Ali del Levante N.54 Dicembre 2012 - Aeroporti di Puglia

Direttore Responsabile
Michele Fortunato
Progetto grafico e impaginazione
Studio Bi Quattro srl
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Litotipografia Alcione
Per informazioni redazionali
mfortunato@aeroportidipuglia.it
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Tel. 0461 238913 - Fax 0461 237772
Responsabile del trattamento dei dati (D.lgs. 196/2003) Giuseppe Italiano
Finito di stampare nel mese di dicembre 2012 presso la Litotipografia Alcione (TN)
Periodico di attualità, economia, opinione e cultura edito da Aeroporti di Puglia SpA
Anno IX / n.54 / dicembre 2012
Sommario / Contents
4
3 EDITORIALE
di Michele Fortunato
5 AMBIENTE E SVILUPPO.
L’ESPERIENZA DEGLI AEROPORTI PUGLIESI
di Marco Franchini
12 RITORNO ALLA CITTÀ
di Mario Spada
14 TURKS & CAICOS, CARAIBI DA CARTOLINA
di Rosangela Pappalepore
21 DISTRETTO AEROSPAZIALE PUGLIESE,
SETTORE STRATEGICO PER LO SVILUPPO
di Maria Moretti
25 LA VALLE DEI DESIDERI
di Pucci Cirillo
29 I BORGHI PIÙ BELLI D’ITALIA, ECCELLENZA TRICOLORE
di Pierluigi De Santis
32 STEFAN MAIWALD: “CONDANNATO A MORTE CHIEDEREI
SOLO UNA COSA: UN PRIMITIVO DI MANDURIA”
di Katja Brinkmann
36 LO SGUARDO SUL MONDO DEL MUSEO DI PINO PASCALI
di Stefania Di Mitrio
38 UN TUFFO NEL PASSATO DI BARI:
L’AREA ARCHEOLOGICA DI S.PIETRO
di Maria Rosaria Depalo
41 IL FASCINO SEGRETO DELLE ASTURIE
di Giusy Petruzzelli
45 USCIRE A CENA “RESTANDO IN CASA”
di Alessandra Nenna
49 DOLCI DI PUGLIA, ELISIR (DI)VINO
di Rosaria Bianco
52 ASMARA, VICINA E LONTANA
di Paolo Comentale
55 “INTRAMOENIA EXTRA ART / WATERSHED”
PORTA JAN FABRE A BARLETTA
di Giusy Caroppo
59 TAX CREDIT PER LE IMPRESE CULTURALI:
LA PROPOSTA DI LEGGE NASCE A BARI
di Alessandra Nenna
60 UN’LIBRO? È SEMPRE UN’OTTIMA IDEA
di Rosangela Pappalepore
62 ENGLISH SUMMARY
by Gino Lorenzelli

Il costante impegno a dare senso
compiuto a scelte che privilegino qualità
della vita e salvaguardia ambientale, è il
tratto distintivo dell’attività di Aeroporti
di Puglia che, ancorchè molto attiva sul
fronte dello sviluppo dei collegamenti e
del potenziamento delle infrastrutture,
ha sempre ben presente la necessità di
contribuire al meglio delle proprie possibilità
alla tutela dell’ambiente.
Un impegno costante, fatto di “piccole,
grandi” cose, come il reimpianto di ulivi
secolari o la costruzione di impianti
di cogenerazione per la produzione di
energia pulita; una gestione così virtuosa
delle infrastrutture che ENAC - Ente
Nazionale per l’Aviazione Civile - ha
preso a modello l’esperienza “Puglia” in
sede di progettazione e realizzazione di
nuove opere.
Una nuova sensibilità ambientale che
guardando a contesti diversi rispetto al
settore aeroportuale, passa anche attraverso
azioni di recupero e riqualificazione
urbana che scongiurino una ulteriore,
discriminata densificazione del territorio.
Un esempio concreto di valorizzazione
e recupero del tessuto urbano e del suo
patrimonio artistico, storico e culturale
è quello dei “Borghi più belli d’Italia”,
lodevole iniziativa mutuata da analoghe
esperienze europee, che mette in rete
oltre duecento comuni che attraverso
questo marchio di qualità possono corroborare
le proprie azioni di marketing
territoriale.
In Puglia sono dieci le cittadine che pos-
sono fregiarsi di questo riconoscimento,
buona parte delle quali in provincia di
Foggia. Oltre ai comuni dauni, fanno
parte di questo club d’eccellenza alcuni
centri del Salento e della Valle d’Itria, un
territorio nel cuore della Puglia, capace
di suscitare sorpresa ed emozione anche
tra chi abbia già avuto modo di conoscerlo.
Cisternino piuttosto che Martina
Franca, Locorotondo piuttosto che gli
altri borghi che storicamente o geograficamente
ricadono in questo territorio,
hanno ormai conquistato il cuore di tanti,
tantissimi turisti, soprattutto stranieri,
che - grazie anche alla maggiore disponibilità
di collegamenti aerei - hanno fatto
di questa “valle dei desideri” il proprio
rifugio da sogno.
Fin qui la Puglia della bellezza, della natura,
della tradizione. Ma ce n’è un’altra:
quella della ricerca, dell’innovazione e
della competitività che negli ultimi anni
ha registrato significativi successi. Come
nel caso del comparto aerospaziale, vero
e proprio fiore all’occhiello dell’industria
pugliese che, senza far torto ad altre
importanti realtà produttive, ha nello
stabilimento Alenia Aermacchi dell’aeroporto
di Grottaglie - destinato alla
produzione di sezioni della fusoliera del
B787 Dreamliner - il suo polo principale.
Viaggi, libri e il resoconto di una bella
iniziativa dedicata ai bambini eritrei,
completano la nostra proposta.
Buona lettura
Michele Fortunato
editoriale
3

…semplicemente unici
sheratonnicolausbari.com
congressi@sheratonbari.com

S
viluppo e rispetto dell’ambiente.
Temi di grande
attualità, non facili da coniugare,
ma che per Aeroporti
di Puglia sono le facce di una stessa
medaglia: garantire al sistema aeroportuale
e ai pugliesi il meglio sul
piano del potenziamento infrastrutturale,
privilegiando - sin dalla fase di
individuazione e progettazione degli
interventi -, solu-
zioniarchitettoniche e realizzative
delle opere assolutamente“ecocompatibili”.
Da un decennio Aeroporti di Puglia
mostra una legittima e concreta
aspirazione ad anteporre la qualità
ambientale a interventi di più facile
realizzazione e di maggior resa
economica, nella convinzione che
ciò rappresenti un messaggio dal
forte valore sociale che la particolare
importanza rivestita dalla struttura
5
Aeroporti di Puglia News
Ambiente e sviluppo.
L’esperienza degli aeroporti pugliesi
Attraverso le numerose opere e
applicazioni sin qui realizzate, Aeroporti di
Puglia ha dato concreta attuazione
alle proprie scelte ambientali
aeroportuale contribuisce a diffondere
ad una “platea” più ampia e
non circoscritta alla sola popolazione
locale.
In tal senso sono stati posti in essere
una serie di interventi coordinati
in materia di approvigionamento
energetico, mitigazione dell’impatto
ambientale, recupero e salvaguardia
del patrimonio arboreo, politiche
di abbattimen-
to del rumore
aeroportuale e
riciclo delle acque
meteoriche che
hanno trasformato
gli aeroporti pugliesi in una sorta
di laboratorio sperimentale sempre
più orientato verso l’uso di tecnologie
di ultima generazione che consentissero
ottimi risultati in campo
ambientale, energetico e sul piano
della qualità dei servizi.
Attraverso le numerose opere e
applicazioni sin qui realizzate, Ae-
di Marco Franchini*
roporti di Puglia ha dato concreta
attuazione alle proprie scelte ambientali:
nuove tecnologie alle quali
si affianca il recupero di metodi non
nocivi e naturali anche in tema di sicurezza
operativa, come nel caso del
ricorso ad aquile, falchi e nibbi per
l’allontamento di volatili e selvaggina
dalle aree operative (wild strike).
L’approvvigionamento energetico
Anticipando quello che è poi diventato
l’indirizzo più comune in tema
di approvvigionamento di energia,
negli aeroporti di Bari e Brindisi
sono stati realizzati impianti per la
produzione di energia rinnovabile
che viene immessa nelle reti a servizio
dell’aeroporto. Ciò ha favorito
la sensibile riduzione dei picchi di
utilizzo di energia prodotta da fonti
tradizionali, specie di quelli riconducibili
ai cicli di climatizzazione della
struttura aeroportuale. I due impianti,
tra i primi realizzati in Puglia, oltre

a soddisfare parte del fabbisogno
energetico dei due aeroporti, hanno
permesso di ridurre gli effetti della
radiazione diretta sull’involucro
edilizio dell’aerostazione passeggeri
e quindi di ridimensionare i consumi
elettrici riferibili all’impianto di
climatizzazione.
Oltre che per impianti di grande
portata, l’utilizzo di pannelli fotovoltaici
è stato adottato anche per
opere di minor portata: è il caso
delle coperture dei percorsi pedonali
dell’aeroporto Karol Wojtyla di Bari,
realizzate con pensiline integrate con
tecnologie avanzate di produzione di
energia elettrica, funzionali alla gestione
dell’illuminazione dei percorsi
stessi.
L’efficientamento energetico
Contestualmente al processo di
infrastrutturazione, Aeroporti di
Puglia ha avviato, nell’ambito del
Programma Operativo Interregionale
2007 - 2013 “Energie rinnovabili
e risparmio energetico”, un piano
di interventi integrati finalizzati al
miglioramento dell’efficienza energetica
dell’aeroporto di Bari. Nella
fattispecie tra le attività finalizzate
all’efficientamento energetico degli
edifici e utenze energetiche pubbliche,
o ad uso pubblico, ad oggi in
corso di realizzazione in accordo con
Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare, ENAC
e Regione Puglia, si ricordano:
- cogenerazione a biomassa a servizio
dell’aeroporto di Bari;
- efficientamento energetico aerostazione;
- integrazione del sistema di efficientamento
con impianto di illuminazione ad alta
efficienza lungo il viale di accesso all’aerostazione
passeggeri;
- integrazione del sistema di efficientamento
impianto AVL.
Cogenerazione a biomassa
a servizio dell’aeroporto di Bari
Nell’ambito della riqualificazione
energetica complessiva del sistema
aeroportuale pugliese, è stata prevista
sull’aeroporto di Bari la costruzione
di una centrale di cogenerazione
alimentata a biomassa agricola
consistente nei residui arborei derivanti
dalla cultura dell’ulivo, approvvigionati
obbligatoriamente, attraverso
la cosiddetta filiera corta. Questa
tipologia di impianto presenta il
grande vantaggio di mettere a disposizione
due diverse forme di energia,
quella elettrica e quella termica, in un
unico processo di trasformazione.
L’energia termica, infatti, è ricavata
dallo scarto della produzione elettrica,
permettendo così di proseguire
sulla strada di efficienza ed efficacia
del processo energetico.
Analisi energetica preliminare
Attualmente, l’infrastruttura aeroportuale
di Bari presenta un consumo
annuo complessivo di circa
13.000 MWh di energia elettrica e
1.500 MWh, circa, di energia termica.
I consumi elettrici sono distribuiti su
più utenze, anche se l’utenza indivi-
6
duata come “nuova aeropax” - corrispondente
all’attuale aerostazione
passeggeri - da sola consuma circa
10.700 MWh. Al fine di proporre
una soluzione impiantistica che
consenta di massimizzare il ritorno
energetico, ambientale ed economico
è stata effettuata in via preliminare
un’analisi dei consumi energetici dell’aeroporto,
nella sua configurazione
impiantistica attuale. I dati di partenza
relativi ai consumi energetici sono
stati ricavati dalle bollette riferite alle
utenze gas ed elettricità dell’utenza
in studio.
I grafici che seguono riportano i dati
raccolti riferiti all’anno 2010.
A livello parametrico, riferendo
i consumi all’unità di volume ed
avendo assunto che la volumetria
dell’aerostazione è di circa di circa
172.000 m3 , si ha un consumo
termico per unità di volume pari a
circa 8,7 kWh/m3 che, rispetto ad
utenze analoghe, può essere ritenuto
il migliore ottenuto in un ambiente
pubblico.
Per quanto attiene ai consumi elettrici,
dall’esame del grafico esposto, si
evince che per gli stessi si può considerare
una base costante di circa
800.000 kWh mensili, con un comprensibile
incremento nella stagione
estiva, legato essenzialmente ad una
maggiore esigenza di climatizzazione.
A livello parametrico, riferendo i
consumi all’unità di volume, avendo
assunto che l’aerostazione ha una
volumetria di circa 172.000 m3 si
determina un consumo elettrico
per unità di volume pari a circa 75
kWh/m3, valore in linea con quello
di utenze ad avanzato contenuto
tecnologico.
Di tali consumi un valore stimabile
tra l’8 ed il 10% è attribuibile alla
climatizzazione estiva, e risulta basso
se riferito ad utenze analoghe.
Nei grafici che seguono sono riportati
i consumi di energia primaria: dal
loro esame trova conferma quanto
già emerso in precedenza in ordine
alla prevalenza dei consumi elettrici

(86%) rispetto ai consumi termici e
frigoriferi (7% e 7%).
Anche per quanto riguarda le emissioni
di anidride carbonica equivalente,
si evince una netta predominanza
delle emissioni dovute ai consumi
elettrici generici, rispetto a quelle
determinate dai consumi termici e
frigoriferi.
I grafici che seguono illustrano l’andamento
mensile delle emissioni e la
loro ripartizione su base annua.
Descrizione dell’opera
L’opera di che trattasi si riferisce
alla costruzione di un impianto di
cogenerazione in assetto trigenerativo,
in grado di produrre localmente
energia elettrica, energia termica per
il riscaldamento invernale ed energia
frigorifera per la climatizzazione
estiva. Questa soluzione, sebbene
più complessa rispetto ad una semplice
cogenerazione, è l’unica che
consente un impiego costante per
7
Aeroporti di Puglia News
tutto l’anno dei cascami caldi del cogeneratore
che, nella stagione estiva,
saranno indirizzati ad un assorbitore
per la produzione di energia frigorifera.
L’impianto di cogenerazione da
biomassa è basato sul ciclo Rankine
Organico (ORC) ed è costituito da
due sistemi principali:
• caldaia a biomassa per la produzione
di olio diatermico ad una temperatura
di circa 300°C;
• turbogeneratore che impiega l’olio
diatermico per riscaldare e vaporizzare
un altro fluido che espande in
turbina producendo energia elettrica.
Elemento chiave di questo sistema di
cogenerazione a biomassa è il turbogeneratore
ORC, che permette la
generazione di elettricità con buon
rendimento e affidabilità. Questo
impianto si basa su un ciclo chiuso
di Rankine, realizzato adottando
come fluido di lavoro un adatto
fluido organico. A regime, il sistema
di cogenerazione in asseto rigenerativo
sarà in grado di produrre circa
1.728 MWh/anno di energia elettrica
e 3.000 MWh di energia termica.
Il risparmio energetico conseguibile
sarà pari a 6.836 MWh/anno con
riduzione di emissioni paria 1.347
TEP/anno.
Efficientamento energetico
aerostazione
Si tratta, senza dubbio alcuno, della
parte più complessa del piano in
realizzazione specie in considerazione
della molteplicità degli interventi
previsti che interesseranno:
• involucro edilizio;
• schermature;
• sistema di ventilazione/raffrescamento
naturale;
• impianti di distribuzione dell’aria;
• impianti elettrici;
• pensilina fotovoltaica;
• impianto di illuminazione;
• integrazione sistema di supervisione.
Per quel che riguarda gli interventi
sull’involucro edilizio dell’aerostazione,
è previsto il potenziamento della

esistenza termica della copertura
(+16,44 m) da realizzarsi attraverso
la riduzione del valore di trasmittanza
con l’installazione di strato di
isolamento in EPS riciclato e l’abbattimento
dei carichi termici da radiazione
solare con la creazione di una
intercapedine d’aria da pavimento
flottante.
È prevista, inoltre, la realizzazione
di un sistema di tetto giardino su
copertura esistente e la schermatura
solare della facciata a sud ( secondo
piano) a mezzo di frangisole
orizzontale in alluminio, integrato
con moduli fotovoltaici, orientabile
con comando motorizzato. Prevista,
inoltre la realizzazione di una parete
verde autoportante, dal piano terra
fino al secondo livello nonchè di una
parete ventilata sui lucernai dell’aerostazione.
Uno degli altri interventi in programma
è quello relativo al sistema
di ventilazione/raffrescamento
naturale.
La morfologia dell’edificio, caratterizzato
da aperture lungo tutto il
perimetro e dalla presenza dei lucernari,
consente la strutturazione di
un sistema di ventilazione/raffrescamento
naturale con l’attivazione, tramite
sistema domotico delle aperture
esistenti ai vari piani, degli estrattori
di fumo collocati in sommità ai lucernai
e delle nuove aperture apribili
e/o griglie del manufatto.
Impianti di distribuzione dell’aria
Per le aree e gli uffici collocati al
secondo piano relative ai due bloc-
chi, posti rispettivamente a sud-est e
a nord-ovest dell’edificio, è prevista
la sconnessione delle diramazioni
al piano dalle canalizzazioni verticali
provenienti dalle UTA 1 e UTA 3 e
il ricollegamento a due nuove UTA
dedicate esclusivamente agli uffici.
Ciò al fine di rendere possibile
lo spegnimento di dette UTA nei
periodi e nelle giornate di chiusura
degli uffici, oltre che di garantire una
regolazione dei parametri ambientali
separata da quella delle grandi aree
dell’aerostazione.
Tra gli altri lavori programmati vi è
l’installazione di nuovi termostati/
sonde multifunzione che consentano
un più performante controllo centralizzato
e la realizzazione di una
pensilina di copertura fotovoltaica a
protezione delle Unità di Trattamento
Aria, delle canalizzazioni e di altri
componenti impiantistici localizzati
in copertura.
Inoltre, per tutte le Unità di Trattamento
Aria, e dunque per un più
razionale controllo delle portate
dell’aria di rinnovo, il progetto prevede
la verifica sui canali di ripresa
dei reali valori di purezza dell’aria
mediante specifiche sonde di nuova
installazione che controlleranno i
parametri CO2 e VOC.
Impianti elettrici
L’efficientamento delle macchine
UTA esistenti sarà raggiunto con
l’installazione di: inverter, sonde di
pressione, sonda della qualità dell’aria,
sonda di velocità dell’aria,sonde di
temperatura interna ai piani e sonde
di temperatura esterna.
Sarà realizzato, infine, un sistema di
gestione dei carichi con abbattimento
dei picchi mediante disinserimento
automatico dei “carichi non prioritari”,
mentre per tutti i blocchi bagni
verranno definiti due livelli di illuminamento,
uno molto basso sempre
acceso e uno pari al livello attuale con
accensione congiunta con gli estrattori
in presenza di utenza.
8
Impianto di illuminazione
In questo settore gli interventi
riguarderanno essenzialmente la sostituzione
degli alimentatori esistenti
con alimentatori elettronici dimmerabili
dotati di interfaccia DALI per
il telecontrollo e quella dei corpi
illuminanti e/o lampade esistenti con
altri ad elevata efficienza.
Relativamente all’illuminazione
esterna dei viadotti e delle facciate
dell’aerostazione (lato est ed ovest)
si procederà nel primo caso alla
sostituzione dei riflettori installati
in corrispondenza dei viadotti di
collegamento presenti, rispettivamente
ai piani “arrivi” e “partenze”
dell’aerostazione, con corpi lampada
a plafone equipaggiato con 20 power
led, e alla sostituzione dei proiettori,
attualmente installati a due differenti
ordini d’altezza, con proiettori a led
di tipo asimmetrico.
Visualizzazione dati energetici al pubblico
Attualmente è già in esercizio un
sistema di monitoraggio, realizzato
mediante cartellonistica elettronica,
in grado di visualizzare al pubblico
i dati caratteristici riferiti alla produzione
di EE da fonti rinnovabili,
inerente essenzialmente l’impianto
FV installato sulla copertura dell’aerostazione.
Trattandosi, tuttavia, di un sistema
sganciato dal sistema di supervisione
centrale, al fine di unificare tutti i
sistemi di controllo e monitoraggio e
di diffondere all’esterno i dati riferiti
alla produzione globale del sistema
aeroportuale da fonti rinnovabil, è
previsto il potenziamento del sistema
esistente con l’inserimento
dell’intero sistema di gestione dell’informazione
nel sistema di supervisione
centrale e l’integrazione del
contributo in termine di EE prodotta
in riferimento ai nuovi impianti
FV sulle pensiline (realizzate e da
realizzare) e sulla nuova ala dell’aerostazione
passeggeri e alla centrale di
trigenerazione.

Valutazioni di Life Cycle Assessment
Alcuni degli interventi sin qui
descritti sono stati oggetto anche
della valutazione di sostenibilità
ambientale, attraverso
l’applicazione di un algoritmo
di analisi basato sul ciclo di
vita dei materiali e denominato
LCA.
L’unità funzionale di riferimento
per questa analisi è quella
dell’intera struttura dell’aerostazione
in rapporto ad un
ciclo di vita totale di 50 anni,
mentre per la comparazione
si è ipotizzato che in tale arco
temporale gli interventi di efficientamento
vengano effettuati
dopo 7 anni dal momento della
costruzione.
A titolo di esempio si riporta
una sintesi del procedimento
adottato:
• Scenari ipotizzati:
1. Intervento di efficientamento dell’involucro
esistente e sconnessione
impianto uffici;
2. Intervento di efficientamento dei
sistemi di illuminamento e altre
utenze elettriche;
3. Integrazione di tutti gli interventi
di efficientamento
• Valutazioni di Life Cycle Assessment
System Boundaries dell’analisi
1. Aeroporto esistente in un life
cycle di 50 anni
• Consumi dell’aerostazione
esistente per il riscaldamento e la
climatizzazione degli ambienti
1. Aeroporto con intervento di riqualificazione
al 7° anno e life cycle
di 50 anni totale
• Consumi dell’aerostazione
esistente per il riscaldamento e la
climatizzazione degli ambienti, in
un arco temporale di 7 anni
• Costruzione, trasporto e montaggio
delle parti di intervento
quali:
1. chiusura ventilata e isolata con
EPS riciclato ultimo piano;
2. tetto giardino isolato con EPS riciclato
e camminamenti primo piano;
3. parete ventilata su chiusure opache
lucernai;
4. cappotto interno su chiusure verticali
opache a piano terra;
5. frangisole orizzontale su fronte
Sud-Est;
6. frangisole verticali su fronti nordovest,
nord-est e sud-ovest ultimo
piano;
7. parete verde con tiranti su griglia
autoportante in acciaio posta sui
fronti nord est e sud-ovest dell’aerostazione.
• Consumi dell’aerostazione per il
riscaldamento e la climatizzazione
degli ambienti, rapportati agli
interventi di efficientamento sull’involucro
e all’avvenuta sconnessione
della climatizzazione uffici
9
Aeroporti di Puglia News
dall’impianto a servizio delle
aree comuni
• Smontaggio, trasporto a
trattamento e processo di
smaltimento dei componenti
di tutti gli interventi di efficientamento
dell’involucro
Classificazione delle prestazioni
energetiche del sistema di automazione,
ai sensi della norma En
15232:2007
L’intervento di efficientamento
consente di ottenere, mediante
la sola implementazione del
sistema di controllo e gestione,
un sensibile miglioramento
delle prestazioni dell’aerostazione
esistente, passando da
un edificio di Classe C, ovvero
avente impianti e componenti
automatizzati con apparecchi
di controllo di tipo “standard”,
a un edificio di Classe B, (con
punteggio molto vicino alla classe A)
con livelli di sofisticazione e completezza
del sistema automatico tali da
garantire elevate prestazioni energetiche
all’organismo edilizio.
L’impegno profuso per la gestione
virtuosa degli aeroporti pugliesi ha
prodotto risultati anche a livello
nazionale, poiché l’ENAC - Ente
Nazionale per l’Aviazione Civile - ha
adottato quali prerequisiti indispensabili
per la progettazione e realizzazione
di nuove infrastrutture tutti
i temi affrontati da Aeroporti di
Puglia. Uno stimolo ulteriore a gestire
la porta d’ingresso della regione
nel modo migliore, dall’eccellenza
dell’offerta dei servizi aeroportuali
- prima e dopo il volo -, all’integrazione
del trasporto ferroviario e stradale
per consentire di raggiungere
capillarmente tutte le località di una
regione che è divenuta la vera nuova
destinazione per qualità dell’offerta
turistica e qualità della vita.
(*) Direttore Generale di Aeroporti di Puglia

Valutazioni di Life Cycle Assessment
Alcuni degli interventi sin qui
descritti sono stati oggetto anche
della valutazione di sostenibilità
ambientale, attraverso
l’applicazione di un algoritmo
di analisi basato sul ciclo di
vita dei materiali e denominato
LCA.
L’unità funzionale di riferimento
per questa analisi è quella
dell’intera struttura dell’aerostazione
in rapporto ad un
ciclo di vita totale di 50 anni,
mentre per la comparazione
si è ipotizzato che in tale arco
temporale gli interventi di efficientamento
vengano effettuati
dopo 7 anni dal momento della
costruzione.
A titolo di esempio si riporta
una sintesi del procedimento
adottato:
• Scenari ipotizzati:
1. Intervento di efficientamento dell’involucro
esistente e sconnessione
impianto uffici;
2. Intervento di efficientamento dei
sistemi di illuminamento e altre
utenze elettriche;
3. Integrazione di tutti gli interventi
di efficientamento
• Valutazioni di Life Cycle Assessment
System Boundaries dell’analisi
1. Aeroporto esistente in un life
cycle di 50 anni
• Consumi dell’aerostazione
esistente per il riscaldamento e la
climatizzazione degli ambienti
1. Aeroporto con intervento di riqualificazione
al 7° anno e life cycle
di 50 anni totale
• Consumi dell’aerostazione
esistente per il riscaldamento e la
climatizzazione degli ambienti, in
un arco temporale di 7 anni
• Costruzione, trasporto e montaggio
delle parti di intervento
quali:
1. chiusura ventilata e isolata con
EPS riciclato ultimo piano;
2. tetto giardino isolato con EPS riciclato
e camminamenti primo piano;
3. parete ventilata su chiusure opache
lucernai;
4. cappotto interno su chiusure verticali
opache a piano terra;
5. frangisole orizzontale su fronte
Sud-Est;
6. frangisole verticali su fronti nordovest,
nord-est e sud-ovest ultimo
piano;
7. parete verde con tiranti su griglia
autoportante in acciaio posta sui
fronti nord est e sud-ovest dell’aerostazione.
• Consumi dell’aerostazione per il
riscaldamento e la climatizzazione
degli ambienti, rapportati agli
interventi di efficientamento sull’involucro
e all’avvenuta sconnessione
della climatizzazione uffici
9
Aeroporti di Puglia News
dall’impianto a servizio delle
aree comuni
• Smontaggio, trasporto a
trattamento e processo di
smaltimento dei componenti
di tutti gli interventi di efficientamento
dell’involucro
Classificazione delle prestazioni
energetiche del sistema di automazione,
ai sensi della norma En
15232:2007
L’intervento di efficientamento
consente di ottenere, mediante
la sola implementazione del
sistema di controllo e gestione,
un sensibile miglioramento
delle prestazioni dell’aerostazione
esistente, passando da
un edificio di Classe C, ovvero
avente impianti e componenti
automatizzati con apparecchi
di controllo di tipo “standard”,
a un edificio di Classe B, (con
punteggio molto vicino alla classe A)
con livelli di sofisticazione e completezza
del sistema automatico tali da
garantire elevate prestazioni energetiche
all’organismo edilizio.
L’impegno profuso per la gestione
virtuosa degli aeroporti pugliesi ha
prodotto risultati anche a livello
nazionale, poiché l’ENAC - Ente
Nazionale per l’Aviazione Civile - ha
adottato quali prerequisiti indispensabili
per la progettazione e realizzazione
di nuove infrastrutture tutti
i temi affrontati da Aeroporti di
Puglia. Uno stimolo ulteriore a gestire
la porta d’ingresso della regione
nel modo migliore, dall’eccellenza
dell’offerta dei servizi aeroportuali
- prima e dopo il volo -, all’integrazione
del trasporto ferroviario e stradale
per consentire di raggiungere
capillarmente tutte le località di una
regione che è divenuta la vera nuova
destinazione per qualità dell’offerta
turistica e qualità della vita.
(*) Direttore Generale di Aeroporti di Puglia

Amsterdam
Ritorno
alla città
“...Basti pensare ai quartieri storici
delle città italiane preziosissime, ai
piccoli paesi con case magari vecchie,
dove però la comunità vive serenamente,
perché esiste la qualità delle
relazioni, dei rapporti,che permette
di realizzare luoghi accoglienti a cui
le persone possano affezionarsi e che
siano portati a conservare e migliorare,
dove si sentono a casa, dove
esiste un luogo con la sua cultura,
immagine, tradizione, maniera di
cucinare, il suo dialetto e la speciale
relazione tra le persone, tutti segni
comuni per potersi riconoscere come
comunità, che può essere anche solo
la ringhiera di un balcone o una
finestra socchiusa.”
(Ugo Sasso)
L
e parole di Ugo Sasso ci parlano
di qualcosa che attiene alla
antropologia ancor prima che
alle discipline dell’urbanistica
e dell’architettura e sottintende una
domanda a cui dobbiamo rispondere:
perché la qualità della vita nei luoghi
che abitiamo è peggiorata?
Il paese descritto da Ugo si fondava su
un codice condiviso di comportamenti
e regole, su un intreccio di relazioni
economiche, sociali, parentali che identificavano
una piccola comunità, un
tessuto di relazioni che veniva rappresentato
materialmente dal decoro delle
case e delle facciate. La facciata descriveva
lo status sociale, le condizioni di
agiatezza o le virtù morali del proprietario:
lo stemma di famiglia per le
dinastie nobili, simboli del mestiere per
le corporazioni artigiane, esortazioni
alla pace e serenità domestica per altri.
La facciata non era solo oggetto ma
messaggio relazionale, una rappresentazione
della vita che si svolgeva al di
là del muro, un’offerta di dialogo con
il pubblico che frequentava la strada o
12
di Mario Spada*
la piazza, considerate ad ogni effetto
spazio pubblico. Senza uno spazio
pubblico che costituisse il luogo della
rappresentazione urbana quelle facciate
non avrebbero avuto senso come
viceversa uno spazio pubblico senza
“rappresentazione”avrebbe perso gran
parte delle sue prerogative significanti.
Le facciate delle case di Amsterdam
del periodo che va dal XV al XVIII
secolo, ognuna diversa dall’altra
nei colori e nella forma, illustrano
materialmente,con la regolarità della
larghezza di 4 metri, sia le regole
costruttive del tempo sia la struttura
fondiaria di una città nella quale ogni
artigiano o commerciante esigeva un
affaccio sul canale. Il periodo di massima
espressione della relazione virtuosa
tra facciata e spazio pubblico è quello
barocco, già annunciato dalle invenzioni
michelangiolesche. La piazza del
Campidoglio, perfetta sintesi formale
dell’intreccio di urbs,civitas e polis,
come sarebbe senza le due facciate di
edifici eguali che la chiudono ai lati in
un perfetto equilibrio spaziale? E cos’è

Fontana di Trevi se non una facciata
plastica che irradia magnificenza in
uno stretto spazio urbano altrimenti
insignificante?
Tutta l’edilizia ottocentesca, ancora
legata alla composizione simmetrica e
quella del movimento moderno, alla
ricerca di equilibri ponderali tra pieni e
vuoti, è stata realizzata con una particolare
attenzione alla geometria e ai
materiali con i quali si componevano e
costruivano le facciate. Quando architettura
ed urbanistica non erano divise
non era concepibile pensare in modo
separato la costruzione dell’edificio e
lo spazio urbano nel quale si sarebbe
collocato. Ma la grande dimensione dei
fenomeni di inurbamento indotti dalla
rivoluzione industriale costrinse ad
introdurre nuovi parametri di progetto,
di natura regolativa e quantitativa,
grazie ai quali l’urbanistica assunse
caratteristiche disciplinari proprie. Il
distacco tra architettura ed urbanistica
segna l’inizio del declino di un modo di
costruire le case e gli spazi pubblici di
relazione. Il movimento moderno, sia
nella versione “europea” rappresentata
dal Bauhaus e da Le Corbusier, sia
nella versione “americana” rappresentata
da F.L. Wright , nascevano come
contestazione della città ottocentesca
e avevano in nuce una visione sostanzialmente
antiurbana. La città di Le
Corbusier è un territorio vasto, strutturato
sulla mobilità automobilistica,
dove prevale un ambiente naturale sul
quale si ergono edifici residenziali o
direzionali.
La città di Wright è dichiaratamente
antiurbana, è una conferma della casa
unifamiliare immersa nella natura,
prediletta dal pionierismo americano,
un manifesto della città diffusa.
L’invenzione dell’automobile fa nascere
nuovi miti e nuovi riti. Il futurismo
ne fa un simbolo di energia rinnovatrice.
Le Corbusier è entusiasta del macchinismo
fino a dichiarare la casa una
“machine a habiter”. L’automobile non
solo diventa la padrona incontrastata
della città, ma diventa lo strumento
principe della dispersione urbana, dello
sprawl, dell’ estensione senza confini
di agglomerati incoerenti di residenze,
fabbriche, centri commerciali, parchi
divertimenti, outlet. Costruzioni queste
ultime nelle quali è raro se non impossibile
trovare traccia di facciate pensate
per comunicare qualcosa al pubblico.
Sono poco più di capannoni deliberatamente
chiusi verso l’esterno, non
lasciano trapelare nulla, e lanciano un
messaggio univoco: solo “dentro” puoi
trovare comfort, sicurezza, opportunità
di consumo e di svago, mentre
“fuori”, negli spazi pubblici disertati
o degradati, c’è insicurezza, nessuna
o poca offerta commerciale e devi
confrontarti con le differenze sociali,
culturali, etniche che distinguono la
città contemporanea. La facciata è stata
contestata anche dalle correnti organiciste
dell’architettura moderna che
hanno predicato il riscontro formale
tra la struttura compositiva dell’organismo
architettonico e ciò che appare
all’esterno. Le facciate barocche che
tradiscono la struttura “naturale” dell’organismo
architettonico sono viste
come inganno manipolatore.
Da questo sommario excursus possiamo
trarre una conclusione: la demolizione
dello spazio pubblico urbano è
andata di pari passo con la demolizione
della composizione formale e materiale
delle facciate. Ma è del tutto fuorviante
pensare ad un ritorno al passato, alla
riproduzione in copia di tessuti urbani
ed edifici del passato.
Camillo Sitte considerato padre
spirituale del “New urbanism”diceva
in modo inequivocabile: “la
vita moderna,con le nostre tecniche di
costruzione,non permette una fedele imitazione
dei complessi urbani antichi e bisogna
riconoscerlo se non vogliamo perderci in vane
fantasticherie. Le esemplari creazioni dei maestri
d’altri tempi devono restare vive ma non
mediante un’imitazione senz’anima. Occorre
esaminare quello che c’è di essenziale in quelle
opere e adattarlo, in modo significativo, alle
condizioni moderne “ (L’arte di costruire
le citta, pag.143, Jaca book).
Abbandonando nostalgie regressive
possiamo lavorare per un “ritorno alla
13
Ambiente
città”, per una riqualificazione urbana
e territoriale che restituisca valore agli
spazi pubblici di relazione, a piazze
e strade animate dal commercio,
all’estensione delle aree pedonali, a
ridurre l’uso dell’ automobile e incentivare
il trasporto pubblico. Condizioni
che si possono creare a patto di una
densificazione urbana che contrasti il
consumo di suolo e lo sprawl.
Il “ritorno alla città”, alla mescolanza
di funzioni, a spazi pubblici accoglienti,
è ravvisabile nei quartieri sostenibili costruiti
negli ultimi anni, come Vauban
a Friburgo, Hammerby a Stoccolma,
Millennium village a Londra nei quali
la partecipazione dei cittadini ha avuto
un ruolo decisivo. “Mixed use, public
space” è il motto di Richard Rogers che
in qualità di Chief Advisor del governo
inglese per le aree urbane non si
è limitato ad esportare la griffe,maha
approfondito i temi della città.
La ricostruzione di spazi pubblici
porta con sè il ridisegno degli edifici,
una cura per le facciate che, nella
progettazione contemporanea, si affida
prevalentemente a buoni serramenti,
sobri ed eleganti design, resistenza dei
materiali alle intemperie, facile manutenibilità.
Sono i dettagli che fanno
la qualità. Nella città di Terni appare
evidente quanto Mario Ridolfi abbia
impregnato del suo pensiero la città
che peraltro l’ha onorato dedicandogli
la piazza principale. Negli edifici da lui
progettati e in quelli che si possono
classificare come “ridolfismi”, un elemento
di facciata non può non balzare
agli occhi: le ringhiere in ferro dei
balconi che attirano l’attenzione per la
cura con la quale sono state disegnate e
realizzate.
“ Il ritorno alla città” si fa con la ricostruzione
della scena urbana, con la
riunificazione di urbanistica ed architettura,
con una progettazione dell’edificio
attenta allo spazio pubblico
e viceversa, con la partecipazione dei
cittadini, con un punto di vista condiviso:
restituire qualità e dignità al vivere
urbano.
(*) Coordinatore della Biennale dello spazio pubblico

Turks & Caicos,
Caraibi da cartolina
di Rosangela Pappalepore
foto Turks & Caicos Tourist Office
E
ccole lì, allineate nel mare a formare un segno, quasi una
cicatrice che delimita il Golfo del Messico dal Mar dei
Caraibi e quest’ultimo dall’Oceano Atlantico.
Sono le isole caraibiche, arcipelaghi piccoli e grandi e
alcune grandi isole dai nomi famosi come Cuba, Giamaica e Porto
Rico. Qui, celebri marinai europei del passato approdarono con i
loro galeoni credendo di essere arrivati ai confini del mondo. Queste
coste paradisiache, primo contatto della gente europea con un
nuovo mondo, sono oggi una destinazione ambitissima per vacanze
al caldo, quando nel vecchio continente si festeggia il Natale sotto la
neve e davanti al camino acceso.
14

Le temperature, mitigate dalle acque
del Golfo e del mare, sono infatti
dolci e secche dodici mesi all’anno.
Tra le tante spiagge paradisiache
abbiamo scelto quelle di Turks &
Caicos, perché tra le isole caraibiche
sono quelle che quest’anno hanno
riscosso parecchi riconoscimenti nel
corso degli annuali Oscar del turismo
caraibico, World Travel Award - Carabbean
Area, che si sono tenuti proprio
qui lo scorso settembre. Come
non bastasse il fascino del luogo in
sé, ben descritto dal playout della
campagna promozionale che recita
“Beautiful by nature”, le isole sono
state premiate oltre che per la spiaggia
più bella, per alcune tra le strutture
ricettive più accoglienti e lussuose
di tutta l’area.
Turks & Caicos si compone di quaranta
tra isole e isolotti corallini, solo
otto dei quali abitati. Situato a sud
delle Bahamas, l’arcipelago si divide
in due gruppi, separati dal Columbus
Channel: le isole Turks (Grand Turk
e Salt Cay) a est, e le Caicos (28 tra
isole e atolli) a ovest. L’origine dell’arcipelago
è calcarea, e tutt’intorno
si estende la terza barriera corallina al
mondo per grandezza.
Il nome dell’arcipelago deriva in parte
(Turks) da quello dato al fiore rosso
di un cactus indigeno, che ai marinai
spagnoli giunti su queste coste ricordava
il tipico copricapo indossato dai
turchi; in parte (Caicos), dal termine
spagnolo ‘cayos’, che significa isolotti.
Un po’ per via delle sue origini - le
isole accolsero il primo sbarco di
Colombo nelle “Americhe” (1492)
-, un po’ per le vicissitudini che nei
secoli le videro protagoniste come
rifugio dei loyalist inglesi fuggiti alla
rivoluzione americana o degli schiavi
provenienti dall’Africa antenati dei
moderni Belongers, le Turks & Caicos
sono un porto sicuro e accogliente
per chiunque desideri fermarvisi
e perfino per le straordinarie balene
megattere, le più maestose al mondo,
che nelle acque tiepide del Columbus
Channel amano rilassarsi nel corso
della loro migrazione annuale.
Con queste ottime premesse non stupisce
che la prima industria del Paese sia,
insieme alla pesca e ai servizi finanziari
off shore, il turismo: merito delle bianche
spiagge sabbiose, delle strutture
ricettive presenti sull’isola di Providenciales
(Caicos) e dei diving spot riconosciuti
a livello internazionale.
Le isole sono
un susseguirsi di
spiagge e acque
cristalline. La più
nota è Grace Bay
Beach, tra le dieci spiagge più belle
del mondo, ma centinaia sono i lidi
incontaminati che quasi la eguagliano.
Acque turchesi, poco profonde, in
cui abbonda flora e fauna tropicale.
Nonostante l’indiscutibile bellezza
del paesaggio emerso e sommerso,
Turks & Caicos si sono affacciate al
turismo solo a partire dagli anni ‘80,
quando su Grace Bay ha aperto il
primo resort. L’arcipelago rappresenta
quindi una meta tutto sommato
15
Turks & Caicos si compone di quaranta
tra isole e isolotti corallini,
solo otto dei quali abitati
Dal Levante al mondo
incontaminata rispetto ad altre località
limitrofe, ma al tempo stesso sono
divenute, a tutti gli effetti, una destinazione
di prestigio. Ciò lo si deve sia
alla particolare attenzione che viene
prestata alla qualità dell’accoglienza,
sia alla scelta di attuare un turismo
‘sostenibile’ che non dimentica la necessità
di proteggere l’habitat preservando
il 90% del
territorio di West
Caicos. Da qui la
decisione di destinare
il 10% delle
tasse di soggiorno a un fondo creato
a protezione dell’ambiente.
Una vacanza sulle isole deve necessariamente
includere alcune tra le maggiori
attrazioni del posto. Parliamo
naturalmente di tutte le principali attività
legate al mare, come immersioni
e snorkeling, praticamente d’obbligo
in una località selezionata tra le top
ten del diving internazionale, grazie
alla straordinaria barriera corallina.
Turks & Caicos oltre ad essere luogo
ideale per ‘incontri speciali’ con delfini,
balene e mante, sono una meta
perfetta per i fortunati possessori di
yacht che qui hanno a disposizione
servizi e strutture ad hoc.
Anche la terra ferma, però, ha le sue
attrazioni e le strutture alberghiere
propongono itinerari in bicicletta nella
natura, curatissimi campi da golf,
impianti per pattinaggio ed equitazione.

Molto interessante per chiunque
voglia apprezzare la biodiversità delle
isole il birdwatching, attività che è
possibile praticare nella maggior
parte delle isole Turks. Per una full
immersion rilassante in un paesaggio
incontaminato e isolato ci sono
invece le piccole isole private, definite
‘Isole Boutique’, come Pine Cay, dove
si può pernottare in apposite strutture,
più piccole dei lussuosi resort presenti
sulle isole maggiori, ma ricche
di charme.
Un’idea utile per conoscere almeno
una parte dell’arcipelago, e coglierne
il fascino nel suo insieme, potrebbe
essere quella di una minicrociera in
catamarano che tocchi alcune delle
isole principali insieme ad alcune di
quelle minori e disabitate. A cominciare
da Grand Turk, la capitale
storica e politica, scoperta da Cristoforo
Colombo nel 1492 alla fine del
suo viaggio verso le Indie. Cockburn
Town, seconda città dell’isola, è fra le
più grandi e ben conservate concentrazioni
di architettura caraibica tradizionale.
Le sue acque sono un paradiso
per i sub: a solo mezzo chilometro
dalla spiaggia, il fondo marino scende
precipitosamente per più di 2000
metri, regalando ai divers emozioni
indescrivibili. Durante la stagione del-
le migrazione delle megattere, inoltre,
l’isola si presta a essere un perfetto
punto di avvistamento.
Salt Cay, la seconda delle isole Turks,
è Patrimonio Mondiale dell’Umanità
dell’UNESCO. Un gioiellino che
misura soltanto 2 miglia quadrate e
in cui si ha la sensazione di tornare
indietro nel tempo. Qui vale la pena
soffermarsi sulle antiche saline risalenti
al ‘600, le rovine di Taylor’s Hill,
da cui si gode di una vista spettacolare
sull’isola, l’ideale per ammirare le
balene che tra gennaio e aprile solcano
il canale e diverse specie di uccelli.
Per gli appassionati di diving qui,
oltre ai fondali corallini, si possono
avvistare alcuni relitti sommersi come
l’Endymion, nave da guerra britanni-
Italia loves Turks & Caicos
I turisti italiani, insieme a quelli provenienti da Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti,
sono da sempre i più interessati a questa destinazione affascinante, ma un po’ insolita.
I primi collegamenti verso TCI (Turks & Caicos Islands) risalgono al 1980 e vengono
effettuati proprio da una compagnia di navigazione italiana che dalla Repubblica
Domenicana, situata a 90 miglia di distanza, fa scalo sulle isole. A oggi però non
esiste ancora un volo che colleghi direttamente il nostro Paese con l’aeroporto di
Provo. L’unico modo per arrivarci è via Londra.
Soggiornare a TCI
Oltre alle strutture già note e apprezzate dal pubblico italiano, l’offerta alberghiera
di TCI si è recentemente arricchita con l’inaugurazione, lo scorso ottobre, del Beach
House Turks and Caicos Islands, boutique hotel con 21 camere, che si sviluppa su
quasi un ettaro. Nel rispetto del nome, il nuovo hotel offre un ambiente rilassato e
informale, in cui le camere non hanno numero. La struttura si trova su una delle più
belle spiagge del mondo, la Grace Bay Beach. Dopo una ristrutturazione multimilionaria,
nel mese di novembre, ha aperto le porte il Ports of Call Resort che ospita 98
spaziose Junior Suite e un adiacente Shopping & Entertainment Plaza con venti tra
negozi, ristoranti e bar.
16
ca del XVII secolo. E poi, avete mai
sognato di dondolarvi su un’amaca
davanti al mare cristallino sorseggiando
un drink alla frutta? Beh, qui il vostro
sogno potrebbe divenire realtà.
Providenciales, detta Provo, è la più
sviluppata e la più importante delle
isole Caicos, grazie all’aeroporto
internazionale che è la principale
porta di accesso all’aricipelago. Qui si
può arrivare in 80 minuti di volo da
Miami, 4 ore da New York e 11 da
Londra.
Celebre per la presenza nella costa
Nord della famosa Grace Bay Beach,
spiaggia di 20 km da anni inserita nella
top ten delle più belle spiagge del
mondo, Providenciales ospita hotel,
ville, ristoranti, spa, negozi, shopping
center e un campo da golf di livello
internazionale. Oltre a Grace Bay,
ci sono molte altre spiagge incontaminate:
Chalk Sound, Sapodilla Bay,
Copper Jack, Discovery Bay, Turtle
Tay, Long Bay, dove si possono
affittare ville private per una vacanza
a tutta privacy. I centri più antichi dell’isola,
Bight e Blue Hills, conservano
tutta l’atmosfera dei villaggi caraibici
e sono luoghi ideali per una giornata
di shopping.
A pochi minuti di barca o di aereo da
Provo si trova North Caicos, l’isola
più lussureggiante dell’arcipelago. La
recente apertura di nuovi resort di
lusso ne fanno un’appendice esclusiva
dell’isola principale. Le escursioni
possono essere fatte a bordo di un
veicolo a noleggio o, per i più sportivi,
in bicicletta. In questo modo si
possono ammirare da vicino le specie
della sua ricca vegetazione: il pino
caraibico, che cresce solo su queste
isole e nelle Bahamas settentrionali
e le tantissime varietà di alberi da
frutta. L’isola accoglie poi la più
grande colonia di fenicotteri delle
TCI, in particolare a Flamingo Pond
e Mud Hole Pond, oltre a numerose
altre specie di uccelli che ne fanno un
paradiso per i birdwatchers.
La costa di Middle Caicos, la più
grande delle isole Caicos, è selvaggia

e vede alternarsi imponenti scogliere
calcaree a lunghe spiagge sabbiose.
L’isola ospita la più grande rete di
caverne dell’arcipelago e inaspettate
vestigia del passato, come gli antichi
resti di un insediamento degli indiani
Lucayani, o le rovine delle piantagioni
dei lealisti inglesi. Durante la bassa
marea da qui si può raggiungere a
piedi l’isola di North Caicos.
South Caicos, invece, detta “The Big
South”, è la “capitale” della pesca e
delle immersioni. Quella che oggi è la
piccola cittadina di Cockburn Harbour,
dall’architettura britannico-bermudiana,
è stata un tempo il centro
commerciale più attivo delle isole, e
tanti sono gli edifici e i monumenti
che ricordano l’antica ricchezza,
dovuta sia alle pesca che all’industria
del sale.
Ma, in fin dei conti, non si può dire
di essere stati ai Caraibi se non si è
fatta almeno un’immersione lungo
la barriera corallina. Allora, tappa
obbligata è West Caicos, a tutti gli
effetti considerata il miglior diving
spot delle isole Turks & Caicos. Oggi
disabitata, West Caicos sarà presto
l’indirizzo di un nuovo esclusivo
resort che verrà costruito nel rispetto
del suo habitat incredibile che raccoglie
perle assolute come la riserva
naturale del lago Catherine e le rovine
di Yanckee Town.
Otre a East Caicos, disabitata e occupata
per la maggior parte da una
vegetazione di mangrovie, destinazione
preferita dalle tartarughe, che
sulle sue spiagge depongono le uova,
restano da vedere le cosiddette ‘Isole
Boutique’: Parrot Cay, Pine Cay e
Ambergis Cay. Si tratta di isolotti
molto esclusivi, riservati a coloro che
vogliano trascorrere una vacanza di
assoluto relax lontani da occhi indiscreti.
A Parrot Cay, per esempio, sorge il
Parrot Cay Resort & Spa e, affacciate
sulla spiaggia, le ville private di personaggi
del jet set come Bruce Willis e
Keit Richards.
Per finire, Ambergis Cay, isola privata
fin dal 1811, dove si trova il Turks
& Caicos Sporting Club e un ampia
riserva naturale. Lo Sporting Club ha
tra l’altro la più lunga pista di atterraggio
privata dei Caraibi e offre esclusive
strutture per diving e pesca d’altura,
una lussuosa spa, un’ampia marina,
un Environmental Learning Center e
un ristorante di alta qualità.
17
Dal Levante al mondo
Il colonialismo nel 2012
Il centro politico amministrativo e
culturale delle isole Turks & Caicos si
trova sull’isola di Grand Turk e nella
capitale Cockburn Town. TCI assunsero,
dal 1962, lo status di colonia della
corona britannica e nel 1982 divennero
territorio d’oltremare. Ciò comporta
che il sovrano del Regno Unito è, a
tutti gli effetti, il capo dello Stato che
è qui rappresentato da un governatore
da lui eletto. Il Governatore a sua
volta nomina il capo del Governo.
Caraibi in tavola
Un aspetto locale molto attraente per
i visitatori è la cucina. Solo a Provinciales
ci sono più di ottanta ristoranti
specializzati nei piatti tipici a base di
crostacei e conchiglie. Gli chef del posto
sanno cucinarli in ben cinquanta
modi differenti. La definizione che più
si addice alla cucina del posto è creola.
Si tratta di una cucina fusion, frutto
di numerose contaminazioni, nata da
secoli di incontro tra la cucina indiana,
quella spagnola e quella inglese, con
piatti locali che si basano soprattutto
sull’uso di pesce fresco. Il piatto base
consiste in pesce arrosto accompagnato
da fagioli o riso. La buona tavola
è un argomento molto sentito
su Turks & Caicos: basti pensare che
qui ogni anno si tengono numerosi
festival dedicati al cibo, come il Coch
Festival al Carribean Food Festival.

e vede alternarsi imponenti scogliere
calcaree a lunghe spiagge sabbiose.
L’isola ospita la più grande rete di
caverne dell’arcipelago e inaspettate
vestigia del passato, come gli antichi
resti di un insediamento degli indiani
Lucayani, o le rovine delle piantagioni
dei lealisti inglesi. Durante la bassa
marea da qui si può raggiungere a
piedi l’isola di North Caicos.
South Caicos, invece, detta “The Big
South”, è la “capitale” della pesca e
delle immersioni. Quella che oggi è la
piccola cittadina di Cockburn Harbour,
dall’architettura britannico-bermudiana,
è stata un tempo il centro
commerciale più attivo delle isole, e
tanti sono gli edifici e i monumenti
che ricordano l’antica ricchezza,
dovuta sia alle pesca che all’industria
del sale.
Ma, in fin dei conti, non si può dire
di essere stati ai Caraibi se non si è
fatta almeno un’immersione lungo
la barriera corallina. Allora, tappa
obbligata è West Caicos, a tutti gli
effetti considerata il miglior diving
spot delle isole Turks & Caicos. Oggi
disabitata, West Caicos sarà presto
l’indirizzo di un nuovo esclusivo
resort che verrà costruito nel rispetto
del suo habitat incredibile che raccoglie
perle assolute come la riserva
naturale del lago Catherine e le rovine
di Yanckee Town.
Otre a East Caicos, disabitata e occupata
per la maggior parte da una
vegetazione di mangrovie, destinazione
preferita dalle tartarughe, che
sulle sue spiagge depongono le uova,
restano da vedere le cosiddette ‘Isole
Boutique’: Parrot Cay, Pine Cay e
Ambergis Cay. Si tratta di isolotti
molto esclusivi, riservati a coloro che
vogliano trascorrere una vacanza di
assoluto relax lontani da occhi indiscreti.
A Parrot Cay, per esempio, sorge il
Parrot Cay Resort & Spa e, affacciate
sulla spiaggia, le ville private di personaggi
del jet set come Bruce Willis e
Keit Richards.
Per finire, Ambergis Cay, isola privata
fin dal 1811, dove si trova il Turks
& Caicos Sporting Club e un ampia
riserva naturale. Lo Sporting Club ha
tra l’altro la più lunga pista di atterraggio
privata dei Caraibi e offre esclusive
strutture per diving e pesca d’altura,
una lussuosa spa, un’ampia marina,
un Environmental Learning Center e
un ristorante di alta qualità.
17
Dal Levante al mondo
Il colonialismo nel 2012
Il centro politico amministrativo e
culturale delle isole Turks & Caicos si
trova sull’isola di Grand Turk e nella
capitale Cockburn Town. TCI assunsero,
dal 1962, lo status di colonia della
corona britannica e nel 1982 divennero
territorio d’oltremare. Ciò comporta
che il sovrano del Regno Unito è, a
tutti gli effetti, il capo dello Stato che
è qui rappresentato da un governatore
da lui eletto. Il Governatore a sua
volta nomina il capo del Governo.
Caraibi in tavola
Un aspetto locale molto attraente per
i visitatori è la cucina. Solo a Provinciales
ci sono più di ottanta ristoranti
specializzati nei piatti tipici a base di
crostacei e conchiglie. Gli chef del posto
sanno cucinarli in ben cinquanta
modi differenti. La definizione che più
si addice alla cucina del posto è creola.
Si tratta di una cucina fusion, frutto
di numerose contaminazioni, nata da
secoli di incontro tra la cucina indiana,
quella spagnola e quella inglese, con
piatti locali che si basano soprattutto
sull’uso di pesce fresco. Il piatto base
consiste in pesce arrosto accompagnato
da fagioli o riso. La buona tavola
è un argomento molto sentito
su Turks & Caicos: basti pensare che
qui ogni anno si tengono numerosi
festival dedicati al cibo, come il Coch
Festival al Carribean Food Festival.

L
a Puglia dell’aerospazio
decolla. Il settore, sempre
più strategico nell’economia
nazionale e regionale, è fonte
di occupazione e capofila di un
grande progetto che interessa Lazio,
Campania, Lombardia e Piemonte:
il metadistretto dell’aerospazio
italiano.
Il cluster, frutto di un accordo sottoscritto
a Roma a settembre scor-
21
Aeroporti di Puglia News
Distretto aerospaziale pugliese,
settore strategico
per lo sviluppo di Maria Moretti
so, è un evento atteso dal 2006, da
quando si iniziò a fantasticare sulla
nascita di un grande agglomerato
del settore, decisivo per l’economia
del Paese. I cinque poli, infatti,
insieme rappresentano oltre il 90%
delle produzioni e degli addetti dell’industria
aerospaziale italiana, un
comparto che nel 2012 ha realizzato
un fatturato di circa 9 miliardi di
euro, occupando 39mila dipendenti
e posizionandosi al sesto posto nel
mondo e al quarto in Europa. Il
settore dell’aeronautica contribuisce
per l’8-10% al saldo attivo della bilancia
commerciale nazionale e per
più del 2% all’export. Il metadistretto
nazionale nasce grazie alle risorse
del bando “Cluster nazionale” con
un finanziamento complessivo di
408 milioni di euro.
Il coordinamento è stato affidato al

distretto aerospaziale pugliese, il primo
ad aver avuto i natali nel 2009
in Italia. Il distretto pugliese oggi
conta 70 associati tra imprese, centri
di ricerca, università, associazioni
datoriali e organizzazioni sindacali,
fattura circa un miliardo di euro e
ha 5.500 addetti diretti. Negli ultimi
5 anni oltre 1.500 giovani sono stati
assunti grazie ad incentivi pubblici
per oltre 25 milioni provenienti
da fondi europei cofinanziati dalla
regione Puglia. L’impatto dell’agglomerato
pugliese sulla bilancia commerciale
è molto positivo grazie ad
una continua crescita delle esportazioni
che, se nel 2010 arrivava a 433
milioni di euro con un saldo attivo
pari a 279 milioni, nel 2011 ha conosciuto
picchi di crescita significativi
(+32% nel primo trimestre).
Nel 2012 si stima una crescita più
decisa.
Un contributo
significativo allo
sviluppo del comparto
è dato da
Alenia Aermacchi,
con i due stabilimenti di Monteiasi-
Grottaglie (650 addetti) e di Foggia
(800 addetti). Nello stabilimento
di Grottaglie lo scorso 3 ottobre è
stata prodotta la centesima sezione
di fusoliera del Boeing 787 Dreamliner.
Entro la fine del 2013, verrà
potenziata la produzione che porterà
lo stabilimento a sfornare fino
a 10 sezioni di fusoliera al mese.
Mentre, per il 2014, l’azienda prevede
di investire per l’ampliamento del
sito altri 509 milioni di euro, oltre ai
790 già investiti per il programma
B-787.
A rendere così efficiente la produzione,
contribuisce anche la presenza
dell’aeroporto di Grottaglie, che
negli anni si è trasformato secondo
le esigenze di Alenia, sviluppando
la piattaforma cargo, con il prolungamento
della pista (da 1.860 metri
a 3.200; oggi una delle piste più
lunghe d’Italia) e con un piazzale
dedicato. Nell’aeroporto Arlotta
Il settore dell’aeronautica
contribuisce per l’8-10% al saldo
attivo della bilancia commerciale
nazionale e per più del 2% all’export
atterrano infatti i grandi Dreamlifter
che trasportano materiali compositi
destinati alla fabbricazione e all’assemblaggio
della fusoliera per il
Boeing 787. All’interno dello stabilimento
tarantino, inoltre, vengono
realizzate due sezioni di fusoliera:
la sezione centrale di 8,5 metri e la
sezione semicentrale di 10 metri.
Lo stabilimento di Foggia, invece,
è specializzato nella produzione di
parti strutturali in materiale composito
(titanio e carbonio). Nato negli
anni ‘80, il sito foggiano è oggi un
centro di eccellenza in questo campo
e produce alcune componenti
dei velivoli Boeing 767 e 777 e lo
stabilizzatore del Boeing 787, la più
grande struttura composita mai fabbricata
per un aereo commerciale.
Il prossimo piano di Alenia Aermacchi
è produrre un nuovo
addestratore
con la pugliese
Blackshape.
Il progetto è
stato presentato
insieme con altri
tre disegni, che coinvolgono oltre
50 soggetti a livello nazionale, dal
cluster aerospaziale appena nato, al
bando di fine settembre emanato
dal Mistero della ricerca scientifica.
Il bando mette a disposizione 368
milioni di euro di finanziamento, cui
si aggiungono 40 milioni riservati
alle Regioni dell’obiettivo convergenza.
I progetti riguardano lo
sviluppo di tecnologie per convertiplani;
tecnologie abilitanti per aerei
senza pilota e addestratori di nuova
generazione; motoristica ecocompatibile;
tecnologie avanzate per
l’osservazione della terra e l’esplorazione
spaziale. A ogni progetto
corrispondono altrettanti capofila
industriali: Augusta Westland, Avio,
Alenia Aermacchi e Thales Alenia
Space.
I piani che avranno maggiore impatto
sulla Puglia sono il nuovo addestratore
Alenia Aermacchi, che potrebbe
essere successivamente anche
22
commercializzato da Blackshape di
Monopoli, e lo sviluppo del motore
a maggiore componenti elettriche
con capofila Avio, in sinergia con
l’Università del Salento e il Politecnico
di Bari.
Anche nel campo delle nuove
tecnologie per l’esplorazione della
Terra sono in campo due aziende
pugliesi innovative: Planetek Italia
di Bari, con esperienza nel settore
dell’osservazione satellitare e produzione
di software dedicati, e Sitael
di Modugno, che ha contribuito a
sviluppare tecnologie implementate
su “Curiosity”, il rover-laboratorio
che la Nasa ha utilizzato nell’ultima
missione su Marte.
In tutti i progetti sono comunque
impegnate piccole e medie imprese
pugliesi e università. Entro la
fine dell’anno si avranno i risultati
definitivi che porteranno, se l’esito
sarà positivo, al riconoscimento del
cluster nazionale e all’approvazione
dei progetti. Ma i piani del metadistretto
nazionale dell’aerospazio
non si fermano qui.
“Il Cluster ha il compito di sviluppare
e rendersi portavoce di un’unica vision
italiana per le tecnologie nel settore
aerospazio - spiega Giuseppe Acierno,
presidente del distretto aerospaziale
pugliese e coordinatore
del metadistretto -. Occorre che un
settore altamente strategico per la nazione
abbia obiettivi chiari e condivisi da tutti
gli attori coinvolti: distretti aerospaziali,
grandi gruppi industriali, università,
centri di ricerca, istituzioni governative
e piattaforme tecnologiche. È necessario
quindi considerare e far convergere il più
possibile gli interessi e le esigenze. L’obiettivo
primario del CTNA è assicurare che
l’industria aerospaziale italiana rimanga
una delle più grandi ed importanti in
Europa. Tale vision è resa ancora più
ambiziosa e impegnativa dalla crescente
competizione internazionale e dal rapido
tasso di innovazione del settore. In questo
quadro la Puglia concorrerà attraverso la
messa a fattor comune delle sue competenze
e delle sue specializzazioni”.

La Valle
dei Desideri di
Valle d’Itria - Locorotondo
S
e non c’è traffico, per arrivare
in Valle d’Itria dagli aeroporti
di Bari e Brindisi bastano
poco più di cinquanta minuti
di auto. Solo cinquanta minuti per
raggiungere un territorio che non è
facile da descrivere con parole nuove,
ma che di scontato non ha proprio
niente. Tanto che continua a riservare
sorprese anche a chi c’è già stato. La
Valle d’Itria non è una valle nel senso
in cui comunemente s’intendono le
valli. E’ piuttosto una conca allargata
e morbida, segnata da un’alternanza
di alture e pendii che scavalcano e
fiancheggiano la parte sud orientale
della Murgia pugliese. Siamo tra
l’Adriatico e lo Ionio, in un luogo che
nella sua sintesi di paesaggio, colori,
profumi, forse incarna meglio di altri
la Puglia dell’immaginario collettivo.
Quella Puglia che non è arsa dal sole
e mangiata dal vento come possono
essere in certe stagioni la Capitanata
o il Salento, ma è una regione verde,
dove la terra è bruna e rossiccia, i
muretti a secco sono di un bianco
abbagliante, gli ulivi hanno tronchi
secolari e chiome giganti. In questa
parte di Puglia i trulli ti conducono
per mano, uno dopo l’altro, verso i
borghi disposti a corona sulle colline,
pronti a moltiplicarsi per la campagna
anche quando meno te lo aspetti. Dalle
alture, i centri di Martina Franca,
Locorotondo, Cisternino, passando
per Ostuni e Ceglie Messapica, dominano
il paesaggio sottostante, ondu-
25
Pucci Cirillo
Cultura e territorio
lato e allo stesso tempo lineare, in un
insieme così intenso da far pensare ad
una “valle dei desideri” se un luogo
potesse essere così definito per l’alternanza
di suggestioni e sollecitazioni
che riesce a procurare. E non è solo
un modo di dire, perché di desideri
la Valle d’Itria ne suscita parecchi nel
viaggiatore che, curva dopo curva,
ulivo, dopo ulivo, si ritrova davanti ad
un paesaggio fiabesco, da paese dei
puffi, da saga di Harry Potter.
Il primo desiderio potrebbe essere
quello di scoprire qualcosa in più della
storia di questa valle, che ha fatto e
sta facendo da volàno all’affermazione
della Puglia turistica e che negli
ultimi cinque anni è molto maturata
sotto l’aspetto dell’organizzazione,

delle infrastrutture, dei servizi. Poi il
desiderio di conoscerne la geografia,
ossia dove comincia e finisce la Valle
d’Itria, che territori include il suo
perimetro irregolare; in che modo
la geografia incrocia e influenza la
gastronomia. Infine, il desiderio di
ammirare la sua natura più nascosta,
di guardare da vicino le mille forme di
vita del mondo vegetale e animale che
abitano questo straordinario territorio.
Come il Bosco delle Pianelle, nella
zona di Martina Franca, area protetta
in cui ancora vive la martora e nidifica
l’upupa, con il sottobosco che
nasconde le grotte dei briganti e con
i prati dove, in primavera, fioriscono
le orchidee selvatiche. Insomma per
chi arriva qui, da qualunque posto del
mondo giunga, è tutto un desiderio e
una sorpresa.
Nel Medioevo il sito di Santa Maria
d’Itria o Idria, da cui la Valle d’Itria
prende il nome, era posto ai limiti del
territorio di Monopoli e costituiva
uno dei beni posseduti dai Basiliani
del convento di San Nicola di Casole,
fondato nel 1099 dal monaco greco
Giuseppe sotto la regola di S. Basilio,
in Terra d’Otranto. L’insediamento
consisteva in una chiesa rupestre,
datata 1200, in locali agricoli e in una
cappella contenente un affresco tardo
bizantino, la Madonna Odegitria,
nella tradizione colei che indica la via.
Oggi, a differenza di quanto avvenuto
in un passato per fortuna molto
lontano, questa parte della Murgia,
con le sue caratteristiche di simmetria,
nitidezza, semplicità, richiama
turisti da ogni parte del mondo. I
trulli, prima considerati alla stregua
di depositi per attrezzi agricoli, sono
diventati l’elemento attrattivo principale
di questo territorio, fedele sintesi
delle caratteristiche che abbiamo
appena elencato: le sottili lastre di
roccia calcarea, disposte “a secco” in
modo simmetrico, una sopra l’altra
su una semplice base quadrangolare,
culminano nel pinnacolo bianco, che
quasi mette il punto alla pulizia archi-
tettonica delle linee. In Valle d’Itria, e
in tutta la Murgia sud-orientale, detta
anche Murgia dei Trulli, questi capolavori
d’arte popolare sono disseminati
ovunque. In gruppi, con le lamìe, o
isolati, formano grappoli intorno alle
masserie, si allineano lungo le curve
delle strade, assecondano l’alternanza
di discese e salite, puntellano
le campagne, intatti come secoli fa.
Nel tempo, infatti, generazioni di
contadini non hanno ceduto a nessun
rinnovamento stilistico e hanno
permesso a quest’angolo di mondo di
sopravvivere a se stesso. Un angolo
del quale è bene cercare di ricordare
anche la geografia e l’esatta definizione
dei confini. La Valle d’Itria, infatti,
come ennesima caratteristica ha quella
di ritrovarsi un perimetro irregolare,
sfrangiato, che permette ai territori
che la circondano di penetrare sino
alle sue porte e quindi di farne parte.
Geograficamente ci troviamo nella
parte centrale della Puglia; il territorio
ha un cuore triangolare, sugli
Alberobello - Chiesa di S. Antonio
26
angoli del triangolo poggiano le
cittadine di Martina Franca, Locorotondo
e Cisternino, appartenenti alle
province di Taranto, Bari e Brindisi.
Martina Franca, considerata capitale
della Valle d’Itria, è apprezzata per il
barocco diffuso nel centro storico,
per il Palazzo Ducale, per l’ormai
famoso Festival della Valle d’Itria.
Locorotondo, invece, si distingue per
la scansione circolare del suo abitato,
le centodieci contrade (censite
nel 2005) che hanno trasformato il
territorio extraurbano in una “città
giardino”, per la presenza di percorsi
ciclabili tra la natura e per il vino
bianco, che nasce dalle coltivazioni di
Verdeca e Bianco d’Alessano.
Cisternino, infine, il borgo più
piccolo della Valle d’Itria, diventato
la meta preferita di personaggi del
mondo dello spettacolo: il suo centro
storico piastrellato di chianche è
ricco di botteghe, negozi, macellerie
che offrono carne al fornello e altre
specialità della zona. Sulle alture che

circondano il cuore triangolare della
valle troviamo poi Ostuni e Ceglie
Messapica i cui territori penetrano e
sconfinano nel nucleo centrale. Segnare
il perimetro della Valle d’Itria,
dunque, è un’operazione alquanto
complessa. L’ultima cartografia, in
ordine di tempo, è stata elaborata nel
2005 grazie ad uno studio reso pubblico
dall’Associazione Umanesimo
della Pietra. Chi volesse cimentarsi
a visitare la Valle d’Itria in lungo e
in largo, deve sapere che alla definizione
geografica del territorio segue
poi quella della geografia politica
che disegna un ambito ancora più
vasto. L’area, infatti, si estende verso
Alberobello, Noci, Putignano, Castellana
Grotte, Fasano e Monopoli,
territori riconducibili alla Murgia dei
Trulli piuttosto che alla Valle d’Itria
nel senso della selezione geografica
più pura. Ognuna di queste cittadine
a sua volta ha una gran quantità di
pertinenze geografiche e numerose
contrade disseminate nelle campagne.
Si tratta di villaggi rurali nati
intorno a chiese di campagna, composti
da piccoli agglomerati di trulli
e lamìe. Per il turista che programmi
un giro in questa zona, dunque,
non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Ogni contrada è popolata, viva, i
più curiosi si divertiranno a scoprire
tradizioni che si tramandano da
secoli e che si ritrovano soprattutto
nella gastronomia locale, ricca di
varianti interpretative. Le fave pestate
nel mortaio con una patata, ridotte
in purea e cucinate nel tegame di
coccio sulla brace del caminetto per
accompagnare la cicoria selvatica,
sono una pietanza tipica di questa
zona che in alcune contrade si serve
con olive nere e peperoncini verdi
fritti. La tradizione dei salumi, poi,
con il capocollo tipico di Martina
Franca e quello di Ceglie Messapica,
speziati e profumati in modo sottilmente
diverso; le paste fresche fatte
a mano e condite con pomodoro e
ricotta marzotica. Capitolo a parte
Martina Franca -
Centro storico
27
Cultura e territorio
La Valle d’Itria vive la sua stagione d’oro. Lo confermano i dati sui flussi delle presenze,
quasi raddoppiate in soli tre anni. Basti pensare che nella sola Locorotondo gli 8
mila arrivi registrati nel 2009, sono diventati 14 mila nella scorsa estate. Nel triennio
2009 - 2011, poi, nei comuni di Martina Franca, Locorotondo e Cisternino è migliorata
l’offerta ricettiva con le strutture alberghiere ed extralberghiere, cresciute del 10%
a Martina Franca, del 45,45% a Locorotondo, del 18,91% a Cisternino. Incremento
anche per il numero dei posti letto: nel triennio la variazione è stata del 23,85% a
Martina, del 17,39% a Locorotondo, del 9,91% a Cisternino. Buone notizie anche per
le presenze straniere: i flussi internazionali riguardano il Nord Europa (Scandinavia e
Germania), ma anche Giappone e Stati Uniti. Nell’ultimo periodo, poi, è soprattutto
il mercato turistico italiano ad essersi accorto della Valle d’Itria: sempre più numerosi
i nostri connazionali che, grazie anche ai numerosi collegamenti diretti con gli
aeroporti di Bari e Brindisi, trasformano trulli e masserie facendone rifugi di sogno
per le proprie vacanze.
(Fonte dati: Regione Puglia e Comune di Locorotondo)
per i dolci di Natale: i bocconotti
fatti con la ricotta a Martina Franca,
e le cartellate, spruzzate di vincotto,
a Locorotondo. Nel periodo natalizio
l’appuntamento con la galleria di prodotti
tipici è tra i mercatini organizzati
dalle tante associazioni culturali
molto attive in tutta la Valle d’Itria.
Sullo sfondo delle luci e dei colori
dell’inverno, le bancarelle offrono il
meglio della gastronomia locale, ma
anche i manufatti in terracotta, dipinti
con smalti colorati naturali, vere
opere di artigianato locale. Così, chi
si sveglierà al mattino nell’alcova di
un trullo, appoggiato ad un vigneto
pronto a muoversi, magari in bicicletta,
alla ricerca di profumi e sapori,
penserà che cinquanta minuti di auto,
in fondo, sono un tempo ragionevole
per marcare una distanza così netta
da tutto il resto del mondo. E cercherà
di farsi catturare da suggestioni
semplici, come una passeggiata tra le
stradine lastricate di un piccolo borgo,
tra scorci medievali e botteghe,
leggermente intrisi del profumo della
legna che sbuffa dai comignoli.

circondano il cuore triangolare della
valle troviamo poi Ostuni e Ceglie
Messapica i cui territori penetrano e
sconfinano nel nucleo centrale. Segnare
il perimetro della Valle d’Itria,
dunque, è un’operazione alquanto
complessa. L’ultima cartografia, in
ordine di tempo, è stata elaborata nel
2005 grazie ad uno studio reso pubblico
dall’Associazione Umanesimo
della Pietra. Chi volesse cimentarsi
a visitare la Valle d’Itria in lungo e
in largo, deve sapere che alla definizione
geografica del territorio segue
poi quella della geografia politica
che disegna un ambito ancora più
vasto. L’area, infatti, si estende verso
Alberobello, Noci, Putignano, Castellana
Grotte, Fasano e Monopoli,
territori riconducibili alla Murgia dei
Trulli piuttosto che alla Valle d’Itria
nel senso della selezione geografica
più pura. Ognuna di queste cittadine
a sua volta ha una gran quantità di
pertinenze geografiche e numerose
contrade disseminate nelle campagne.
Si tratta di villaggi rurali nati
intorno a chiese di campagna, composti
da piccoli agglomerati di trulli
e lamìe. Per il turista che programmi
un giro in questa zona, dunque,
non c’è che l’imbarazzo della scelta.
Ogni contrada è popolata, viva, i
più curiosi si divertiranno a scoprire
tradizioni che si tramandano da
secoli e che si ritrovano soprattutto
nella gastronomia locale, ricca di
varianti interpretative. Le fave pestate
nel mortaio con una patata, ridotte
in purea e cucinate nel tegame di
coccio sulla brace del caminetto per
accompagnare la cicoria selvatica,
sono una pietanza tipica di questa
zona che in alcune contrade si serve
con olive nere e peperoncini verdi
fritti. La tradizione dei salumi, poi,
con il capocollo tipico di Martina
Franca e quello di Ceglie Messapica,
speziati e profumati in modo sottilmente
diverso; le paste fresche fatte
a mano e condite con pomodoro e
ricotta marzotica. Capitolo a parte
Martina Franca -
Centro storico
27
Cultura e territorio
La Valle d’Itria vive la sua stagione d’oro. Lo confermano i dati sui flussi delle presenze,
quasi raddoppiate in soli tre anni. Basti pensare che nella sola Locorotondo gli 8
mila arrivi registrati nel 2009, sono diventati 14 mila nella scorsa estate. Nel triennio
2009 - 2011, poi, nei comuni di Martina Franca, Locorotondo e Cisternino è migliorata
l’offerta ricettiva con le strutture alberghiere ed extralberghiere, cresciute del 10%
a Martina Franca, del 45,45% a Locorotondo, del 18,91% a Cisternino. Incremento
anche per il numero dei posti letto: nel triennio la variazione è stata del 23,85% a
Martina, del 17,39% a Locorotondo, del 9,91% a Cisternino. Buone notizie anche per
le presenze straniere: i flussi internazionali riguardano il Nord Europa (Scandinavia e
Germania), ma anche Giappone e Stati Uniti. Nell’ultimo periodo, poi, è soprattutto
il mercato turistico italiano ad essersi accorto della Valle d’Itria: sempre più numerosi
i nostri connazionali che, grazie anche ai numerosi collegamenti diretti con gli
aeroporti di Bari e Brindisi, trasformano trulli e masserie facendone rifugi di sogno
per le proprie vacanze.
(Fonte dati: Regione Puglia e Comune di Locorotondo)
per i dolci di Natale: i bocconotti
fatti con la ricotta a Martina Franca,
e le cartellate, spruzzate di vincotto,
a Locorotondo. Nel periodo natalizio
l’appuntamento con la galleria di prodotti
tipici è tra i mercatini organizzati
dalle tante associazioni culturali
molto attive in tutta la Valle d’Itria.
Sullo sfondo delle luci e dei colori
dell’inverno, le bancarelle offrono il
meglio della gastronomia locale, ma
anche i manufatti in terracotta, dipinti
con smalti colorati naturali, vere
opere di artigianato locale. Così, chi
si sveglierà al mattino nell’alcova di
un trullo, appoggiato ad un vigneto
pronto a muoversi, magari in bicicletta,
alla ricerca di profumi e sapori,
penserà che cinquanta minuti di auto,
in fondo, sono un tempo ragionevole
per marcare una distanza così netta
da tutto il resto del mondo. E cercherà
di farsi catturare da suggestioni
semplici, come una passeggiata tra le
stradine lastricate di un piccolo borgo,
tra scorci medievali e botteghe,
leggermente intrisi del profumo della
legna che sbuffa dai comignoli.

I borghi più
belli d’Italia,
eccellenza tricolore
di Pierluigi De Santis
I
piccoli centri italiani valorizzano
i propri “tesori” e rappresentano
l’orgoglio di un’intera nazione.
Sono i paesi certificati dal marchio
“I Borghi più belli d’Italia”, il
club nato nel 2001 per iniziativa della
Consulta del Turismo dell’Associazione
dei Comuni Italiani (ANCI).
L’associazione, che si ispira ad analoghe
esperienze europee, prima fra
tutte quella dei Plus Beaux Villages de
France, raggruppa 215 comuni italiani
(78 dei quali si trovano al Nord, 92 al
Centro e 43 al Sud), che hanno così
dato concretezza alla volontà di valorizzare
il proprio patrimonio di storia,
arte, cultura, bellezza e gradevolezza
dell’ambiente, buona cucina, tradizioni
e tranquillità. L’iniziativa, oltre ad
essere una sorta di censimento della
bellezza residua del Paese, serve a
mettere in rete le piccole comunità e a
collegarle con le esperienze turistiche
più evolute, attraverso quello che è definito
“turismo di prossimità”, attento
alla cultura dei luoghi. Il marchio, pe-
raltro, contribuisce alla loro notorietà.
In Puglia sono 10 i comuni che si
fregiano di questo riconoscimento, per
la maggior parte situati in provincia di
Foggia. I Monti Dauni, infatti, rappresentano
uno dei territori del Mezzogiorno
d’Italia in
cui si riscontra il
maggior numero
di borghi, oltre
a rappresentare
un’area con oltre 500 monumenti tra
chiese, siti d’interesse comunitario
e musei etnografici certificati con
marchi di qualità turistico-ambientali.
Un’area che fornisce, inoltre, i due
terzi dell’energia da fonti rinnovabili
prodotta dall’intera Puglia, mentre le
alture dell’Appennino Dauno, oltre a
costituire un terzo del polmone verde
pugliese, forniscono le risorse idriche
necessarie al sistema agricolo della
provincia di Foggia. I fiumi, i laghi, le
riserve faunistiche dei Monti Dauni
rappresentano un “unicum” ambientale
preziosissimo, un vero e proprio
29
L’associazione raggruppa 215 comuni
italiani, 78 dei quali si trovano al Nord,
92 al Centro e 43 al Sud
Cultura e territorio
Bovino
giacimento di biodiversità da salvaguardare
e promuovere.
E’ in questo territorio che albergano le
specie animali e vegetali più selvatiche
e preziose: il lupo, il cinghiale, la volpe
ed il falco popolano aree boschive
ricche di sorgenti,
funghi, tartufi, orchidee
selvatiche,
erbe spontanee
ed officinali, un
autentico, immenso patrimonio naturale
da tutelare. E’ in questo territorio
che “s’incastonano” autentici gioielli.
Alberona, che appare come “aggrappata”
al Monte Stilo e si annuncia
alla vista come un presepe. Dal 1824
quest’oasi di ristoro “parla” attraverso
l’eterno scrosciare dell’acqua, mentre
il Muraglione architettonico sale fino
alla piazza panoramica dove la vista
domina tutto il Tavoliere e racconta
come l’arte e l’amore possano modellare
anche la pietra, addolcendola e
facendole trovare le forme della grazia
e della bellezza. Roseto Valfortore,

invece, ai confini con la Campania, è
detto il paese delle sette chiese. Qui
l’architettura sacra è caratterizzata
dall’utilizzo della pietra estratta da
una vecchia cava del paese e dall’arte
degli scalpellini rosetani. Bovino
vanta numerosi luoghi d’interesse
storico, artistico ed architettonico, a
cominciare dal suo splendido castello
e dalla meravigliosa cattedrale romanica,
entrambi dichiarati “monumento
nazionale”. Questo centro fu l’antica
colonia romana Vibinum, come testimoniano
i numerosi reperti archeologici
oggi custoditi in un modernissimo
museo. Altri borghi foggiani da poter
visitare sono Pietramontecorvino e
Vico del Gargano, mentre in provincia
di Brindisi ci sono Cisternino e Locorotondo.
Nel territorio leccese, invece,
i borghi da non perdere sono quelli di
Otranto, Specchia e Presicce.
“I Borghi più belli d’Italia - afferma Silvia
Godelli, assessore al Turismo della
Regione Puglia - hanno una lunga storia e
rappresentano una realtà peculiare del nostro
Paese. I piccoli comuni d’eccellenza soddisfano
una nuova visione del turismo orientata ad
apprezzare l’autenticità ed a scoprire i caratteri
che definiscono l’identità di un territorio
in armonia col proprio paesaggio urbano ed
ambientale. Si tratta di borghi che conservano
una dimensione cronologica molto antica,
paesi che hanno valorizzato le loro origini
medievali e lasciato intatta la loro configurazione
e varietà di natura orografica”.
Il Club in questi anni ha dato la possibilità
ad alcune decine di centri, cosiddetti
minori, di mettersi in mostra,
mettere a valore ciò che secoli di storia
hanno sedimentato sul territorio e soprattutto
all’interno ed intorno ai borghi
storici. Questi centri riescono oggi
a rappresentare al meglio la diversità
delle genti, in essi si possono trovare
le testimonianze dei vari popoli che
hanno occupato il territorio italiano.
“E’ proprio in questi piccoli centri - spiega
Umberto Forte, direttore del Club “I
borghi più belli d’Italia” - che si possono
scoprire modi di vivere e tradizioni che ancora
si rifanno a quelle degli antenati, senza per
questo costituire un freno alla modernità ed
allo sviluppo di servizi efficaci ed efficienti. Il
Club ha realizzato una guida ed un sito che
vogliono essere gli strumenti per accompagnare
coloro che, curiosi ed interessati a scoprire il
fascino dell’Italia nascosta, vogliono utilizzare
il tempo più o meno lungo di un soggiorno per
conoscere, assaporare, gustare, vivere un’esperienza
e provare emozioni di fronte al divenire
della storia e delle tradizioni popolari.
Abbiamo cercato di rappresentare al meglio
- ha sottolineato Forte - tutte le particolarità
della Penisola, selezionando borghi su
tutto il territorio, ma anche borghi che fossero
esempio di tipologie architettoniche e culturali
diverse”. Il “viaggio” spazia dai borghi
medievali, rinascimentali e barocchi a
quelli montani, da quelli tipicamente
marinari a quelli rurali a dimostrazione
che la bellezza e la ricchezza dell‘Italia
e la sua fatale attrazione nei confronti
dei turisti di tutto il mondo risiede
proprio nella diversità e forte identità
di ciascun territorio.
Quale ulteriore strumento di orientamento
per chi ama viaggiare alla
(ri)scoperta di questi luoghi, è stata
realizzata “I borghi più belli del mediterraneo”,
una guida con itinerari per
visitare i centri della Croazia, Francia
e Spagna, realizzata in collaborazione
con la Fondazione Roma Mediterra-
Otranto - Centro storico
Un sito per programmare il proprio viaggio
I borghi italiani possono essere una meta di un viaggio e di una vacanza. Un utile
strumento di orientamento e programmazione è www.boghitalia.it, il sito del Club “I
borghi più belli d’Italia voluto dalla Consulta del Turismo dell’Associazione dei Comuni
Italiani (ANCI). Nella piattaforma è possibile trovare ogni sorta d’informazione sui
luoghi da visitare suddivisi per posizione geografica e regione: una mappa, le immagini
e la ricettività. Su ogni scheda ci sono cenni storici e le caratteristiche del borgo.
30
neo. Il volume rientra in un progetto
varato un anno fa, mentre è allo studio
un’iniziativa simile dedicata a Grecia e
Turchia.
I borghi DOC collegati in rete, dunque,
sono destinati a diventare una
delle principali destinazioni turistiche
d’Italia. Due sono le condizioni di
base per far parte del “club”: possedere
la caratteristica di “borgo” - ovvero
una popolazione inferiore ai duemila
abitanti nel centro storico ed ai 15
mila nell’intero comune - e vantare
una notevole qualità urbanistica e
architettonica certificata dalla Soprintendenza
alle Belle Arti. Per essere
ammessi, inoltre, occorre rispondere
ad una serie di requisiti di carattere
strutturale - come l’armonia architettonica
del tessuto urbano e la qualità
del patrimonio edilizio pubblico e
privato - e di carattere generale che
attengono alla vivibilità del borgo in
termini di attività e di servizi al cittadino.
Occorre, in ultimo, impegnarsi
per migliorare continuamente tali
requisiti in quanto l’ingresso nel Club
non ne garantisce la permanenza se
non è riscontrata una volontà, attraverso
azioni concrete, di accrescerne
le qualità.

Stefan Maiwald:
“Condannato a morte
chiederei solo una cosa:
un Primitivo di Manduria”
“I
talophil“ dicono in Germania
per descrivere uno come lui
e il suo grande amore per
l’Italia: vuol dire appassionato,
pazzo, se vogliamo addiritura
folle, per un Paese che nell’arco di
tanti anni è diventato il suo. Ci vive,
a Grado, con la moglie friulana e due
figlie; è lì che scrive i suoi libri che
raccontano della sua vita in Italia, del
rapporto con i vicini di casa, dei suoceri
italiani e dei tanti piccoli, simpatici
aneddoti della vita quotidiana di
un tedesco in Italia.
Nato e cresciuto a Braunschweig,
vicino Hannover, Stefan Maiwald, di
professione giornalista, ha viaggiato
parecchio. A tal proposito un aspetto
non trascurabile: non prende aerei
- da un lato perché non gli piacciono,
dall’altro e anche perché in macchina,
a un ritmo piu lento, è possibile fare
esperienze piu interessanti. Tutto,
anche il dettaglio apparentemente più
insignificante che vede in giro, può
servire per scrivere un libro, l’ennesimo,
o essere un ottimo spunto per
un articolo.
Maiwald scrive per i gourmet ed i
golfisti tedeschi, un pubblico particolarmente
esigente che non si accontenta
troppo facilmente. Per questo
Stefan è alla ricerca continua dei posti
piu suggestivi da proporre ai suoi lettori:
un compito gravoso, che si sobbarca
volentieri considerato il fatto
che anche a lui piace mangiare bene,
concedersi, ogni tanto, una bella partita
di golf, ma, sopratutto, scrivere
che, a parte la famiglia, rappresenta la
sua piu grande passione.
Stefan, per lei che conosce tutta l’Italia, da
Bolzano fino a Palermo, qual è il fascino
particolare della Puglia?
Il mio rapporto con la Puglia è stato
32
di Katja Brinkmann
amore a prima vista. Mi sono innamorato
di questa terra dieci anni fa e
cerco di passarci addiritura ogni minuto
libero. Poiché vivo al Nord non
è cosa facile. Ma grazie a mia moglie,
che non sempre riesce ad accompagnarmi
perché si occupa delle nostre
figlie, ma che è molto comprensiva
riesco, ogni tanto, a farci una capatina.
Un giorno però la porterò giù:
non ne vedo l’ora!
Ma c’è qualcosa di speciale che l’ha colpita
in modo particolare?
Certo! A Lecce, per esempio, ho passato
delle bellissime serate godendomi
la cultura del digestivo che da noi,
al nord, non esiste - forse per colpa
del tempo più inclemente -. Dopo
cena ci si incontra per strada per un
bicchiere, due chiacchiere e qualche
flirt. Rassomiglia molto alle nostre
abitudini in Germania, tranne che per
il fatto che da noi spesso si comincia
subito a bere. Qui, invece, prima c’è
sempre il tempo per mangiare e si
mangia troppo bene per non farlo!
Dovesse descrivere il paesaggio pugliese, da
dove comincerebbe?
Mi piace la delicatezza, la morbidezza
del paesaggio di una terra con poche
colline e poche coste ripide, carat-

teristica questa che non apprezzo in
nessun luogo. La Puglia è la parte piu
piatta d’Italia: per questo la vista non
finisce mai e l’orizzonte è quasi senza
fine, una cosa che mi rende tranquillo
e sicuro. Presumabilmente si tratta di
un fatto genetico, come ha scoperto
lo scienziato americano Gordon
Orians: paesaggi spaziosi hanno già
reso più sicuri i nostri antenati. La vista
nella savana significava sicurezza:
nemici o animali selvaggi potevano
distinguersi da lontano. Anche il mare
infonde calma e tranquillità. Ogni
possibile pericolo lo si vede molto in
anticipo. Certo, non ci sono più tigri
dai denti a sciabola, pirati e Osmani.
Però l’effetto è sempre rimasto lo
stesso, lo sento fortissimamente.
Ha girato la Puglia in lungo e in largo. C’è
un suo posto preferito?
Come no! È Savelletri, paesino di
pescatori sulla costa adriatica che mi
ricorda la mia patria adottiva, Grado.
Tutti e due sono posti che funzionano
ugualmente senza turisti, perché
la pesca è l’attività preminente della
popolazione. Il porto di Savelletri è
molto suggestivo, potrei passarci delle
ore senza accorgermene. Poi, essendo
un golfista appassionato, ha il vantaggio
di essere vicinissimo ai campi
della zona, molto belli così come lo
sono anche gli altri green pugliesi.
Ogni volta che posso mi affido a
Giulio Grippa, bravissimo maestro
di Masseria Torre Maizza, per allenarmi
e diventare un giorno maestro
anch’io. Lo so, è un’impresa senza
speranza, ma una vita senza illusioni
sarebbe troppo noiosa, no?
La cucina pugliese è un must. Lei ha
viaggiato a sufficienza in Italia per poterla
paragonare a…..
Secondo me la cucina pugliese è una
delle cucine piu varie in Italia, ma
addiritura nel mondo. Sicuramente
ciò è dovuto all’estensione del territorio
– caspita, quant’è grande la Puglia!
–, ma anche alla povertà di un tempo
che ha finito per favorire un forte
apprezzamento dei prodotti locali.
Pesce crudo, frutti di mare, frutta,
verdura, ma anche formaggio, carne
e salsiccia: in Puglia si trova di tutto e
per giunta di ottima qualità. Lasciamo
stare il vino, poi: se mi condannassero
a morte il mio ultimo desiderio
sarebbe un Primitivo di Manduria.
Il suo libro parla addirittura della pasta
pugliese...
Infatti. „Auf der Suche nach der
besten Pasta der Welt“ parla della mia
ricerca per trovare la pasta piu buona
del mondo. Ho girato dappertutto
in Italia, ma solo qui in Puglia ho
capito cosa significa la pasta per un
popolo, qual è il suo valore culturale
e cosa ci vuole per prepararla. La
lunghezza dei cavatelli, la profondità
delle orecchiette varia da un paesino
all’altro. Da nessuna’altra parte in
Italia le regole sono talmente rigorose!
Ho pure frequentato una scuola
di cucina per imparare come si fanno
Stefan Maiwald
33
Cultura e territorio
le orecchiette. Facile come bere un
bicchiere d’acqua ho pensato. Poi ho
capito che è facile come la teoria della
relatività. Da allora nutro un grande
rispetto per le signore di Bari vecchia
che fanno le orecchiette da mattina a
sera.
Viaggiando in Puglia per il suo libro ha
conosciuto molta gente?
Conosco bene tutta l’Italia, ma non
ho mai conosciuto gente piu affettuosa
e disponibile. I Pugliesi si comportano
con una gentilezza sincera, senza
doppia faccia, una generosità di cuore
che raramente ho conosciuto prima.
Forse è tipico per gli Italiani, però
credo che non ci sia paragone con la
Puglia. Se avessi mai una gomma bucata
sulle strade pugliesi, sono sicuro
che non dovrei aspettare tanto. Qualcuno
mi porterebbe dove si mangia,
si balla e si diverte! Sto esagerando?
Probabile. Siamo tutti un pò cosi, noi
scrittori...

Lo sguardo sul mondo
del Museo di Pino Pascali
di Stefania Di Mitrio
foto Cosmo Laera
N
ello scorso mese di giugno,
la Fondazione Museo Pino
Pascali, ha trovato, finalmente,
una nuova degna
sistemazione in una “casa” con vista
mare, nello storico edifico dell’ex-Mattatoio
Comunale di Polignano a Mare, a
pochi chilometri da Bari.
L’inaugurazione ha segnato la giusta
conclusione di una storia più che decennale
come museo comunale, segnata
peraltro da allestimenti di mostre di
successo e di eventi internazionali. La
sua nascita, infatti, risale al 1998 quando,
in occasione del trentennale della sua
scomparsa, venne allestita una grande
mostra antologica di Pino Pascali, a cura
di Achille Bonito Oliva e Pietro Marino.
Nonostante il suo breve percorso artistico
ed umano - Pascali morì prematuramente
in un incidente di moto nel ’68
a soli 33 anni -, l’artista barese, nato da
genitori di Polignano a Mare, ha rappresentato
uno degli esempi più emblematici
dell’arte degli anni ’60.
Esponente della cosiddetta “arte povera”,
insieme a Jannis Kounellis, Mario
Merz, Eliseo Mattiacci, Sergio Lombardo,
le suo opere monumentali ben si
contrapposero alla “pop art” di quegli
anni. Tanto da essere esposte non solo
nei più importanti musei italiani, ma
36
anche del mondo quali il Tate Modern
di Londra, il Centre Pompidou di Parigi,
il Mumok di Vienna, il Museo di Arte
Moderna di Osaka.
La Fondazione dedicata all’arte contemporanea,
costituita nel 2010 e partecipata
dalla Regione Puglia e dal Comune di
Polignano, ospita nel nuovo suggestivo
spazio mostre, eventi, seminari, oltre
che il Premio Pino Pascali. Già previsti,
inoltre, l’allestimento di un Caffè
Letterario, del Giardino dell’Arte, del
book-shop e dell’art-shop, nonché del
Laboratorio Didattico: il tutto in linea
con gli standard comuni ai più importanti
musei internazionali. Lo spazio

espositivo, ben 3.000 metriquadrati,
ospita attualmente una collezione permanente
sia delle opere di Pino Pascali,
tra cui “Balena”, “Missile”, “Motocicletta
e motocicletta killers”, che di Marco
Giusti, Giovanni Albanese, Iginio Iurilli,
Daniela Corbascio, solo per citarne
alcuni. Mancano ancora, in verità, altre
opere importanti dello stesso Pascali,
ma le altissime quotazioni raggiunte dalle
stesse sul mercato internazionale, e la
cronica esiguità delle risorse finanziarie
destinate alla cultura, ne rendono non
facile l’acquisto. Per tornare al museo di
Polignano qui trovano una collocazione
permanente, in due sale appositamente
destinate ad ospitare, disegni, scenografie,
libri, manifesti, cimeli, tesi di studio,
recensioni, fotografie e tutta la filmografia
dell’artista, le opere- lascito della
sua famiglia - di Archivio e Fondo Pino
Pascali.
Personaggio eclettico - fu scultore, scenografo
e performer - nelle sue opere
Pascali riunisce le radici della cultura
mediterranea (i campi, il mare, la terra e
gli animali) con la dimensione giocosa
dell’arte. Non a caso un ciclo di opere è
dedicato alle armi come giocattoli realizzati
con materiali di recupero (metalli,
paglia, corde), per non parlare poi di
molti suoi lavori che ripropongono le
icone e i feticci della cultura di massa.
La Fondazione Museo Pino Pascali, la
cui direzione è affidata a Rosalba Branà,
già direttrice dell’omonimo museo
comunale, è l’unica Fondazione museale
dedicata all’arte contemporanea in Puglia.
La sua missione culturale è precisa:
promuovere, nel nome del grande artista,
i talenti pugliesi e favorire il dialogo
con l’area balcanica. La Fondazione,
inoltre, valorizza l’arte contemporanea
e moderna in tutte le sue forme, mira
ad inserirsi nel dibattito internazionale
sull’arte contemporanea e moderna,
attraverso la ricerca, la sperimentazione,
la promozione e diffusione di nuovi
linguaggi multimediali spaziando dalle
arti visive, alla fotografia, al video, alla
performance, alle installazioni ambientali
e spettacolari.
Dopo l’ultima mostra intitolata “Contaminazioni.
Pino Pascali e il cinema anni
’60”, rivolta ad indagare i possibili influssi
tra l’opera artistica di Pino Pascali
e il cinema attraverso una selezionata
esposizione di manifesti e locandine dei
film prodotti e distribuiti nelle sale cinematografiche
tra il 1960 e il 1968, dal
7 dicembre 2012 al 27 gennaio 2013, il
museo ospita la XV edizione dell’omonimo
Premio (interrotto dal ’79 al ’97)
che quest’anno è stato assegnato all’artista
svedese Nathalie Djurberg (vincitrice
del Leone d’Argento alla Biennale
di Venezia del 2009) e al musicista e
compositore Hans Berg. Il riconoscimento
viene assegnato ogni anno ad un
artista, o ad un personaggio del mondo
dell’arte di respiro internazionale, scelto
tra una rosa di nomi proposti da una
giuria di esperti, storici e critici d’arte.
Nella scelta si cerca di privilegiare artisti
ancora poco noti, in via di affermazione
- anche se già internazionalmente
conosciuti - e promettenti. Altro criterio
nell’orientamento della scelta della giuria
è la predisposizione verso la multimedialità
e l’uso di più linguaggi e tecniche
espressive, secondo le modalità proprie
di Pascali.
Il Premio consiste nell’allestimento
presso il Museo Pascali, di una grande
mostra personale dell’artista vincitore,
con relativa pubblicazione di un catalogo
monografico, e nell’acquisto di
un’opera dell’artista vincitore, che entra
così a far parte della collezione di opere
in esposizione permanente presso il
Museo stesso.
La mostra, che si avvale della collaborazione
della Fondazione Prada e della
Galleria Giò Marconi di Milano, ripercorre
la produzione di Nathalie Djur-
Veduta frontale del Museo
37
Mostre
berg documentando le celebri animazioni
di argilla, che raccontano narrazioni
visionarie con protagoniste alcune
marionette forgiate appunto in argilla e
plastiline. I soggetti più ricorrenti nell’opera
di Djurberg sono creature ibride,
invenzioni plastiche che alludono al
mondo umano e animale dalle espressioni
spesso selvagge e conturbanti.
Il tutto accompagnato dalle musiche
elettroniche prodotte dal compositore
Hans Berg.
Alla Fondazione Pascali, che basa la
propria attività su una programmazione
a metà strada tra identità del territorio
e sguardo sul mondo, va quantomeno
ascritto il merito di lanciare (almeno si
spera!) la Puglia verso quei canali d’arte
contemporanea internazionale e non
che partendo da Bari potrebbero, così
come nelle intenzioni delle amministrazioni
locali, contribuire all’istituzione di
un centro d’arte contemporanea. Il museo,
che a breve sarà sottoposto ad un
progetto di revisione organica, rimarrà
aperto tutto l’anno.
Informazioni:
Fondazione Pino Pascali
Museo d’Arte Contemporanea
Via Parco del Lauro, 119
(sede Ex Mattatoio Comunale)
70044 - Polignano a Mare (BA)
www.museopinopascali.it
Orario:
dal martedì alla domenica
ore 11-13 e 17-21, lunedì chiuso.
Chiuso il 24 - 25 - 26 e
31 dicembre 2012, 1 gennaio 2013
tel 080.424.9534 - 333.2091920
XV edizione del Premio Pino Pascali a
Nathalie Djurberg e ad Hans Berg
Dal 7 Dicembre 2012 al 27 Gennaio 2013

Un tuffo nel passato di Bari:
l’area archeologica
di S.Pietro di Maria Rosaria Depalo
C’
era una volta un convento.
Potrebbe iniziare così la
storia dell’area archeologica
di San Pietro, un ampio
spiazzo, sgombro da edifici, che si
apre alla punta estrema del basso
promontorio proteso nell’Adriatico
su cui è adagiata la Città Vecchia di
Bari. L’area, un inaspettato spazio
aperto per chi proviene dal labirintico
microcosmo di strade, case,
chiese, piazze, è, sebbene recintata,
un tutt’uno con l’antistante piazza di
S.Pietro e offre un affaccio sopraelevato
sul mare, verso il Porto Nuovo.
Con cadenza ormai plurisettimanale,
capita allora di vedere dalla piazza la
mole ravvicinata delle grandi navi da
crociera, emule di ben più antichi e
avventurosi approdi.
Ben diversa era la prospettiva nel
lontano 1969, quando la vista del
mare era sbarrata da un imponente
complesso conventuale, costruito
nel 1436 a ridosso della preesistente
chiesa di S.Pietro.
Il complesso, notevolmente trasformato
in seguito ai vari cambi
di destinazione, da ultimo (1887)
convertito in Ospedale Consorziale,
era però abbandonato da tempo e
fatiscente, dopo i gravi danni subiti
durante la II guerra mondiale, con il
bombardamento tedesco del Porto
di Bari (2 dicembre 1943) prima,
con lo scoppio della nave inglese
Charles Henderson (9 aprile 1945)
poi. In quell’anno ne venne dunque
decretata la demolizione motivata
tra l’altro dal progetto di edificare
nell’area il nuovo Museo Archeologico
Provinciale di Bari. La stessa
sorte del Convento aveva già subito
nel 1811 la chiesa, nella tradizione
legata al leggendario passaggio a Bari
dell’apostolo Pietro, storicamente
L’area in corso di scavo
38
attestata a partire dall’anno 1119,
nuovamente inaugurata e celebrata
come “assai bella e capace”, dopo un
profondo rinnovamento, nel 1618.
Decaduto il progetto di realizzarvi la
nuova sede del Museo Archeologico
Provinciale, ancora a lungo destinato
ad essere ospitato al primo piano di
palazzo Ateneo, l’area rimase vuota,
conservando solo, a memoria dell’an-

tico convento, una serie di pilastri
disposti a quadrato intorno a quello
che un tempo era uno dei chiostri.
Ben diversa fu la sorte del vicino
convento di S.Scolastica, sopravvissuto
e restaurato negli anni sessanta
e settanta del secolo scorso in previsione
di nuovi utilizzi. Segnate da
una sorte diversa, le due aree sono
tuttavia accomunate da un’unica
vocazione, quella di restituire visibilità
materiale alla più antiche pagine
della storia di
Bari. Straordinarie
sono infatti le
loro potenzialità
archeologiche, a
S.Scolastica rivelate
dalle operazioni
di scavo svoltesi
contestualmente ai
lavori di restauro,
negli anni settanta, a S.Pietro invece
inaspettatamente riaffiorate nel lontano
1912, quando l’allora Direttore
del Museo Archeologico Provinciale
di Bari, Michele Gervasio, interve-
Tutte le attività di ricerca e restauro fanno
capo al Ministero per i Beni e le Attività
Culturali- Direzione Regionale per i Beni
Culturali e Paesaggistici della Puglia-
Soprintendenza per i Beni Archeologici
della Puglia e sono coordinati da Maria
Rosaria Depalo, Luigi La Rocca, Francesco
Longobardi, Francesca Radina
nuto per il controllo dei lavori di
scavo di un nuovo padiglione dell’ospedale
Consorziale, scoprì tracce
della cosiddetta “stazione dell’età
del Bronzo”, ossia del villaggio
preistorico che nel II millennio a.C.
aveva occupato il luogo. Una tomba
a sarcofago, con un corredo di vasi
a decorazione geometrica di produzione
indigena e vasi di importazione
dall’area ellenica, rivelava la presenza
dell’insediamento peucezio preromano.
E, ancora, una
pregiata erma
bifronte in marmo
di età romana
rinviava alla
città ricordata da
Orazio per il suo
mare pescoso.
La vera e propria
ricerca archeologica nell’area
ha preso avvio però solo negli anni
80 del secolo scorso, quando alcuni
saggi di scavo hanno messo in luce
spaccati di un deposito archeologico
pluristratificato di ben quattro metri
di spessore, che dal paleo suolo dell’Età
del Bronzo giunge sino ai livelli
altomedievali. Sono allora riaffiorati
anche i primi resti della chiesa più
antica, di fondazione medievale, detta
di San Pietro Maggiore, rivelata
da strutture murarie e lembi di pavimentazione
in grandi tasselli calcarei.
L’esplorazione sistematica dell’area è
stata però avviata solo nel 2005 e poi
ripresa nell’anno in corso.
Le indagini, dirette dalla Soprintendenza
Archeologica della Puglia e
inserite in un più ampio progetto di
realizzazione del nuovo museo archeologico
a S.Scolastica e di valorizzazione
dell’attigua area archeologica
di san Pietro, hanno consentito di
mettere in luce l’impianto originario
della chiesa, datato all’XI-XII secolo,
delle dimensioni di m 16 x 25, articolato
in tre navate absidate scandite
da pilastri e pavimentato in grandi
tasselli calcarei, disposti in partiture
geometriche.
39
Cultura e territorio
La pavimentazione della chiesa medievale
E’ stato possibile inoltre ricostruire
le varie trasformazioni della chiesa
dal ridimensionamento planimetrico
del XV secolo, determinato dalla
costruzione del convento, alla rifondazione
del Seicento.
Una serie di sepolture pertinenti alla
fase medievale sono inoltre emerse
dinanzi alla facciata e a ridosso delle
absidi, mentre lo spazio interno
dell’edificio accoglie i vani sepolcrali
della fase seicentesca e postseicentesca.
La musealizzazione dell’area,
che sarà interessata da percorsi di
visita integrati con quelli da realizzare
all’interno del vicino complesso
di S.Scolastica, futura sede del nuovo
Museo Archeologico, consentirà
dunque di immergersi nel più antico
passato di Bari, ripercorrendo le
tappe di una storia plurimillenaria
sigillata nel sottosuolo della Città
Vecchia.

Gijón, Laboral
C’
è una Spagna diversa: non
continentale come Madrid,
non mediterranea come
Barcellona e le Baleari, non
araba come Cordova, Granada, Siviglia…
C’è una Spagna che sfugge ai cliché
cui i turisti sono abituati ad associare
luoghi e caratteri di quella meravigliosa
penisola: è il Principato delle Asturie,
posto all’estremo Nord del Paese.
Eppure, le Asturie qualcosa in comune
con le altre località iberiche ce l’hanno:
il fascino istantaneo che colpisce tutti,
non solo gli Italiani.
“Lo dice todo el mundo” è, non a
caso, il titolo di uno spot realizzato da
Woody Allen nel 2010, in cui testimonial
provenienti da posti nel mondo
differenti dichiarano i motivi della
propria passione per le Asturie. I punti
forti dell’attrazione che emergono dal
video sono il patrimonio monumentale,
le ricchezze naturali, l’investimento
nella scienza e nella tecnologia.
41
Dal Levante al mondo
Il fascino segreto
delle Asturie
D’altro canto, non a caso il sito web
dell’ufficio del turismo spagnolo definisce
le Asturie “paesaggio culturale”,
perché in un territorio di circa 10.000
km², stretto fra il mar Cantabrico e la
Cordigliera, accanto alle città principali
di Oviedo, Avilés e Gijón molto
Fernando Botero, La Maternidad,
nella zona novecentesca di Oviedo
di Giusy Petruzzelli
foto Giusy Petruzzelli
quotate sul piano architettonico e
poste a poca distanza l’una dall’altra, il
territorio mescola le bellezze naturalistiche
con i monumenti del cosiddetto
pre-Romanico asturiano.
A seconda dei propri gusti si può
programmare un viaggio di una settimana,
privilegiando un tour con tappa
di almeno due giorni ciascuna nelle
città più importanti, oppure preferire
il paesaggio, andando alla scoperta di
chiese medievali immerse nel verde,
scandagliando la costa per cercare gli
scorci marini più intriganti, o facendo
trekking e scalate in montagna. Attenzione
al clima, però, perché è particolarmente
influenzato dall’Atlantico:
l’acqua del mare non è propriamente
calda e la pioggia può essere una compagna
costante. Già, per i colori della
natura e la piovosità, pare proprio
di essere in Irlanda. La considerazione
non è peregrina, anche perché la
popolazione ha un’origine che mescola
elementi iberici con elementi celtici,

come ad esempio nella lingua o in
alcune usanze culinarie.
Gli Asturiani devono molto del loro
spirito autonomistico alla storia e alla
conformazione fisica del luogo. Del
territorio si è già accennato: la posizione
ha favorito via mare i contatti con
le isole del Nord, mentre la Cordigliera
ha fatto sì da barriera agli scambi, ma
anche alle invasioni provenienti da Sud.
Infatti, nella loro campagna cantabrica
per l’estensione dell’Impero, i Romani
impiegarono svariati anni ad averla
vinta: dal 29 fino al 13. a. C., quando
Augusto sconfisse l’ultima rivolta, anche
se la regione non fu mai stabilmente
sotto il dominio di Roma. I Visigoti
vi si stabilirono durante le invasioni
barbariche e nell’VIII secolo nacque il
Regno delle Asturie con il re Pelagio,
che riuscì a fronteggiare nientemeno
che l’avanzata degli Arabi: nella piazza
principale di Gijón vi è il monumento
al Re Pelagio, artefice della strenua,
indomita resistenza contro i mori.
Questa bimillenaria storia di autonomia
ha forgiato il carattere delle persone
e determinato il volto dei luoghi,
motivo per cui la peculiarità asturiana
è subito evidente. Gli Asturiani sono
cordiali ma misurati; ospitali ma mai
invadenti; semplici e molto civili. Con
loro gli Italiani possono sentirsi a proprio
agio, perché oggi essi sono fonda-
Il barocco palazzo di
Camposagrado a Avilés
mentalmente latini nella lingua ufficiale,
il castigliano, e nell’appartenenza,
sia pure come regione autonoma, al
Regno di Spagna.
Riguardo alle città, l’impressione del
viaggiatore è quella di entrare in contatto
con un tempo sospeso fra il passato
e la contemporaneità, tra un’accurata
tutela del patrimonio storico e
significative aperture al nuovo.
Il periodo del passato di cui si trovano
le testimonianze più numerose è il
Medioevo. Avilés, ad esempio, presenta
estese zone del centro cittadino in cui
pare di passeggiare nel set di un film
storico: le strade strette sono pavimentate
da “chianche” colorate come nella
via Galiana; questa, come le altre vie,
sono per la maggior parte porticate; la
chiesa di San Nicola, la chiesa dei Francescani
e la chiesa di Sabugo, costruite
fra il XII e il XIII secolo, sono la
memoria tangibile di quel periodo che
ha impresso fortemente i tratti più caratteristici
alla città. Ad esempio, Plaza
del Carbayo, dove si trova la chiesa di
Sabugo è, con le sue numerose botteghe
e locande, uno dei luoghi meglio
conservati di quel tempo.
Un grande monumento del barocco
asturiano, il palazzo di Camposagrado
(ora sede di una facoltà universitaria
artistica), racconta di un altro periodo
altrettanto significativo, quello che gli
42
storici hanno definito il secolo d’oro
della Spagna: il Seicento. La sua mole,
costituita da mura in pietra dorata,
s’impone per la sua maestosità, mentre
la facciata sul retro contrasta con il
verde dello storico parco El Muelle. Il
racconto dei secoli attraverso l’architettura
prosegue anche negli affascinanti
palazzi del primo Novecento che
popolano il centro cittadino: un liberty
ornato e colorato, molto gradevole da
osservare.
Eppure, il turista che si ponga nell’ottica
del viaggiatore attento alla realtà
sociale, non può non raccontare delle
proteste dei minatori che da molti mesi
manifestano per la difesa del posto
di lavoro: gli investimenti governativi
sono diretti verso altri settori industriali
e la possibilità che Avilés e le altre città
delle Asturie trasformino la cultura
in una risorsa economica è ancora
lontana. Ad Avilés, oltre il canale, dove
sorgevano fabbriche e luoghi di stoccaggio
delle merci, è sorto ben visibile
dalla riva opposta e collegato da un
bel ponte pedonale, il Centro Cultural
Internacional Oscar Niemeyer, un
complesso di strutture disegnato dall’architetto
brasiliano Oscar Niemeyer,
che ne donò il progetto alla cittadinanza.
L’archistar descrive l’opera con parole
di forte connotazione etica: “Una
piazza aperta per il genere umano, un
luogo per l’educazione, la cultura e la
pace”. Inaugurato nel maggio del 2011,
i suoi “contenitori” sono spesso vuoti,
perché la crisi economica (e qualcuno
aggiunge la volontà politica) non consente
una programmazione costante.
Di certo la sua sagoma, in cui il bianco
la fa da padrone associato al giallo e al
rosso, è divenuta velocemente l’iconema
della Avilés del XXI secolo.
Avilés, che è il centro più vicino all’aeroporto
della regione, rappresenta la
soluzione più “comoda” per il soggiorno
nelle Asturie in quanto in mezzora
di viaggio con i treni regionali si possono
raggiungere sia Gijón, verso est, sia
Oviedo verso sud. Oviedo è una delle
tappe posta lungo il cammino del pellegrinaggio
europeo per eccellenza che

ha come meta Santiago di Compostela.
Chi, infatti, “perlustra” le Asturie a
piedi, con l’auto o in pullman, s’imbatte
spesso nella conchiglia del pellegrino
scolpita sugli edifici a marcare l’itinerario.
Un antico detto medievale recita: “Se
vai al cammino e non vai al Salvador,
vai alla natura e non vai al Signor”:
“San Salvaldor” è l’appellativo della
cattedrale di Oviedo, sito UNESCO
patrimonio dell’umanità, che va assolutamente
visitata per motivi di fede e di
turismo. Qui oltre a trovarsi al cospetto
di uno dei più espressivi esempi dell’architettura
gotica spagnola, si respirano
le radici cristiane dell’Europa attraverso
alcune testimonianze oggetto di culto
da più di mille anni, come la grande
statua lignea di Cristo esposta all’interno
e, nella cosiddetta Camera Santa del
duomo, un sacro lino, il quale secondo
la tradizione fu deposto sul corpo del
Cristo morto, e la Croce degli Angeli,
un prezioso reliquiario d’oro tempestato
di gemme.
Usciti dal centro storico, non senza
aver visitato il museo archeologico e
il museo d’arte, ecco l’Oviedo novecentesca
popolata di bei palazzi, ampie
strade, piazze con sculture all’aperto e
molti negozi eleganti. Questa è la zona
più frequentata dagli abitanti di una città
operosa e vitale, capoluogo del Principato
delle Asturie e sede universitaria.
Vi è anche qui, tuttavia, un luogo in cui
vi è la città proiettata al futuro: il Palazzo
dei Congressi, un’enorme struttura
con un auditorium, numerose sale, un
albergo e un centro commerciale, sorto
nel 2010 e progettato da un’altra archistar
di fama internazionale: il valenciano
Santiago Calatrava.
Ritornati sulla costa, ecco Gijón, con le
belle spiagge cittadine, il porto turistico,
il centro storico d’impianto medievale e
la città moderna. In lontananza, sul colle
di Santa Catalina, si erge l’Elogio del
Horizonte, opera dello scultore basco
Eduardo Chillida. Ma in posizione
esterna rispetto alla città, Gijón possiede
un vero e proprio tesoro monumentale,
il Laboral, una cittadella fortificata
Le Asturie sul web
43
Dal Levante al mondo
La navigazione può iniziare con lo spot di Woody Allen, promosso dal governo del
Principato: http://www.youtube.com/watch?v=I0yZ8JvUCpA; in esso scienziati, sportivi,
giornalisti, artisti, politici, capitani d’impresa, oltre allo stesso regista, dichiarano
i motivi della preferenza accordata a questo lembo di terra. “Le Asturie – dichiara
infatti Woody Allen - sono un Paradiso per la bellezza, il clima, la gente. Se dovessi
scegliere un luogo dove trascorrere il resto della vita, le Asturie sarebbero perfette”.
http://www.spain.info/it/reportajes/asturias_paisaje_cultural.html è il sito dell’ufficio
del turismo spagnolo con un titolo significativo: “Asturie, paesaggio culturale”. Il sito
http://www.turismo-asturias.com/ , invece, è più mirato al turismo rurale e alla ricettività
nelle forme più varie; dello stesso si veda la pagina Facebook http://www.facebook.com/turismoruraldeasturias
dove l’aggiornamento delle notizie riguardo agli
eventi nelle Asturie è costante. Ancora in Fabebook http://www.facebook.com/TurismoAsturias
è presente una pagina di eventi e foto, ma è più partecipativa rispetto
alla precedente, perché vi trovano spazio i commenti degli utenti riguardo ai luoghi.
Il sidro, bevanda “acrobatica”, e i piatti tipici
Se la bevanda nazionale delle Asturie, se così si può dire, è il sidro, la sidreria è una
locanda-ristorante dove si beve e si mangia in modo informale. Si è infatti accolti dal
cameriere che, letteralmente, lancia la bevanda dalla bottiglia al bicchiere del cliente,
pronto a ripetere il lancio ogni volta che il bicchiere si vuota. Il perché di una tale
“cerimonia” è presto detto: il sidro (succo di mela fermentato, a bassa gradazione
alcolica) ha una carica di anidride carbonica allo stato potenziale. Quando si porta
la bottiglia più in alto della testa e con mossa fulminea si centra con il liquido il bicchiere,
il gas si risveglia. La bevanda, perciò, va bevuta velocemente in questi pochi
attimi in cui ha riconquistato aromi e profumi esaltati dall’anidride carbonica. Poiché
è inevitabile che ci siano schizzi, le sidrerie hanno il pavimento cosparso di segatura.
Accompagnamento al sidro sono fette di jamon iberico (prosciutto crudo locale),
oppure pastel de roca (un paté a base di carne), calamari in salsa nera e patate fritte,
baccalà o lubrina (pesce dalla carne bianca) in umido. Molto diffusa nei ristoranti è
anche la fabada (le fabas sono grossi fagioli) cucinata con pezzetti di spalla di maiale,
salsiccia nera di sanguinaccio (morcilla), e salsiccia piccante (chorizo). Quanto ai dolci,
quello più tipico delle Asturie è arroz con leche (riso al latte): è un riso cotto nel latte
e aromatizzato alla cannella, poi passato in forno in una terrina dopo averlo cosparso
di zucchero, che gli fa assumere un’attraente patina dorata.
in cui l’architettura emana un’energia
incredibile. Ciò si deve non solo ai suoi
130.000 mq, o all’imponenza dello stile
classicistico datato 1948, dunque d’epoca
franchista (questa origine si cita sottovoce,
come se lo spettro del dittatore
Francisco Franco spaventi ancora solo
a nominarlo), ma alla forza della progettazione.
Il Laboral, ristrutturato con
fondi pubblici e restituito ai cittadini
nel 2007, ha oggi l’appellativo di “Città
della Cultura”, dal momento che ospita
un Centro d’arte e creazione culturale,
con annessa aula magna, numerose sale
espositive e di studio, biblioteca, teatro,
oltre all’Accademia d’Arte Drammatica
e alla sede della radio-televisione regionale.
Gli spazi originari comprendono
pure il patio corinzio, la piazza, la chiesa
e la torre, oltre che un caffè con i grandi
dipinti originali alle pareti, i giardini. Il
Laboral è l’unico centro nella Spagna
settentrionale capace di essere insieme
luogo di produzione e di promozione
culturale. Gli Asturiani di oggi hanno,
quindi, una gran voglia di guardare al
futuro e all’Europa. L’attuale orizzonte
(per parafrasare il titolo dell’opera di
Chillida) non è tanto l’Atlantico, quanto
il vecchio continente. Motivi eonomicopolitici,
oltre che culturali, sostengono
questa scelta.

Uscire a cena
“restando in casa” di Alessandra Nenna
I
n un mondo che si allarga
attraverso lo schermo di un
computer, e che in pochi secondi
ci permette di conoscere
in “real time” quanto accade agli
antipodi, c’è n’è un altro che tende a
contrarsi tra le quattro mura di casa.
E’ il “mondo” del cibo considerato
non più, o non solo, come un bisogno
primario da soddisfare, ma che
arricchito di valori si fa portatore
di un’arte, quella culinaria e di un
“habitus” come diretta espressione
di stili di vita, di luoghi e dei prodotti
di quella terra.
Un’idea nata un po’ di anni fa tra
Inghilterra e Stati Uniti con lo scopo
di proteggere e conservare precise
identità laddove il melting pot etnico
e culturale aveva, e ha, la propensione
naturale di allargare confini e
confonderli.
Il fenomeno, da qualche tempo sempre
più in crescita in Italia, ha visto
fiorire associazioni come Homme-
Food, Gnammo, e il network internazionale
Newgusto (www.newgusto.
com) i cui iscritti propongono periodicamente
pranzi o cene casalinghe
preparando ricette
tradizionali con
l’uso di prodotti
dop o comunque
locali che, nella
maggior parte dei casi, vengono presentati
e illustrati fin nei dettagli della
preparazione.
Un modo ancora più originale di fare
nuove conoscenze, ma soprattutto
di scoprire e riscoprire quel “genius
loci” che ha per denominatore co-
Un’idea nata un po’ di anni fa tra Inghilterra
e Stati Uniti con lo scopo di proteggere
e conservare precise identità
mune la “buona tavola” sottolineando
che, nella specifica esperienza del
viaggio, diventa un modo “cheap” e
alternativo di mangiare sano.
Il circuito Hom-
meFood (www.
hommefood.it) è
presente in tutte
le regioni italiane
con le sue “Cesarine”, nome scelto
in omaggio alle nonne, mamme e zie
che hanno accarezzato i palati dell’infanzia
di tutti noi e che nel tempo
hanno saputo conquistare uno spazio
internazionale con corsi di cucina, da
New York al Giappone, organizzati
45
Cultura e territorio
dall’associazione stessa. L’ultimo, in
ordine di tempo, è il laboratorio condotto
a Tokio e Osaka per insegnare
l’esatta ricetta degli spaghetti alle
vongole (sembra facile!).
Per partecipare in qualità di ospiti
agli eventi è sufficiente essere registrati
sui siti di riferimento. Basterà
poi semplicemente scegliere dal
menu a tendina la regione e la provincia
di interesse (per hommefood)
In Puglia, dalla Capitanata al Salento,
sarà possibile affidarsi, ad esempio,
alla signora Lucia con i prodotti
caseari tipici (caciocavallo, pecorino,
ricotta) che si uniscono alla pasta di
grano duro (troccoli) simbolo della
cucina foggiana, piuttosto che farsi
tentare dalle “Dita degli apostoli”,
preparati dalla “Cesarina” Lidia, che
realizza un’antica ricetta a base di
uova e di ricotta fresca che si tramanda
di generazione in generazione
e che deve il suo nome al fatto che
ogni dolcino ha la forma di un dito.
La particolarità di Gnammo (www.
gnammo.com) è, invece, quella di
alternare la classica proposta “mangereccia”
a veri e propri eventi
tematici, come nel caso di “Sapori al
buio”, una cena completamente al
buio organizzata a Bari in un padiglione
della Fiera del Levante, il cui
ricavato è stato devoluto interamente
a un’associazione per non vedenti, o
come la proposta di Sara e Giovannangelo
che prima, durante l’estate,
hanno portato il loro “ristorante
casalingo” in barca a vela e adesso
hanno fatto propria la sempre più
frequente esperienza dei concerti se-

greti dove l’artista è ospitato in abitazioni
private. Unica differenza è che
il ribattezzato ”house concert” della
giovane coppia di Molfetta sceglie di
far esibire giovani talenti pugliesi, dal
pianista Mirko Signorile al quartetto
“L’Escargot”, alla coppia Rocco
Capri Chiumarulo e Nico Berardi,
solo per citare alcuni degli artisti.
“Abbiamo voluto - sottolinea Sara - che
i nostri ospiti, molte le richieste di stranieri,
fossero immersi nelle atmosfere mediterranee
che si compongono non solo di sapori, colori,
ma anche di suoni. Ecco perché alterniamo
alla classica serata “hommefood” queste
chicche sonore. Del resto, la musica da camera
non si chiama così per caso e i salotti
culturali esistono dal Seicento. E’ un modo
di ritrovare la nostra tradizione italiana e
se questo può essere un mezzo per promuovere
e valorizzare le eccellenze di Puglia
sotto ogni aspetto, siamo ben felici di fare
da traino a future iniziative. Speriamo ci
copino in tanti!”.
(Info: homme.food.lab@gmail.com).
Anche la tradizione deve fare i conti,
tuttavia, con le esigenze alimentari
di una popolazione soggetta ai
cambiamenti metabolici, allergie,
intolleranze o semplici abitudini
diverse. Ed ecco quindi si potranno
trovare menu totalmente vegani, per
celiaci, o che pur nella conservazione
tutta italiana degli ingredienti di
base, sposano altre culture gastronomiche.
Esempio è il Thai Dinner
proposto da Elle Cuisine di Como
(www.gnammo.com) che prepara
piatti tipici della cucina thailandese
come il Laab, maiale o pollo tritato e
speziato, il Gai Yang (pollo alla brace
immerso in una speciale salsa speziata
e dolce) con prodotti freschi e di
stagione italiani tranne alcuni, come
il coriandolo e la galanga, che vengono
fatti arrivare freschi direttamente
dalla Thailandia.
Naturalmente non occorre essere
cuochi patentati perché in questi
circuiti ci si può iscrivere e partecipare
da protagonisti per autosfidarsi
ai fornelli o da “buone forchette”.
46
Ci sono, per esempio, le esperienze
di persone che svolgono ben altri
lavori, ma sono da sempre attorniate
da mamme e nonne appassionate di
cucina. E’ il caso di Alessandra V.
Spina (su www.gnammo.com) di Milano,
producer di Vanity Fair che ha
messo su una piccola attività parallela:
cucina a domicilio per chi non ha
tempo e vuole comunque coccolare i
propri ospiti, prepara catering sul set
per chi va di fretta, ma vuole mangiare
sano e, naturalmente, organizza
cene in casa propria.
O come Emanuele Triggiani, di Bari,
che ha pensato invece a un menu
con un colore predominante: arancione
per il suo “Zucca d’autunno”.
“L’abbinamento di sapori e colori - dice
Triggiani - porta a un risultato che educa
il gusto, stimola la creatività’ e affina le
doti istintive al bello e buono”.
E se è vero il vecchio adagio che “a
tavola non si invecchia mai”, oltre
alla pancia piena avrete ottenuto il
vostro elisir di lunga vita.

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Dolci di Puglia,
elisir (di)vino di
Se, come scriveva Platone, il
vino è il più grande dono che
gli dei abbiano fatto all’uomo,
allora di sicuro il vino dolce è
l’elisir di lunga vita donato alla Puglia.
Già, perché i vitigni autoctoni re
indiscussi di bollicine, rossi strutturati,
rosati amabilissimi e nobili bianchi da
pasteggio che continuano a registrare
riconoscimenti internazionali, premi e
apprezzamenti da parte del mercato di
tutto il mondo sanno essere anche raffinati
protagonisti delle etichette dolci
e cosiddette da meditazione. Vini che
stanno facendo impazzire appassionati
ed intenditori e scrivere pagine indelebili
nella storia della enologia italiana.
Una scoperta recente? Più esatto parlare
di riscoperta, in verità, dal momento
che, come si racconta, le prime notizie
certe sui vini dolci pugliesi riguardano
il Moscato di Trani, del quale si comincia
a parlare già intorno all’anno Mille.
Facile, dunque, supporre che questo
prelibato nettare seppe deliziare già il
giovane palato del puer Apuliae per
eccellenza, che scelse la Puglia come
sua terra d’elezione, dove vi costruì i
più bei castelli del regno.
Da allora di tempo ne è trascorso un
bel po’ e anche per questa deliziosa
categoria enologica si sono avvicendate
alterne fortune: per decenni gli
stessi pugliesi hanno ignorato di avere
49
Rosaria Bianco
Cultura e territorio
nella “propria dispensa” magistrali vini
dolci che oggi, a buon titolo, con la
loro varietà, raffinatezza ed eleganza,
coronano il grande assortimento che
fa dell’Italia una realtà unica per i vini
dolci, tra i più ricercati al mondo.
La riscoperta, e con essa la rinascita dei
vini dolci pugliesi, parte intorno agli
anni Novanta e tuttora è in corso un
gran fermento culturale e produttivo,
complice la maturata consapevolezza
che la Puglia ha tutte le carte in regola
per essere protagonista assoluta dell’enologia
di qualità.
I produttori pugliesi hanno sperimentato
numerose varietà, a bacca bianca
e a bacca nera, locali e internazionali,

per produrre vini dolci che sappiano
essere il felice risultato tra rispetto
e valorizzazione della tradizione ed
innovazione e ricerca di nuove strade.
I vitigni più utilizzati e con maggiori
potenzialità sono però rimasti quelli
della tradizione, gli autoctoni che
hanno reso famosa la Puglia in tutto
il mondo: Moscato, Malvasia bianca e
nera, Aleatico e Primitivo.
Oggi la Puglia vanta un carrello assortissimo
di egregi vini dolci e da meditazione:
occorre soltanto scegliere il
“pretesto” giusto, ossia l’abbinamento
perfetto, per degustarli al meglio.
Proviamo a suggerirne qualcuno,
facendoci guidare dagli esperti dell’AIS,
associazione italiana sommelier, di
Puglia, ideatori di DOLCE PUGLIA,
rassegna dedicata appunto a questa
tipologia enoica, giunta ormai alla settima
edizione.
L’abbinamento tradizionale:
i dolci delle feste.
I vini dolci pugliesi, diversi tra loro per
caratteristiche e legame con i territori,
si sposano perfettamente con la pasticceria
tradizionale pugliese: i fichi secchi
farciti con mandorla; le cartellate, i
tipici dolci fritti natalizi con colatura di
glassa di zucchero, miele o di vin cotto;
le scarcelle, dolci al forno pasquali
con il tradizionale uovo incastonato e
granella di zucchero colorato; le zeppole,
ciambelle della festa di San Giuseppe;
le mandorle tostate e immerse
La magia dei vitigni pugliesi
in cioccolato fondente o torrone; le
noci in vin cotto, i bocconotti; le ostie
ripiene; i sospiri; il dolce mandorla e il
mandorlaccio; i cuscini di Gesù Bambino;
il biscotto di Ceglie; gli Stuezzi;
le Pettole fritte e ricoperte di zucchero.
Ma la vera tradizione dolciaria, che
riguarda l’intera regione, è quella legata
alla pasta di mandorla. Dunque, gli
abbinamenti: la dolcezza equilibrata dei
vini dolci bianchi e la giusta temperatura
di servizio (10-12°C) suggeriscono
l’accostamento alla pasticceria a base di
mandorla e ai torroni pugliesi. Il dolce
e la morbidezza dei polifenoli, insieme
alla carezzevole rugosità dei tannini
nei vini dolci rossi - serviti invece a
temperature più elevate (14-16°C) - si
sposano alla perfezione con i dolci dal
cuore rosso di marmellata di ciliegie o
amarene. Ma se il dolce è fritto e farcito
con crema, allora non si può sbagliare:
un buon passito bianco con elevata
percezione alcolica fa felice il palato.
L’abbinamento più discusso:
cioccolato si, cioccolato no?
Gli intenditori si dividono su due
fronti, quelli del no assoluto all’accostamento
e quelli che, invece, ritengono
che quella dell’incontro tra vino e cioccolato
sia una storia tutta da scrivere,
verificando caso per caso, in maniera
empirica, azzardando e controllando
cosa ne pensa il palato. Per andare sul
sicuro ci affidiamo ai professionisti che
suggeriscono l’Aleatico di Puglia Dop,
Il primo vino sembra esser stato un Moscato di Trani, di cui si parla intorno all’anno Mille. Nei
secoli successivi si affacciano sulla scena Moscatelli e Malvasie. Solo verso la fine dell’Ottocento
compaiono l’Aleatico e il Primitivo dolce naturale.
I vitigni autoctoni ancora oggi più utilizzati sono: la Malvasia bianca, utilizzata da sola o in
uvaggio per ottenere deliziosi vini bianchi dolci da vendemmia tardiva o da uve appassite; il
Moscato bianco, da solo o in assemblaggio con altre varietà a bacca bianca, trova impiego nel
rinomato Moscato di Trani DOC (DOP) e nella produzione di vini dolci IGT (IGP) in diverse aree
della Puglia; l’Aleatico, che si utilizza per la produzione di vino delle DOC Aleatico di Puglia,
Gioia del Colle Aleatico e Salice Salentino Aleatico e di alcune IGT pugliesi; la Malvasia nera, in
misura non superiore al 15%, per la produzione dell’Aleatico nelle delle DOC Aleatico di Puglia,
Gioia del Colle e Salice Salentino. Occasionalmente, da sola o unita a Negroamaro e/o al
Primitivo, rappresenta la base per la produzione di vini dolci delicatamente aromatici e dotati
di buona struttura e di stoffa vellutata; il Primitivo, con cui si produce il Primitivo di Manduria
Dolce Naturale DOCG, Gioia del Colle Aleatico DOC, Aleatico di Puglia DOC, Salice Salentino
Aleatico DOC e di vari IGT. In alcuni casi vengono fatti maturare in botte o in barrique, mentre
qualche produttore utilizza i capasoni in ceramica.
50
un vino dolce naturale con una gradazione
minima di 15 gradi, proposto sia
nelle tipologie dolce naturale che liquoroso
dolce naturale, versione in cui il
leggero appassimento delle uve innalza
il tasso minimo di alcolicità fino ai 18,5
gradi. Ottimo infine sulle preparazioni
dolci a base di pasta di mandorle, va
molto bene anche su dolci caldi a base
di cioccolato.
L’abbinamento perfetto: il formaggio
Il formaggio, in tutte le sue variazioni
sul tema, è tradizionalmente ostile agli
abbinamenti “accademici e sicuri” :
ampio spazio, dunque, alla creatività e
alla ricerca solitaria del perfetto partner
enoico. Gli aromi molto intensi,
e spesso meravigliosamente pungenti
del formaggio pugliese, richiedono
l’accostamento ad un vino che abbia la
medesima personalità. Per i più audaci,
si tratta di una sfida avvincente, soprattutto
se ci si trova davanti ai formaggi
di lunga stagionatura o erborinati che
“suggeriscono” vini dalla elevata morbidezza
e apprezzabile volume alcolico.
Spazio, allora ai passiti dolci e liquorosi,
campioni di morbidezza, alcolicità,
struttura e dolcezza. Il consiglio
dell’intenditore: un caciocavallo o un
canestrato, fermi da almeno due anni
in fossa o foglie di noce, richiedono
di essere abbinati ad un Aleatico o un
Primitivo dolce, mentre per sapori più
decisi quali il gorgonzola o i grandi erborinati
francesi meglio optare per vini
più aromatici, come il Moscato di Trani
o i moscatelli bianchi protagonisti
della vinificazione passita salentina, ma
anche vini liquorosi con apprezzabile
dolcezza, come per esempio un Primitivo
di Puglia liquoroso dolce naturale.
Insomma, ce n’è per tutti i gusti e se
se vi sembrasse di azzardare troppo
a seguire il consiglio del padre della
medicina Ippocrate, che indicò i vini
dolci come efficace ricostituente nelle
convalescenze, limitatevi a gustare
un buon vino dolce di Puglia in un
momento di relax. Da soli o in ristretta
compagnia: una carezza assicurata al
cuore ed al palato.

Asmara,
vicina e lontana di
S
u invito dell’Associazione Nazionale Reduci e Rimpatriati
d’Africa, in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia in
Eritrea e grazie alla volontà di Armando Lazzarini e Angela
Barone, il Granteatrino ha tenuto nelle scuole italiane di
Asmarae Massaua una serie di spettacoli tradizionale di burattini con
Pulcinella protagonista assoluto.
Quello dei burattini è uno spettacolo ideale per avvicinare il pubblico
dei giovanissimi al linguaggio del teatro, inoltre è uno spettacolo
che non ha bisogno di particolari esigenze tecniche e che può essere
compreso facilmente anche da un pubblico che non conosce la lingua
italiana. L’Eritrea è uscita da poco da una guerra lunga e spietata,
come tutte le guerre, è un paese povero angustiato da una siccità
periodica e molto pericolosa. Portare uno spettacolo ai piccoli eritrei
è un modo semplice e concreto di affermare non solo il valore della
solidarietà ma anche la forza dell’arte scenica che illumina e propone
a tutti un mondo migliore.
52
Paolo Comentale

Eccola Asmara, la capitale dell’Eritrea
nella luce piena del primo mattino.
Galli e biciclette; donne splendide avvolte
in tuniche candidissime e falchi,
grandi falchi azzurri lì, in alto nel cielo.
Un cielo senza dolore quello che videro
i primi italiani sbarcati qui tanti anni
fa a prendere possesso, allora si diceva
così, di un lembo d’Africa, allora si
scriveva così...
Tanta acqua è passata sotto i ponti,
tante vicende, luci e ombre che hanno
cambiato i lineamenti del mondo.
E’ rimasto sempre, però, un amore
profondo degli Eritrei per i loro fratelli
italiani. Un amore fatto di tante cose,
piccole e grandi.
Prima di tutto gli edifici, i cinema: Italia,
Impero, Roma. Poi i mille negozi
che hanno conservato, incredibile a
dirsi, i nomi e gli arredamenti importati
tanti anni fa direttamente dalla
madrepatria: Salone da barba, Abbigliamento
bellissima, Caffè Oriente,
Tutto per la barba...
Dove siamo? Sembra di essere entrati,
inconsapevoli comparse, in un film
anni quaranta. Non è così. Asmara
ama l’Italia. Per le strade è comunissimo
vedere biciclette spericolate sfrecciare
tra salite e ripidissime discese:
la bicicletta è stata portata dalle navi
italiane accanto alle sontuose riviste di
Totò, Macario, Renato Rascel.
Ora il ciclismo è lo sport nazionale
eritreo, ora è comune passeggiare per
Asmara e incontrare antichi ascari, i
soldati coloniali arruolati dall’Italia,
ancora presenti alla bandiera, nonostante
l’età. E’ emozionante sentire questi
vecchi soldati dire sussurrando: “Andiamo
andiamo, tutto bene, Amba Alagi,
Principe Amedeo di Savoia lui...ambesà,
leone”. Non solo antichi ricordi,
ingialliti dal tempo e dall’età, ma anche
nuovissime realtà come le quattro scuole
italiane di Asmara dove si studia una
lingua italiana perfetta, senza alcuna
inflessione inglese...
Mentre nelle nostre scuole primarie è
tutto un pullulare di coach e team, look
e location, questi orribili neologismi qui
ad Asmara non esistono, per fortuna.
E così presentiamo il nostro eroe, il
piccolo Pulcinella ad un pubblico di
giovanissimi rinnovando l’incanto di
un’arte antica e rara che vive nell’appassionata
partecipazione del pubblico
la sua arma migliore.
L’Eritrea è un paese dove convivono
più religioni; è a prevalenza mussulmana,
ma ci sono anche cristiano copti,
cattolici, ortodossi. Le scuole italiane
garantiscono una invidiabile libertà di
contenuti e di metodi d’insegnamento.
Speriamo che non si voglia tagliare
questo piccolo lembo di Patria che ci fa
orgogliosi della nostra cultura.
Ora lasciamo Asmara alle nostre spalle
e cominciamo a scendere. Destinazione
Massaua, la porta del mar Rosso.
Da Asmara a Massaua sono scarsi
centoventi chilometri, ma si scende dai
2600 metri al livello del mare...
La successione dei paesaggi cattura gli
occhi e il cuore. Dall’altopiano occidentale,
ricco di gazzelle e di conifere,
scendiamo al bassopiano a mille metri
sul livello del mare. Ecco venirci incontro
sicomori e baobab “affollati” di
scimmiette dispettose.
La flora è strabiliante, contiamo più
di venti colori diversi di buganvillea...
Colori insoliti, colori straordinari...
E’ solo un attimo, ecco il deserto che si
stende brullo e arido davanti agli occhi.
La terra è rossa, l’erba è scomparsa;
sono comparsi i cammelli e le capre, i
muletti e i piccoli pastori dancali che
con una tipica mazza di legno ricurva
53
Dal Levante al mondo
guidano le greggi.
Massaua si apre in un oceano di
mosche, nere grosse fastidiosissime.
Massaua, uno dei luoghi più caldi del
pianeta, è anche il luogo dove uno
straordinario missionario italiano,
padre Protasio, ha costruito una scuola
regalando ad ogni scolaro una bicicletta.
E così, ogni mattina, accanto alle
capre e ai cammelli frotte di bambini in
bici solcano il deserto e si riversano a
scuola. La grande scuola di san Francesco
con annesso istituto alberghiero.
L’Eritrea è un paese povero, tutto il
lavoro di padre Protasio è stato possibile
grazie alla generosa disponibilità
della Regione Lombardia e della cassa
di Risparmio di Verona. Per fortuna
in Italia esistono Enti Locali capaci di
lungimirante generosità. E’ tempo di
tornare. Una tappa a Cheren sull’altopiano
dove gli italiano mostrarono
inaudito eroismo agli ordini del generale
Carnimeo, napoletano doc e
del colonnello Lorenzini, toscano da
quattro generazioni.
E’ anche un modo per ricordare che
nonostante tutto siamo un Paese unito:
qui agli occhi degli Eritrei siamo un
grande Paese nobile e generoso. Forse
l’Italia si apprezza meglio all’estero,
lontano dalla confusione della cronaca
quotidiana. Asmara, bosco fiorito, ci
saluta da lontano. Il cielo è limpidissimo
possiamo vedere dall’aereo vallate
sconfinate, grandi come pezzi di cielo,
brillare nel mattino.

Per il restauro e la conservazione del monumentale Monte di Pietà sono state
scelte le soluzioni ed i materiali in pura calce idraulica naturale TASSULLO.
Perché un’opera così bella merita almeno altri 500 anni...
www.tassullo.com
Il Monte di Pietà di Forlì è stato
costruito 500 anni fa...
ma non è mai stato così nuovo.

Jan FABRE e l‘opera
CROCE CON SOLI (1987)
penna Bic su carta, 238
x 165 cm; Collezione
privata, Belgio; Courtesy
Angelos/Jan Fabre
Ph. Giuseppe Fioriello
Il progetto, primo assoluto
al Culture Programme
della Commissione europea, vede la
Puglia come location privilegiata.
WATERSHED, alla lettera
“spartiacque”, ha metaforicamente
il significato
di “svolta”. È questo,
infatti, il nuovo corso di INTRA-
MOENIA EXTRA ART, iniziativa
con cui, negli ultimi anni, abbiamo
portato l’arte contemporanea nei
più suggestivi castelli e palazzi storici
di Puglia, un progetto che è stato
ritenuto modello d’eccellenza anche
per l’Europa, risultando primo
assoluto al Programma Cultura della
“INTRAMOENIA
EXTRA ART /
WATERSHED”
porta Jan Fabre
a Barletta
di Giusy Caroppo*
Commissione Europea per il 2012.
Oggi Watershed, dopo numerose
“azioni” che ne caratterizzano la
multidisciplinarietà e la versatilità
nell’adattarsi ai differenti luoghi
ospitanti, punta a Barletta, in Puglia,
dove da novembre a febbraio,
l’outsider fiammingo Jan Fabre
sceglie come location d’eccezione la
Pinacoteca Giuseppe De Nittis, nel
barocco Palazzo della Marra, fino
ad oggi deputato esclusivamente
all’arte dell’800 e sede permanente
della collezione del noto impressionista
italiano.
Jan Fabre trae il titolo della mostra
da un’opera esposta, Art is a
medusa, perché l’iniziativa, un po’
come le meduse, belle e tuttavia
urticanti, s’insinua impertinente in
questo santuario dell’arte più tradizionale:
ma Fabre è stato il primo
artista contemporaneo ad occupare
il Louvre e questo può bastare a
55
Mostre
rompere la tradizione. Esaltando
le architetture interne del Museo,
il grande fiammingo snoda un
percorso visionario ed intimo, in
controtendenza con le sue ultime
mostre: due film d’annata, Tivoli e
Schelda/Questa pazzia è fantastica!,
e rari disegni realizzati con la penna
biro blu, risalenti a più di vent’anni
fa, molti della propria collezione
privata, quindi particolarmente
preziosi. Da pensieri visivi come
Art is a medusa, a Art is my home,
Art sucks from life, Life sucks on
art, L’orecchio e l’occhio della pelle,
piccoli formati, esposti in maniacale
sequenza, che raccontano di metamorfosi
e simbiosi, sino ai grandi
quadri abitati da soluzioni grafiche
al negativo, decoupage con spade,
pugnali, girandole di soli e falci di
luna.
Tratte dal ciclo L’Ora Blu (1987-
1992) raccontano di “un blu di

profondità oscure nelle quali si può
indovinare cosa cova di nascosto,
ma senza alcuna certezza” (Bart
Verschaffel); quel punto di blu
caratteristico della luce crepuscolare,
raggiunto grazie al tratteggio
ossessivo della penna Bic, che lascia
trasparire - ad uno sguardo attento
e ravvicinato - immagini fantastiche
di matrice surreal-simbolista. Una
ricerca del particolare che invita a
decifrare il soggetto mediante una
riscoperta della lentezza nel godimento
dell’opera, oggi desueta,
perché siamo assorbiti tutti dalla
velocità “mordi e fuggi” del web.
Ma Fabre è anche l’artista dei liquidi
corporei, per questo allinea recenti
piccoli disegni in cui la carta appare
arricciata dalle sue lacrime, creando
una liaison col progetto di residenze
teatrali, organizzate nell’ambito di
Watershed, che hanno avuto come
motivo di studio L’histoire des
Larmes, opera presentata al Festival
d’Avignone, pietra miliare di teatrodanza.
Ma la mostra offre anche una sorpresa
e materializza un’utopia, figlia
del grande visionario: rieditare il
Tivoli Project in Puglia. Un castello
pugliese, fulcro pulsante del borgo
marinaro, diventerà favola vivente.
Un progetto che invita alla speranza
e alla forza della collettività: Fabre
sogna di rivestire il Castello Carlo
V di Monopoli con un patchwork
disegnato con la penna bic da tutta
la gente di Puglia. Una scelta strategica,
quella di Monopoli, base
portuale dalla vocazione turistica, situata
a metà strada tra gli aeroporti
di Bari e Brindisi, vicino Polignano
a Mare dove ha sede la Fondazione
Museo Pino Pascali, primo museo
d’arte contemporanea in Puglia. Un
progetto che fonde etica ed estetica,
azzardo, impegno collettivo,
ma soprattutto speranza, fantasia e
bellezza. Quello che spesso l’arte,
oggi, non sa più dire.
(*) storico dell’arte, curatore di “Art is a medusa” e
autore del progetto Intramoenia Extra Art / Watershed
INTRAMOENIA EXTRA ART / WATERSHED
Italia, Paesi Bassi, Belgio e Svezia - Paesi dell’Unione Europea caratterizzati dalla presenza
di bacini d’acqua - fanno network, per una proficua osmosi tra artisti del Nord
e “alter-ego” del Sud. Jan Fabre, NIO architecten, Bigert & Bergström, Guillermina
De Gennaro, Luigi Presicce, Sarah Ciracì, Compagnia delle Formiche//Teatro dei Borgia:
teatro-danza, architettura, scultura, arti visive, video art, performance art, dibattiti
virtuali, residenze d’artista, attrattività paesaggistica e monumentale. Una differente
dimensione culturale, geografica e sociale, fusa nella metafora fluida di Watershed e
nel modello vincente di museo temporaneo diffuso di Intramoenia Extra Art.
INFO MOSTRA
INTRAMOENIA EXTRA ART / WATERSHED
ART IS A MEDUSA, 2012
Progetto speciale di JAN FABRE
Pinacoteca Giuseppe De Nittis
Palazzo della Marra, Barletta
Curatore Giusy Caroppo
Direttore scientifico Barbara De Coninck
dal 28 novembre 2012 al 28 febbraio 2013 tutti i giorni dalle ore 09.00 alle ore 19.00
(chiusura biglietteria ore 18.15) chiuso il lunedì.
La mostra “Art is a medusa” è ad ingresso gratuito.
Prodotto e organizzato da:
ECLETTICA_CULTURA DELL’ARTE
Co-organizzatori: TROUBLEYN/JAN FABRE - Antwerp, Belgium /
STICHTING HIGHBROW - Rotterdam, The Netherlands
Partner :
STUDIO BIGERT & BERGSTRÖM - Sweden
56
Veduta del loggiato esterno
del Palazzo della Marra
Courtesy Archivio digitale
Museo Pinacoteca De Nittis/
Palazzo della Marra, Barletta

profondità oscure nelle quali si può
indovinare cosa cova di nascosto,
ma senza alcuna certezza” (Bart
Verschaffel); quel punto di blu
caratteristico della luce crepuscolare,
raggiunto grazie al tratteggio
ossessivo della penna Bic, che lascia
trasparire - ad uno sguardo attento
e ravvicinato - immagini fantastiche
di matrice surreal-simbolista. Una
ricerca del particolare che invita a
decifrare il soggetto mediante una
riscoperta della lentezza nel godimento
dell’opera, oggi desueta,
perché siamo assorbiti tutti dalla
velocità “mordi e fuggi” del web.
Ma Fabre è anche l’artista dei liquidi
corporei, per questo allinea recenti
piccoli disegni in cui la carta appare
arricciata dalle sue lacrime, creando
una liaison col progetto di residenze
teatrali, organizzate nell’ambito di
Watershed, che hanno avuto come
motivo di studio L’histoire des
Larmes, opera presentata al Festival
d’Avignone, pietra miliare di teatrodanza.
Ma la mostra offre anche una sorpresa
e materializza un’utopia, figlia
del grande visionario: rieditare il
Tivoli Project in Puglia. Un castello
pugliese, fulcro pulsante del borgo
marinaro, diventerà favola vivente.
Un progetto che invita alla speranza
e alla forza della collettività: Fabre
sogna di rivestire il Castello Carlo
V di Monopoli con un patchwork
disegnato con la penna bic da tutta
la gente di Puglia. Una scelta strategica,
quella di Monopoli, base
portuale dalla vocazione turistica, situata
a metà strada tra gli aeroporti
di Bari e Brindisi, vicino Polignano
a Mare dove ha sede la Fondazione
Museo Pino Pascali, primo museo
d’arte contemporanea in Puglia. Un
progetto che fonde etica ed estetica,
azzardo, impegno collettivo,
ma soprattutto speranza, fantasia e
bellezza. Quello che spesso l’arte,
oggi, non sa più dire.
(*) storico dell’arte, curatore di “Art is a medusa” e
autore del progetto Intramoenia Extra Art / Watershed
INTRAMOENIA EXTRA ART / WATERSHED
Italia, Paesi Bassi, Belgio e Svezia - Paesi dell’Unione Europea caratterizzati dalla presenza
di bacini d’acqua - fanno network, per una proficua osmosi tra artisti del Nord
e “alter-ego” del Sud. Jan Fabre, NIO architecten, Bigert & Bergström, Guillermina
De Gennaro, Luigi Presicce, Sarah Ciracì, Compagnia delle Formiche//Teatro dei Borgia:
teatro-danza, architettura, scultura, arti visive, video art, performance art, dibattiti
virtuali, residenze d’artista, attrattività paesaggistica e monumentale. Una differente
dimensione culturale, geografica e sociale, fusa nella metafora fluida di Watershed e
nel modello vincente di museo temporaneo diffuso di Intramoenia Extra Art.
INFO MOSTRA
INTRAMOENIA EXTRA ART / WATERSHED
ART IS A MEDUSA, 2012
Progetto speciale di JAN FABRE
Pinacoteca Giuseppe De Nittis
Palazzo della Marra, Barletta
Curatore Giusy Caroppo
Direttore scientifico Barbara De Coninck
dal 28 novembre 2012 al 28 febbraio 2013 tutti i giorni dalle ore 09.00 alle ore 19.00
(chiusura biglietteria ore 18.15) chiuso il lunedì.
La mostra “Art is a medusa” è ad ingresso gratuito.
Prodotto e organizzato da:
ECLETTICA_CULTURA DELL’ARTE
Co-organizzatori: TROUBLEYN/JAN FABRE - Antwerp, Belgium /
STICHTING HIGHBROW - Rotterdam, The Netherlands
Partner :
STUDIO BIGERT & BERGSTRÖM - Sweden
56
Veduta del loggiato esterno
del Palazzo della Marra
Courtesy Archivio digitale
Museo Pinacoteca De Nittis/
Palazzo della Marra, Barletta

Tax credit per le imprese culturali:
la proposta di legge
Secondo il “Rapporto 2012
sull’Industria culturale in
Italia” elaborato da Unioncamere,
ogni euro investito
in cultura è capace di attivare altri
“segmenti” del sistema economico
giungendo a produrre quasi 2 euro
nell’intera filiera culturale (il che
comprende, tra gli altri, il recupero
del patrimonio storico-architettonico,
il turismo, il commercio di prodotti
tipici e alcune attività edilizie).
Ancora più sorprendente scoprire
che la cultura frutta al nostro Paese
76 miliardi di euro, pari al 5,4% del
totale del PIL e 1 milione 390mila
occupati, ossia il 5,6% del totale, numeri
che ne fanno un comparto che
si rivela essere superiore al settore
primario o a quello della meccanica.
Sulla scia di queste rosee premesse,
a fine novembre è stato presentato
a Bari il disegno di una proposta di
legge voluta da Mimmo Mongelli,
responsabile della Sezione Cinema
Arte e Spettacolo della Camera di
Commercio Italo Orientale, con
la quale si vorrebbe estendere lo
strumento del tax credit e del tax
shelter - attualmente di beneficio
del solo settore cinematografico - a
tutte le imprese operanti nel settore
della produzione e distribuzione di
spettacolo dal vivo (teatro, musica,
danza), di produzione e distribuzione
letteraria, artistica (arti visive) e
conservazione dei beni culturali.
nasce a Bari
Bari, la Cattedrale
Foto Archivio Fotogramma
La proposta (che si sostanzia dell’inserimento
di un comma nel già
esistente Art. 1 della legge 244/07)
ha messo d’accordo, per una volta,
Istituzioni e rappresentanti di diversi
schieramenti politici, tutti concordi e
partecipi nel sostenere una soluzione
che darebbe respiro a una realtà
italiana, quella dello spettacolo dal
vivo, invidiata in tutto il mondo e
che ha dalla sua la fortuna di non
poter essere delocalizzata, come
accaduto finora ad altre attività economiche.
Tra gli esempi virtuosi di interventi
realizzati all’estero attraverso questi
59
di Alessandra Nenna
Cultura e territorio
strumenti, quello della regione della
Rhur, in Germania, dove miniere e
gasometri sono state trasformate, le
prime in percorsi storico-culturali, le
seconde in gallerie e musei creando
circa 30mila posti di lavoro.
In Italia tra le iniziative realizzate
da privati, quelle del Gruppo Sole24Ore,
promotore di due bandi,
uno per progetti di innovazione
culturale a impatto sociale, rivolto
alle imprese, alla società civile e alle
organizzazioni, ed uno nel settore
dei beni culturali.
Purtroppo, però, l’iniziativa privata,
seppur con apporti finanziari
notevoli, non può sostenersi senza
l’intervento del pubblico; nello
specifico nella proposta avanzata da
Bari vi è anche l’idea di una legge
quadro sullo spettacolo dal vivo, già
firmata e il cui iter approvativo è
in corso, la cui copertura finanziaria
potrebbe essere assicurata dallo
smantellamento dell’Arcus, società
per lo sviluppo dell’arte, della cultura
e dello spettacolo.
Naturalmente l’accoglimento della
proposta di legge, oltre a segnare
una svolta vitale per il settore culturale,
rientrerebbe tra le iniziative
virtuose che hanno reso la Puglia un
modello culturale per l’intero Paese,
ma soprattutto darebbe ulteriore
slancio alle ambizioni di Bari in sede
di candidatura a Capitale Europea
della Cultura 2019.

Un libro?
È sempre un’ottima idea
Dicembre, Natale, è il momento
di fare i regali. Quanto tempo
dedichiamo alla ricerca del dono
giusto, di quello che faccia brillare
gli occhi a chi lo scarterà sotto l’albero?
Eppure non occorre molto per rendere felici
tutti, grandi e piccini. In libreria si può
trovare il regalo perfetto per chiunque. E
poi è così bello soffermarsi tra gli scaffali
MICRO
di Crichton Michael e Preston
Richard
Garzanti
pagine 440
Michael Crichton, autore di bestseller
scomparso nel 2008, firma questo romanzo
la cui stesura, già in fase avanzata
ai tempi della sua morte, è stata
portata a termine da Richard Preston.
La storia parla di una tecnologia rivolu-
di Rosangela Pappalepore
ingombri, sfogliare velocemente le pagine e
scorrere con occhi rapidi le note su autori e
trama. Ecco un regalo che rimane: il libro.
Un romanzo di avventura, uno brillante
che fa spuntare il sorriso sulle labbra,
arte e arte del ricevere, lussuose biografie
fotografiche e anche un pensiero per i lettori
più giovani che tra le pagine vivranno le
prime magiche emozioni.
zionaria messa a punto da una società
di microtecnologie mediche che svolge
misteriose ricerche nel cuore della foresta
hawaiana. I sette giovani e ignari
dottorandi reclutati saranno coinvolti in
un pericoloso esperimento e costretti a
fronteggiare una natura ostile e sconosciuta.
Un thriller spettacolare che unisce
divulgazione scientifica e avventura
in stile Crichton.
REGALO DI NOZZE
di Andrea Vitali
Garzanti
pagine 160
60
Ercole Correnti ha ventinove anni e sta
per sposarsi quando, in una calda domenica
d’agosto, sul lungolago vede
una Fiat 600 bianca uguale alla macchina
sulla quale da bambino aveva fatto
il suo primo viaggio con la mamma, il
papà e lo zio Pinuccio. Indimenticabile,
quella gita e lo zio Pinuccio, insuperabile
cacciaballe, che se ne inventava d’ogni
genere. Solo dopo vent’anni Ercole
riuscirà a scoprire i retroscena di quella
avventura, che per il lettore sarà un
viaggio negli anni del boom: quando la
prima utilitaria era una grande conquista,
e vedere il mare per la prima volta
era un’emozione travolgente.
LA FABBRICA DEGLI ABITI
CESARE CONTEGIACOMO E
di Marina Comei
Laterza
pagine 142
La ricostruzione approfondita e dettagliata,
di una storia di successo “a sorpresa”.
Del come, molto lontano dai
grandi mercati di sbocco del Nord Italia
e dell’Europa, in un territorio nel quale
le condizioni produttive e infrastrutturali
non erano certo ottimali, sia nata e cresciuta
un’industria di grande successo,
che è arrivata sino ai giorni nostri. Una
di quelle eccezioni così importanti alle
grandi leggi della geografia dello sviluppo.
Uno di quei casi che mostrano
come la storia non sia già scritta, e come
uomini e comunità possano rovesciare
destini ovvi e innescare percorsi sorprendenti.

CELEBRATE IN VENICE
di Csaba della Zorza,
foto di Stefano Scatà
Luxury Books
pagine 296
Sette occasioni, tante ricette e consigli
di stile per trasformare in straordinaria
la vostra tavola dei momenti speciali. Il
primo libro di Csaba dalla Zorza interamente
dedicato alla cucina del ricevere.
Le ricette sono sofisticate nella presentazione
e nell’atmosfera, ma non nella
realizzazione, eleganti e ricercate nel
gusto, ma non per questo difficili da preparare.
Le idee spaziano dai piatti della
tradizione veneta a preparazioni ispirate
ai profumi di India e Medioriente.
THEODORE BOONE
L’ACCUSATO
di John Grisham
Mondadori
pagine 250
La serie per ragazzi firmata dal maestro
del legal thriller. Qualunque sia il caso
da risolvere, Theodore Boone è sempre
pronto a intervenire. C’è un solo dettaglio:
ha tredici anni! Ma ha già le idee
molto chiare: vuole diventare un avvocato,
come il padre, la madre e lo zio.
Per questo fornisce consulenze legali
ai suoi compagni di scuola e, quando
capisce che la giustizia sta commettendo
un errore, indaga in prima persona.
Ora si trova coinvolto in un nuovo caso
con un imputato d’eccezione: se stesso!
Come farà a dimostrare di non essere
coinvolto in una rapina?
IL MUSEO IMMAGINATO.
IL SECOLO LUNGO
DELLA MODERNITÀ
di Philippe Daverio
Rizzoli
pagine 544
Dopo il successo de “Il Museo immaginato”,
la penna più impertinente dell’arte
italiana ci accompagna alla scoperta
dell’età moderna, dalla Rivoluzione
Francese alla Prima Guerra mondiale. Il
volume affronta i temi più importanti
della modernità attraverso oltre seicento
opere raccolte tematicamente per vettori
storici. Fra le sale del museo sono previste
anche soste in locali e ristoranti a
tema, dove si immagina di sorseggiare
un caffè o gustare un pranzo circondati
dalle opere di Macchiaioli e Impressionisti.
Un gioco serio, che restituisce il gusto
di leggere il passato attraverso l’arte.
HER MAJESTY
di Reuel Golden,
Christopher Warwick
Taschen
Edizione multilingue:
inglese, francese, tedesco
Un modo per celebrare la straordinaria
vita pubblica e privata della sovrana più
famosa al mondo, in occasione del suo
giubileo di diamante, sessanta anni di
regno. Nata nel 1926, sposata nel 1947,
incoronata regina nel 1953, per oltre sei
decadi Elisabetta II ha svolto il suo ruolo
di sovrana in modo assolutamente impeccabile
e senza compiere passi falsi.
Il volume racconta la sua rimarchevole
61
Un libro al volo
storia attraverso centinaia di eccezionali
fotografie molte delle quali inedite e
tutte raccolte da diversi archivi fotografici
in Europa e negli Stati Uniti, incluso il
Royal Collection.
THE JAMES BOND ARCHIVES
di Paul Duncan
Taschen
pagine 600
“Bond, James Bond”. Da quando Sean
Connery ha pronunciato queste parole
immortali nel 1962, il più celebre agente
segreto della storia del cinema ha guadagnato
l’interesse appassionato di tantissimi
fan in tutto il mondo. L’impeccabile
personaggio nato dalla penna dello
scrittore Ian Fleming è stato protagonista
di 23 film prodotti dalla EON Productions
e interpretato da 6 attori differenti
lungo cinque decenni. Per celebrare i
cinquanta anni di successi cinematografici
il produttore ha aperto i suoi archivi.
L’autore Paul Duncan, ha impiegato due
anni di ricerche per ottenere la raccolta
più completa mai realizzata sul “making
of” della serie dal “Dr. No” (1962) all’ultimo
capitolo “Skyfall” (2012). Le immagini
eccezionali sono accompagnate dal racconto
di oltre 150 voci tra componenti
del cast e della troupe.

Winter
in Puglia, a
Treasure Trove of
Unusual Wonders
An English summary
of this issue’s main articles,
by Gino Lorenzelli
The Experience of Apulian Airports
by Marco Franchini
As Aeroporti di Puglia director general
Marco Franchini remarks, the
experience of a traveler across Puglia
may well start with a happy landing
and has a guaranteed happy ending.
Care for the environment and an
astounding modern infrastructural
system bring always new visitors on
our shores and encourage Apulians
to take off from our airports to discover
the planet. First and foremost,
writes Franchini, the environmental
path taken over the last ten years is
paying incredible benefits, Puglia is
getting attentions from international
travel organizers, food and wine
editors from the world over, archaeological
and historical researchers and
curious first timers who might have
heard of beautiful Puglia but have
no direct experience of it. Franchini
stresses the innovative approach
Aeroporti di Puglia is successfully
pursuing in order to offer the best
services available: from new technologies
applied to energy saving
policies to “old” natural practices, not
to forget a fresh approach to business
agreements between public and
private sectors.
Back to the City
by Mario Spada
Mario Spada starts his foray into
philosophical as well as architectural
terrain through the words of Ugo
Sasso, where the traditional Italian
way of life in old villages serves as
an answer to a disquieting question:
why quality of life in modern cities
is getting worse? The answers Spada
and Sasso give are quite wide,
as there are economical, social as
well as architectural reasons of this
decline. Social cohesion is especially
remarked by both authors as one of
the solutions to a better living, an
environmentally friendly approach to
new constructions. Spada makes an
interesting comparison between the
European concept of modern house
as proposed by the Bauhaus and Le
Corbusier, and the American way as
devised by F.L. Wright. Both views
were breaking from Eighteenth century
cities -- where roads and buildings
were not yet “attacked” by cars
-- and are still a precious template
for modern city planners.
Turks & Caicos, Gems
of the Caribbean
by Rosangela Pappalepore
Turks & Caicos are in fact 40 different
islands and cays, just as diverse
as its people. From the main tourist
center of Providenciales to the quiet
and tranquil islands of North and
Middle Caicos, to the historic Capital
Island of Grand Turk; each one offers
a different experience and a unique
character but all offer year round
great climate, beaches and underwater
activities.
Rosangela Pappalepore notes that
the only true way to tour Turks and
Caicos is to experience each island in
the entire chain. Gorgeous weather
and the warm temperatures of the
Caribbean Sea combined with amazing
aquatic life and stunning coral
formations make Turks and Caicos
62
the perfect destination for your next
scuba diving or snorkeling vacation.
Summer is the best time to snorkel
and dive, when warm weather brings
more underwater sightings of manta
rays and other aquatic life.
Shipwrecks off the shores of Turks
and Caicos can be hundreds of years
old. Places such as Birch’s Lookout,
the Northwest Reef, and the waters
off of Blue Hills are the final resting
places for a host of sunken ships
that were lost in the ocean depths.
On the West Caicos there are breathtaking
coral reefs and underwater
rock walls. Various species of coral
live in these tropical waters and there
is a coral wall that runs for two miles
along the western shore. Here, divers
can scour through some of the most
mature sponge formations anywhere,
including clusters of purple tube
sponges. For bird watchers, the salt
ponds and inland marshes serve as
excellent feeding grounds for resident
and migratory birds. Blue Herons,
Flamingos, Osprey and Pelicans
alongside Egrets, Terns, Frigates,
Boobies and other water birds dot
the landscape from the cliffs. As part
of the National Parks system more
than twelve small cays have been
set aside and protected for breeding
grounds. 170 species of bird can be
found in the Turks and Caicos Islands
from Pelicans and Flamingos to
Osprey and Cuban Crows. The variety
is staggering and the photographs
that have been taken here have been
published across the world.
While in the islands do not miss
Cheshire Hall, one of the key historic
attractions on Providenciales, one
of the most visited islands. The 200
year-old ruins of this former cotton
plantation are striking against
a backdrop of modern day Provo,
as the island is known locally. The

uilding ruins have been carefully
preserved by the National Trust and
offer spectacular views of the island.
Also intriguing are the plantations,
which survived for many years before
soil exhaustion, drought and hurricanes.
The Apulian Aerospace District
by Maria Moretti
The Apulian Aerospace District is…
well, taking off! As Maria Moretti
points out, one of the most strategic
sectors of Apulian high-tech economy
is not only a case study across
the nation and abroad, but most
of all is bringing new occupational
opportunities to an ailing job market,
and not only in Puglia. The Italian
aerospace business cluster, planned
as long ago as 2006, can now count
on over 9 billion euro yearly turnover
and over 39,000 workers, thus
contributing to 8-10% of the Italian
GDP and over 2% of export. Few are
aware though that the coordination
of the Italian aerospace district has
been given to its Apulian branch, as
it was the first to be established in
2009.
Valle d’Itria, the Valley of Desires
by Maria Teresa Cirillo
Between the Ionian and Adriatic
coasts, there is the great limestone
plateau of the Murgia, and at the
heart of the Murge travelers find the
idyllic Valle d’Itria. First time visitors
are astonished to spot curious
circular stone-built houses dotting
the countryside, their roofs tapering
up to a stubby and endearing point.
These are trulli, Puglia’s unique rural
architecture. It’s unclear why the
architecture developed in this way;
one popular story says that it was so
the dry-stone constructions could be
quickly dismantled, to avoid payment
of building taxes. The rolling green
valley is crisscrossed by dry-stone
walls, vineyards, almond and olive
groves and winding country lanes,
and punctuated by the towns of
Alberobello, Locorotondo, Cisternino,
Martina Franca and Ostuni, each
shimmering with charm. In Martina
Franca, without any doubt the cultural
capital of Valle d’Itria, graceful
baroque buildings, airy piazzas and a
web of lanes make up an enchanting
old quarter, Puglia at its most elegant.
This town is the highest in the
Murgia, and was founded in the 10th
century by refugees fleeing the Arab
invasion of Taranto. It only started
to flourish in the 14th century when
Philip of Anjou granted tax exemptions
(franchigie, hence Franca),
becoming so wealthy that a castle
and defensive walls complete with 24
solid bastions were built. The modern-day
town is just as comfortable
and contented as its historic counterpart
and is a prosperous wine-producing
center.
At the heart of Valle d’Itria there is
one of Unesco World Heritage Sites,
Alberobello or the town of trulli.
Stubby pointed roofs, white-tipped
as if dusted by snow, the town is
named after the primitive oak forest
Arboris Belli (beautiful trees) that
once covered this area.
The Most Beautiful Italian Villages
by Pierluigi De Santis
More than a “cold” tourist ranking,
the Club of “the most beautiful
Italian villages “ is a project of ANCI
(National Association of Italian
Municipalities). This project arose
from the need to promote the great
heritage of history, the arts, culture,
environment and traditions found in
small Italian towns which are usually
cut off from the flow of visitors and
63
English summary
tourists. There are in fact hundreds
of small villages in Italy that risk depopulation
and a consequent decline
caused by a situation of marginalization
as regards the economic interests
that gravitate toward tourism
and commercial trends. The goal
of the Club is the preservation of a
great heritage of monuments and
memories that would otherwise be
lost. This is the so-called “smaller”
Italy, albeit its best treasure, hidden
and less known but nonetheless
representing the unfolding of the
millenary history that left indelible
marks. The Club publishes a renowned
guide, where one can find
general or “access” information on
each village. There is also the “Spirit
of the Village” section of the guide,
while the section called “Sights”
gives a brief description of the most
important architectural structures
in the village and surrounding area:
churches, fortresses, public buildings,
residences, streets, squares, views,
etc. The “Pleasures and Flavors” part
of the guide lists all things good and
beautiful in the village.
“Primitivo wine…
and then I can die!”
Katja Brinkmann interviews
Stefan Maiwald
“If sentenced to death I would ask
just one thing: a Primitivo from Manduria”.
Travel writer and journalist
Stefan Maiwald is a true “Italophile”
as German readers have called him,
and among Italian regions he deems
Puglia as one of the best discovers
since he moved to Italy, married and
Italian and happily lives in Grado.
In her interview Katja Brinkmann
describes Stefan Maiwald as a quite
original chap: he travels for work and
does not fly, he rather drives in the
search of lost and forgotten details

of the landscape around, where the
perfect hint for the next piece may
just be at a bus stop. Maiwald writes
for German gourmet and golf
players, a quite demanding public,
in a steady quest for good food,
delicious wines and the perfect golf
green. No wonder that Puglia struck
his readers as much as it impressed
him.
The Pino Pascali Museum
by Stefania Di Mitrio
The Pino Pascali museum foundation
finally found a new home, with a
breathtaking sea view, in an historic
building of Polignano a Mare, Pascali’s
hometown near Bari. The recent
inauguration marked an important
milestone for the memory of Pascali,
one of the most innovative artists
Italy had over the last half century.
Since 1998, when curators Achille
Bonito Oliva and Pietro Marino
launched the Pascali name across the
international scene, quite a lot has
been made to keep his memory and
discover his oeuvres. As an acclaimed
representative of the so called
“poor” art, in good company with
Jannis Kounellis, Mario Merz, Eliseo
Mattiacci and Sergio Lombardo,
Pascali was quite innovative also if
compared with the Sixties Pop Art
movement.
No wonder Pascali works are now
showcased in museums like the
Tate Modern in London, the Centre
Pompidou in Paris, the Mumok in
Vienna, and the Modern Art Museum
in Osaka.
St. Peter’s Church in Bari
by Maria Rosaria Depalo
Once there was a convent… this
may well be the start of story of the
church of St. Peter in Bari, an archaeological
area recently brought to
new life at the heart of the old town
in Bari. The area has undergone very
lengthy and particular restoration
works, and the story of the whole
surrounding is quite unusual. Back
in 1969 the sea view was obstructed
by an old convent, a huge building
turned into a hospital and half destroyed
in 1943, when the Germans
bombed Bari, and again in 1945,
when the British ship Charles Henderson
exploded in the harbor. Now,
after almost 70 years, the beautiful
St. Peter church and its piazza are
back to life.
Asturias
by Giusy Petruzzelli
Asturias is also known as the ‘Spanish
Switzerland ‘ or ‘Green Spain’
due to its lush countryside and high
mountainous areas. There are indeed
high mountainous areas: the Picos
de Europa, the Bosque Atlántico
(the Atlantic forest), the Cordillera
Cantábrica mountains and many
valleys and coastal areas stretching
345 kms. Asturias is separated from
Castilla-León by the mountain range
known as the Cordillera Cantábrica.
The Asturian coastline is made up of
open beaches and steep cliffs with
pretty coves. The Tina Menor, Ribadesella,
Villaviciosa, Avilés, Pravía, Eo,
Navía rivers all flow into the Cantabrican
sea. Asturias vegetation varies
widely, in the area characterized by
its valleys and fast flowing rivers in
the north of the province there are
meadows and forests consisting of
oak, beech, walnut and lime trees
and there are lots of pastures where
animals graze. This is where the ‘the
Picos de Europa’ are situated, some
say they are one of nature’s natural
wonders shared by both Asturias and
Cantabria alike. El Naranjo de Bulnes,
Torre Carredo, Peña Santa are
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just some of the summits here. For
those who are fans of skiing there
are some excellent ski slopes such
as: Valgrande-Pajares which is just
75 kms from Oviedo in the Cordillera
Cantábrica mountain range.
Oviedo, the capital, is the administrative,
commercial and political center
of the province. There are 2 other
important cities ,Gijón, which has the
largest number of inhabitants and is
the most industrial part of the province
as well as being a tourist center.
Avilés is the third largest city in
Asturias. Because of its geographical
position pilgrims making their way to
Santiago de Compostela pass through
this province which forms part of
the Camino de Santiago, making it
an important tourist destination, due
to its historical and artistic heritage
but also for its excellent gastronomy.
Eat out while staying home
by Alessandra Nenna
In a world where everyone can get
everywhere just with a click, and
where “real time” is the buzzword
for just about anything, including
food, eating out can be quite a new
adventure when experienced…, well,
at home.
The HommeFood, Gnammo and
Newgusto phenomena are thus simply
explained: why take the fuss of
reserving a good restaurant, spend
time searching an adequate menu
and face the city traffic when you can
call your chef friend and have she
cater all this in your dining room?
And there is more: you can return
the favor at her place!
These new trends are becoming
quite successful in Puglia thanks to
the recent awareness of our Region
as one of the most gifted in terms
of certified food and wines, not to
forget our famous olive oils.