dell’infanzia e dell’adolescenza.<br />

La sinergia tra privato/pubblico, italiani/stranieri, bambini/famiglie è la chiave strategica per una azione partecipata<br />

e facilmente riproducibile.<br />

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278 BUONE PRATICHE INTERGENERAZIONALI<br />

“Il pasto della sua infanzia”<br />

ASSOCIAZIONE: Carrefour Culturel Arnaud Bernard<br />

TEMA <strong>DE</strong>LL’AZIONE: INTERGENERAZIONALE<br />

CONCETTO <strong>DE</strong>L TEMA <strong>DE</strong>LL’ AZIONE:<br />

Utilizzare le pratiche che conoscono gli abitanti del quartiere, le situazioni di convivenza d'utilizzo dello spazio pubblico<br />

ed avanzare una tematica che sia mediatrice di interscambi su argomenti d'utilizzo dello spazio pubblico, proporre<br />

l'argomento intergenerazionale in situazione, una proposta presentata agli abitanti. Il pasto di quartiere è un<br />

concetto che è stato provato quindici anni fa in questa zona ed il cui obiettivo consiste nel permettere che si incontri<br />

gente di qualsiasi parte basandosi nel criterio della vicinanza ed avendo come unica ambizione la riunione di questi,<br />

senza alcun pregiudizio sul contenuto delle conversazioni, senza consegne; è l'occasione di controllare tutti insieme<br />

i problemi prodotti con il pasto stesso (cercare vicini, condividere compiti, provvedere ai tavoli e coperti, tovaglie,<br />

sedie, controllare in modo collettivo il rumore dopo alcune ore tardive, pulire la piazza o la strada dopo il pasto,<br />

discussioni con eventuali vicini ostili, confronti eventuali, domanda d'autorizzazione dinanzi ai pubblici poteri).<br />

Riunioni, convivenza, interscambi: preludio ad altre azioni effettuate insieme, lotta contro l'isolamento, interscambio<br />

delle generazioni, origini sociali o nazionali, culturali, politiche.<br />

BENEFICIARI: Per tutti i pubblici del quartiere.<br />

TERRITORIO E CONTESTO<br />

La via Escoussieres che sbocca nella piazza principale Arnaud Bernard. Questa via è stata scelta perché in essa è<br />

stata aperta nel 2005 una casa di associazioni del quartiere gestita dalle associazioni del quartiere, dove si potranno<br />

sviluppare numerose attività. Sottolineare questo nuovo luogo perché gli abitanti pensino al suo utilizzo e di come<br />

appropriarsene.<br />

GIUSTIFICAZIONE <strong>DE</strong>LL ‘AZIONE<br />

È soprattutto l'assenza osservata di anziani (ma anche di bambini) negli spazi pubblici della zona. La ristrutturazione<br />

architettonica della zona anni fa, l'"occupazione" della piazza centrale da parte di una popolazione di giovani adulti<br />

emarginati possono essere i fattori che limitano l'utilizzo dello spazio pubblico per questo tipo di pubblico. I pasti<br />

di zona sono attività locali frequenti (la frequenza e la perseveranza sono ciò che pone i problemi e permettono di<br />

inventare soluzioni profonde). La constatazione dello scarso numero di anziani presenti nello spazio pubblico della<br />

zona al giorno d'oggi può essere evocata, affrontata e valutata con gli abitanti ed un lavoro attivo proverà ad elaborare<br />

nel luogo stesso e con i suoi abitanti delle pratiche adeguate.<br />

SVILUPPO <strong>DE</strong>LL’AZIONE<br />

a) diffusione dell'informazione tramite manifesti e distribuzione di opuscoli, con riunioni e dibattiti nella zona, nei<br />

bar, nei negozi, luoghi che sostengono bambini o anziani, nella via con i passanti.<br />

b) diffusione dell'informazione nelle comunità, domanda d'autorizzazione per l'utilizzo della strada dinanzi al sindaco<br />

di Toulouse, la domanda di sedie e tavoli ai servizi tecnici.<br />

c) Ricezione del materiale.<br />

d) A partire dall'ora fissata per la riunione, accoglienza delle prime persone, e disposizione di tavoli e sedie per i<br />

partecipanti. Ciascuno prende parte all'azione e prova a tornare utile, gli anziani integrano i nuovi, le presentazioni<br />

hanno luogo nel quadro dell'azione e seguiranno più tardi; il gruppo è stato creato in una notte.<br />

e) Le tavole, le sedie, le tovaglie sono sistemate, le bevande messe sui tavoli, l'aperitivo è cominciato con le bevande<br />

offerte dall'associazione e con quelle che hanno portato i partecipanti, le conversazioni sul pasto hanno un<br />

buono ritmo”Che hai portato?" Dove vivi? Come stai? Sei nuovo? Uh, io, è già tanto tempo vengo...” i piatti sono<br />

messi sui tavoli e i tavoli si formano man mano che la gente porta da mangiara e si accomoda.


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BUONE PRATICHE INTERGENERAZIONALI<br />

f) Il”pasto" si sviluppa intorno a questa base di”piatti" con molto andirivieni, la gente si alza per andare a provare<br />

un altro piatto, parlare con un altro gruppo, per cercare un altro piatto a casa sua, arriva il dessert. Altri arrivano,<br />

passano, si fermano, provano, prendono qualcosa, parlano.<br />

g) Verso le sette, si comincia a riprendere tutto, tutti aiutano a piegare e a conservare ogni cosa, la gente si congeda<br />

e alcuni finiscono di raccogliere il materiale del Comune e la pulizia della strada.<br />

h) Il giorno seguente, recupero del materiale da parte dei servizi comunali.<br />

OBIETTIVI<br />

Sensibilizzare gli abitanti del quartiere per favorire gli scambi tra generazioni.<br />

OBIETTIVI SPECIFICI<br />

Creare le condizioni di una mobilizzazione dei collaboratori a livello molto locale. Favorire il dialogo: scegliendo un<br />

argomento che è comune a tutti e transculturale. Nessuno è escluso dalla conversazione che è facilmente stabilita<br />

intorno ad un piatto specifico portato. Questi argomenti che hanno a che vedere con ciò che è intimo, con la storia<br />

personale, con la cultura di ognuno, sono ricchi e alimentano le conversazioni ancora di più che il pasto stesso. La<br />

conversazione è scambio e ciò può permettere di andare avanti con l’interscambio...<br />

Favorire la solidarietà negli eventi: Pensare a tutti, essere alla portata degli anziani perché non si sentano esclusi,<br />

proporre di andarli a prendere, farsi carico dei piatti che hanno preparato, invitarli a venire come vicino se uno ha<br />

preparato qualcosa, o invitarli a provare, creare le condizioni per lo scambio, gestire le difficoltà e lasciare che passi<br />

il tempo e continuare poi con i legami che si son potuti costruire. Vivere insieme l'occupazione dello spazio pubblico.<br />

In tutti i pasti di quartiere, si parla generalmente di tutto, si comparano le esperienze vissute nel quartiere, si<br />

parla dei problemi incontrati, delle soluzioni che devono essere proposte, la gente si conosce e condivide le informazioni.<br />

Si alimenta il dibattito che potrebbe emergere al livello del comitato di quartiere (associazione degli abitanti<br />

della zona, autogestita senza sovvenzioni) che organizza riunioni mensili sugli argomenti che emergono a volte in<br />

questo tipo di riunioni.<br />

Occupare ed animare preferentemente una via del quartiere che è stata scelta perché offriva un nuovo luogo di riunione<br />

semipubblico aperto a tutti, la casa delle associazioni del quartiere.<br />

ELEMENTI DI INNOVAZIONE<br />

Lo scambio della conoscenza e della cultura si iscrive nel centro dello spazio pubblico e non in uno spazio proprio<br />

ad una di queste generazioni.<br />

Si propone l'iniziativa agli abitanti, che possono prenderla e provare a mettere in marcia tutti insieme delle soluzioni;<br />

siamo in ambito civico.<br />

PARTICIPAZIONE<br />

Il pasto di quartiere ha un'assistenza variabile in relazione alla stagione, per un pasto effettuato in novembre, l'assistenza<br />

è stata soddisfacente (attorno ad 80 persone). La richiesta di”preparare un piatto imposto" è un elemento<br />

nuovo, è stata rispettata, la gente ha rispettato le norme ed i pasti preparati hanno favorito lo scambio al livello di<br />

storia personale e del tempo dell'infanzia di ciascuno (una generazione o almeno 20 anni separavano le storie di<br />

ogni pasto preparato), l'argomento del transgenerazionale era nella strada.<br />

La motivazione che consisteva nell’invitare un vicino anziano ha funzionato bene, i giovani tra i 20 e i 30 anni hanno<br />

dato il passo, alcuni con successo, altri hanno fatto fronte ad un”no" educato, ma lo scambio ha avuto luogo. Quattro<br />

generazioni erano presenti. Il luogo e l'argomento hanno interessato nuovi partecipanti, la relazione e la rete sono<br />

costruite.<br />

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280 BUONE PRATICHE INTERGENERAZIONALI<br />

EFFICACIA<br />

La partecipazione degli abitanti è buona e l'idea di utilizzare lo spazio pubblico per i pasti è stata appropriata, si<br />

attendono ulteriori manifestazioni come questa. La risposta dei giovani ad invitare un pubblico più grande d'età è<br />

spontaneamente positiva e deve essere continuata. L'argomento sembra poter variare con la condizione che faciliti<br />

lo scambio.<br />

TRASVERSALITA’<br />

I pasti del quartiere di Arnaud Bernard contano con l'appoggio del comune di Toulouse al livello della circoscrizione<br />

di zona, a titolo d'azione sociale sulla zona, sono organizzati congiuntamente dal Comitato di zona e dall'associazione<br />

Carrefour culturel. A livello nazionale, l'azione è stata ripresa e dall'anno 2002 è stato fissato un giorno nazionale,<br />

il primo venerdì del mese di giugno.<br />

FONDAMENTO<br />

Le persone anziane occupano ed utilizzano ogni volta meno lo spazio pubblico, dovuto specialmente ad una sensazione<br />

d'insicurezza. Il momento del pasto è un momento privilegiato e per natura, un momento di convivenza da condividere<br />

tra le generazioni. L'oggetto della riunione fornisce ai vari attori l'iniziativa di partecipare, l'invito è stimolatore<br />

di riunioni tra abitanti e creatore di legami, è una dinamica.<br />

SOLIDITA’<br />

L'azione è messa in marcia in uno spazio di cui si fa poco o nessun utilizzo. Potrà essere effettuato in altri luoghi<br />

della zona. La messa in marcia ha luogo nel centro dello spazio occupato dalla popolazione descritta dalle famiglie,<br />

bambini o persone anziane, come”non sicura". L'attività permette di creare una situazione dove gli abitanti condividono<br />

o almeno”coesistono" con le persone che possono essere identificate come”minacciose", persone che hanno<br />

generalmente molti problemi, come ad esempio alcuni indigenti. La tavola del pasto permette per un tempo, benché<br />

breve, di sedersi in un posto nel quale ciascuno occupa il suo proprio luogo, scambiando alcune parole e allo<br />

stesso tempo accettando di provare alcuni piatti. La ripetizione di quest'attività ed il gruppo sono fattori di regolamento<br />

dei comportamenti aggressivi. Le caratteristiche dell’incontro, effimero, mediato dal pasto e piacevole, sono<br />

garanti di un rilassamento delle tensioni.<br />

SOSTENIBILITA’<br />

L'organizzazione di un pasto di quartiere che insiste nell'argomento inter-generazionale favorisce la presa di coscienza<br />

collettiva dell'assenza di anziani negli spazi pubblici.<br />

In cambio, il”pubblico interessato" prova una possibilità di partecipazione sicura in manifestazioni di convivenza nello<br />

spazio pubblico e nell’incontro con i più giovani. Questo potrebbe costituire l’emergenza di una domanda sostenuta<br />

dalle istituzioni locali, come ad esempio quella dei servizi sociali d'aiuto domiciliare che sostengono la partecipazione<br />

delle persone anziane nelle manifestazioni pubbliche organizzate nelle loro zone.<br />

REPLICABILITA’<br />

Il tipo d'azione”pasto di quartiere" può facilmente essere ripetuto. La messa in marcia è semplice e facilmente adattabile.<br />

Un libro è stato pubblicato nel quale si parla della filosofia di quest'azione, la pratica e le difficoltà trovate.


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BUONE PRATICHE INTERGENERAZIONALI<br />

Intercambio intergenerazionale (bocce, uncinetto e storie di vita)<br />

ASSOCIAZIONE: <strong>Casal</strong> <strong>dels</strong> <strong>Infants</strong> del Raval<br />

TEMA <strong>DE</strong>LL' AZIONE: INTERGENERAZIONALE<br />

CONCETTO <strong>DE</strong>L TEMA <strong>DE</strong>LL’ AZIONE:<br />

Abbiamo intenzione di elaborare l'argomento dal punto di vista della correlazione tra anziani e giovani per valorizzare<br />

le conoscenze dei grandi collegandoli con gli interessi e le conoscenze dei giovani. Pensiamo che in questo modo<br />

si possa ridurre il carattere conflittuale tra giovani e anziani, situazione molto abituale nel quartiere.<br />

BENEFICIARI:<br />

Anziani del Raval che hanno provato una certa perdita della rete sociale e del vicinato ed adolescenti della zona dei<br />

quali alcuni hanno vissuto un processo d'immigrazione nel quale hanno perso i punti di riferimento trasmettitori d'identità.<br />

TERRITORIO E CONTESTO<br />

Piazza Folch i Torres nel quartiere del Raval (Barcellona). Una zona che durante gli ultimi anni, ed in modo molto<br />

rapido, ha sofferto un'importante trasformazione urbana e sociale. È negli spazi pubblici, come la piazza Folch i<br />

Torres, dove questi cambiamenti sono visibili in varie forme.<br />

GIUSTIFICAZIONE <strong>DE</strong>LL ‘AZIONE<br />

Gli anziani della zona del Raval soffrono almeno una doppia esclusione: quella che il modello di società occidentale<br />

produce svalutando l'esperienza e la cittadinanza”non produttiva" e, d'altra parte, la perdita della rete sociale a livello<br />

locale. D'altra parte, l'immigrazione nella zona prova un processo simmetrico nel quale sono i bambini coloro<br />

che”hanno perso" i riferimenti trasmettitori d'identità.<br />

SVILUPPO <strong>DE</strong>LL’AZIONE<br />

Preparazione. a) Con lo I.E.S. Milà i Fontanals (istituto situato nella piazza) e con il <strong>Casal</strong>e Municipale di Anziani Josep<br />

Trueta si sono organizzati, rispettivamente, i gruppi di giovani e di anziani che hanno preso parte all'attività; B) Ci<br />

sono state alcune riunioni con gli anziani e con i giovani (per preparare i giochi e un paio di riunioni per preparare il<br />

laboratorio di storie. Realizzazione a) l'azione è consistita nella realizzazione di 2 azioni - scambi simultanei tra giovani<br />

e anziani:<br />

Laboratorio di bocce e giochi di strada: I giovani hanno spiegato al gruppo di bocce i giochi di Sasso, carta e forbice<br />

e i cinesi; dopo una partita di prova si sono effettuate 5 partite che punteggiavano un punto. Alla fine hanno vinto<br />

coloro che hanno ottenuto piú punti. In seguito le persone addette al gioco delle bocce si sono distribuite nei quattro<br />

tracciati per ricevere gruppi di quattro bambini, spiegando loro le norme di base ed arbitrando le partite (le squadre<br />

saranno miste tra giovani e anziani).<br />

Storie di quartiere: 3 persone più grandi della zona hanno spiegato a giovani dell'istituto (5 o 6 persone) una storia<br />

personale vissuta nel quartiere, a partire da una fotografia storica della zona. In cambio, i bambini hanno spiegato i<br />

loro giorni passati nel quartiere, la scuola... attraverso fotografie che avranno scattato precedentemente.<br />

OBIETTIVI<br />

- Promuovere relazioni di solidarietà e rispetto tra grandi e piccoli.<br />

- Promuovere il rispetto tra gli anziani ed i bambini. Avvicinare i più grandi alle culture d'origine dei bambini della<br />

zona e viceversa. Produrre figure di mediazione ed adulti di riferimento per i ragazzi.<br />

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282 BUONE PRATICHE INTERGENERAZIONALI<br />

ELEMENTI DI INNOVAZIONE<br />

Nelle azioni effettuate precedentemente tra anziani e giovani erano gli adulti coloro che esercitavano una funzione<br />

educativa sui giovani. In due delle azioni comprese in quest'azione inter-generazionale si sono pianificate delle relazioni<br />

educative reciproche tra giovani e più grandi; ma effettivamente i più grandi hanno monopolizzato gran parte<br />

delle attività, per questo pensiamo che sia necessario cercare spazi dove i più grandi riconoscano ai giovani le loro<br />

conoscenze.<br />

PARTICIPAZIONE<br />

Queste azioni sono anche processi educativi che producono un risultato a medio, lungo termine e favoriscono l'incorporazione<br />

di nuovi membri (professorato nuovo). La partecipazione dei vari gruppi si è avuta nella preparazione,<br />

nello sviluppo e nella valutazione dell'azione, ma si considera che nella fase preparatoria é mancata una concezione<br />

più profonda dell'azione; dovevamo anche avere previsto che l'azione avrebbe coinciso con lo stesso giorno della<br />

fine del Ramadan e che alcuni giovani non avrebbero assistito (si è sospeso il laboratorio di uncinetto a causa della<br />

mancanza dei giovani).<br />

EFFICACIA<br />

Abbiamo verificato che le relazioni inter-generazionali aiutano affinché il conflitto scompaia ed aiutano a stabilire<br />

relazioni di affetto tra i vari gruppi. A partire da queste azioni si sono fatte proposte che danno continuitá e consolidano<br />

spazi di scambio inter-generazionale che girano intorno al gioco e alle nuove tecnologie (informatica). La struttura<br />

del laboratorio di storie di vita limitava lo scambio (il tempo previsto è stato eccessivo, l'elaborazione di una<br />

scheda avrebbe facilitato un maggior dialogo con i gruppi della piazza).


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BUONE PRATICHE INTERGENERAZIONALI<br />

TRASVERSALITA’<br />

l'azione ha implicato il lavoro congiunto di due servizi pubblici (I.E.S. Milà i Fontanals e <strong>Casal</strong> de Gent Gran Josep<br />

Trueta). Inoltre hanno partecipato persone di varie generazioni (giovani e anziani).<br />

FONDAMENTO<br />

L'azione si è fondata fin dall'inizio, a partire da diverse diagnosi della convivenza nello spazio pubblico del Raval<br />

effettuate durante gli ultimi tre anni, a partire dalla valutazione di altre esperienze effettuate precedentemente e sulla<br />

base dal lavoro educativo di strada (progetto zona educativa) dove ci troviamo con relazioni conflittuali tra i due gruppi.<br />

SOLIDITA’<br />

In questo senso occorre tenere in conto che l'azione si iscrive nel quadro d'attività del progetto”Barri Educador" del<br />

<strong>Casal</strong> <strong>dels</strong> <strong>Infants</strong> del Raval, che si occupa di produrre processi d'implicazione della Comunità nella convivenza della<br />

zona attraverso scambi, spazi di mediazione, lavoro di strada, ecc., che comprende ulteriori fattori implicati nella problematica<br />

da trattare.<br />

SOSTENIBILITA<br />

Il laboratorio ha fornito a tutti i coinvolti un'esperienza di lavoro congiunto legato al territorio ed allo scambio intergenerazionale.<br />

Le azioni hanno rafforzato le abitudini di ascolto e di rispetto tra giovani e più grandi. Inoltre é servito<br />

a fare emergere il potenziale educativo delle azioni relative alla cultura e al gioco. In questo corso (ultimo trimestre)<br />

saranno stabilite come attività inter-generazionali: le bocce come parascolare e le nuove tecnologie in orario scolastico<br />

(grandi-bambini; bambini-grandi rispettivamente). Si è ottenuto che l'azione sia duratura nel tempo.<br />

REPLICABILITA’<br />

L'azione è facilmente replicable poiché la cultura (identità) ed il gioco sono fattori che motivano in qualsiasi paese,<br />

anche se possono variare secondo il luogo d'applicazione.<br />

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284 BUONE PRATICHE INTERCULTURALI<br />

“ Cerco il mio luogo”<br />

ASSOCIAZIONE: Parcours citoyen Ixelles/ Le Vide Technique<br />

TEMA <strong>DE</strong>LL’AZIONE: INTERCULTURALE<br />

CONCETTO <strong>DE</strong>L TEMA <strong>DE</strong>LL’ AZIONE:<br />

Creare nello spazio pubblico la possibilità di un incontro di convivenza festiva, con un”nuovo” sguardo sulla strada<br />

e il quartiere, che propone agli abitanti ed agli utenti di iniziare una riflessione sullo spazio pubblico e creare le condizioni<br />

per un dialogo con la prospettiva della sua ristrutturazione<br />

BENEFICIARI: Tutto il pubblico del quartiere.<br />

RISORSE: Diversi gruppi di abitanti o artistici del quartiere, associazioni e istituzioni culturali, associazioni per l'alloggio,<br />

abitanti e commercianti, ecc... Il municipio sostiene finanziariamente e materialmente il progetto. Accorda le<br />

autorizzazioni.<br />

TERRITORIO E CONTESTO<br />

L'asse della via Malibran è simbolico in questo quartiere di grande diversità culturale. In essa si incrociano popolazioni<br />

di origini multiple, spesso si trovano in questa strada. Ma non esiste un luogo reale di riunione. Questa via soffrirà<br />

presto importanti cambiamenti grazie ad un programma di rivitalizzazione del quartiere.<br />

GIUSTIFICAZIONE <strong>DE</strong>LL `AZIONE<br />

Con « Cerco il mio luogo », l'idea consiste nell’approfittare del programma di rivitalizzazione del quartiere per proporre<br />

agli abitanti di interessarsi un po' di più alla via ed al quartiere.<br />

SVILUPPO <strong>DE</strong>LL’AZIONE<br />

a) ricerca di un primo centro d'organizzazione. Stabilimento di una strategia d'azione.<br />

b) creazione di uno strumento d'aiuto per la realizzazione: pagina web (www.jecherchemaplace.be), manifesti,<br />

schede dei progetti.<br />

d) elaborazione partecipativa del programma: riunioni generali di coordinamento (2 volte al mese per 3 mesi), riunione<br />

di gruppi di lavoro...<br />

F) Incontro con i commercianti e abitanti o utenti per l'instaurazione dei progetti artistici in rete (Ag-Tener) ed informazione<br />

sull'evento: riunioni bisettimanali, manifesti, giornale del programma.<br />

H) Messa in marcia ed evento festivo<br />

j) Valutazioni interne (2 riunioni) ed esterne (attraverso intervista aperta a 17 persone).<br />

OBIETTIVO GENERALE<br />

Mobilitare lo spazio pubblico”fisico” del quartiere e portare ad una riflessione sul futuro del quartiere proponendo a<br />

ciascuno di appropiarsi dello spazio,”trasformarlo” ed esprimersi in esso. È, ovviamente, un obiettivo di convivenza<br />

nel senso di”creazione comune di socialità”<br />

Obiettivi specifici:<br />

- Fare in modo che la gente si interessi al proprio ambiente e suscitare il dialogo attorno ad uno spazio fisico che<br />

deve essere riabilitato.<br />

- Creare uno spazio di convivenza e di riunione nel quale il festeggiamento permetta alla gente di mettersi in contatto<br />

e permetta l'appropriazione dello spazio pubblico.<br />

- Sviluppare l'immaginazione verso nuove possibilità tramite un lavoro artistico nello spazio pubblico ed in rete.


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BUONE PRATICHE INTERCULTURALI<br />

ELEMENTI DI INNOVAZIONE<br />

A Bruxelles, la gente è generalmente chiamata in modo molto insufficiente a pronunciarsi in maniera partecipativa<br />

sulle questioni di riadattamento dello spazio pubblico. I procedementi sono di rado sottoposti ad un lavoro culturale<br />

o di convivenza, questo riferito in una prospettiva di ricerca di definizione collettiva.<br />

Non si pianifica sufficientemente la partecipazione ad azioni pubbliche come progetti culturali in sè e quindi, interculturali.<br />

I processi partecipativi nella nostra città non cercano la diversità di attitudini. E’ ciò che prova a sottolineare”Je<br />

Cherche Ma Place”.<br />

PARTICIPAZIONE<br />

La partecipazione è variabile. Alcuni abitanti sono gli iniziatori dell'idea. Strutturano l'organizzazione della manifestazione.<br />

Sono loro che propongono, mettono in marcia ed incoraggiano i progetti. In totale, sono molte decine di persone<br />

(tra 30 e 40) residenti del quartiere coloro che hanno preso parte alla realizzazione dell'evento. Ma occorre<br />

sottolineare qualcosa. Queste persone non rappresentavano la diversità della zona. Tuttavia, se prendiamo in considerazione<br />

il pasto di strada ed i progetti AG Aura (1 e 2), sono molte centinaia di persone coloro che hanno contribuito,<br />

benché in modo ridotto. 300 persone di varie nazionalità hanno portato un pasto o hanno partecipato ai progetti<br />

Ag Aura.<br />

EFFICACIA<br />

È ovvio che il capitale culturale e sociale degli abitanti cresce anche se non rappresentano sufficientemente le culture<br />

che compongono il quartiere. Si è effettuata una valutazione su 17 persone che risiedono nel quartiere o su<br />

commercianti in base ad un questionario aperto. Da ciò, si sottolinea in modo abbastanza chiaro che questo progetto<br />

ha contribuito alla convivenza nel quartiere. L'appropriazione della strada ha creato una possibilità di incontri. Si<br />

sottolinea il desiderio di una presenza comune.<br />

TRASVERSALITA’<br />

Il successo di un progetto come questo è possibile grazie al carattere trasversale - nel senso di collaborazione tra<br />

discipline, attitudini e settori d'attività - che ha luogo nello spazio”effettivamente trasversale” che suppone lo spazio<br />

pubblico in sè. Nella realtà, questo carattere trasversale si è realizzato molto meno di ciò che si sperava. Da un lato,<br />

i vari gruppi di lavoro non hanno comunicato sempre sufficientemente tra loro. D'altra parte, il maggior problema<br />

veniva dalle relazioni difficili con le autorità. La partecipazione degli abitanti al futuro del loro quartiere sembra non<br />

essere gradita ad alcune correnti politiche comunali. JCMP, proposto dalla società civile di Ixelles, si erige come contro-potere<br />

della poltica con il fine di indurla a sviluppare pratiche innovatrici. Il comune ha respinto ogni forma seria<br />

di collaborazione.<br />

FONDAMENTO<br />

Come base vi è la necessità di creare spazi di riunione. Il quartiere soffre grandi pressioni dovute ad importanti lavori<br />

di ristrutturazione situati nelle prossimità e che riducono ogni volta di più gli spazi di riunione. Anche se non esistono<br />

ghetti, non è facile addentrarsi nell'universo degli altri, la gente si conosce poco. Benché non si osservino tensioni<br />

direttamente, la situazione è molto lontana dall’essere ideale. Non si costruiscono sufficienti cose in comune.<br />

Ci basiamo nell'ipotesi che la coabitazione e la convivenza saranno possibili ancora di più quando gli abitanti e gli<br />

utenti dei quartieri potranno partecipare alla costruzione in comune di un futuro. In un paese di antica immigrazione,<br />

è un'esigenza e un apprendimento.<br />

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286 BUONE PRATICHE INTERCULTURALI<br />

SOLIDITA’<br />

JCMP che ha aperto la via ad alcune innovazioni quanto a metodi, obiettivi e forme non ha lasciato indifferente.<br />

Qualcosa come una continuazione sembra essere attesa. La definizione in comune del quartiere non sta che cominciando.<br />

Ma JCMP contribuisce a creare le basi di una convivenza che esiste realmente. È un appoggio per lavorare<br />

mentre si segue con l'azione. Una delle difficoltà sarà la restituzione delle esperienze di JCMP e le questioni in relazione<br />

ai pubblici poteri. Vogliamo capitalizzare nel quadro del programma di rivitalizzazione del quartiere alcune<br />

esperienze e soprattutto prolungare o approfondire le questioni in collaborazione con gli attori della società civile e<br />

gli abitanti? È una questione che è in sospeso e sarà oggetto molto probabilmente di una valutazione comune in<br />

breve tempo.<br />

SOSTENIBILITA’<br />

Questo progetto che è stato principalmente montato da forze disinteressate e sostenuto da diversi professionisti<br />

(progetto europeo ad esempio) può essere considerato come”sostenibile”. JMPC ha chiesto precisazioni che devono<br />

ancora essere elaborate: dibattiti/riunioni, ecc... In fondo, JMPC non è più che l’inizio di un processo. A livello<br />

di”società” civile e di cittadini, risalta la volontà di prolungare l'azione in vari modi. Ma JMPC è già in essa una forma<br />

di consolidamento di iniziative precedenti. Di conseguenza, occorre considerare JCMP come una tappa in un movimento<br />

più vasto. Ciò che JCMP ha dimostrato è che esistono un certo numero di persone desiderose di condurre a<br />

termine molti progetti il cui obiettivo è la partecipazione degli abitanti alle azioni pubbliche.<br />

REPLICABILITA’<br />

Ciò che si deve poter replicare sono gli obiettivi e certi metodi: utilizzare la cultura, l'arte e la”convivenza” festiva per<br />

incitare la gente a costruire in comune il proprio futuro e riflettere sul futuro dei loro quartieri, utilizzando le risorse<br />

di ognuno. Tuttavia, la sua applicazione sarà sempre diversa.<br />

In modo preciso, rispetto ai sotto-progetti di JCMP,<br />

- Alcuni sono completamente replicabili, come la « Salle à manger de rue » (la sala da pranzo di strada).<br />

- L'apertura di una via per attività è sempre replicable.<br />

- Tuttavia, i progetti artistici in rete non possono riprodursi così come sono. Sono il risultato di un incontro specifico<br />

tra artista pubblico e spazio da creare. Di conseguenza, la cosa che deve essere replicable è l'idea di questo<br />

tipo di incontro specifico tra artisti, abitanti e spazio, diretta ad obiettivi specifici in relazione con ogni situazione.<br />

Costituisce tutto un programma di riflessione in sè.<br />

In totale - è un'ipotesi - una delle debolezze di JCMP può essere stata l'introduzione di un numero troppo grande di<br />

variabili innovatrici, che non permette un dominio sufficiente degli effetti attesi. Benché l'idea parta da una buona<br />

intenzione, è necessario valutare gli eccessi di complessità...


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BUONE PRATICHE INTERCULTURALI<br />

Promozione dei diritti di cittadinanza e sensibilizzazione interculturale<br />

ASSOCIAZIONE: Affabulazione<br />

TEMA <strong>DE</strong>LL’AZIONE: INTERCULTURALE<br />

CONCETTO <strong>DE</strong>L TEMA <strong>DE</strong>LL’ AZIONE: Sensibilizzare ed attivare gruppi di cittadini sul tema della società multiculturale<br />

per stimolare l’elaborazione di future iniziative di tipo conoscitivo e solidale.<br />

BENEFICIARI: Differenti target groups: studenti e docenti delle scuole superiori, operatori del volontariato, del terzo<br />

settore e delle istituzioni, cittadini e mediatori immigrati, operatori italiani e stranieri coinvolti nelle reti di solidarietà<br />

con gli immigrati, artisti italiani e stranieri.<br />

RISORSE:Progettazione in rete con gli operatori ed organizzazioni attivi in Espacio Publico.<br />

Realizzati: convegni, mostra di pittura, dibattiti, una serata interculturale<br />

Azioni co-finanziate da: altre reti locali, singole organizzazioni del terzo settore e da un ente pubblico (il Teatro del<br />

Lido)<br />

TERRITORIO E CONTESTO<br />

Lo spazio pubblico investito è il polo socio-culturale del Vittorio Emanuele, sede di servizi sociali e (inter)culturali che<br />

lavorano in una logica integrata e sistemica di rete. Le azioni di sensibilizzazione hanno investito pero’ anche le scuole,<br />

dentro e fuori il quartiere bersaglio.<br />

Il convegno internazionale di novembre ha messo in rete conoscenze e pratiche solidali nei confronti della popolazione<br />

immigrata, stimolando riflessioni sulle diverse dinamiche di accoglienza e di integrazione.<br />

GIUSTIFICAZIONE <strong>DE</strong>LL ‘AZIONE<br />

- La popolazione immigrata vive nel sommerso, priva di punti di riferimento stabili. Esistono servizi pubblici come<br />

le scuole di italiano per stranieri ma sono aperte solo a chi è in possesso di regolare permesso di soggiorno.<br />

L’unico luogo riconosciuto per gli immigrati è il centro socio-abitativo del Vittorio Emanuele, che subisce un forte<br />

stigma da parte della comunità. Fenomeni di razzismo e di forte pregiudizio sono stati e rimangono una costante,<br />

sia nella popolazione adulta che in quella giovanile.<br />

SVILUPPO <strong>DE</strong>LL’AZIONE: <strong>DE</strong>SCRIZIONE <strong>DE</strong>L PROCESSO <strong>DE</strong>LL’AZIONE<br />

- una microazione (novembre) nei locali di Affabulazione per aggregare cittadini italiani e stranieri, sul tema dello<br />

sviluppo in Africa occidentale, ha congiunto associazioni e persone in una rete di affinità. Da qui è partita l’organizzazione<br />

di una mostra di artisti italiani e stranieri (dicembre/gennaio) che hanno esibito i quadri nelle sale<br />

pubbliche della biblioteca comunale del Vittorio Emanuele. Al contempo sono partiti gli incontri con le assemblee<br />

studentesche (novembre/dicembre) di tre scuole sul tema dell’accoglienza e delle leggi sull’immigrazione,<br />

ed è stato organizzato un convegno internazionale (novembre) nel centro socio-abitativo per immigrati, in sinergia<br />

con altre reti di solidarietà presenti sul piano locale, con contributi dalla Spagna e dalla Francia. E’ stato organizzato<br />

un incontro pubblico presso il Teatro del Lido (dicembre) sulle espressioni artistiche della popolazione<br />

immigrata e le politiche delle Istituzioni a favore dell’intercultura a cui la rete locale di Espacio Publico ha dato<br />

un contributo di idee.<br />

Nel primo bimestre 2006 sono previsti:<br />

- incontri di riprogettazione con le assemblee studentesche per rilanciare azioni sul territorio di solidarietà e sensibilizzazione<br />

(cineforums, spettacoli, dibattiti, cene)<br />

- incontri con gli artisti italiani e stranieri per dare continuità alla mostra.organizzando altre azioni negli spazi pubblici<br />

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288 BUONE PRATICHE INTERCULTURALI<br />

OBBIETTIVI:<br />

- GENERALI: stimolare la formazione di reti cittadine sul tema dell’intercultura che progettino azioni e politiche a<br />

favore degli immigrati e della cultura dell’accoglienza solidale<br />

- SPECIFICI: attivare gruppi di studenti, adulti ed immigrati sul tema dell’intercultura<br />

ELEMENTI DI INNOVAZIONE<br />

L’azione ha utilizzato forme diversificate di sensibilizzazione (mostra, convegni, assemblee studentesche ecc.), sia<br />

sul piano locale che su quello piu’ ampio europeo, favorendo uno scambio di esperienze. Sono state affrontate le<br />

problematiche della popolazione immigrata, l’inattualità delle leggi sull’immigrazione ma sono state messe in evidenza<br />

anche le risorse degli immigrati in termini di autorappresentazione culturale.<br />

Gli immigrati hanno parlato di sè nei vari momenti di incontro con la cittadinanza locale, evitando il ‘racconto sull’immigrazione’<br />

da parte degli italiani.<br />

PARTECIPAZIONE<br />

mediatori interculturali e cittadini immigrati hanno progettato ed implementato le attività di sensibilizzazione con vari<br />

segmenti della cittadinanza, compresi gli studenti, favorendo la formazione di reti di sostegno miste italiani/stranieri.<br />

EFFICACIA<br />

Le azioni implementate mirano a stimolare reti di sostegno e sensibilizzazione e sono concepite per dare vita a successive<br />

azioni sul territorio (in fase di progettazione), con vita autonoma e indipendente dal progetto Espacio Publico.<br />

TRASVERSALITA’<br />

Le risorse dei servizi pubblici (docenti) e del privato sociale (sia volontari che professionisti), hanno partecipato all’organizzazione<br />

ed esecuzione dei vari momenti di dibattito,di incontro e di azione.


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BUONE PRATICHE INTERCULTURALI<br />

FONDAMENTO<br />

Il tema dell’accoglienza e dell’intercultura è molto studiato nelle scuole ma manca una cultura solidale nella popolazione<br />

adulta; l’associazione dell’immigrato con una immagine negativa e solo problematica è molto diffusa, persistono<br />

fenomeni di evidente pre-giudizio. Non è stigmatizzato solo il centro socio-abitativo per immigrati nel polo<br />

del Vittorio Emanuele ma l’intera popolazione di immigrati che lavora nelle strade e vive nelle piazze condividendo<br />

gli spazi pubblici. Mancano le occasioni di incontro e socialità e spazi favorevoli per le relazioni umane. I parchi vengono<br />

recintati e chiusi alla frequentazione degli immigrati (soprattutto dell’est) senza pero’ trovare una politica alternativa<br />

e sostenibile al bisogno di socialità e condivisione.<br />

Le azioni effettuate mirano a stimolare gli attori sociali a replicare le iniziative in modo autonomo nel futuro.<br />

SOLIDITA’<br />

Le reti civiche territoriali si sono unite per organizzare la seconda azione nella prospettiva di formulare future politiche<br />

sul tema dell’intercultura, sia in termini di servizi pubblici che di iniziative socio-culturali. Il convegno internazionale<br />

è servito a scambiare esperienze europee, tanto sul piano delle politiche di accoglienza e delle relative leggi<br />

(con testimonianze di attivisti delle coste spagnole ed italiane: le porte di ingresso in Europa)) che su quello della<br />

convivenza (esempio delle banlieu francesi)<br />

SOSTENIBILITA’<br />

I gruppi e le reti che si sono formate e rafforzate continuano a progettare in modo autonomo, e/o con il sostegno<br />

iniziale degli operatori del progetto europeo.<br />

La progettazione ed implementazione partecipata hanno rafforzato lo spirito di collaborazione e di solidarietà, mentre<br />

sul piano metaculturale sono state promosse riflessioni ed ipotesi sulla società multiculturale del futuro<br />

REPLICABILITA’<br />

La strategia del lavoro in rete e dell’utilizzo di forme diversificate ma coerenti di sensibilizzazione della cittadinanza<br />

rappresentano una modalità efficace per quartieri target molto estesi. I momenti di dibattito sono accompagnati dai<br />

momenti di espressione artistico-culturale.<br />

Il lavoro di sensibilizzazione viene accompagnato da pratiche di pianificazione partecipata con gli immigrati che<br />

diventano protagonisti e testimoni delle proprie problematiche e desideri, parlando in prima persona. Le azioni sono<br />

di tipo ‘comunitario’ in quanto coinvolgono gruppi variegati e diversi tra loro.<br />

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290 BUONE PRATICHE INTERCULTURALI<br />

Conversazioni Socratiche,”Commercio & Cultura”<br />

ASSOCIAZIONE: Carrefour Culturel Arnaud Bernard<br />

TEMA <strong>DE</strong>LL’AZIONE: INTERCULTURALE<br />

CONCETTO <strong>DE</strong>L TEMA <strong>DE</strong>LL’ AZIONE:<br />

Le conversazioni socratiche hanno allo stesso tempo come scopo e come mezzo quello di ampliare il pubblico di<br />

alcune conversazioni quotidiane di strada, di bar, organizzando riunioni più o meno frequenti sulle materie definite;<br />

dare l'occasione ad alcuni dibattiti che hanno bisogno di conclusioni pratiche ed urgenti, svilupparsi senza ostacoli<br />

e con l'idea di riprendere ad un momento dato i problemi concreti; ed utilizzare per ciò la maieutica socratica; associare<br />

all'organizzazione le persone più diverse del quartiere; organizzarsi in modo che tutti vedano e sappiano, che<br />

non si trascuri nessuno, la gente può ascoltare anche se da lontano, andar via quando lo desidera, non sentirsi”chiusa"<br />

(tanto topograficamente come ideologicamente). Per costruire un”folclore" civico della discussione, della partecipazione<br />

e del contro-potere. Le due principali caratteristiche delle conversazioni sono l'organizzazione sulla piazza<br />

pubblico ed in un quartiere a partire dai problemi che vi sono, cosa che conduce alla possibilità di sanzioni in una<br />

zona in cui c'è molta inter-conoscenza.<br />

BENEFICIARI: Tutto il pubblico del quartiere e le persone che sono di altri luoghi.<br />

TERRITORIO E CONTESTO<br />

Il quartiere Arnaud Bernard ha al giorno d'oggi almeno 3 identità. In primo luogo, 1) è un quartiere popolare, 2) è un<br />

quartiere commerciale, 3) è un quartiere multiculturale del centro urbano. È popolare dal Medio Evo per essere una<br />

delle zone periferiche situata fuori delle mura che esistevano in quell’epoca. È commerciante e multiculturale da<br />

metà del secolo XIX, con l'impianto del mercato all'ingrosso che esiste da più di un secolo e che attira emigranti<br />

spagnoli, italiani, portoghesi, e dagli anni 60, per il mercato all'ingrosso, emigranti dell'Africa del Nord. Il quartiere<br />

è molto famoso da allora per i suoi negozi nordafricani di qualsiasi tipo. Il mercato di piante ed i negozi che aprono<br />

la domenica attirano settimanalmente una clientela a livello regionale. D'altra parte, molti altri negozi, specialmente<br />

di ristorazione, usano identità culturali di vario grado.<br />

GIUSTIFICAZIONE <strong>DE</strong>LL` AZIONE<br />

L'identità commerciale del quartiere Arnaud Bernard sembra essere in ribasso. La comparsa di centri commerciali esotici,<br />

di nuovi mercati nella periferia, attirano ogni volta più gente a scapito di Arnaud Bernard. Ma sembra che il quartiere<br />

abbia un nuovo vantaggio tra le sue mani, grazie alla sua ubicazione, che costituisce il centro storico di Toulouse.<br />

SVILUPPO <strong>DE</strong>LL'AZIONE<br />

1) Nelle settimane precedenti: Scelta dell'argomento e raccolta dell'informazione sull'argomento, e la decisione di<br />

non invitare alcuno specialista ma lasciare che prendano la parola i commercianti della zona andando alla riunione.<br />

Trascrizione delle raccolte effettuate. Elaborazione di un opuscolo e di un manifesto con l’argomentario.<br />

2) Il giorno della pratica: Installazione di un piccolo impianto di sonorizzazione e sedie. Presentazione dell'argomento<br />

da parte del Presidente del Comitato di zona. Dibattito con gli abitanti o le persone presenti.<br />

OBIETTIVI GENERALI<br />

Promuovere la convivenza tra culture portando alla luce e discutendo delle sue pratiche d'inserimento di lavoro.<br />

Permettere una più grande conoscenza reciproca di queste culture. Permettere a tutti di interrogare queste culture.<br />

OBIETTIVI SPECIFICI<br />

L'utilizzo dell'identità culturale da parte dei commercianti suona a cliché. Fare queste domande in pubblico permetterebbe<br />

ai commercianti di riflettere maggiormente sulla questione della strategia in termini d'immagine e permet-


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BUONE PRATICHE INTERCULTURALI<br />

tere, in questo modo, che il quartiere Arnaud Bernard sia valorizzato nel suo insieme. Sensibilizzare i commercianti<br />

a questa dimensione dell'utilizzo d'identità culturale affinché possano giocare la migliore carta possibile in termini<br />

di convivenza nella zona. La questione del commercio e la cultura ci sembrano essere strettamente in relazione con<br />

il quartiere Arnaud Bernard.<br />

ELEMENTI DI INNOVAZIONE<br />

Portare il dibattito ad un luogo pubblico. Se lo compariamo con la nostra pratica abituale, la cosa nuova è stata introdurre<br />

nell'argomento discusso e per iscritto il punto di vista dei commercianti della zona o di altre zone, ossia l’avere<br />

come ospite, il punto di vista dei commercianti rispetto a quest'argomento.<br />

PARTICIPAZIONE<br />

Partecipano attorno alle 15 persone. La partecipazione è relativamente debole, senza mix culturale ad eccezione di<br />

due commercianti che hanno partecipato attivamente. Le conversazioni socratiche dipendono dalle condizioni climatiche,<br />

erano specialmente cattive quel giorno. La partecipazione può variare tra 20 e più di 100 persone in funzione<br />

dell'argomento e del momento.<br />

EFFICACIA<br />

La raccolta dei punti di vista dei commercianti non è stata effettuata se non parzialmente, lasciando in questo modo<br />

la parola a quelli che si erano mossi, l'argomento della ristorazione”etnica" è stato oggetto di un dibattito. Sono<br />

emersi alcuni confronti tra punti di vista. Dalla pratica risulta una proposta concreta: Il ristorante cinese proporrà nel<br />

suo menù l’autentico piatto”cassoulet Toulousain''.<br />

TRASVERSALITA’<br />

La partecipazione del Comitato di quartiere e l'autorizzazione da parte del Comune sono facili da ottenere. I commercianti<br />

facilitano la diffusione dell'informazione ma nonostante l'argomento non partecipa l'associazione dei commercianti.<br />

FONDAMENTO<br />

L'azione è relazionata con le preoccupazioni riguardo al futuro del commercio, in un momento in cui esiste anche<br />

una preoccupazione dei commercianti rispetto al traffico. La poca disponibilità relazionata con l'attività fa proporre<br />

una tappa intermedia di riunioni individuali, eventualmente di mobilitazione, che non è stata effettuata.<br />

SOLIDITA’<br />

L'argomento scelto mette direttamente in discussione l'identità pluri-culturale del quartiere. Tuttavia, la partecipazione<br />

al dibattito non mobilita spontaneamente i gruppi di persone implicate. Non si abborda l'argomento del commercio<br />

illecito.<br />

SOSTENIBILITA’<br />

Indipendentemente dal progetto del ristorante cinese, nessun elemento speciale permette di evocare una continuità<br />

o la prospettiva di un progetto.<br />

REPLICABILITA’<br />

In realtà nessun materiale è necessario. Una piccola sonorizzazione ed alcune sedie migliorano la qualità della riunione.<br />

L'azione può facilmente essere effettuata in qualsiasi luogo, ma la sua ripetizione è ciò che sostiene realmente<br />

il suo obiettivo principale: cultura del dibattito in un luogo pubblico e che tratti di preoccupazioni quotidiane.<br />

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292 BUONE PRATICHE INTERCULTURALI<br />

Laboratorio di bambole di pezza<br />

ASSOCIAZIONE: <strong>Casal</strong> <strong>dels</strong> <strong>Infants</strong> del Raval<br />

TEMA <strong>DE</strong>LL’AZIONE: INTERCULTURALE<br />

CONCETTO <strong>DE</strong>L TEMA <strong>DE</strong>LL’ AZIONE: Abbiamo intenzione di elaborare l'argomento nella prospettiva interpersonale<br />

e tra gruppi proponendo l'organizzazione di un'attività comune a persone di varie origini. Pensiamo che nel processo<br />

di partecipazione, integrazione e cittadinanza sia importante valorizzare la cultura d'origine.<br />

BENEFICIARI: Abbiamo intenzione di mettere in comunicazione giovani e adolescenti della zona con organismi e<br />

gruppi legati alla piazza e al quartiere che conoscano e promuovano le loro culture d'origine.<br />

TERRITORIO E CONTESTO<br />

Piazza Folch i Torres nel quartiere del Raval (Barcellona).<br />

GIUSTIFICAZIONE <strong>DE</strong>LL ‘AZIONE<br />

Esistono visioni negative della diversità che si accentuano con un utilizzo intensivo dello spazio pubblico che produce<br />

fastidio e con un discorso generalizzato nel quale si attribuiscono all'”altro" degli stereotipi negativi. Il vicinato è<br />

formato in larga parte da popolazione autoctona che tende a generalizzare la situazione della piazza con il movimento<br />

migratorio. L'infanzia è ricettrice di questi discorsi e si può sentire esclusa o escludere a causa della sua origine.<br />

SVILUPPO <strong>DE</strong>LL’AZIONE<br />

Preparazione a) selezione ed invito di organismi e gruppi che vogliono promuovere la loro cultura d'origine. Si partirà<br />

dalla realtà culturale della piazza e/o del quartiere; b) si proporrà ai vari attori la presentazione della loro cultura<br />

attraverso l'abito ed il costume in un laboratorio dedicato a gruppi di adolescenti. La preparazione consisterà nel<br />

preparare un proprio tipo d'abito che permetta di far conoscere le caratteristiche proprie di ogni cultura. Queste<br />

caratteristiche saranno trasmesse oralmente durante la realizzazione del laboratorio. Realizzazione a) Laboratorio di<br />

bambole di pezza: ogni organismo partecipante occuperà uno spazio della piazza con il materiale per la realizzazione<br />

del laboratorio (che sarà completato con il supporto di immagini, di musica o di ciò che verrá considerato pertinente<br />

in ogni singolo caso). I giovani saranno organizzati in gruppi per realizzare le bambole di uno spazio; b) esposizione<br />

itinerante di un campione della produzione del laboratorio.<br />

OBIETTIVI GENERALI<br />

- Promuovere la convivenza ed il rispetto reciproco a partire dalla conoscenza dell'”altro", delle loro differenze e<br />

delle loro somiglianze.<br />

- Coinvolgere la popolazione adulta e gli organismi della zona in azioni educative congiunte. Valorizzare le identità<br />

culturali d'origine. Identificare elementi comuni tra culture.<br />

ELEMENTI DI INNOVAZIONE<br />

Utilizzo della bambola di pezza come giocattolo comune a varie culture che permette di stabilire ponti chiari e diretti<br />

tra persone di varie origini ed età. Questo elemento comune può permettere un processo di riflessione sulle differenze/somiglianze<br />

tra culture e rendere propizia un'analisi critica di codeste. D'altra parte, la costruzione della<br />

bambola dà margine alla creazione artistica di ogni autore, permettendo di elaborare l'interculturalitá dalla creazione<br />

e dall'espressione personale.<br />

PARTICIPAZIONE<br />

Non si è elaborato un quadro della partecipazione a quest'azione, cosa che certamente limita il potenziale della stessa.<br />

Un'analisi preliminare delle mappe sociali che si muovono attorno all'istituto superiore nel quale studiano i gio-


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BUONE PRATICHE INTERCULTURALI<br />

vani avrebbe permesso, ad esempio, di promuovere un maggiore avvicinamento di alcuni gruppi all'ambiente scolastico.<br />

Occorre dire anche che l'azione è stata organizzata con una vicina della zona a partire dalla sua proposta e<br />

che nella preparazione, lo sviluppo e la valutazione si é contato con tutti gli attori coinvolti nel laboratorio. L'azione<br />

ha esteso la rete di relazioni degli attori coinvolti mettendoli in contatto.<br />

EFFICACIA<br />

Abbiamo verificato come la struttura dell'azione limitava l'interscambio: la preoccupazione per costruire una bambola<br />

in poco tempo (due ore) lasciava uno spazio limitato al dialogo. Crediamo che pianificare quest'azione da una<br />

prospettiva processuale permetterebbe di trarre ulteriore vantaggio dal quadro di relazione stabilito, rendendo propizia<br />

una maggior trasmissione del capitale culturale. Comunque occorre dire che si è riusciti a valorizzare la cultura<br />

d'origine, svegliando in molti casi una curiosità con la cultura (propria e straniera) stranamente assopita, e che si<br />

è stabilito un dialogo positivo e rispettoso con l'altro (diverso per età, cultura o genere) in modo tangibile.<br />

TRASVERSALITA’<br />

l'azione ha implicato il lavoro congiunto di due servizi pubblici e di cinque associazioni della zona. Inoltre hanno partecipato<br />

persone di varie generazioni.<br />

FONDAMENTO<br />

L'azione è fondata fin dall'inizio, a partire da diverse diagnosi della convivenza nello spazio pubblico del Raval effettuate<br />

durante gli ultimi tre anni. D'altra parte la frammentazione sociale nel territorio spiega un interesse, condiviso<br />

da tutti gli attori, centrato sullo stabilire canali di relazione attraverso la comunicazione interculturale.<br />

SOLIDITA’<br />

L'abbordaggio dell'insieme dei fattori che influenzano i problemi di convivenza supera la capacità d'influenza dell'azione<br />

stessa, inoltre, questa ha permesso di elaborare degli importanti aspetti del problema come gli stereotipi e<br />

l'esclusione attraverso una strategia orientata verso le relazioni interpersonali, il potenziamento e l'inclusione di<br />

gruppi vulnerabili. In questo senso occorre tenere conto che l'azione si iscrive nel quadro d'attività del progetto”Barri<br />

Educador" del <strong>Casal</strong> <strong>dels</strong> <strong>Infants</strong> del Raval, che si occupa di produrre processi d'implicazione della Comunità nella<br />

convivenza della zona attraverso scambi, spazi di mediazione, lavoro di strada, ecc., che comprende ulteriori fattori<br />

implicati nella problematica da trattare.<br />

SOSTENIBILITA’<br />

Il laboratorio ha fornito a tutti i coinvolti un'esperienza di lavoro congiunto legato all'interculturalitá e al territorio.<br />

Inoltre è anche servito a fare emergere il potenziale educativo delle organizzazioni sociali ed il suo ruolo nell'istruzione<br />

formale. Il laboratorio avrà una continuità, stabilita nel quadro formale della valutazione dello stesso (in modo<br />

non spontaneo) attraverso un'attività parascolare pattuita tra gli attori. L'azione, intesa come modo di stimolare un<br />

processo eterno, nel suo senso iniziale, è stata un successo.<br />

REPLICABILITA’<br />

L'azione è metodologica. In questo senso l'azione è replicabile con la sistematizzazione della stessa, tuttavia, gli<br />

effetti che produce varieranno certamente secondo il contesto d'applicazione ed il momento in cui si realizza. Ció è<br />

stato documentato con schede per lo sviluppo della dinamica e alcuni altri elementi.<br />

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CONCLUSIONI <strong>DE</strong>L MANUALE<br />

DI BUONE PRATICHE


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Lo sguardo su quattro quartieri, di paesi diversi, di città diverse, di storie e di passati diversi e di processi<br />

di cambiamento diversi nell'ultimo secolo, è un esercizio di apprendimento e d'analisi che pretende di produrre<br />

nuove pratiche e diverse pianificazioni per il futuro di questi ultimi. Ci piacerebbe che queste analisi<br />

e queste esperienze servano e possano essere copiate, analizzate o messe in opera in altri quartieri europei.<br />

Un libro che mostra diverse realtà ha la ricchezza di darci prismi diversi su una realtà comune.<br />

Queste analisi e pratiche hanno la particolarità che parlano delle relazioni umane, delle reti, gli spazi e<br />

soprattutto delle identità dei quartieri. Capiamo che i quartieri sono quegli spazi dove si costituiscono progetti<br />

comuni tra le persone, in un mondo che sta individualizzando sempre di più le realtà. La Comunità è<br />

dove si stabiliscono questi accordi, secondo i quali le persone possono integrarsi, partecipare e sentirsi<br />

parte di qualcosa condiviso, e quindi creare uno spazio dove si apprendano i valori basici dell'essere umano<br />

come la solidarietà, l’interscambio, il condividere, ecc...<br />

Questo manuale mostra quattro quartieri diversi in città come Ostia, Bruxelles, Toulouse e Barcellona, alcuni<br />

situati nel centro della città, altri vicini e infine altri nei sobborghi e periferie, essendo questo un importante<br />

peso nelle loro diverse realtà. Sono tutti quartieri che hanno vissuto cambiamenti e processi migratori<br />

molto importanti che hanno formato la loro realtà attuale.<br />

I quattro organismi che hanno condotto questo processo, fanno parte di questi quartieri, hanno una tradizione<br />

associativa e d'implicazione nel loro territorio, oltre ad una volontà di trasformare, negoziare e trovare<br />

consensi tra i diversi vicini. Aver generato un processo partecipativo pretende di promuovere accordi ed<br />

alleanze per questa trasformazione.<br />

Ci sono elementi comuni che dovremmo tenere in conto al momento di dare uno sguardo globale. Uno di<br />

loro è il come si sono costituiti e come si sono avvicinati a questi quartieri i diversi gruppi umani che sono<br />

arrivati, il perché di ciò (se è stato per l'alloggio, se è stata l'espulsione di alcuni gruppi e l'entrata di altri,<br />

ecc..) e come, infine, si giustappongono queste diverse realtà. Bisogna comprendere e sapere perchè si è<br />

sviluppata questa trasformazione umana dei quartieri, quali situazioni di deterioramento o marginalizzazione<br />

hanno prodotto e come hanno affrontato, progettato ed accordato questi cambiamenti i vari agenti del<br />

territorio ed i settori con interessi in quest’ultimo.<br />

I processi di auto-organizzazione e raggruppamento dei vari collettivi hanno spesso lo scopo di occuparsi<br />

di queste necessità e spesso in prospettive diverse. È chiaro che questo livello d'organizzazione della<br />

Comunità ha prodotto a volte pressione e cambiamenti nel processo globale della zona, sono stati inclusi<br />

spazi d’integrazione e di riconoscimento dei nuovi vicini e dei loro processi auto-organizzativi, svolgendo<br />

un ruolo fondamentale nella vita dei quartieri. I gruppi fragili attraverso incontri informali stabiliscono anche<br />

legami di relazione e contatto e sono strategie di consolidamento e riconoscimento nel territorio. Tutti sono<br />

quartieri con una grande diversità di persone procedenti da diversi luoghi, e con una grande complessità<br />

di realtà esistenziali. Le origini delle persone riproducono forme di riunione e di relazione.<br />

I cambiamenti economici, commerciali ed educativi dei territori svolgono un ruolo fondamentale, anche al<br />

momento di creare un marchio d'identità differenziata e specifica. Spesso i processi migratori portano<br />

cambiamenti economici, installazione di piccole imprese e negozi dando loro uno spazio concreto nella


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realtà globale del quartiere. La formazione e l'istruzione dei giovani svolgono un ruolo nello sviluppo culturale<br />

futuro di quest'ultimi.<br />

In molti di questi territori si avvicinano alcune persone in diversi momenti, puntualmente a cercare cose,<br />

persone, e altre si allontanano, c'è un grande dinamismo. La maggioranza di essi sono quartieri di incontro<br />

con una molteplicità di identità, spesso ciò produce immagini interne ed esterne, con un peso enorme<br />

sulla realtà globale e la sensazione delle persone rispetto al territorio. Non dimentichiamo il ruolo dei mezzi<br />

di comunicazione nell'immagine pubblica che creano rispetto a questi territori ed ai loro vicini.<br />

In questa complessità, esistono gruppi umani che nella relazione con il quartiere sono esclusi, specialmente<br />

le donne, i giovani e gli anziani, come pure persone di altre culture. Esiste un deficit nell'accoglienza ai<br />

nuovi vicini e nella creazione di luoghi di rappresentazione collettiva; appaiono anche conflitti rispetto alla<br />

divisione delle risorse. Il dibattito sul ghetto, e la non esistenza di spazi condivisi produce un'esclusione,<br />

benché non limiti necessariamente la partecipazione.<br />

Gli spazi pubblici svolgono un ruolo fondamentale in questo contesto di persone e di quartieri che si configurano<br />

verso nuove realtà. Le strade e le piazze sono luoghi di incontro, di socializzazione, di passaggio<br />

e di mobilità nelle città e quindi nei quartieri. La loro struttura e i loro mantenimento sono elementi che permettono<br />

l'inclusione o l'esclusione di persone per il loro utilizzo, ma anche delle appropriazioni, o del deterioramento<br />

a partire dall'utilizzo di gruppi specialmente vulnerabili. Il peso dello spazio pubblico, come spazio<br />

di visibilità o di dissimulazione di realtà umane, spazio di conflitto, di tolleranza o d'intolleranza, dell’uso<br />

della forza o del potere sull’altro è d'importanza vitale per le realtà di incontro.<br />

Il nostro scopo è vedere come evolvono questi territori ed i loro abitanti nella difficile impresa globale e<br />

locale di costruire un'identità. L'esistenza o no di vicini con una lunga tradizione nel quartiere, i cambiamenti<br />

costanti, il riconoscimento della grande diversità in sé stessa, fa parte della creazione di una nuova<br />

identità condivisa tra varie culture, e il consolidamento di questo a partire dai giovani, è la scommessa del<br />

futuro. Creare un quadro sociale ed economico che non produca tanta mobilità di persone nei quartieri e<br />

che permetta ai nuovi vicini di restare, limitando quei meccanismi che espellono i vicini, sarebbe anch’esso<br />

un lavoro da promuovere. I livelli di auto-organizzazione permettono una maggiore identificazione con il<br />

quartiere e i livelli cooperazione e solidarietà possono rafforzare questa identità nuova.<br />

Vogliamo ringraziare tutti i vicini e le vicine dei diversi quartieri che hanno partecipato all'analisi, al dibattito<br />

e al compromesso di trasformazione delle loro zone, e che questo manuale serva loro per discutere e<br />

costruire un nuovo quartiere del futuro, poiché senza loro non esisterebbero.<br />

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