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Malattie sessualmente trasmesse (MST):<br />
l’attività del ginecologo consultoriale<br />
Aggiornamento, realtà sanitaria e progetti regionali.<br />
Associazione di servizi territoriali o centri per MST<br />
separati?<br />
Per quanto questi ultimi anni abbiano visto un lievitare<br />
in numero di master, congressi, corsi di aggiornamento<br />
sulle MST, con numerosa partecipazione di ginecologi e<br />
ostetriche, non sono corrisposti adeguamenti strumentali,<br />
né lo sviluppo di una politica preventiva che veda nei<br />
consultori (circa 2600 nel 2001, sul territorio nazionale),<br />
professionalità specifiche ancora idealmente motivate e<br />
ambienti sanitari disponibili ad una rete epidemiologica<br />
e di servizi integrati. La regionalizzazione della Sanità Italiana<br />
in questo momento non garantisce una effettiva<br />
organizzazione territoriale su larga scala, dei servizi per MST.<br />
Per queste motivazioni, nell’interessante “Protocollo per<br />
un sistema di sorveglianza e controllo delle malattie sessualmente<br />
trasmesse in Piemonte”, reperibile all’indirizzo:http://www.asl20.piemonte.it/SEPI/Sorv_mi/sifilide/protocolloOK.pdf<br />
, si affronta la necessità per la regione,<br />
di un maggiore numero di centri dedicati e di una<br />
codifica epidemiologica individuale per MST come<br />
Chlamydia T. o Herpes genitale, ed altri agenti infettivi.<br />
Il Protocollo, come principale intervento di prevenzione<br />
”fissa l’obiettivo di diagnosticare e trattare il maggior numero<br />
di MST per evitare ulteriori contagi (prevenzione primaria)<br />
e prevenire complicanze, infezioni in soggetti HIV positivi, neoplasie<br />
da HPV, complicanze ostetriche-neonatali, esiti di ipofertilità<br />
o infertilità (prevenzione secondaria)”.<br />
Ma propone “una ricognizione delle principali strutture di<br />
diagnosi clinica per MST in Piemonte e al loro accreditamento<br />
come “Centri Regionali per la diagnosi di MST”, senza considerare<br />
i Consultori Familiari, che rischiano di rimanere<br />
estranei proprio a quei progetti regionali di prevenzione<br />
nella salute riproduttiva e ai relativi finanziamenti di<br />
riqualificazione.<br />
Tutto questo, mentre a livello internazionale si elabora e<br />
si persegue la qualità del servizio e incrementa il dibattito<br />
sulla integrazione tra la medicina genitourinaria e i<br />
servizi di family planning. Nel Regno Unito si pone il problema<br />
della frammentazione dei servizi per la salute sessuale<br />
tra servizi di family planning, medico di base, medicina<br />
genitourinaria e ginecologia, con progetti di integrazione<br />
dei servizi che hanno accontentato sia l’utenza<br />
che gli operatori (1). Ben più specificamente l’OMS pone<br />
nel 1999 il problema della integrazione dei servizi di<br />
family planning e di management delle MST, valutandone<br />
i benefici (2).<br />
Personalmente credo che i servizi nel campo delle malattie<br />
a trasmissione sessuale e della prevenzione delle<br />
gravidanze indesiderate, debbano integrarsi perché la<br />
popolazione di riferimento è la stessa, è giovane e necessita<br />
sia di informazione che di cura, servizi accessibili e<br />
mirati alla relazione interpersonale, come nei “Consultorio<br />
Adolescenti”; o per ritornare in Consultorio a usufruire<br />
di servizi di screening già programmati e pubblicizzati<br />
nei Corsi di Educazione Sessuale della scuola superiore.<br />
Bisogna tenere conto che uno dei costi principali dei programmi<br />
sanitari è il reclutamento della popolazione a<br />
rischio e che non si rivolge ai servizi spontaneamente.<br />
La popolazione con gravidanze indesiderate e malattie a<br />
trasmissione sessuale adottano frequentemente lo stesso<br />
comportamento a rischio: non usano il preservativo. Inoltre<br />
la prevalenza della Chlamydia, argomento di scottante<br />
attualità è più frequente nelle popolazioni giovanissime<br />
e in quella popolazione che ha rapporti sessuali e<br />
“sta” frequentando i corsi di educazione sessuale nelle<br />
scuole superiori.<br />
Ciò posto preferisco differenziare a) uno standard da rendere<br />
“attuale” nella realtà della ginecologia medica territoriale<br />
nei settori della diagnosi e cura; b) una prevenzione<br />
che richiede un maggior numero di “esperti” per i<br />
corsi di educazione sessuale e sviluppo di progetti di<br />
screening, mirati alle realtà locali.<br />
Moderno standard ambulatoriale ginecologico di<br />
primo livello<br />
Veniamo da anni di mancato finanziamento dello strumentario<br />
ambulatoriale e consultoriale pubblico e assenza<br />
di coordinamento medico. Un’attività ambulatoriale<br />
con medici aggiornati, senza gli strumenti necessari,<br />
mantiene una spesa pubblica che non ritorna ai contribuenti<br />
sotto forma di servizio di qualità, deprimendo,<br />
allo stesso tempo, le motivazioni degli operatori. L’attrezzatura<br />
di un ambulatorio ginecologico medico richiede:<br />
● un microscopio per effettuazione di striscio a fresco<br />
● tampone per misurazione del pH vaginale<br />
● idrossido di potassio al 10% per effettuare su striscio a<br />
fresco il fish odor test<br />
● disponibilità dei diversi tamponi vaginali completi,<br />
ureaplasma e michoplasma, test di amplificazione genica<br />
(PCR) per la diagnosi della chlamydia.<br />
● acido acetico al 3% per una prima indagine su sospetti<br />
condilomi<br />
E’ facile ammortizzare quelli del microscopio, non essendo<br />
necessari aggiornamenti tecnologici, successivi mentre<br />
il materiale di consumo proposto è di basso costo (vetrini<br />
e pochi reagenti), rendendo possibile la diagnosi<br />
immediata delle frequenti vulvovaginiti.