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32<br />

Malattie sessualmente trasmesse (MST):<br />

l’attività del ginecologo consultoriale<br />

Aggiornamento, realtà sanitaria e progetti regionali.<br />

Associazione di servizi territoriali o centri per MST<br />

separati?<br />

Per quanto questi ultimi anni abbiano visto un lievitare<br />

in numero di master, congressi, corsi di aggiornamento<br />

sulle MST, con numerosa partecipazione di ginecologi e<br />

ostetriche, non sono corrisposti adeguamenti strumentali,<br />

né lo sviluppo di una politica preventiva che veda nei<br />

consultori (circa 2600 nel 2001, sul territorio nazionale),<br />

professionalità specifiche ancora idealmente motivate e<br />

ambienti sanitari disponibili ad una rete epidemiologica<br />

e di servizi integrati. La regionalizzazione della Sanità Italiana<br />

in questo momento non garantisce una effettiva<br />

organizzazione territoriale su larga scala, dei servizi per MST.<br />

Per queste motivazioni, nell’interessante “Protocollo per<br />

un sistema di sorveglianza e controllo delle malattie sessualmente<br />

trasmesse in Piemonte”, reperibile all’indirizzo:http://www.asl20.piemonte.it/SEPI/Sorv_mi/sifilide/protocolloOK.pdf<br />

, si affronta la necessità per la regione,<br />

di un maggiore numero di centri dedicati e di una<br />

codifica epidemiologica individuale per MST come<br />

Chlamydia T. o Herpes genitale, ed altri agenti infettivi.<br />

Il Protocollo, come principale intervento di prevenzione<br />

”fissa l’obiettivo di diagnosticare e trattare il maggior numero<br />

di MST per evitare ulteriori contagi (prevenzione primaria)<br />

e prevenire complicanze, infezioni in soggetti HIV positivi, neoplasie<br />

da HPV, complicanze ostetriche-neonatali, esiti di ipofertilità<br />

o infertilità (prevenzione secondaria)”.<br />

Ma propone “una ricognizione delle principali strutture di<br />

diagnosi clinica per MST in Piemonte e al loro accreditamento<br />

come “Centri Regionali per la diagnosi di MST”, senza considerare<br />

i Consultori Familiari, che rischiano di rimanere<br />

estranei proprio a quei progetti regionali di prevenzione<br />

nella salute riproduttiva e ai relativi finanziamenti di<br />

riqualificazione.<br />

Tutto questo, mentre a livello internazionale si elabora e<br />

si persegue la qualità del servizio e incrementa il dibattito<br />

sulla integrazione tra la medicina genitourinaria e i<br />

servizi di family planning. Nel Regno Unito si pone il problema<br />

della frammentazione dei servizi per la salute sessuale<br />

tra servizi di family planning, medico di base, medicina<br />

genitourinaria e ginecologia, con progetti di integrazione<br />

dei servizi che hanno accontentato sia l’utenza<br />

che gli operatori (1). Ben più specificamente l’OMS pone<br />

nel 1999 il problema della integrazione dei servizi di<br />

family planning e di management delle MST, valutandone<br />

i benefici (2).<br />

Personalmente credo che i servizi nel campo delle malattie<br />

a trasmissione sessuale e della prevenzione delle<br />

gravidanze indesiderate, debbano integrarsi perché la<br />

popolazione di riferimento è la stessa, è giovane e necessita<br />

sia di informazione che di cura, servizi accessibili e<br />

mirati alla relazione interpersonale, come nei “Consultorio<br />

Adolescenti”; o per ritornare in Consultorio a usufruire<br />

di servizi di screening già programmati e pubblicizzati<br />

nei Corsi di Educazione Sessuale della scuola superiore.<br />

Bisogna tenere conto che uno dei costi principali dei programmi<br />

sanitari è il reclutamento della popolazione a<br />

rischio e che non si rivolge ai servizi spontaneamente.<br />

La popolazione con gravidanze indesiderate e malattie a<br />

trasmissione sessuale adottano frequentemente lo stesso<br />

comportamento a rischio: non usano il preservativo. Inoltre<br />

la prevalenza della Chlamydia, argomento di scottante<br />

attualità è più frequente nelle popolazioni giovanissime<br />

e in quella popolazione che ha rapporti sessuali e<br />

“sta” frequentando i corsi di educazione sessuale nelle<br />

scuole superiori.<br />

Ciò posto preferisco differenziare a) uno standard da rendere<br />

“attuale” nella realtà della ginecologia medica territoriale<br />

nei settori della diagnosi e cura; b) una prevenzione<br />

che richiede un maggior numero di “esperti” per i<br />

corsi di educazione sessuale e sviluppo di progetti di<br />

screening, mirati alle realtà locali.<br />

Moderno standard ambulatoriale ginecologico di<br />

primo livello<br />

Veniamo da anni di mancato finanziamento dello strumentario<br />

ambulatoriale e consultoriale pubblico e assenza<br />

di coordinamento medico. Un’attività ambulatoriale<br />

con medici aggiornati, senza gli strumenti necessari,<br />

mantiene una spesa pubblica che non ritorna ai contribuenti<br />

sotto forma di servizio di qualità, deprimendo,<br />

allo stesso tempo, le motivazioni degli operatori. L’attrezzatura<br />

di un ambulatorio ginecologico medico richiede:<br />

● un microscopio per effettuazione di striscio a fresco<br />

● tampone per misurazione del pH vaginale<br />

● idrossido di potassio al 10% per effettuare su striscio a<br />

fresco il fish odor test<br />

● disponibilità dei diversi tamponi vaginali completi,<br />

ureaplasma e michoplasma, test di amplificazione genica<br />

(PCR) per la diagnosi della chlamydia.<br />

● acido acetico al 3% per una prima indagine su sospetti<br />

condilomi<br />

E’ facile ammortizzare quelli del microscopio, non essendo<br />

necessari aggiornamenti tecnologici, successivi mentre<br />

il materiale di consumo proposto è di basso costo (vetrini<br />

e pochi reagenti), rendendo possibile la diagnosi<br />

immediata delle frequenti vulvovaginiti.

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