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Lezione XV - Il Rinascimento artistico; sua ... - Francesco Ridolfi

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committenza ben più prestigiosa, quella del sepolcro per l’infante don Juan, da<br />

erigersi nella chiesa di S. Tomàs ad Avila; nel 1511 l’artista si recò a Granada dove<br />

ebbe modo di studiare i ritratti del principe, nel ’12 ritornò a Carrara per<br />

l’acquisto del marmo e l’esecuzione del sepolcro che fu installato l’anno seguente<br />

nella chiesa del convento di S. Tomàs. Esso si erge, candido e solenne, nel centro<br />

del transetto, ai piedi dell’altare maggiore; il letto funebre, riccamente ornato, su<br />

cui giace il principe, è su un basamento le cui pareti sono decorate da motivi<br />

simmetrici, con santi nei tondi centrali, affiancati da figure allegoriche; magnifici<br />

grifoni si slanciano impetuosi dagli angoli.<br />

<strong>Il</strong> Fancelli ricevette poi dal re Ferdinando la commissione per il sepolcro che<br />

doveva accogliere le sue spoglie e quelle della moglie Isabella, defunta nel 1504.<br />

Per questo motivo egli ritornò a Carrara dove nel ’14 acquistò venticinque carrate<br />

di marmo; il monumento fu compiuto in tre anni ed installato personalmente<br />

dall’autore nella cappella reale della cattedrale di Granada. Esso è più ampio di<br />

quello dell’infante ad Avila, dovendo contenere due figure giacenti; nelle pareti<br />

inclinate sono rappresentati s. Giacomo e s. Giorgio che cavalcano focosi destrieri<br />

e nelle nicchie a conchiglia figure di santi; seduti agli angoli del basamento, i<br />

dottori della Chiesa vegliano il sonno dei re cattolici, i cui volti anche in questo<br />

caso sono stati idealizzati secondo i canoni estetici dell’artista. Nel 1518 gli eredi<br />

del cardinale Ximenes de Cisneros commissionarono a Fancelli il sepolcro di<br />

marmo di Carrara da collocare nella chiesa del collegio di S. <strong>Il</strong>defonso ad Halcalà<br />

de Henares; nello stesso anno il re Carlo I ordinò allo scultore il sepolcro per i<br />

suoi genitori, Filippo di Borgogna e Giovanna la Pazza, ancora in vita, da collocare<br />

nella cappella reale della cattedrale di Granada accanto a quello dei nonni,<br />

Ferdinando e Isabella. Nel frattempo l’artista assume con Antonio Fonseca,<br />

tesoriere generale del regno, l’impegno per le tombe destinate al Pantheon della<br />

famiglia del committente a Coca (Segovia); mentre si accinge a rientrare in Italia<br />

per dare inizio a tutte queste opere, lo scultore muore a Saragozza nel 1519. Tra<br />

le altre opere si ricordano: dieci statue di terracotta (perdute), quattro<br />

acquasantiere, vendute dallo scultore alle cattedrali di Valenza e Toledo (solo due<br />

rimaste nel transetto della cattedrale toledana).<br />

Al conte di Tendilla, come abbiamo visto, e a suo fratello, cardinale don Pedro<br />

Gonzalez de Mendoza che fondò il collegio di S. Croce a Valladolid, ben presto<br />

focolaio di studi e di arte rinascimentale, si deve l’introduzione dello stile italiano<br />

in Castiglia; il marchese del Cenete, figlio naturale del cardinale, portò dall’Italia i<br />

marmi del cortile e della scala per il castello di La Calahorra: furono fatti venire<br />

636 balaustre, 200 tavole di marmo nero, 150 mensole, 72 grandi pezzi vari, un<br />

portale, dei capitelli, zoccoli, lavorati a Genova. Michele Carlone, scultore e<br />

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