“LIEVITO mammifero onorario” - CusMiBio - Università degli Studi di ...
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<strong>“LIEVITO</strong><br />
<strong>mammifero</strong> <strong>onorario”</strong><br />
<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> Milano<br />
Settore Didattico, via Celoria 20, Milano<br />
Laboratorio 105
In<strong>di</strong>ce<br />
1. Conoscenze preliminari p.3<br />
• 1.1 Terminologia e concetti <strong>di</strong> base della genetica classica p. 3<br />
• 1.2 Le leggi <strong>di</strong> Mendel p. 3<br />
• 1.3 Interazioni tra alleli<br />
p. 4<br />
• 1.4 La mitosi p. 5<br />
• 1.5 La meiosi p. 6<br />
2. Importanza <strong>degli</strong> organismi modello nella ricerca biologica<br />
p. 7<br />
• 2.1 Il lievito Saccharomyces cerevisiae come organismo modello<br />
p. 7<br />
• 2.2 Classificazione dei lieviti p. 8<br />
• 2.3 Utilizzo del lievito in biotecnologie tra<strong>di</strong>zionali p. 9<br />
• 2.4 Il ciclo vitale del lievito Saccharomyces cerevisiae p. 9<br />
• 2.5 Il controllo del sesso in S. cerevisiae<br />
p. 10<br />
• 2.6 Il ciclo cellulare <strong>di</strong> S. cerevisiae p. 11<br />
• 2.7 Nomenclatura dei geni <strong>di</strong> lievito p. 13<br />
• 2.8 Isolamento ed utilizzo <strong>di</strong> mutanti <strong>di</strong> lievito temperatura-sensibili p. 13<br />
• 2.9 La scoperta dei mutanti cdc per lo stu<strong>di</strong>o del ciclo cellulare p. 15<br />
3. Cenni <strong>di</strong> biologia molecolare del lievito p. 16<br />
• 3.1 Il genoma del lievito S. cerevisiae p. 16<br />
• 3.2 Clonaggio <strong>di</strong> un gene <strong>di</strong> lievito p. 17<br />
• 3.3 La <strong>di</strong>struzione dei geni e l’analisi dei loro fenotipi p. 18<br />
4. La coltivazione dei lieviti in laboratorio p. 20<br />
• 4.1 Strumentazione e materiali a <strong>di</strong>sposizione p. 20<br />
• 4.2 Principali prefissi e unità <strong>di</strong> misura usati in biologia cellulare e molecolare p. 21<br />
5. Protocolli sperimentali p. 21<br />
• 5.1 Esperimento <strong>di</strong> complementazione p. 21<br />
• 5.2 Norme <strong>di</strong> lavoro p. 23<br />
• 5.3 Coniugazione <strong>di</strong> cellule <strong>di</strong> lievito <strong>di</strong> sesso opposto p. 23<br />
• 5.4 Replica-plating mo<strong>di</strong>ficato p. 23<br />
• 5.5 Osservazione al microscopio <strong>di</strong> cellule <strong>di</strong> lievito selvatiche<br />
e <strong>di</strong> mutanti cdc bloccati in <strong>di</strong>verse fasi del ciclo cellulare p. 24<br />
6. Norme <strong>di</strong> sicurezza in laboratorio p. 25<br />
7. Domande <strong>di</strong> autovalutazione p. 25<br />
8. Glossario p. 28<br />
9. Bibliografia e siti web utili p. 32<br />
10. Concorso “Una settimana da ricercatore” p. 32<br />
2
1. Conoscenze preliminari<br />
1.1 Terminologia e concetti <strong>di</strong> base della genetica classica<br />
Ogni cromosoma può essere immaginato come una successione<br />
lineare <strong>di</strong> geni o loci (singolare, locus). Un gene è il<br />
determinante <strong>di</strong> una caratteristica <strong>di</strong> un organismo; in genere,<br />
co<strong>di</strong>fica per una proteina o un RNA. Si definisce locus il sito<br />
specifico su un cromosoma in cui è localizzato un certo gene<br />
(Fig. 1.1.1). Uno stesso gene può esistere in più forme<br />
alternative, dette alleli. Ogni coppia <strong>di</strong> cromosomi omologhi<br />
contiene la stessa successione <strong>di</strong> geni, ma non necessariamente<br />
la stessa successione <strong>di</strong> alleli. Ad esempio, il gene che controlla<br />
il colore del pelo può esistere in due forme alternative (alleli),<br />
uno che determina pelo nero, l'altro pelo marrone. Quin<strong>di</strong>, se su<br />
un cromosoma in un dato locus è presente l’allele che determina<br />
pelo nero, sul cromosoma omologo nel locus corrispondente<br />
sarà presente lo stesso gene (gene per il colore del pelo), ma<br />
l’allele può essere <strong>di</strong>verso. Ad es. può esservi l’allele che<br />
determina pelo marrone.<br />
Se i due alleli <strong>di</strong> uno stesso gene sono uguali, l’in<strong>di</strong>viduo è<br />
omozigote (ad es. ha genotipo AA oppure aa). Se i due alleli<br />
sono <strong>di</strong>versi, l’in<strong>di</strong>viduo è eterozigote (ad es. il genotipo è Aa).<br />
Un in<strong>di</strong>viduo omozigote produce un solo tipo <strong>di</strong> gamete<br />
relativamente a quel locus (A oppure a). Un in<strong>di</strong>viduo<br />
eterozigote produce due tipi <strong>di</strong> gameti (A e a) in ugual quantità,<br />
cioè in rapporto 1:1.<br />
Il genotipo è la<br />
costituzione genetica<br />
<strong>di</strong> un organismo. Il<br />
fenotipo è la<br />
manifestazione<br />
visibile o in qualche<br />
modo evidenziabile <strong>di</strong><br />
Fig. 1.1.2. Fenotipo, genotipo e ambiente. Il<br />
fenotipo è la risultante dell’interazione <strong>di</strong> tre<br />
fattori: il genotipo, l’azione <strong>di</strong> altri geni e dei loro<br />
prodotti: (ad es. gli ormoni) e l’ambiente (ad es.<br />
l’alimentazione).<br />
1.2 Le leggi <strong>di</strong> Mendel<br />
Fig. 1.1.1. Definizione <strong>di</strong> locus, allele ed altri<br />
termini <strong>di</strong> genetica (ve<strong>di</strong> testo e <strong>di</strong>dascalie<br />
all’interno della Figura)<br />
un carattere genetico. Il fenotipo è determinato dal genotipo,<br />
dall’azione <strong>di</strong> altri geni e dei loro prodotti e dalla sua<br />
interazione con l’ambiente (Fig. 1.1.2). Ad es. la <strong>di</strong>versa<br />
colorazione del pelo dei gatti siamesi nelle regioni del corpo più<br />
esposte al raffreddamento (come zampe, orecchie), è dovuta<br />
all’influenza dell’ambiente (temperatura più bassa).<br />
In genetica, l’accoppiamento tra due in<strong>di</strong>vidui è detto incrocio<br />
ed è rappresentato con il simbolo “x”.<br />
Gregor Mendel a metà dell’Ottocento scoprì le leggi che governano la trasmissione ere<strong>di</strong>taria dei<br />
caratteri monofattoriali (controllati da un singolo gene, detti anche caratteri mendeliani semplici). Le<br />
leggi <strong>di</strong> Mendel, che trovano la loro base biologica nel processo della meiosi (ve<strong>di</strong> più avanti), sono le<br />
seguenti:<br />
- I legge <strong>di</strong> Mendel o legge dell’uniformità della prima generazione ibrida. Essa afferma che l’incrocio<br />
tra in<strong>di</strong>vidui della generazione parentale (o generazione P), ciascuno omozigote per due alleli <strong>di</strong>versi <strong>di</strong><br />
uno stesso gene (ad es. BB x bb) e che quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>fferisce dall’altro genitore per una caratteristica (ad es.<br />
pelo nero o marrone), dà una progenie (detta generazione F1 o prima generazione filiale), costituita da<br />
in<strong>di</strong>vidui tutti identici tra loro (tutti eterozigoti; ad es. Bb) (Fig. 1.2.1).<br />
3
Fig.1.2.1. Prima e seconda legge <strong>di</strong> Mendel. Per<br />
la spiegazione, ve<strong>di</strong> il testo.<br />
eterozigote, produce 1/2 gameti B e 1/2 b. Ne consegue che in F2<br />
nasceranno ad es. figli BB con frequenza 1/2 x 1/2 = 1/4.<br />
- III legge <strong>di</strong> Mendel o legge dell’assortimento in<strong>di</strong>pendente. Essa<br />
afferma che nell’incrocio tra in<strong>di</strong>vidui che <strong>di</strong>fferiscono per due<br />
caratteri controllati ciascuno da coppie alleliche localizzate su<br />
cromosomi <strong>di</strong>versi (ad es., BbSs x BbSs), le due coppie <strong>di</strong> alleli si<br />
assortiscono in<strong>di</strong>pendentemente. Si formano quin<strong>di</strong> da ogni genitore<br />
gameti BS, Bs, bS e bs, ciascuno con frequenza 1/4 (25%). Si ottiene<br />
quin<strong>di</strong> una progenie con fenotipi BS, Bs, bS e bs in rapporto <strong>di</strong><br />
9:3:3:1 (Fig. 1.2.2). La base fisica della III legge <strong>di</strong> Mendel consiste<br />
nel fatto che l’assortimento (segregazione) <strong>di</strong> una coppia <strong>di</strong><br />
cromosomi omologhi è casuale e in<strong>di</strong>pendente dalla segregazione <strong>di</strong><br />
un’altra coppia <strong>di</strong> cromosomi omologhi.<br />
Ciascun genitore della generazione parentale è una linea pura,<br />
cioè è omozigote per quel carattere (ad es. AA). Una linea pura è,<br />
infatti, un insieme <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui, il cui incrocio (ad es. AA x AA)<br />
dà origine ad in<strong>di</strong>vidui sempre con lo stesso carattere dei genitori.<br />
La base fisica dell’uniformità <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui della F1 è costituita<br />
dal fatto che i due genitori BB e bb, essendo omozigoti,<br />
producono, il primo, solo gameti B e, il secondo, solo gameti b.<br />
Ne consegue che gli in<strong>di</strong>vidui della F1 sono tutti eterozigoti Bb,<br />
quin<strong>di</strong> tutti uguali tra loro.<br />
- II legge <strong>di</strong> Mendel o legge della segregazione. Essa afferma<br />
che l’incrocio tra in<strong>di</strong>vidui eterozigoti (Bb x Bb) dà una progenie<br />
(detta generazione F2 o<br />
seconda generazione filiale),<br />
in cui compaiono genotipi<br />
<strong>di</strong>versi in rapporti genotipici<br />
definiti e costanti: 1/4 BB,<br />
1/2 Bb e 1/4 bb (Fig. 1.2.1).<br />
La base fisica della II legge<br />
<strong>di</strong> Mendel è data dal fatto che<br />
nell'in<strong>di</strong>viduo eterozigote Bb<br />
i due alleli (B e b) si separano<br />
(segregano) l’uno dall’altro<br />
durante la formazione dei<br />
gameti. Ogni in<strong>di</strong>viduo della<br />
F1 quin<strong>di</strong>, essendo<br />
1.3 Interazione tra alleli (dominanza completa, incompleta, codominanza)<br />
Fig. 1.2.2. Terza legge <strong>di</strong> Mendel. Per la<br />
spiegazione, ve<strong>di</strong> il testo.<br />
Dato che <strong>di</strong> uno stesso gene possono esistere due o più alleli e che in un in<strong>di</strong>viduo possono essere presenti<br />
due alleli <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> uno stesso gene, il fenotipo risultante <strong>di</strong>penderà dalla interazione tra i due alleli. Le<br />
interazioni tra alleli possono essere <strong>di</strong>:<br />
- dominanza completa, quando un allele, detto allele dominante, maschera completamente l’espressione<br />
dell’altro allele, detto allele recessivo. Ne deriva che il fenotipo dell’in<strong>di</strong>viduo omozigote dominante<br />
(AA) è in<strong>di</strong>stinguibile da quello dell’eterozigote (Aa). Ad es. gli in<strong>di</strong>vidui della F1, in caso <strong>di</strong> dominanza<br />
completa, hanno lo stesso fenotipo <strong>di</strong> uno dei due genitori, cioè fra i due caratteri che si incontrano, uno<br />
solo prevale. In caso <strong>di</strong> dominanza completa, nella II legge <strong>di</strong> Mendel si ottengono rapporti <strong>di</strong><br />
segregazione fenotipica (fenotipi A e a) <strong>di</strong> 3:1.<br />
- codominanza, quando in un eterozigote (Aa) entrambi gli alleli si manifestano fenotipicamente, cioè<br />
vengono espressi entrambi. Un esempio classico si ha nel caso <strong>degli</strong> alleli I A e I B del gruppo sanguigno<br />
ABO.<br />
- dominanza incompleta o dominanza interme<strong>di</strong>a, quando il fenotipo dell’in<strong>di</strong>viduo eterozigote (Aa) è<br />
interme<strong>di</strong>o tra quello dei due omozigoti (AA e aa). Un esempio classico è il colore del fiore Bella <strong>di</strong> notte<br />
4
(Fig. 1.3.1). In caso <strong>di</strong> dominanza interme<strong>di</strong>a, i rapporti <strong>di</strong><br />
segregazione fenotipica in F2 non sono <strong>di</strong> 3:1, ma <strong>di</strong> 1:2:1<br />
(1/4 dei fenotipi è uguale a quello <strong>di</strong> un parentale, 1/2 a quello<br />
<strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui della F1 e 1/4 all'altro parentale).<br />
La teoria cromosomica dell’ere<strong>di</strong>tarietà dei caratteri<br />
stabilisce che i geni sono localizzati sui cromosomi. Quin<strong>di</strong> la<br />
trasmissione dei geni da una cellula somatica ad un'altra<br />
oppure da una generazione all'altra è dovuta alla trasmissione<br />
dei cromosomi. Da qui, l’importanza <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are i cromosomi<br />
e il loro comportamento durante la mitosi e la meiosi.<br />
1.4 La mitosi<br />
Il ciclo cellulare è il programma genetico che sovrintende la<br />
<strong>di</strong>visione delle cellule (Fig. 1.4.1). Il ciclo cellulare è<br />
costituito da 4 fasi: la fase G1 (G = Gap = intervallo) che<br />
prepara alla replicazione dei cromosomi che avviene nella<br />
fase S; la fase G2 che prepara alla mitosi. Quin<strong>di</strong> la mitosi<br />
(fase M) é una fase del ciclo cellulare, anche se spesso si parla<br />
<strong>di</strong> ciclo mitotico.<br />
Fig. 1.4.1. Le varie fasi del ciclo cellulare <strong>di</strong> una cellula eucariotica.<br />
La mitosi è la fase del ciclo cellulare in cui i cromosomi<br />
vengono segregati nelle due cellule figlie che si generano ad<br />
ogni <strong>di</strong>visione cellulare. Ogni cromosoma viene duplicato<br />
durante la fase S, per cui, all’inizio della mitosi ogni<br />
cromosoma è costituito da due copie identiche (dette cromati<strong>di</strong><br />
fratelli ed uniti attraverso il centromero), che si <strong>di</strong>stribuiscono<br />
nelle due cellule figlie al termine della mitosi (Fig. 1.4.2). Nella<br />
mitosi si <strong>di</strong>stinguono 4 sottofasi, chiamate profase, metafase,<br />
anafase e telofase. Gli eventi caratteristici della mitosi visti nel<br />
contesto del ciclo cellulare sono riassunti nella Fig. 1.4.3. La<br />
mitosi termina con la citochinesi, ovvero la <strong>di</strong>visione del<br />
citoplasma. La mitosi porta alla produzione <strong>di</strong> cellule che sono<br />
geneticamente identiche tra loro e alla cellula da cui si sono<br />
originate. La mitosi quin<strong>di</strong> è una <strong>di</strong>visione cellulare che non<br />
genera, normalmente, variabilità genetica.<br />
Fig. 1.3.1. Dominanza interme<strong>di</strong>a. In caso <strong>di</strong><br />
dominanza interme<strong>di</strong>a (detta anche incompleta),<br />
l’in<strong>di</strong>viduo eterozigote ha un fenotipo interme<strong>di</strong>o tra<br />
quello dei due parentali. In questo esempio, i fiori<br />
della generazione parentale sono rossi (in<strong>di</strong>viduo RR)<br />
o bianchi (in<strong>di</strong>viduo rr; gli in<strong>di</strong>vidui eterozigoti (Rr)<br />
hanno fiori rosa.<br />
Fig. 1.4.2. Cromati<strong>di</strong> fratelli. Ogni cromosoma viene<br />
duplicato durante la fase S dell’interfase, che precede<br />
la mitosi. All’inizio della mitosi ogni cromosoma è<br />
pertanto costituito da due copie identiche, dette<br />
cromati<strong>di</strong> fratelli, unite in corrispondenza del<br />
centromero. Al termine della mitosi, vi è la<br />
<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> ciascun cromati<strong>di</strong>o in ciascuna cellula<br />
figlia. Ciò fa sì che le cellule figlie siano<br />
geneticamente uguali tra loro e alla cellula madre.<br />
5
Fig. 1.4.3. La mitosi. Sono riassunti schematicamente gli eventi che accadono in un ciclo mitotico in una ipotetica cellula<br />
contenente due coppie <strong>di</strong> cromosomi e, quin<strong>di</strong> 4 molecole <strong>di</strong> DNA per cellula. I cromosomi si duplicano nella fase S e quin<strong>di</strong> il<br />
numero <strong>di</strong> molecole <strong>di</strong> DNA <strong>di</strong>venta 8 e sin dall’inizio (profase) della mitosi ciascun cromosoma è costituito da due cromati<strong>di</strong><br />
fratelli. In metafase ciascun cromosoma si allinea sulla piastra metafasica ed i due cromati<strong>di</strong> fratelli si separano, migrano ai poli<br />
opposti della cellula in anafase e si separano nelle due cellule figlie dopo la citochinesi (notate la <strong>di</strong>fferenza con la I <strong>di</strong>visione<br />
meiotica in Fig. 1.5.1). Alla fine del processo mitotico il numero <strong>di</strong> molecole <strong>di</strong> DNA e <strong>di</strong> cromosomi rimane costante.<br />
1.5 La meiosi<br />
La meiosi è il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>visone cellulare che porta alla formazione <strong>di</strong> cellule germinali o gameti.<br />
Essa è costituita da due successive <strong>di</strong>visioni cellulari (la I <strong>di</strong>visione meiotica e la II <strong>di</strong>visione meiotica),<br />
precedute da una sola duplicazione del DNA, che avviene nella fase S che precede la I <strong>di</strong>visione meiotica.<br />
Gli eventi della meiosi sono presentati in Fig. 1.5.1.<br />
Fig. 1.5.1. Principali eventi genetici della meiosi. Essi sono: 1) la duplicazione del DNA che avviene una volta<br />
sola, prima che inizi la I <strong>di</strong>visione meiotica; 2) la separazione dei cromosomi omologhi alla meiosi I e 3) la<br />
separazione dei cromati<strong>di</strong> fratelli alla meiosi II. Notare l'appaiamento dei cromosomi omologhi alla meiosi I<br />
con possibilità <strong>di</strong> scambio <strong>di</strong> parti tra essi (crossing-over).<br />
Gli eventi che caratterizzano la prima <strong>di</strong>visione meiotica sono unici tra tutte le <strong>di</strong>visioni cellulari. Dopo la<br />
replicazione del DNA cromosomico durante la fase S, un aspetto chiave della I <strong>di</strong>visione meiotica<br />
consiste nel fatto che i centromeri che uniscono i cromati<strong>di</strong> fratelli rimangono intatti per tutta la durata<br />
della <strong>di</strong>visione e non si separano come accade in mitosi. Con il procedere della <strong>di</strong>visione i cromosomi<br />
omologhi <strong>di</strong> ciascuna coppia si allineano sul piano equatoriale della cellula e, attraverso meccanismi <strong>di</strong><br />
ricombinazione (crossing-over) si scambiano delle parti generando variabilità genetica. Successivamente,<br />
6
i due cromosomi omologhi (ognuno costituito dai due cromati<strong>di</strong> fratelli) vengono tirati ai poli opposti<br />
della cellula generando, dopo la citochinesi, due cellule con un numero ridotto (la metà) <strong>di</strong> cromosomi.<br />
Per tale motivo, la I <strong>di</strong>visione meiotica è anche detta <strong>di</strong>visione riduzionale. Prima della II <strong>di</strong>visione<br />
meiotica non si ha duplicazione del DNA, e solo al termine della II <strong>di</strong>visione meiotica avviene la<br />
separazione dei cromati<strong>di</strong> fratelli <strong>di</strong> ciascun cromosoma. Alla fine dell’intero processo, il numero dei<br />
cromosomi si è ridotto alla metà, per cui partendo da cellule <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong> si sono originate cellule aploi<strong>di</strong>: i<br />
gameti.<br />
2. Importanza <strong>degli</strong> organismi modello nella ricerca biologica<br />
Uno <strong>degli</strong> obiettivi principali della ricerca biologica è certamente quello <strong>di</strong> comprendere le basi<br />
molecolari dei processi che controllano la <strong>di</strong>visione e proliferazione cellulare ed ancora più in generale la<br />
fisiologia <strong>di</strong> una cellula. Alterazioni in questi meccanismi determinano fenomeni patologici che sappiamo<br />
essere la causa <strong>di</strong> molte malattie nell’uomo. La ricerca biome<strong>di</strong>ca ha quin<strong>di</strong> lo scopo <strong>di</strong> comprendere<br />
questi processi biologici per poter migliorare la salute ed il benessere, principalmente, della specie umana.<br />
Tuttavia, l’uomo non è l’organismo più idoneo per la sperimentazione biologica.<br />
Una regola fondamentale della ricerca è quella <strong>di</strong> saper scegliere l’organismo più semplice ed opportuno<br />
per affrontare il problema scientifico a cui si cerca <strong>di</strong> trovare una risposta. Per questo motivo, i biologi<br />
molecolari hanno focalizzato la loro attenzione su alcuni organismi modello che sono particolarmente<br />
utili nella ricerca: tra i più importanti ci sono: il batterio Escherichia coli, il lievito Saccharomyces<br />
cerevisiae, il nematode Caenorhab<strong>di</strong>tis elegans, il moscerino della frutta Drosophila melanogaster, il<br />
pesce Dania rerio (zebrafish), il topo Mus musculus, la pianta Arabidopsis thaliana. E’ oggi<br />
scientificamente <strong>di</strong>mostrato che i meccanismi molecolari che controllano l’espressione dei geni sono<br />
molto simili, e spesso identici, in organismi evolutivamente molto <strong>di</strong>stanti tra <strong>di</strong> loro. Gran parte <strong>degli</strong><br />
stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> biologia molecolare dei geni sono, quin<strong>di</strong>, eseguiti sugli organismi modello e la scelta del<br />
modello più appropriato <strong>di</strong>pende dalle domande alle quali gli scienziati cercano una risposta. Jacques<br />
Monod, premio Nobel nel 1965, a chi gli chiedeva quale fosse la rilevanza generale dei suoi stu<strong>di</strong> sul<br />
controllo dell’espressione dei geni nel batterio Escherichia coli, era solito rispondere: “…quello che è<br />
vero per E. coli è quasi sicuramente vero anche per un elefante”.<br />
Gli organismi modello più utilizzati non sono molti; devono infatti rispondere ad una serie <strong>di</strong> requisiti<br />
pratici e teorici affinché ad essi possano essere applicate le tecnologie della moderna ricerca biologica:<br />
1) il loro utilizzo deve essere economico;<br />
2) devono poter essere tenuti in con<strong>di</strong>zioni controllate <strong>di</strong> laboratorio occupando il minor spazio<br />
possibile;<br />
3) devono avere un ciclo <strong>di</strong> riproduzione rapido;<br />
4) devono originare una progenie numerosa;<br />
5) la sequenza del loro genoma deve essere nota;<br />
6) devono avere caratteristiche che permettano l’applicazione delle più moderne tecnologie<br />
genetiche e molecolari.<br />
2.1 Il lievito come organismo modello nelle ricerca biologica<br />
Il lievito <strong>di</strong> birra Saccharomyces cerevisiae è uno <strong>degli</strong> organismi modello più utilizzati per tutta una serie<br />
<strong>di</strong> caratteristiche che descriveremo in questa <strong>di</strong>spensa, al punto tale che qualche hanno fa nell’ambito <strong>di</strong><br />
una importante manifestazione scientifica è stato nominato “<strong>mammifero</strong> <strong>onorario”</strong> !!!<br />
Tuttavia, altre specie <strong>di</strong> lievito<br />
sono utilizzate in laboratorio per<br />
stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Genetica e Biologia<br />
Molecolare. Tra queste, il lievito<br />
Schizosaccharomyces pombe. A<br />
<strong>di</strong>fferenza <strong>di</strong> S. cerevisiae che si<br />
<strong>di</strong>vide per gemmazione, S.<br />
pombe si <strong>di</strong>vide per scissione<br />
me<strong>di</strong>ana (Fig. 2.1.1). Il primo ha<br />
una forma elissoidale, il secondo<br />
ha una forma a bastoncino.<br />
Fig. 2.1.1. Fotografie al microscopio del lievito gemmante (bud<strong>di</strong>ng) Saccharomyces<br />
cerevisiae e del lievito Schizosaccharomyces pombe.<br />
7
2.2 Classificazione dei lieviti<br />
Sono state catalogate più <strong>di</strong> mille specie <strong>di</strong> lieviti. La maggior parte<br />
appartengono al gruppo <strong>degli</strong> Ascomiceti: sono quin<strong>di</strong> dei funghi<br />
unicellulari. Il fatto <strong>di</strong> essere un eucariote unicellulare rappresenta la<br />
caratteristica più rilevante del suo successo come organismo<br />
modello. Infatti, tali organismi offrono numerosi vantaggi come<br />
modello per la sperimentazione:<br />
− hanno genomi piccoli rispetto ad altri eucarioti e, quin<strong>di</strong>,<br />
un’altrettanto piccolo numero <strong>di</strong> geni (ve<strong>di</strong> più avanti);<br />
− vengono cresciuti in laboratorio in modo molto semplice,<br />
analogamente a quanto si può fare con i batteri;<br />
− nonostante la loro semplicità, le cellule <strong>di</strong> S. cerevisiae hanno le<br />
stesse caratteristiche generali <strong>di</strong> eucarioti multicellulari<br />
(Fig.2.2.1).<br />
I lieviti hanno un nucleo <strong>di</strong>stinto circondato da una membrana<br />
nucleare ed il loro citoplasma è dotato dell’intero corredo <strong>di</strong><br />
organelli cellulari (mitocondri, vacuoli, apparato <strong>di</strong> Golgi etc.)<br />
presenti in altre cellule eucariotiche. Il lievito S. cerevisiae, oltre<br />
che da una tipica membrana cellulare, è circondato all’esterno da<br />
una parete cellulare piuttosto resistente.<br />
Come si può osservare dall’albero filogenetico mostrato in Fig.<br />
2.2.2, il lievito S. cerevisiae è evolutivamente più vicino all’uomo <strong>di</strong><br />
Fig. 2.2.1. Schema della struttura <strong>di</strong> una cellula<br />
del lievito S. cerevisiae. Si può notare che,<br />
nonostante il lievito sia un eucariote<br />
unicellulare, mantiene tutte le strutture e gli<br />
organelli presenti negli eucarioti multicellulari,<br />
quali i mammiferi.<br />
altri eucarioti e, infatti, gran parte delle scoperte scientifiche fatte utilizzando il lievito come organismo<br />
modello si sono <strong>di</strong>mostrate vere anche per i mammiferi, incluso l’uomo.<br />
Fig. 2.2.2. Albero filogenetico che sud<strong>di</strong>vide gli organismi nei tre regni dei BATTERI, ARCHEOBATTERI ed EUCARIOTI. Si può<br />
notare la vicinanza evolutiva del lievito (Saccharomyces) e dell’uomo (Homo).<br />
8
2.3 Utilizzo del lievito in biotecnologie tra<strong>di</strong>zionali<br />
Da migliaia <strong>di</strong> anni il lievito S. cerevisiae è stato "addomesticato" dall’uomo per la produzione <strong>di</strong> pane,<br />
vino e birra. È quin<strong>di</strong> un organismo utilizzato per una serie <strong>di</strong> “processi biotecnologici naturali” <strong>di</strong> cui<br />
oggi si conoscono i meccanismi chimici e molecolari.<br />
Mentre alcuni lieviti utilizzano esclusivamente la respirazione aerobica, altri, in assenza <strong>di</strong> ossigeno,<br />
possono passare ad un processo <strong>di</strong> respirazione anaerobica, chiamato fermentazione. I lieviti fermentanti<br />
producono energia convertendo gli zuccheri in anidride carbonica ed etanolo. Nella fermentazione delle<br />
bevande è utile la produzione dell'etanolo, mentre nella lievitazione del pane l'anidride carbonica gonfia<br />
la pasta e l'alcool (etanolo) evapora.<br />
Un esempio con un substrato <strong>di</strong> glucosio:<br />
C6H12O6 (glucosio) → 2C2H5OH + 2CO2<br />
I produttori <strong>di</strong> birra classificano i lieviti come top-fermenting e bottom-fermenting. I lieviti top-fermenting<br />
(così chiamati perché galleggiano sulla superficie della birra) producono maggiori concentrazioni <strong>di</strong><br />
alcool e preferiscono temperature più alte. Ad esempio S. cerevisiae, produce una birra più fruttata e<br />
dolce, denominata “ale”. I lieviti bottom-fermenting trasformano con la fermentazione una maggior<br />
quantità <strong>di</strong> zuccheri lasciando un sapore più "croccante" e lavorano bene a basse temperature. Fra questi:<br />
Saccharomyces uvarum e Saccharomyces carlsbergensis usati per produrre birre tipo “lager”.<br />
I produttori <strong>di</strong> vino usano <strong>di</strong>fferenti varietà <strong>di</strong> lieviti a seconda del tipo <strong>di</strong> vino e delle con<strong>di</strong>zioni dell'uva.<br />
Troppo zucchero o un'eccessiva concentrazione <strong>di</strong> alcool rallenta la crescita del lievito, perciò per uve con<br />
molto zucchero sono necessari lieviti che ben sopportano elevate concentrazioni zuccherine. Alcuni lieviti<br />
sono selezionati in base agli aromi che tendono a sviluppare. Lieviti naturali sono già presenti sulla<br />
superficie <strong>degli</strong> acini d'uva, perciò il succo d'uva tenderà spontaneamente a fermentare a meno che i<br />
lieviti non vengano fermati con temperature basse o con solfati. Nonostante la maggior parte dei lieviti<br />
rendano la vita dell’uomo più piacevole (essendo utilizzati per produrre pane, birra, vino etc.), un certo<br />
numero <strong>di</strong> specie <strong>di</strong> lieviti, come la Can<strong>di</strong>da albicans, possono causare infezioni nell'uomo (in particolare<br />
malattie della pelle).<br />
2.4 Il ciclo vitale del lievito Saccharomyces cerevisiae.<br />
Le cellule del lievito S. cerevisiae sono <strong>di</strong><br />
forma ellissoidale con un <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> circa 5<br />
micron e si <strong>di</strong>vidono per gemmazione, una<br />
caratteristica che ha reso tale lievito molto utile<br />
per stu<strong>di</strong> sui meccanismi <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione cellulare<br />
(ve<strong>di</strong> più avanti). S. cerevisiae può crescere sia<br />
in uno stato aploide (cioè con una copia <strong>di</strong><br />
ciascun cromosoma e quin<strong>di</strong>, in genere, con<br />
una copia <strong>di</strong> ciascun gene) che in uno stato<br />
<strong>di</strong>ploide (cioè con due copie <strong>di</strong> ciascun<br />
cromosoma). La conversione tra lo stato<br />
aploide a quello <strong>di</strong>ploide è me<strong>di</strong>ata<br />
dall’accoppiamento e quella dallo stato<br />
<strong>di</strong>ploide ad aploide da un processo chiamato<br />
sporificazione (Fig. 2.4.1).<br />
Esistono, inoltre, due tipi sessuali <strong>di</strong> lievito<br />
detti a ed alfa (α). Ceppi <strong>di</strong> lievito, chiamati<br />
eterotallici, <strong>di</strong> tipo sessuale a o alfa possono<br />
essere fatti crescere come ceppi stabili per<br />
indefinite generazioni. Solo se i due tipi<br />
sessuali opposti a e alfa vengono fatti crescere<br />
insieme, le cellule <strong>di</strong> sesso opposto si<br />
accoppiano generando una cellula <strong>di</strong>ploide<br />
a/alfa che può <strong>di</strong>vidersi indefinitamente in tale<br />
stato. Ceppi <strong>di</strong> lievito, detti omotallici,<br />
Fig. 2.4.1. Il ciclo vitale del lievito Saccharomyces cerevisiae. I due ceppi<br />
aploi<strong>di</strong> (a e alfa) possono coniugare e formare il ceppo <strong>di</strong>ploide a/alfa<br />
che, in con<strong>di</strong>zioni limitanti <strong>di</strong> nutrienti, va incontro a sporificazione<br />
rigenerando nel processo meiotico spore aploi<strong>di</strong>.<br />
9
cambiano spontaneamente <strong>di</strong> sesso e, quin<strong>di</strong>, è molto <strong>di</strong>fficile tenerli allo stato aploide, in quanto cellule<br />
<strong>di</strong> sesso opposto e capaci <strong>di</strong> accoppiarsi generando una cellula <strong>di</strong>ploide, si formano spontaneamente senza<br />
la necessità <strong>di</strong> mescolare deliberatamente ceppi <strong>di</strong> sesso opposto.<br />
Ceppi <strong>di</strong> lievito <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong> possono esseri fatti sporificare se vengono messi in con<strong>di</strong>zioni limitanti <strong>di</strong><br />
nutrienti necessari per la crescita. In tali con<strong>di</strong>zioni, le cellule che stavano <strong>di</strong>videndosi mitoticamente<br />
iniziano invece il processo della meiosi, alla fine del quale vengono prodotte 4 cellule aploi<strong>di</strong>, due <strong>di</strong><br />
sesso a e due <strong>di</strong> sesso alfa, che sono i gameti chiamati anche, in questo caso, spore. Le 4 spore sono<br />
contenute all’interno <strong>di</strong> una struttura visibile al microscopio chiamata asco, che racchiude quin<strong>di</strong> i gameti<br />
prodotti da una singola meiosi (Fig. 2.4.2) (riflettete su quanto succede nell’uomo e traete le vostre<br />
conclusioni).<br />
Fig. 2.4.2. Un asco che contiene le 4<br />
spore aploi<strong>di</strong> prodotte durante il<br />
processo meiotico.<br />
Il processo <strong>di</strong> sporificazione ed il fatto che i prodotti <strong>di</strong> ciascuna meiosi siano contenuti in un’unica<br />
struttura è <strong>di</strong> vitale importanza per l’analisi genetica della segregazione dei caratteri in cellule <strong>di</strong> lievito.<br />
Infatti, i gameti prodotti in ogni processo meiotico possono essere prelevati con un apparecchio, chiamato<br />
micromanipolatore (Fig. 2.4.3), che è un microscopio con attaccato un ago che si può muovere in modo<br />
controllato così da andare a rompere gli aschi e prelevare le singole spore (gameti) in esso contenute.<br />
Le spore vengono poi posizionate su terreni <strong>di</strong> coltura soli<strong>di</strong> (capsule <strong>di</strong> Petri, ve<strong>di</strong> più avanti) e ciascun<br />
gamete aploide si <strong>di</strong>viderà generando una colonia <strong>di</strong> cellule.<br />
Tutte le cellule che formano la colonia hanno lo stesso genotipo ed è così possibile, utilizzando opportuni<br />
terreni e con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> crescita, valutare come un certo carattere ha segregato durante la meiosi<br />
(RIPASSARE LE LEGGI DI MENDEL !!! e vedere più avanti).<br />
2.5 Il controllo del sesso in S. cerevisiae<br />
Fig. 2.4.3. Un microscopio con<br />
micromanipolatore utilizzato per la<br />
<strong>di</strong>ssezione <strong>degli</strong> aschi.<br />
Il locus che controlla il sesso del lievito S. cerevisiae viene chiamato MAT. Nel locus MAT, che si trova<br />
sul cromosoma III, possono trovarsi due alleli alternativi dello stesso gene, chiamati, rispettivamente,<br />
MATa e MATalfa. Il sesso <strong>di</strong> ceppi <strong>di</strong> lievito aploi<strong>di</strong> sarà a o alfa a seconda che al locus MAT ci sia<br />
l’allele MATa o MATalfa, che vengono trascritti a partire dal promotore presente nel locus stesso (Fig.<br />
Fig. 2.5.1. Il meccanismo della<br />
determinazione del sesso in S.<br />
cerevisiae. L’allele presente al locus<br />
MAT determina il sesso <strong>di</strong> una cellula<br />
<strong>di</strong> lievito. Me<strong>di</strong>ante meccanismi <strong>di</strong><br />
ricombinazione è possibile che un<br />
ceppo <strong>di</strong> lievito possa cambiare sesso<br />
(vedere testo per i dettagli).<br />
10
2.5.1). Oltre al gene presente sul locus MAT e che determina il sesso, tutte le cellule <strong>di</strong> S. cerevisiae<br />
posseggono ulteriori copie dell’allele a e dell’allele alfa, in regioni sul cromosoma III che fiancheggiano<br />
a destra e a sinistra il locus MAT. Queste due copie dei geni sono però silenti, cioè non espresse perché i<br />
corrispondenti geni non vengono trascritti. È però possibile che il taglio da parte <strong>di</strong> una endonucleasi (che<br />
si chiama HO) a livello del locus MAT induca un evento <strong>di</strong> “trasposizione” per cui il gene <strong>di</strong> sesso<br />
opposto a quello presente sul locus MAT viene prima duplicato e poi traslocato sul locus MAT stesso<br />
determinando la sostituzione dell’allele (<strong>di</strong> sesso opposto) che era precedentemente presente in quella<br />
posizione (Fig. 2.5.1). Ciò determina un cambiamento del sesso <strong>di</strong> lievito!!! Questo meccanismo è anche<br />
denominato meccanismo “a cassetta”, poiché i geni a o alfa che fiancheggiano il locus MAT ricordano<br />
delle musicassette che sono lette solo se inserite nel registratore (il locus MAT), e sostituibili l’una<br />
all’altra.<br />
I geni a e alfa che possono essere presenti al locus MAT co<strong>di</strong>ficano per dei fattori trascrizionali, cioè per<br />
delle proteine che controllano la trascrizione <strong>di</strong> altri geni. A seconda del fattore trascrizionale prodotto<br />
nelle cellule aploi<strong>di</strong> a o alfa (o la presenza <strong>di</strong> entrambi i fattori in cellule <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong>), si determina il sesso<br />
delle cellule aploi<strong>di</strong> o il mantenimento dello stato <strong>di</strong>ploide. Ad esempio, cellule <strong>di</strong> sesso a, producono un<br />
piccolo peptide detto feromone-a ed il recettore per il feromone-alfa. Viceversa, cellule <strong>di</strong> sesso alfa,<br />
producono il feromone-alfa ed il recettore per il feromone-a. La produzione dei rispettivi feromoni, e la<br />
presenza dei recettori, sono alla base del fenomeno della coniugazione tra ceppi aploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> lievito <strong>di</strong> sesso<br />
opposto.<br />
La coniugazione dei ceppi aploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> lievito avviene nella fase G1 del ciclo cellulare (ve<strong>di</strong> più avanti);<br />
l’aggiunta del feromone <strong>di</strong> sesso opposto a quello <strong>di</strong> un certo ceppo <strong>di</strong> lievito (ad esempio l’aggiunta del<br />
feromone-alfa a cellule <strong>di</strong> sesso a) blocca quelle cellule nella fase G1 del ciclo cellulare, permettendo la<br />
coniugazione in presenza <strong>di</strong> cellule del sesso opposto. L’aggiunta <strong>di</strong> feromone-alfa a cellule <strong>di</strong> lievito <strong>di</strong><br />
sesso a, è, per esempio, un ottimo sistema per bloccare le cellule nella fase G1 e sviluppare, quin<strong>di</strong>,<br />
meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> sincronizzazione delle cellule che sono un pre-requisito per stu<strong>di</strong> sui meccanismi molecolari<br />
che controllano la progressione del ciclo cellulare.<br />
2.6 Il ciclo cellulare <strong>di</strong> S. cerevisiae<br />
Abbiamo già visto che per <strong>di</strong>vidersi e proliferare, tutte le cellule eucariotiche devono eseguire<br />
correttamente un programma genetico, definito ciclo cellulare, che sovrintende la corretta replicazione e<br />
segregazione del materiale ere<strong>di</strong>tario nelle cellule figlie. I cromosomi <strong>di</strong> una cellula eucariotica vengono<br />
duplicati in un ristretto intervallo temporale del ciclo cellulare, definito fase S, e segregano nelle cellule<br />
figlie in mitosi (fase M). La fase S e la fase M sono separate da due altre fasi, chiamate G1 e G2<br />
Fig. 2.6.1. Il ciclo cellulare del lievito S. cerevisiae. Pannello a. Il ciclo cellulare mitotico <strong>di</strong> lievito è <strong>di</strong>viso nelle 4 fasi caratteristiche <strong>di</strong> tutte le<br />
cellule eucariotiche. Pannello b. Le cellule <strong>di</strong> S. cerevisiae si <strong>di</strong>vidono per gemmazione. Durante il ciclo cellulare <strong>di</strong> lievito, la <strong>di</strong>mensione della<br />
gemma, la duplicazione ed il posizionamento del centro <strong>di</strong> organizzazione del fuso ed altri parametri morfologici permettono <strong>di</strong> determinare,<br />
attraverso la semplice osservazione al microscopio, lo sta<strong>di</strong>o del ciclo cellulare in cui si trovano le cellule <strong>di</strong> lievito.<br />
M<br />
G2<br />
G1<br />
S<br />
11
(G=Gap=intervallo) (Fig. 2.6.1). La duplicazione dei cromosomi e la loro separazione nelle cellule figlie<br />
sono processi perio<strong>di</strong>ci estremamente precisi ed ogni alterazione in questi processi provoca conseguenze<br />
catastrofiche in quanto, alterando il numero o l’integrità dei cromosomi, si mo<strong>di</strong>fica l’informazione<br />
genetica della cellula. Molte malattie nell’uomo, soprattutto i tumori, sono causate da alterazioni nei<br />
meccanismi <strong>di</strong> controllo del ciclo e della proliferazione cellulare. Per questo, gli stu<strong>di</strong> tesi a comprendere<br />
i meccanismi molecolari che controllano il ciclo cellulare sono stati (e sono) una frontiera della ricerca<br />
biologica. I lieviti S. cerevisae e S. pombe sono stati particolarmente utili per comprendere tali<br />
meccanismi, tanto che due stu<strong>di</strong>osi (Leland Hartwell e Paul Nurse) che hanno lavorato sul ciclo cellulare<br />
dei lieviti hanno ottenuto il Premio Nobel per la Fisiologia e la Me<strong>di</strong>cina nel 2003.<br />
Perché lo stu<strong>di</strong>o del ciclo cellulare del lievito S. cerevisiae è stato così importante? Il primo motivo è<br />
legato proprio alla modalità con cui tale lievito si <strong>di</strong>vide. Infatti, S. cerevisiae si <strong>di</strong>vide per gemmazione<br />
ed è possibile <strong>di</strong>stinguere facilmente in che fase del ciclo cellulare una cellula si trovi, semplicemente<br />
osservando la morfologia della cellula stessa. Come potete osservare nella Fig. 2.6.1b, in fase G1 le<br />
cellule <strong>di</strong> lievito hanno la caratteristica forma ellissoidale; quando entrano nella fase S incominciano ad<br />
emettere la gemma che <strong>di</strong>venta sempre più grossa. Quando le cellule entrano nella fase G2 il nucleo<br />
singolo presente nella cellula madre, si posiziona tra madre e figlia, si allunga poi tra le due cellule e<br />
viene segregato e separato in mitosi. Se si considerano altri particolari, per esempio il centro<br />
dell’organizzazione del fuso (equivalente al cinetocoro nelle cellule <strong>di</strong> <strong>mammifero</strong>) e la lunghezza delle<br />
fibre del fuso mitotico (visibili in Fig. 2.6.1b), si riescono a posizionare le cellule durante il ciclo cellulare<br />
con ancora maggior precisione.<br />
Alla fine della <strong>di</strong>visione si generano due cellule figlie<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni un po’ <strong>di</strong>verse: la “madre” che è più<br />
grossa e la “figlia” (che deriva dalla gemma) più<br />
piccola. Ogni madre può generare più figlie e, ad ogni<br />
“parto”, rimane una cicatrice sulla superficie della<br />
cellula madre in corrispondenza <strong>di</strong> dove si è staccata<br />
la gemma. Tale cicatrice si può colorare ed è visibile<br />
al microscopio, così che contando le cicatrici si può<br />
determinare quante figlie ha fatto una madre ed, in<br />
parte, calcolarne l’età !!! (Fig. 2.6.2).<br />
Un altro aspetto per cui S. cerevisiae è stato<br />
particolarmente utile per stu<strong>di</strong> sul ciclo cellulare è<br />
legato al fatto che le cellule <strong>di</strong> lievito sono facilmente<br />
sincronizzabili. Se si vogliono stu<strong>di</strong>are i meccanismi<br />
che controllano la progressione del ciclo cellulare è<br />
importante avere a <strong>di</strong>sposizione una coltura <strong>di</strong> cellule<br />
che attraversano il ciclo in modo sincronizzato. Non è<br />
per niente facile sincronizzare le cellule. In lievito,<br />
come abbiamo già accennato, questo è relativamente<br />
semplice. Una coltura asincrona <strong>di</strong> cellule <strong>di</strong> sesso a,<br />
in cui le cellule sono presenti in tutte le possibili fasi<br />
del ciclo, può essere bloccata in un momento<br />
specifico della fase G1 aggiungendo il feromone del<br />
sesso opposto (feromone-alfa). Se si tengono le<br />
cellule in presenza <strong>di</strong> tale sostanza per un paio <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>visioni cellulari (circa 3 ore), tutte le cellule si<br />
troveranno in G1, come allineate ai blocchi <strong>di</strong><br />
partenza. Se adesso si raccolgono le cellule e si lava<br />
Fig. 2.6.2 . Fotografie al microscopio a fluorescenza <strong>di</strong> cellule<br />
<strong>di</strong> lievito S. cerevisiae. Quando la cellula figlia si stacca dalla<br />
cellula madre, su quest’ultima viene lasciato un anello <strong>di</strong> una<br />
sostanza chiamata chitina. L’anello <strong>di</strong> chitina può essere<br />
visualizzato con un colorante fluorescente chiamato<br />
calcofluor. L’anello <strong>di</strong> chitina in<strong>di</strong>ca, quin<strong>di</strong>, dove si trovava<br />
la gemma e contando gli anelli <strong>di</strong> chitina su ogni cellula madre<br />
si possono contare il numero <strong>di</strong> cellule figlie generate per<br />
gemmazione.<br />
via il feromone, tutte le cellule partono dallo stesso punto e nello stesso momento, come allo sparo della<br />
partenza <strong>di</strong> una corsa. Si muovono in modo sincrono per un paio <strong>di</strong> generazioni, poi la sincronia viene via<br />
via perduta, ma questo proce<strong>di</strong>mento ha permesso <strong>di</strong> raccogliere man mano cellule che si trovano a<br />
<strong>di</strong>versi sta<strong>di</strong> del ciclo cellulare.<br />
L’ultimo aspetto rilevante, riguarda l’utilizzo <strong>di</strong> mutanti <strong>di</strong> lievito alterati nella funzionalità <strong>di</strong> specifici<br />
geni che controllano la progressione del ciclo cellulare, ma questi verranno descritti più avanti.<br />
12
2.7 Nomenclatura <strong>di</strong> geni <strong>di</strong> lievito<br />
Nel lievito S. cerevisiae i geni vengono in<strong>di</strong>cati con tre lettere dell’alfabeto seguite da un numero e sono<br />
scritti in carattere italico. Per es., il gene TRP1 co<strong>di</strong>fica per un enzima richiesto per il primo passaggio<br />
nella via biosintetica che porta alla sintesi dell’amminoacido triptofano e così il gene LEU2 co<strong>di</strong>fica per il<br />
secondo enzima nella via che porta alla sintesi dell’amminoacido leucina, etc. etc. Geni che portano<br />
mutazioni recessive nei geni in oggetto sono in<strong>di</strong>cati con le lettere minuscole (trp1, leu2 etc.). I fenotipi<br />
selvatici o mutanti sono invece spesso in<strong>di</strong>cati, rispettivamente, come Trp + / Trp – oppure Leu + / Leu – . Con<br />
+ si in<strong>di</strong>ca la capacità <strong>di</strong> sintetizzare triptofano e/o leucina e, quin<strong>di</strong> capacità, <strong>di</strong> crescere in assenza <strong>di</strong> tali<br />
amminoaci<strong>di</strong> nel terreno <strong>di</strong> coltura: organismi prototrofi; con meno, si in<strong>di</strong>ca l’incapacità <strong>di</strong> sintetizzare<br />
gli amminoaci<strong>di</strong> in oggetto e, quin<strong>di</strong>, gli organismi che portano tali mutazioni sono detti mutanti<br />
auxotrofici, e possono crescere solo se il triptofano e/o la leucina vengono aggiunti da noi al terreno <strong>di</strong><br />
coltura.<br />
2.8 Isolamento ed utilizzo <strong>di</strong> mutanti <strong>di</strong> lievito temperatura-sensibili<br />
Altri mutanti estremamente importanti nell’analisi genetica formale sono i mutanti letali con<strong>di</strong>zionali.<br />
Vengono così chiamati mutanti capaci <strong>di</strong> crescere in una certa con<strong>di</strong>zione (detta permissiva) ma incapaci<br />
<strong>di</strong> crescere in una con<strong>di</strong>zione alternativa (detta non-permissiva o restrittiva). Tra i mutanti letali<br />
con<strong>di</strong>zionali più utilizzati ci sono i mutanti temperatura-sensibili che sono capaci <strong>di</strong> crescere ad una<br />
certa temperatura (in lievito normalmente 30°C), ma non ad una temperatura più alta (37°C).<br />
Perché ciò avviene? Qui dobbiamo ricordarci che cosa è una mutazione. La mutazione è un cambiamento<br />
ere<strong>di</strong>tabile nella sequenza nucleoti<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> un gene, per cui il gene mutato può non essere in grado <strong>di</strong><br />
svolgere la funzione tipica del gene selvatico e quin<strong>di</strong> mostra un fenotipo alterato.<br />
Ricordando gli esperimenti <strong>di</strong> Mendel, l’allele che determinava il colore giallo del seme del pisello era<br />
in<strong>di</strong>cato come Y (maiuscolo), mentre quello che determinava il colore verde era in<strong>di</strong>cato come y<br />
(minuscolo). Poiché il pisello è un organismo <strong>di</strong>ploide e quin<strong>di</strong> contiene due copie <strong>di</strong> quel gene possiamo<br />
avere tre possibili situazioni: YY, Yy, yy. Il colore del seme è giallo sia nella situazione YY (omozigote)<br />
che in quella Yy (eterozigote) e questo perché l’allele Y (giallo) è dominante, mentre l’allele y (verde) è<br />
recessivo per cui le piante ver<strong>di</strong> possono essere solo <strong>di</strong> genotipo yy.<br />
I gran<strong>di</strong> vantaggi dell’utilizzo del lievito nell’analisi genetica classica sono essenzialmente due:<br />
1) si può passare dallo stato aploide a quello <strong>di</strong>ploide (e viceversa) con grande facilità;<br />
2) i prodotti <strong>di</strong> ogni meiosi (gameti) sono racchiusi in una struttura (asco), per cui è possibile<br />
analizzare il genotipo <strong>di</strong> ciascun gamete e, quin<strong>di</strong>, è più facile seguire la segregazione <strong>di</strong> un dato<br />
carattere.<br />
Facciamo un esempio pratico. Per prima cosa vogliamo selezionare una mutazione (ad esempio una<br />
mutazione temperatura-sensibile o ts) e controllare se quella mutazione è dominante o recessiva<br />
valutando come il fenotipo associato a quella mutazione segreghi durante la meiosi.<br />
Per in<strong>di</strong>viduare dei mutanti temperatura-sensibili si procede con la tecnica del replica-plating (Fig.<br />
2.8.1).<br />
Si parte da un ceppo <strong>di</strong> lievito selvatico aploide e lo si sottopone al trattamento con un agente che causi<br />
mutazioni (mutageno) al fine <strong>di</strong> aumentare la probabilità <strong>di</strong> trovare i mutanti che cerchiamo. I mutageni<br />
più utilizzati per tali trattamenti sono, solitamente, sostanze chimiche che causano alterazioni nelle basi<br />
azotate del DNA. Dopo il trattamento <strong>di</strong> mutagenesi, un numero adeguato <strong>di</strong> cellule (<strong>di</strong> solito <strong>di</strong>verse<br />
migliaia) vengono piastrate su capsule Petri contenenti terreno <strong>di</strong> coltura solido (piastre madri in Fig.<br />
2.8.1), così che ogni cellula dopo un paio <strong>di</strong> giorni <strong>di</strong>a origine ad una colonia. Si appoggia poi su ciascuna<br />
piastra madre un tampone ricoperto da un panno <strong>di</strong> velluto sterile (Fig. 2.8.2) su cui rimangono attaccate<br />
cellule corrispondenti alle <strong>di</strong>verse colonie ed il velluto viene appoggiato su due nuove piastre (dopo<br />
esserci ricordati <strong>di</strong> orientare le piastre in modo appropriato), che sono poi incubate alla temperatura<br />
permissiva (30°C) o non permissiva (37°C). Dopo un paio <strong>di</strong> giorni, quando sono cresciute nuove colonie,<br />
si confrontano le colonie cresciute sulla piastre tenute alle due <strong>di</strong>fferenti temperature. Un mutante<br />
temperatura-sensibile sarà in grado <strong>di</strong> formare una colonia a 30°C, ma non a 37°C. Operando in questo<br />
modo su un numero elevato <strong>di</strong> cellule avremo ottenuto una collezione <strong>di</strong> mutanti temperatura-sensibili.<br />
Dato che eravamo partiti da un ceppo selvatico aploide la mutazione temperatura-sensibile è in grado <strong>di</strong><br />
generare il fenotipo “incapacità <strong>di</strong> crescere a 37°C” anche se la mutazione è recessiva (come lo sono la<br />
maggior parte delle mutazioni temperatura-sensibili).<br />
13
Fig. 2.8.1. La tecnica del replica-plating per in<strong>di</strong>viduare mutazioni temperatura-sensibili in lievito (ve<strong>di</strong> testo per i dettagli). La stessa<br />
tecnica è utilizzata per in<strong>di</strong>viduare analoghe mutazioni anche nei batteri.<br />
Come facciamo a verificare che la mutazione è davvero<br />
recessiva? Dato che stiamo lavorando con il lievito ciò è<br />
molto semplice: basterà incrociare il ceppo mutante con un<br />
ceppo selvatico <strong>di</strong> sesso opposto e si genererà così un ceppo<br />
<strong>di</strong>ploide. Se la mutazione è recessiva, il ceppo <strong>di</strong>ploide sarà in<br />
grado <strong>di</strong> crescere a 37°C. Se invece la mutazione fosse<br />
dominante ciò non avverrebbe.<br />
Possiamo domandarci anche come segrega il carattere<br />
temperatura–sensibile durante la meiosi. Trattandosi <strong>di</strong> un<br />
carattere monofattoriale, controllato da un singolo gene, ci<br />
aspettiamo che l’eterozigote (cioè il ceppo <strong>di</strong>ploide formato<br />
dalla coniugazione tra un aploide selvatico ed un aploide ts)<br />
<strong>di</strong>a origine a gameti selvatici e mutanti in rapporto 1:1.<br />
Come facciamo a verificare questa ipotesi?<br />
Come mostrato in Fig. 2.8.3, facciamo sporificare un certo<br />
numero <strong>di</strong> cellule <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong> eterozigoti. Con un microscopio<br />
Fig. 2.8.2. Un “replicatore” con il panno <strong>di</strong> velluto<br />
utilizzato nell’esperimento del replica-plating.<br />
munito <strong>di</strong> micromanipolatore proce<strong>di</strong>amo alla <strong>di</strong>ssezione <strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> aschi e <strong>di</strong>sponiamo le 4<br />
spore <strong>di</strong> ciascun asco in linee verticali su una capsula Petri contenente terreno solido che incubiamo alla<br />
temperatura permissiva (30°C). Come si può vedere nel pannello 1 della Fig. 2.8.3 tutte le spore sono in<br />
grado <strong>di</strong> formare colonia eccetto nei due casi in cui durante la procedura abbiamo perso la spora in esame.<br />
Facciamo poi un replica-plating della piastra mostrata nel pannello 1 su una nuova piastra (Fig. 2.8.3,<br />
pannello 2) che viene incubata a 37°C. Si può notare che solo 2 delle 4 spore <strong>di</strong> ciascun asco sono in<br />
grado <strong>di</strong> crescere a 37° C (le due spore selvatiche), <strong>di</strong>mostrando che il carattere “temperatura-sensibile”<br />
segrega in rapporto 1:1 in meiosi (2 spore selvatiche e 2 spore temperatura-sensibili).<br />
14
1 2<br />
Le 4 spore che derivano da 10 aschi (linee verticali) sono state<br />
messe su capsule Petri. Ciascuna spora (dopo alcuni giorni) genera<br />
una colonia. In 2 casi (III e ultima fila, una spora è andata perduta<br />
durante la procedura.<br />
2.9 La scoperta dei mutanti cdc per lo stu<strong>di</strong>o del ciclo cellulare<br />
Tra la fine <strong>degli</strong> anni ‘60 e l’inizio <strong>degli</strong> anni ‘70, Leland Hartwell e Paul Nurse iniziarono un lavoro<br />
pionieristico teso all’in<strong>di</strong>viduazione dei geni che controllano la progressione del ciclo cellulare nei lieviti<br />
S. cerevisiae e Schizosaccharomyces pombe. Poichè l’incapacità <strong>di</strong> progre<strong>di</strong>re attraverso il ciclo cellulare<br />
è letale, Hartwell e Nurse cercarono mutazioni che bloccassero la progressione del ciclo cellulare solo in<br />
particolari con<strong>di</strong>zioni, quin<strong>di</strong>, mutazioni temperatura-sensibili, come abbiamo descritto sopra, così da<br />
poterne stu<strong>di</strong>are le conseguenze trasferendo i mutanti da con<strong>di</strong>zioni “permissive” a con<strong>di</strong>zioni “nonpermissive”<br />
(in genere 37°C). I geni che controllano il ciclo cellulare vennero chiamati geni CDC (le<br />
iniziali <strong>di</strong> Cell Division Cycle).<br />
Come mostrato in Fig. 2.6.1, l’in<strong>di</strong>viduazione<br />
<strong>di</strong> mutanti cdc in S. cerevisiae era facilitata dal<br />
fatto che questo lievito possiede una serie <strong>di</strong><br />
parametri morfologici che possono essere<br />
facilmente seguiti durante il ciclo cellulare.<br />
Mutazioni temperatura-sensibili nei geni CDC<br />
che controllano uno specifico passaggio del<br />
ciclo cellulare sono identificabili perchè le<br />
cellule mutanti si arrestano tutte con la stessa<br />
morfologia (fenotipo terminale), dopo il<br />
trasferimento alle con<strong>di</strong>zioni non-permissive, in<br />
quanto non sono capaci <strong>di</strong> eseguire una<br />
funzione richiesta per il passaggio da uno sta<strong>di</strong>o<br />
all’altro del ciclo cellulare.<br />
Combinando poi nello stesso ceppo due<br />
mutazioni cdc ed osservando il fenotipo<br />
terminale si riesce a stabilire l’or<strong>di</strong>ne temporale<br />
d’azione dei <strong>di</strong>versi geni CDC (Fig. 2.9.1).<br />
Il lavoro iniziale <strong>di</strong> Hartwell (Fig. 2.9.2) ha<br />
portato all’identificazione <strong>di</strong> circa 70 geni CDC<br />
in S. cerevisiae, ma questo numero è risultato<br />
sottostimato in quanto numerosi geni <strong>di</strong> lievito<br />
sono ridondanti e svolgono funzioni simili e<br />
vicariabili tra <strong>di</strong> loro.<br />
È stato fatto un replica-plating delle colonie cresciute nella<br />
piastra mostrata nel pannello A. La nuova piastra è stata incubata<br />
per alcuni giorni a 37°C. Potete notare che in tutti gli aschi con 4<br />
spore solo 2 sono in grado <strong>di</strong> crescere a 37°C, <strong>di</strong>mostrando che il<br />
carattere in esame segrega in rapporto 1:1 in meiosi.<br />
Fig. 2.8.3. La segregazione delle spore <strong>di</strong> un <strong>di</strong>ploide contenente allo stato eterozigote una mutazione temperatura-sensibile e l’analisi del<br />
fenotipo delle spore ci permette <strong>di</strong> verificare che il fenotipo temperatura-sensibile segrega in rapporto 1:1 durante la meiosi.<br />
Fig. 2.9.1. Mutanti cdc bloccati in <strong>di</strong>verse fasi del ciclo cellulare. Il gene<br />
CDC28 co<strong>di</strong>fica per una funzione richiesta per il passaggio dalla fase G1<br />
alla fase S. Infatti, tutte le cellule cdc28 mutanti si bloccano con la<br />
morfologia tipica <strong>di</strong> cellule in G1 (senza gemma) dopo trasferimento alla<br />
temperatura non-permissiva. Il gene CDC7 co<strong>di</strong>fica per una funzione<br />
richiesta per la fase S. Infatti, tutte le cellule mutanti cdc7 hanno la stessa<br />
morfologia (una gemma più piccola della cellula madre, tipica <strong>di</strong> cellule in<br />
fase S). Cellule che portano entrambe le mutazioni si bloccano con la<br />
morfologia tipica dei mutanti cdc28 e non <strong>di</strong> mutanti cdc7, in<strong>di</strong>cando che il<br />
gene CDC28 agisce temporalmente prima del gene CDC7.<br />
15
A B<br />
Fig 2.9.2. Fotografie tratte da uno dei lavori originali che hanno<br />
fruttato ad Hartwell l’assegnazione del premio Nobel. Nel pannello A,<br />
si vedono cellule selvatiche che, anche dopo trasferimento alla<br />
temperatura non-permissiva, hanno cellule senza gemma o con gemma<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>mensioni ad in<strong>di</strong>care che si trovano in <strong>di</strong>versi sta<strong>di</strong> del<br />
ciclo cellulare. Nel pannello B è mostrato un mutante cdc dopo<br />
trasferimento alla temperatura non-permissiva. Si può notare che, in<br />
questo esempio, tutte le cellule hanno una gemma più o meno della<br />
stessa <strong>di</strong>mensione. Le cellule <strong>di</strong> lievito in sospensione sono<br />
appiccicose per cui si vedono spesso coppie <strong>di</strong> cellule.<br />
3. Cenni <strong>di</strong> biologia molecolare del lievito<br />
3.1 Il genoma del lievito S. cerevisiae<br />
La caratterizzazione dei mutanti cdc <strong>di</strong> lievito ha<br />
permesso <strong>di</strong> stabilire un punto estremamente<br />
importante nel controllo del ciclo cellulare:<br />
l’esecuzione <strong>di</strong> eventi tar<strong>di</strong>vi del ciclo <strong>di</strong>pende<br />
dalla corretta esecuzione <strong>degli</strong> eventi precedenti.<br />
Per esempio, una mutazione che blocca la sintesi<br />
del DNA determina l’arresto del ciclo cellulare<br />
nella fase S e previene l’entrata delle cellule in<br />
mitosi e la successiva <strong>di</strong>visione cellulare. Ne<br />
deriva che la mitosi e la <strong>di</strong>visione cellulare<br />
richiedono il precedente completamento della<br />
fase S: le fasi del ciclo sono quin<strong>di</strong> organizzate<br />
in una serie lineare <strong>di</strong> eventi tra loro<br />
inter<strong>di</strong>pendenti. La visione del ciclo cellulare<br />
come una cascata <strong>di</strong> eventi tra loro interconnessi<br />
è risultata applicabile non solo al lievito, ma<br />
anche agli altri eucarioti.<br />
Al lievito sono applicabili sofisticate tecniche <strong>di</strong> tipo genetico, e la conoscenza molecolare<br />
dell’organizzazione del suo genoma è avanzatissima; il lievito presenta, inoltre, ulteriori caratteristiche<br />
che lo rendono un modello eccezionale per lo stu<strong>di</strong>o della funzione molecolare dei geni.<br />
Il lievito S. cerevisiae è il primo organismo <strong>di</strong> cui è stata determinata la sequenza nucleoti<strong>di</strong>ca dell’intero<br />
genoma. La <strong>di</strong>mensione del genoma <strong>di</strong> lievito è <strong>di</strong> 12 megabasi (1.2 x 10 7 paia <strong>di</strong> basi), circa 3 volte più<br />
grande del genoma del batterio Escherichia coli, ma circa 260 volte più piccolo del genoma dell’uomo.<br />
Proprio per questo motivo, i cromosomi del lievito sono <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni ridotte e poco adatti ad una analisi<br />
citogenetica al microscopio; sono, però, analizzabili con tecniche molecolari più analitiche. Infatti, gli<br />
interi cromosomi <strong>di</strong> lievito possono essere separati ed analizzati me<strong>di</strong>ante particolari tipi <strong>di</strong> elettroforesi.<br />
Il numero totale dei geni <strong>di</strong> lievito è circa 6.000, nell’uomo sembrano essere <strong>di</strong> un numero compreso tra<br />
20.000 e 30.000, mentre nel vermicello Caenorhab<strong>di</strong>tis elegans circa 19.000. La semplice comparazione<br />
<strong>di</strong> questi numeri fa sorgere una serie <strong>di</strong> problematiche: se ci limitiamo, infatti, a paragonare il numero dei<br />
geni in <strong>di</strong>versi organismi, l’uomo sembra essere poco più complicato <strong>di</strong> un piccolo nematode lungo 1 mm<br />
(C. elegans) e circa 4 o 5 volte più complesso <strong>di</strong> una cellula <strong>di</strong> lievito. Il numero dei geni non è, quin<strong>di</strong>,<br />
un parametro sufficiente a spiegare la <strong>di</strong>versa complessità evolutiva <strong>degli</strong> organismi.<br />
Il lievito può contenere dei plasmi<strong>di</strong>, come quello denominato 2 micron (dalle sue <strong>di</strong>mensioni), che sono<br />
stati il punto <strong>di</strong> partenza per la costruzione <strong>di</strong> vettori <strong>di</strong> clonaggio che possono essere mantenuti<br />
all’interno <strong>di</strong> cellule <strong>di</strong> lievito. È importante sottolineare un altro punto: il sequenziamento del genoma <strong>di</strong><br />
lievito e lo sviluppo <strong>di</strong> tecnologie genetiche in tale organismo ha permesso l’identificazione <strong>di</strong> tutti gli<br />
elementi strutturali importanti per la <strong>di</strong>namica <strong>di</strong> un cromosoma, quali le origini <strong>di</strong> replicazione del<br />
DNA, i centromeri ed i telomeri. È così oggi possibile costruire e mantenere in cellule <strong>di</strong> lievito dei veri<br />
e propri cromosomi artificiali, chiamati YAC, le iniziali <strong>di</strong> Yeast Artificial Chromosome. Tali cromosomi<br />
artificiali sono uno strumento molto importante per il clonaggio e l’analisi del genoma <strong>di</strong> organismi<br />
complessi, incluso l’uomo.<br />
Per stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> biologia molecolare sulla funzionalità dei geni <strong>di</strong> un certo organismo è essenziale che tale<br />
organismo sia trasformabile. Abbiamo <strong>di</strong>scusso in dettaglio il problema della trasformazione<br />
nell’opuscolo “Bianco o Blu”. In breve, con il termine trasformazione si intende la possibilità <strong>di</strong><br />
introdurre DNA esogeno all’interno dell’organismo in esame. La maggior parte delle cellule, con<br />
l’esclusione <strong>di</strong> alcuni batteri, non sono normalmente trasformabili, ma possono <strong>di</strong>ventarlo se si trattano le<br />
cellule stesse con reagenti che alterano la permeabilità della membrana e/o della parete cellulare, senza<br />
uccidere le cellule. Alternativamente, il DNA può essere introdotto all’interno <strong>di</strong> una cellula me<strong>di</strong>ante<br />
trattamenti fisici (ad es. uno shock elettrico), iniettando <strong>di</strong>rettamente il DNA all’interno della cellula o,<br />
ad<strong>di</strong>rittura, sparando con delle vere e proprie pistole molecolari delle microsfere <strong>di</strong> metallo sulla cui<br />
superficie sono adsorbite molecole <strong>di</strong> DNA.<br />
16
Il lievito non è normalmente trasformabile, ma esistono semplici protocolli sperimentali che, alterandone<br />
la permeabilità, permettono l’introduzione <strong>di</strong> molecole <strong>di</strong> DNA al suo interno con alta efficienza.<br />
Plasmi<strong>di</strong> in cui sono state inserite molecole <strong>di</strong> DNA esogeno (Fig. 3.1.1 e vedere l’opusculo “Bianco o<br />
blu” per ulteriori dettagli) possono essere mantenuti come molecole in grado <strong>di</strong> replicarsi autonomamente<br />
all’interno <strong>di</strong> cellule <strong>di</strong> lievito se contengono nel plasmide stesso un’origine <strong>di</strong> replicazione del DNA <strong>di</strong><br />
lievito (Fig. 3.1.2).<br />
Se poi il plasmide contiene anche un centromero ed i telomeri, si potrà comportare come un cromosoma<br />
artificiale non solo replicandosi in fase S, ma segregando correttamente nelle cellule figlie sia in mitosi<br />
che in meiosi.<br />
3.2 Clonaggio <strong>di</strong> un gene <strong>di</strong> lievito<br />
Isolamento <strong>di</strong><br />
un<br />
gene<br />
Fig. 3.1.1. Per clonare un gene dobbiamo inserire il frammento <strong>di</strong> DNA che lo contiene in un vettore <strong>di</strong> clonaggio (es. un plasmide) ed<br />
introdurre il plasmide ricombinante così generato in un ospite (ad es. E. coli o lievito) capace <strong>di</strong> replicarlo.<br />
Fig. 3.1.2. Schema <strong>di</strong> un plasmide in grado <strong>di</strong> replicarsi sia in lievito che in E. coli. Il<br />
plasmide può replicarsi in cellule <strong>di</strong> E. coli perché contiene un’origine <strong>di</strong> replicazione (ori)<br />
riconosciuta da quell’organismo ed in cellule <strong>di</strong> lievito perché contiene l’origine <strong>di</strong><br />
replicazione del plasmide <strong>di</strong> lievito denominato 2 micron (2 micron ori). Il plasmide contiene<br />
anche un marcatore per la selezione in E. coli (Amp r , che conferisce resistenza all’ampicillina)<br />
ed un marcatore per la selezione in lievito (URA3 che conferisce la capacità a cellule Ura - <strong>di</strong><br />
crescere in assenza <strong>di</strong> uracile nel terreno).<br />
È possibile costruire dei plasmi<strong>di</strong> in cui siano stati clonati pezzi <strong>di</strong> DNA, che nel loro insieme,<br />
rappresentano tutto il genoma <strong>di</strong> lievito. Tale concetto prende il nome <strong>di</strong> libreria o banca o genoteca <strong>di</strong><br />
DNA. Che cos’è, quin<strong>di</strong> una libreria <strong>di</strong> DNA <strong>di</strong> un certo organismo? Una libreria <strong>di</strong> DNA è una<br />
popolazione <strong>di</strong> vettori identici, ma ognuno contenente un inserto <strong>di</strong>verso del DNA <strong>di</strong> quell’organismo<br />
così che l’intera popolazione <strong>di</strong> plasmi<strong>di</strong> ricombinanti sia rappresentativa dell’intero genoma (Fig. 3.2.1).<br />
17
A cosa può servirci una banca <strong>di</strong> DNA <strong>di</strong> lievito? Supponiamo<br />
che la banca <strong>di</strong> DNA sia stata costruita in un vettore plasmi<strong>di</strong>co in<br />
grado <strong>di</strong> replicarsi all’interno <strong>di</strong> una cellula <strong>di</strong> lievito e che<br />
contenga anche un gene marcatore la cui espressione sia<br />
facilmente analizzabile in cellule <strong>di</strong> lievito. Ad es., se il plasmide<br />
contiene il gene URA3, e trasformiamo cellule <strong>di</strong> lievito che siano<br />
mutanti ura3 (cioè mutanti auxotrofi incapaci <strong>di</strong> crescere in<br />
assenza <strong>di</strong> uracile nel terreno) le cellule <strong>di</strong> lievito che hanno<br />
introdotto al loro interno (dopo trasformazione) il plasmide che<br />
porta il gene URA3 selvatico saranno riconoscibili, in quanto il<br />
loro genotipo per quello che riguarda quello specifico gene è<br />
<strong>di</strong>ploide URA3/ura3. Poiché la mutazione ura3 è recessiva, le<br />
cellule che hanno introdotto il plasmide <strong>di</strong>venteranno capaci <strong>di</strong><br />
crescere in assenza <strong>di</strong> uracile, cosa che non sono in grado <strong>di</strong> fare<br />
se non sono state trasformate.<br />
Supponiamo ora che il nostro ceppo <strong>di</strong> lievito mutante ura3<br />
contenga anche un’altra mutazione temperatura-sensibile in uno<br />
dei geni CDC che controllano il ciclo cellulare, ad es. una<br />
mutazione nel gene CDC28. Avendo a <strong>di</strong>sposizione il mutante<br />
cdc28 ed una banca <strong>di</strong> DNA <strong>di</strong> lievito prodotta clonando i<br />
frammenti <strong>di</strong> un ceppo <strong>di</strong> lievito selvatico, possiamo cercare <strong>di</strong><br />
clonare il gene CDC28 che è alterato nel mutante. Come si può<br />
fare?<br />
Trasformiamo il ceppo contenente le mutazioni ura3 e cdc28 con<br />
la banca preparata in un vettore che contiene il gene URA3<br />
selvatico più tutti gli altri frammenti <strong>di</strong> DNA che rappresentano<br />
nel loro insieme il genoma <strong>di</strong> lievito. Selezioniamo prima le<br />
cellule trasformate, cioè quelle che hanno introdotto i plasmi<strong>di</strong><br />
della banca, andando a cercare le cellule che saranno <strong>di</strong>ventate<br />
Ura + , cioè capaci <strong>di</strong> crescere in assenza <strong>di</strong> uracile. Queste<br />
dovrebbero però essere temperatura-sensibili, cioè incapaci <strong>di</strong><br />
crescere alla temperatura non-permissiva perché contenevano la<br />
mutazione cdc28. Le cellule trasformate, però, da quel vettore<br />
della libreria che contiene il frammento <strong>di</strong> lievito portante il gene<br />
CDC28 selvatico saranno <strong>di</strong>ventate temperatura-resistenti se la<br />
mutazione cdc28 (come è il caso) fosse recessiva.<br />
In questo modo sono stati clonati tutti i geni CDC e dal loro<br />
stu<strong>di</strong>o è stata compresa la funzione <strong>di</strong> ciascuno <strong>di</strong> essi. Il concetto<br />
è però ancora più generale: utilizzando la logica sopra descritta,<br />
sono stati clonati tutti i geni <strong>di</strong> lievito per i quali erano <strong>di</strong>sponibili<br />
mutazioni che conferissero fenotipi osservabili sperimentalmente.<br />
3.3 La <strong>di</strong>struzione dei geni e l’analisi dei loro fenotipi<br />
Fig. 3.2.1. Costruzione <strong>di</strong> una libreria <strong>di</strong><br />
DNA in un vettore plasmi<strong>di</strong>co. Diversi<br />
frammenti <strong>di</strong> DNA <strong>di</strong> un organismo (colori<br />
<strong>di</strong>versi) sono inseriti nello stesso vettore <strong>di</strong><br />
clonaggio, ed i plasmi<strong>di</strong> ricombinanti<br />
vengono utilizzati per trasformare cellule<br />
<strong>di</strong> E. coli o lievito. Nella popolazione <strong>di</strong><br />
plasmi<strong>di</strong> ricombinanti è rappresentato tutto<br />
il genoma dell’organismo utilizzato per la<br />
preparazione della libreria.<br />
Con il sequenziamento d’interi genomi è oggi possibile iniziare a domandarsi qual è la funzione <strong>di</strong> ogni<br />
singolo gene <strong>di</strong> un organismo. Uno <strong>degli</strong> approcci sperimentali più utilizzati è quello <strong>di</strong> eliminare la<br />
funzione <strong>di</strong> un gene e <strong>di</strong> verificare se la mancanza <strong>di</strong> quello specifico gene causi un fenotipo osservabile.<br />
Dal fenotipo che si osserva si possono ricavare informazioni importanti sulla funzionalità <strong>di</strong> quel gene. È<br />
ovvio che eliminare la funzione <strong>di</strong> un gene ha effetti molto <strong>di</strong>versi a seconda che tale operazione venga<br />
eseguita su una cellula (o organismo) aploide o <strong>di</strong>ploide. In una cellula <strong>di</strong>ploide se si <strong>di</strong>strugge una copia<br />
del gene è probabile che la copia rimasta intatta possa essere sufficiente per mantenere la sua funzione e,<br />
quin<strong>di</strong>, non si genera alcun fenotipo alterato. Al contrario, se si tratta <strong>di</strong> un organismo aploide, la<br />
<strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> un gene può causare la morte della cellula se il gene co<strong>di</strong>fica per una funzione essenziale<br />
per la vitalità cellulare. Ancora una volta, il lievito S. cerevisiae, per la sua possibilità <strong>di</strong> passare dallo<br />
stato <strong>di</strong>ploide a quello aploide e viceversa, è stato essenziale per iniziare a porsi domande analoghe a<br />
quelle sopra descritte.<br />
18
Fig. 3.3.1. Eventi <strong>di</strong> ricombinazione (crossing-over) durante la I<br />
<strong>di</strong>visione meiotica danno origine a scambi <strong>di</strong> DNA tra cromosomi<br />
omologhi.<br />
Inoltre, il lievito è stato molto utile per<br />
sviluppare ed eseguire esperimenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione<br />
genica. Infatti, in cellule <strong>di</strong> S. cerevisiae<br />
fenomeni <strong>di</strong> ricombinazione avvengono quasi<br />
esclusivamente tra sequenze <strong>di</strong> DNA omologhe<br />
(che presentano cioè omologie nella sequenza<br />
nucleoti<strong>di</strong>ca del DNA). Con il termine <strong>di</strong><br />
ricombinazione si intendono tutti quei<br />
meccanismi che determinano scambi <strong>di</strong> materiale<br />
genetico. Ad es., abbiamo visto che durante la I<br />
<strong>di</strong>visione meiotica i cromosomi omologhi si<br />
appaiano e si scambiano materiale genetico<br />
attraverso eventi chiamati crossing-over (Fig.<br />
3.3.1).<br />
Come già accennato tali eventi sono essenziali<br />
per creare variabilità genetica. Quando un<br />
frammento <strong>di</strong> DNA esogeno viene introdotto<br />
all’interno <strong>di</strong> una cellula tramite trasformazione,<br />
se non può replicarsi, viene generalmente degradato dalla cellula stessa. In una piccola percentuale <strong>di</strong><br />
casi, però, tale frammento <strong>di</strong> DNA può integrarsi tramite fenomeni <strong>di</strong> ricombinazione all’interno dei<br />
cromosomi della cellula ospite. Nella maggior parte dei casi (ad es. in cellule <strong>di</strong> <strong>mammifero</strong>) tale<br />
integrazione avviene a caso, secondo meccanismi, detti <strong>di</strong> ricombinazione illegittima, che non<br />
richiedono omologie <strong>di</strong> sequenza nucleoti<strong>di</strong>ca. Nel lievito la maggior parte <strong>degli</strong> eventi <strong>di</strong> integrazione<br />
avviene, invece, attraverso dei meccanismi <strong>di</strong> ricombinazione omologa tra sequenze presenti sul tratto <strong>di</strong><br />
DNA inserito nella cellula tramite trasformazione e sequenze omologhe sui cromosomi <strong>di</strong> lievito. Come<br />
mostrato in Fig. 3.3.2, per inattivare un gene X <strong>di</strong> nostro interesse si introduce in una cellula <strong>di</strong>ploide <strong>di</strong><br />
lievito un frammento <strong>di</strong> DNA che contenga, ai lati <strong>di</strong> un marcatore selezionabile (come il gene URA3<br />
<strong>di</strong>scusso poco sopra) sequenze identiche alle zone fiancheggianti (a destra e sinistra) il gene che si vuole<br />
“<strong>di</strong>struggere”. Il frammento introdotto nella cellula tramite trasformazione non può replicarsi perché privo<br />
<strong>di</strong> un’origine <strong>di</strong> replicazione del DNA riconosciuta dal lievito e, quin<strong>di</strong>, il suo destino è quello <strong>di</strong> venire<br />
perso (la maggior parte dei casi) o <strong>di</strong> inserirsi all’interno del cromosoma <strong>di</strong> lievito me<strong>di</strong>ante un doppio<br />
crossing-over (Fig. 3.3.2a). Questo è un evento raro, ma selezionabile dal fatto che le poche cellule che<br />
avranno subito tale processo saranno Ura + perché hanno introdotto il gene marcatore URA3. Tali cellule<br />
Fig. 3.3.2. Un esperimento <strong>di</strong> “<strong>di</strong>struzione genica” in lievito. Vedere testo per i dettagli.<br />
19
saranno positivamente selezionabili su un terreno privo <strong>di</strong> uracile, se avremo avuto l’accortezza <strong>di</strong><br />
eseguire l’esperimento su mutanti auxotrofi Ura - . L’evento d’integrazione porta all’inattivazione del gene,<br />
dato che il gene X è essenzialmente stato sostituito dal gene marcatore URA3. Se l’esperimento è stato<br />
eseguito in modo tale che l’integrazione avvenga su una sola delle 2 copie del gene X, potremo anche<br />
riuscire a valutare se il gene X co<strong>di</strong>fica o meno per una funzione necessaria per la vitalità cellulare. Se,<br />
infatti, facciamo sporificare il ceppo <strong>di</strong>ploide che contiene la <strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> una copia del gene X cosa ci<br />
aspettiamo <strong>di</strong> trovare? Se il gene X co<strong>di</strong>fica per una funzione necessaria per la vita, le due spore con il<br />
gene inattivato che verranno prodotte in meiosi non saranno vitali e non potranno dare origine ad una<br />
colonia. Viceversa, se il gene X co<strong>di</strong>fica per una funzione non essenziale per la vitalità cellulare ci<br />
aspettiamo che tutte e 4 le spore siano vive e <strong>di</strong>ano origine a colonie (Fig. 3.3.2b). Questa procedura è<br />
stata applicata sistematicamente a tutti i 6.000 geni <strong>di</strong> lievito e si è incominciato a capire quanti sono i<br />
geni essenziali e quanti quelli non essenziali. Nel lievito circa un terzo dei geni co<strong>di</strong>ficano per funzioni<br />
necessarie per la vita.<br />
Esperimenti analoghi a quello sopra descritto possono oggi essere compiuti anche in mammiferi, ma la<br />
loro esecuzione è estremamente più <strong>di</strong>fficile che in lievito, perchè nei mammiferi, a <strong>di</strong>fferenza da quanto<br />
accade in lievito, la maggior parte <strong>degli</strong> eventi <strong>di</strong> integrazione non avvengono su sequenze omologhe <strong>di</strong><br />
DNA. La ricombinazione omologa funziona, quin<strong>di</strong>, come una specie <strong>di</strong> bisturi molecolare per inserire<br />
frammenti <strong>di</strong> DNA in posizioni precise sui cromosomi.<br />
4. La coltivazione dei lieviti in laboratorio<br />
I lieviti sono coltivati in laboratorio facendoli crescere in opportuni terreni <strong>di</strong> coltura. I terreni <strong>di</strong> coltura<br />
contengono tutti quei materiali biologici o sintetici in grado <strong>di</strong> fornire un ambiente ottimale per la crescita<br />
del lievito in questione. A tale scopo, sono stati sviluppati decine <strong>di</strong> terreni <strong>di</strong>versi. I componenti dei<br />
terreni più comuni possono comprendere estratti <strong>di</strong> lieviti, peptone (derivato dall’idrolisi parziale <strong>di</strong><br />
proteine), etc. Questi composti sono chimicamente poco definiti, per cui i terreni che li contengono sono<br />
solitamente chiamati terreni complessi o massimi. Spesso vengono però utilizzati terreni a composizione<br />
chimica ben definita, chiamati terreni sintetici o minimi. A questi terreni si aggiungono zuccheri, <strong>di</strong><br />
solito glucosio, come ulteriore fonte d’energia.<br />
I lieviti possono crescere sia in terreni liqui<strong>di</strong> che in terreni soli<strong>di</strong>. In questo ultimo caso, viene aggiunto<br />
al terreno liquido un agente gelificante come l’agar, un polisaccaride complesso che ad alta temperatura è<br />
liquido, ma che a temperatura ambiente determina la soli<strong>di</strong>ficazione del terreno. Sia in terreno liquido che<br />
in terreno solido, i lieviti crescono meglio a con<strong>di</strong>zioni ambientali definite <strong>di</strong> temperatura, <strong>di</strong> pH, <strong>di</strong><br />
aerazione, etc. La temperatura ottimale per la crescita <strong>di</strong> S. cerevisiae è normalmente <strong>di</strong> 30°C. Cellule<br />
selvatiche <strong>di</strong> S. cerevisiae in con<strong>di</strong>zioni ottimali <strong>di</strong> coltura si <strong>di</strong>vidono circa ogni 70-90 minuti, un tempo<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>visione circa 4 volte più lungo <strong>di</strong> quello <strong>di</strong> un batterio (20 min.), ma molto più breve del tempo <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> altre cellule eucariotiche in coltura (cellule umane in coltura si <strong>di</strong>vidono circa ogni 24 ore).<br />
In un terreno liquido è possibile seguire la crescita dei lieviti sia contando <strong>di</strong>rettamente il loro numero al<br />
microscopio, sia misurando, con l’utilizzo <strong>di</strong> uno spettrofotometro, l’aumento della torbi<strong>di</strong>tà della coltura<br />
che è funzione del numero <strong>di</strong> lieviti presenti nel terreno. Lieviti piastrati su terreni <strong>di</strong> coltura soli<strong>di</strong><br />
daranno origine ad una colonia nell’arco <strong>di</strong> 1-2 giorni.<br />
4.1 Strumentazione e materiale a <strong>di</strong>sposizione<br />
capsule Petri<br />
carta<br />
beuta e becker<br />
camice guanti<br />
monouso<br />
cilindro graduato<br />
stuzzicadenti anse<br />
sterili<br />
microscopio<br />
incubatore<br />
20
Terreni <strong>di</strong> crescita per Saccharomyces cerevisiae<br />
Terreno liquido massimo<br />
M + G (Massimo + Glucosio)<br />
Estratto <strong>di</strong> lievito 10 g<br />
Peptone<br />
g<br />
20<br />
H20<br />
pH 5.4<br />
fino a 1000 ml<br />
Al momento dell’uso aggiungere glucosio alla<br />
concentrazione finale del 2% (soluzione base <strong>di</strong><br />
glucosio al 50% in H20; 250 g <strong>di</strong> glucosio e H20<br />
fino a 500 ml).<br />
Terreno solido massimo<br />
M + G + agar al 2 %<br />
Preparazione del terreno minimo per la selezione dei <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong><br />
Autoclavare 344 ml <strong>di</strong> acqua con 8 grammi agar in una bottiglia da 500 ml. L’agar soli<strong>di</strong>ficherà nella<br />
bottiglia.<br />
Sciogliere l’acqua e agar <strong>di</strong> una bottiglia in bagnetto a 100°C o in microonde e raffreddare a 65°C.<br />
Aggiungere ad una bottiglia i seguenti nutrienti:<br />
• 16 ml Glucosio (50% peso/volume)<br />
• 40 ml YNB 10 x (6,7 grammi/100ml) YNB = yeast nitrogen base (Difco)<br />
Mescolare e versare il terreno nelle capsule petri.<br />
4.2 Principali prefissi e unità <strong>di</strong> misura usati in biologia cellulare e molecolare<br />
Prefisso Simbolo<br />
Multiplo o<br />
sottomultiplo<br />
Esempio Quantità Simbolo Equivalente<br />
chilo k 10 3 1 kg è 1.000 grammi litro l<br />
centi c 10 -2 10<br />
1 cm è 0.01 <strong>di</strong> un metro millilitro ml<br />
-3 l<br />
(1 mL=1 cm 3 =1<br />
cc)<br />
milli m 10 -3 1 mL è 10 -3 <strong>di</strong> un litro microlitro µl<br />
10 -6 l<br />
(1 µL = 1 mm 3 )<br />
micro µ 10 -6 1 µm è 10 -6 <strong>di</strong> un metro<br />
nano n 10 -9 1 ng è 10 -9 <strong>di</strong> un<br />
grammo<br />
pico p 10 -12 1 pg è 10 -12 <strong>di</strong> un<br />
grammo<br />
5. Protocolli sperimentali<br />
5.1 Esperimento <strong>di</strong> complementazione<br />
Come si può stabilire se due mutazioni che provocano<br />
un certo fenotipo riguardano lo stesso gene (in tal<br />
caso sarebbero due alleli mutanti), oppure riguardano<br />
due geni <strong>di</strong>versi?<br />
Per poter rispondere a questa domanda si fa un test <strong>di</strong><br />
complementazione.<br />
In un esperimento classico <strong>di</strong> complementazione si<br />
incrociano in<strong>di</strong>vidui parentali omozigoti per<br />
mutazioni <strong>di</strong>verse a generare in<strong>di</strong>vidui eterozigoti. Se<br />
le mutazioni sono alleliche (riguardano cioè lo stesso<br />
gene), la prole eterozigote conterrà allo stesso locus<br />
solo alleli mutati e quin<strong>di</strong> fenotipo mutante: m1/m1<br />
Fig. 5.1.1. Schema generale dell’esperimento <strong>di</strong> complementazione.<br />
21
X m2/m2 = m1/m2 cioè fenotipo mutante (Fig. 5.1.1).<br />
Se le mutazioni si manifestano in due loci <strong>di</strong>fferenti, ciascuno dei parentali omozigoti possiede geni<br />
selvatici nell’altro locus. In tal modo la prole eterozigote ere<strong>di</strong>ta un allele mutante ed uno selvatico in<br />
ciascun locus. In tal caso le mutazioni si complementano e la progenie eterozigote mostra fenotipo<br />
selvatico (Fig. 5.1.1).<br />
m1/m1 M2/M2 X M1/M1 m2/m2 = m1/M1 M2/m2<br />
cioè fenotipo selvatico<br />
L’esperimento <strong>di</strong> complementazione è facilmente verificabile nel lievito S. cerevisiae <strong>di</strong>sponendo <strong>di</strong> 2<br />
mutanti aploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> sesso <strong>di</strong>verso che contengono mutazioni in due geni <strong>di</strong>versi che controllano richieste<br />
nutrizionali (mutanti auxotrofi) <strong>di</strong>stinte.<br />
Pren<strong>di</strong>amo due ceppi <strong>di</strong> lievito aploi<strong>di</strong> noti con la sigla K699 e K217.<br />
Caratteristiche genetiche importanti del genotipo dei due ceppi che riguardano le loro esigenze<br />
nutrizionali ed il sesso sono in<strong>di</strong>cate qui sotto (ricordatevi la nomenclatura <strong>di</strong> geni <strong>di</strong> lievito: geni selvatici<br />
in maiuscolo, geni mutati in minuscolo; il tutto scritto in italico; inoltre un secondo numero specifica<br />
quale, fra le tante mutazioni, caratterizza il gene mutato):<br />
K699 = MATa ade2-1 trp1-1 his3-115 ura3 leu2-3,112 LYS2<br />
K217 = MATalfa ADE2 TRP1 HIS3 URA3 LEU2 lys2<br />
Cosa vuol <strong>di</strong>re?<br />
K699 è <strong>di</strong> sesso a e porta mutazioni in geni richiesti per la sintesi dell’adenina (ade2-1), del triptofano<br />
(trp1-1), dell’isti<strong>di</strong>na (his3-115), dell’uracile (ura3) della leucina (leu2-3), mentre il gene LYS2 richiesto<br />
per la sintesi della lisina è selvatico. Le colonie <strong>di</strong> questo ceppo potrebbero apparire rosse, a causa<br />
dell’accumulo <strong>di</strong> un metabolita rosso che deriva dalla via biosintetica a monte <strong>di</strong> ade2.<br />
K217 è <strong>di</strong> sesso alfa, porta una mutazione in un gene richiesto per la sintesi della lisina (lys2), mentre<br />
porta alleli selvatici in corrispondenza dei geni che sono mutati nel ceppo K699.<br />
Cosa succede se si mettono in contatto (si <strong>di</strong>ce “si incrociano”) i due ceppi aploi<strong>di</strong> K699 e K217?<br />
Essendo due ceppi <strong>di</strong> sesso opposto potranno coniugare e generare un ceppo <strong>di</strong>ploide.<br />
Possiamo selezionare in un qualche modo le cellule <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong> che si possono formare durante l’incrocio?<br />
Poiché i due ceppi aploi<strong>di</strong> hanno richieste nutrizionali <strong>di</strong>stinte (uno richiede l’aggiunta <strong>di</strong> uracile, l’altro<br />
<strong>di</strong> lisina) dovute a mutazioni recessive in due geni <strong>di</strong>stinti, il ceppo <strong>di</strong>ploide che ne deriverà sarà<br />
eterozigote per entrambe le mutazioni (che quin<strong>di</strong> si complementeranno) ed avrà, quin<strong>di</strong>, fenotipo<br />
selvatico. Ne deriva che su una piastra <strong>di</strong> terreno minimo privo <strong>di</strong> uracile e <strong>di</strong> lisina i due ceppi aploi<strong>di</strong><br />
non potranno crescere e cresceranno solo le cellule <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong> che si sono originate durante la coniugazione<br />
(terreno selettivo).<br />
Ci sono <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> in cui si possono fare coniugare cellule aploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> lievito <strong>di</strong> sesso opposto: il più<br />
ovvio è quello <strong>di</strong> mescolare aliquote <strong>di</strong> colture liquide dei due ceppi, aspettare un po’ <strong>di</strong> tempo e poi<br />
piastrare in con<strong>di</strong>zioni che permettano la selezione dei <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong>.<br />
5.2 Norme <strong>di</strong> lavoro<br />
Durante il lavoro in laboratorio è opportuno seguire queste semplici norme:<br />
per chi ha i capelli lunghi: legarsi i capelli con un elastico;<br />
prima <strong>di</strong> cominciare a lavorare, lavarsi le mani;<br />
pulire il banco <strong>di</strong> lavoro con alcol etilico denaturato;<br />
prima <strong>di</strong> cominciare l’esperimento, lo studente verrà familiarizzato con la strumentazione che dovrà<br />
utilizzare.<br />
5.3 Coniugazione <strong>di</strong> cellule <strong>di</strong> lievito <strong>di</strong> sesso opposto<br />
22
Un modo molto pratico e visivo per far coniugare cellule aploi<strong>di</strong> consiste nell’effettuare due strisci<br />
perpen<strong>di</strong>colari fra loro, uno con cellule <strong>di</strong> ceppo a e l’altro con cellule <strong>di</strong> sesso alfa. I ceppi aploi<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ploi<strong>di</strong>zzano perchè coniugano.<br />
Materiale che viene fornito agli studenti:<br />
una piastra per studente contenente un tappeto (patch) <strong>di</strong> cellule K699 <strong>di</strong> sesso a;<br />
una piastra contenente un tappeto <strong>di</strong> cellule K217 <strong>di</strong> sesso alfa;<br />
una piastra pulita con terreno minimo selettivo;<br />
due anse o stuzzicadenti.<br />
Tutte le fasi del lavoro avvengono in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> sterilità, così come sterili sono le anse e le piastre.<br />
Prelevate con un’ansa pulita un po’ <strong>di</strong> cellule K699 e strisciatele dall’alto verso il basso sulla piastra<br />
pulita;<br />
prelevate con un’ansa pulita un po’<br />
<strong>di</strong> cellule K217 e strisciarle da sinistra<br />
verso destra sulla stessa piastra usata<br />
precedentemente così da incrociare lo<br />
striscio verticale fatto precedentemente<br />
(Fig. 5.3.1). Nel punto <strong>di</strong> incrocio tra i<br />
due strisci, <strong>di</strong> fatto, si mescolano le<br />
cellule dei due sessi che verranno<br />
trascinate dal punto dell’incrocio in<br />
poi;<br />
incubate la piastra a 30°C nel<br />
termostato per 2/3 giorni o a 25°C<br />
(temperatura ambiente) per 4/5 giorni;<br />
dopo l’incubazione osservate la<br />
piastra e si troveranno colonie evidenti<br />
solo nella posizione in cui ci saranno<br />
cellule <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong>.<br />
5.4 Replica-plating mo<strong>di</strong>ficato<br />
Fig. 5.3.1. Schema dell’incrocio tra due ceppi aploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> lievito <strong>di</strong> sesso opposto per la<br />
selezione dei <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong> (ve<strong>di</strong> testo).<br />
Un classico esperimento <strong>di</strong> replica-plating per l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> mutanti <strong>di</strong> lievito temperatura-sensibili<br />
è stato descritto precedentemente. Data la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> poter <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> un numero <strong>di</strong> replicatori<br />
sufficiente e <strong>di</strong> panni <strong>di</strong> velluto sterile, in laboratorio faremo una procedura mo<strong>di</strong>ficata anche se la logica<br />
dell’esperimento è esattamente la stessa.<br />
Gli studenti riceveranno una piastra su cui cellule <strong>di</strong> lievito selvatiche e temperatura sensibili (ts) in<br />
proporzione 1 : 1 hanno dato origine a colonie. Le colonie presenti saranno quin<strong>di</strong> al 50% costituite da<br />
cellule selvatiche e al 50% da cellule ts (temperatura permissiva = 30°C; temperatura non-permissiva =<br />
37°C).<br />
Materiale che viene fornito agli studenti:<br />
una piastra per studente contenente cellule <strong>di</strong> lievito selvatiche e mutanti;<br />
due piastre con terreno M+G;<br />
serie <strong>di</strong> stuzzicadenti.<br />
Con uno stuzzicadenti sterile prendete parte <strong>di</strong> una colonia e strisciatela successivamente su 2 piastre<br />
<strong>di</strong> M + G che avete opportunamente orientato con un retino (ve<strong>di</strong> Fig. 5.4.1). Cambiando ogni volta lo<br />
stuzzicadenti, ripetete l’operazione per altre 19 colonie, deponendole seguendo lo schema in<strong>di</strong>cato in<br />
figura.<br />
Incubate una piastra a 30°C e l’altra a 37°C per 2-3 giorni.<br />
Confrontate le due piastre. Sulla piastra tenuta a 30°C dovrebbero crescere tutti gli strisci; su quella<br />
tenuta a 37°C cresceranno, invece, solo alcuni <strong>degli</strong> strisci. Infatti le colonie corrispondenti a cellule<br />
mutanti ts non dovrebbero dare crescita a 37°C.<br />
23
a)<br />
b)<br />
Fig. 5.4.1. Esperimento <strong>di</strong> replica-plating mo<strong>di</strong>ficato (a) ed esempio <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione delle colonie (b).<br />
5.5 Osservazione al microscopio ottico <strong>di</strong> cellule <strong>di</strong> lievito selvatiche e <strong>di</strong> mutanti cdc bloccati<br />
in <strong>di</strong>verse fasi del ciclo cellulare<br />
1. Osservate al microscopio ottico cellule <strong>di</strong> Saccharomyces cerevisiae.<br />
2. Analizzate al microscopio la morfologia <strong>di</strong> cellule selvatiche e <strong>di</strong> mutanti cdc tenuti alla temperatura<br />
permissiva e non-permissiva.<br />
3. Osservate la morfologia delle cellule tenendo presente quanto descritto nel paragrafo 2.9 e cercate <strong>di</strong><br />
determinare quali cellule sono mutate e in quale fase del ciclo cellulare sono bloccate (quale è il loro<br />
fenotipo terminale).<br />
6. Norme <strong>di</strong> sicurezza in laboratorio<br />
Qui <strong>di</strong> seguito sono elencate alcune norme elementari <strong>di</strong> sicurezza, che devono essere tassativamente<br />
rispettate.<br />
Entrando in laboratorio, in<strong>di</strong>viduare le vie <strong>di</strong> fuga, in<strong>di</strong>cate dalla segnaletica verde.<br />
In laboratorio indossare sempre il camice. Il camice deve essere chiuso sul davanti, con maniche<br />
lunghe e polsini ad elastico. Al termine delle attività, prima <strong>di</strong> lasciare il laboratorio, togliersi il camice. In<br />
ogni caso, non uscire dal laboratorio, per recarsi in altre aree (biblioteca, uffici, bar, ecc.), senza aver<br />
prima tolto il camice.<br />
Non introdurre in laboratorio borse, zaini o altro materiale non necessario.<br />
24
Indossare guanti monouso durante la manipolazione <strong>di</strong> sangue o <strong>di</strong> materiale da esso derivato non<br />
fissato. I guanti devono essere rimossi con attenzione e sostituiti quando sono visibilmente contaminati. I<br />
guanti si sfilano rovesciandoli e vanno gettati negli appositi contenitori.<br />
Gli studenti che presentano dermatiti o altre lesioni sulle mani, devono indossare guanti protettivi in<br />
tutte le fasi <strong>di</strong> lavoro.<br />
I guanti vanno tolti, quando si usino strumenti <strong>di</strong> qualsiasi natura (telefono, tastiera, strumenti<br />
scientifici, maniglie, ecc.). I guanti usati non vanno riutilizzati.<br />
Lavare le mani routinariamente, imme<strong>di</strong>atamente dopo la manipolazione <strong>di</strong> materiali contaminati e, in<br />
ogni caso, dopo la fine delle attività, anche quando sono stati indossati i guanti. Lavare sempre le mani<br />
prima <strong>di</strong> lasciare il laboratorio.<br />
In laboratorio è vietato mangiare, bere, fumare, portare oggetti alla bocca ed applicare cosmetici.<br />
Non pipettare mai con la bocca, ma utilizzare le apposite propipette.<br />
Non appoggiare recipienti contenenti liqui<strong>di</strong> biologici sul bordo del banco <strong>di</strong> lavoro.<br />
Tutto il materiale biologico d'origine umana (sangue, ecc.) deve essere considerato come<br />
potenzialmente infetto e pertanto trattato con le necessarie precauzioni.<br />
Segnalare imme<strong>di</strong>atamente al personale docente ogni spargimento <strong>di</strong> materiale biologico (ad es.<br />
schizzi <strong>di</strong> sangue) sul piano <strong>di</strong> lavoro, affinché si provveda alla decontaminazione con un germicida<br />
chimico appropriato (candeggina, ecc.).<br />
Decontaminare e pulire sempre, al termine del loro utilizzo, le apparecchiature scientifiche e, al<br />
termine della attività, i piani <strong>di</strong> lavoro.<br />
Seguire scrupolosamente le in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong> sicurezza riportate nei protocolli <strong>di</strong> esperimento.<br />
Raccogliere tutti i liqui<strong>di</strong> biologici (sangue, terreni <strong>di</strong> coltura venuti a contatto con le cellule, cellule,<br />
ecc.) in speciali contenitori per rifiuti, che verranno successivamente eliminati previo trattamento con<br />
candeggina al 15%.<br />
Mettere il materiale <strong>di</strong>sposable (pipette, fiasche ecc.) venuto a contatto con materiale biologico in un<br />
sacco apposito, che verrà smaltito me<strong>di</strong>ante incenerimento.<br />
Stante i costi elevati dello smaltimento, ridurre il più possibile l’uso del materiale <strong>di</strong>sposable.<br />
Segnalare imme<strong>di</strong>atamente al personale docente qualsiasi incidente o la mancanza <strong>di</strong> materiale <strong>di</strong><br />
protezione.<br />
7. Domande <strong>di</strong> autovalutazione<br />
Scegli la risposta corretta<br />
1) Una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> omozigosi per un dato gene può essere in<strong>di</strong>cata come:<br />
a) AB<br />
b) Ab<br />
c) aa<br />
d) aA<br />
e) Bb<br />
2) Le leggi <strong>di</strong> Mendel riguardano le modalità <strong>di</strong> trasmissione dei caratteri:<br />
a) fenotipici<br />
b) esclusivamente localizzati su un’unica coppia <strong>di</strong> cromosomi omologhi<br />
c) controllati da più geni<br />
d) esclusivamente recessivi<br />
e) monofattoriali e localizzati anche su cromosomi <strong>di</strong>versi<br />
3) Si ha codominanza quando:<br />
a) gli alleli dell’omozigote sono AA e aa<br />
b) gli alleli dell’eterozigote sono entrambi espressi<br />
c) un allele è dominante e l’altro è recessivo<br />
d) a livello fenotipico non si manifesta alcun carattere<br />
e) il fenotipo dell’eterozigote è una mescolanza dei fenotipi parentali<br />
25
4) Nella meiosi il principale evento alla base della formazione delle cellule aploi<strong>di</strong> è:<br />
a) il crossing-over della I <strong>di</strong>visione meiotica<br />
b) la sequenza <strong>di</strong> due <strong>di</strong>visioni successive<br />
c) l’appaiamento sul piano equatoriale dei cromosomi omologhi<br />
d) la formazione <strong>di</strong> quattro cellule a conclusione della I <strong>di</strong>visione meiotica<br />
e) l’assenza <strong>di</strong> duplicazione del DNA prima della II <strong>di</strong>visione meiotica<br />
5) Ceppi aploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> Saccharomyces cerevisiae coniugano quando la fase del loro ciclo cellulare è:<br />
a) S<br />
b) G1<br />
c) G2<br />
d) M<br />
e) G1 o G2 in<strong>di</strong>stintamente<br />
6) Nella ricerca biologica i lieviti sono particolarmente importanti per stu<strong>di</strong>are:<br />
a) i meccanismi molecolari alla base del movimento cellulare<br />
b) la penetrazione <strong>di</strong> farmaci nelle cellule<br />
c) i geni che controllano il ciclo cellulare<br />
d) la fotoreattività<br />
e) l’azione dei ra<strong>di</strong>cali liberi<br />
7) Un asco contiene:<br />
a) 2 cellule aploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> sesso a e 2 <strong>di</strong> sesso alfa<br />
b) 4 cellule aploi<strong>di</strong> identiche<br />
c) 4 cellule <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong> identiche<br />
d) 2 cellule <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> sesso a e 2 <strong>di</strong> sesso alfa<br />
e) 4 cellule <strong>di</strong> sesso alfa<br />
8) In un ceppo <strong>di</strong> cellule <strong>di</strong> sesso α si aggiunge il feromone a. Dopo un certo tempo:<br />
a) il feromone ha indotto un cambiamento <strong>di</strong> tipo sessuale<br />
b) le cellule sono bloccate nella fase G1 del ciclo cellulare<br />
c) avviene la coniugazione<br />
d) si blocca la sporificazione<br />
e) le cellule muoiono<br />
In<strong>di</strong>vidua la risposta errata<br />
9) L’uso <strong>degli</strong> organismi modello nella ricerca biologica <strong>di</strong>pende dai seguenti fattori:<br />
a) unitarietà dei meccanismi molecolari<br />
b) corre<strong>di</strong> genetici identici all’uomo<br />
c) brevi tempi <strong>di</strong> generazione<br />
d) economicità nell’uso<br />
e) facilità <strong>di</strong> manipolazione<br />
10) Nel lievito lo stu<strong>di</strong>o della funzione dei geni è favorito:<br />
a) dalla ricombinazione omologa<br />
b) dalla possibilità <strong>di</strong> trasformare le cellule<br />
c) dall’utilizzo <strong>di</strong> geni marcatori<br />
d) dalla possibilità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> ceppi aploi<strong>di</strong><br />
e) dalla possibilità <strong>di</strong> crescita in assenza <strong>di</strong> ossigeno<br />
11) L’agar è un:<br />
a) componente dei terreni <strong>di</strong> coltura<br />
b) agente soli<strong>di</strong>ficante<br />
c) fattore nutritivo essenziale<br />
d) polisaccaride<br />
e) composto estratto da alghe<br />
26
12) Per sporificazione <strong>di</strong> cellule eterozigoti che non manifestano fenotipicamente il carattere ts si<br />
ottengono i seguenti aschi ( Wild Type; ts):<br />
Quali affermazioni sono false?<br />
a) il carattere ts è recessivo<br />
b) il carattere ts è codominante<br />
c) il carattere ts segrega in rapporto 1:1<br />
d) il carattere ts è monofattoriale<br />
e) il carattere ts è dominante<br />
Completa le affermazioni scegliendo i termini tra quelli in<strong>di</strong>cati<br />
13) Nell’espressione Saccharomyces cerevisiae il primo termine in<strong>di</strong>ca .................................., mentre il<br />
secondo ..................................<br />
(lievito, gruppo, specie, taxon, tipo, cereali, or<strong>di</strong>ne, genere, regno)<br />
Stabilisci se le seguenti affermazioni sono vere o false<br />
14) Un esperimento <strong>di</strong> complementazione in lievito serve per introdurre geni nelle cellule<br />
15) Essendo unicellulari le cellule <strong>di</strong> lievito sono procariotiche<br />
16) Anche i lieviti sono dotati <strong>di</strong> parete cellulare<br />
17) I geni <strong>di</strong> lievito che controllano il ciclo cellulare sono in<strong>di</strong>cati con l’acronimo CDC<br />
18) Il cambiamento <strong>di</strong> sesso in ceppi aploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> S. cerevisiae è favorito dalla sostituzione<br />
dell’allele presente in MAT con una copia <strong>di</strong> un allele opposto e non espresso<br />
19) I lieviti auxotrofici crescono nei terreni minimi, senza richiedere l’aggiunta <strong>di</strong> fattori<br />
essenziali per la loro crescita<br />
(Vere: 17, 18, 19)<br />
Rispon<strong>di</strong> alle domande come da richiesta<br />
20) Una cellula 2n=6 svolge il proprio ciclo cellulare. In<strong>di</strong>ca per ciascuna delle fasi il numero delle<br />
molecole <strong>di</strong> DNA presenti:<br />
G1 .........................(6) G2 ......................... (12)<br />
Profase mitosi ......................... (12) Telofase mitosi ......................... (6 a ogni polo)<br />
21) I lieviti possono procurarsi energia attraverso due <strong>di</strong>fferenti processi. Evidenziali completando la<br />
tabella.<br />
Reagenti<br />
Nome del<br />
processo<br />
Fermentazione<br />
Con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />
ossigenazione<br />
Presenza <strong>di</strong> O2<br />
(glucosio e ossigeno – respirazione cellulare – presenza <strong>di</strong> O2 – CO2 e H2O<br />
glucosio – fermentazione – assenza <strong>di</strong> O2 – alcool etilico CH3CH2OH e CO2)<br />
Prodotti <strong>di</strong><br />
reazione<br />
V F<br />
27
22) Rappresenta con un <strong>di</strong>segno la morfologia delle cellule <strong>di</strong> lievito nelle varie fasi del ciclo cellulare.<br />
(ve<strong>di</strong> Fig. 2.6.1 a pagina 11)<br />
Fase Morfologia cellulare Fase Morfologia cellulare<br />
G1 G2<br />
S<br />
Termine<br />
della<br />
citochinesi<br />
23) Associa i valori <strong>di</strong> temperatura richiesti per la coltivazione <strong>di</strong> S. cerevisiae corrispondenti alle<br />
seguenti in<strong>di</strong>cazioni:<br />
temperatura ottimale ............................................. (30°C)<br />
temperatura non permissiva ............................................. (37°C)<br />
temperatura permissiva ............................................. (30°C)<br />
24) Evidenzia, usando le espressioni “crescita” e “assenza <strong>di</strong> crescita” quali risultati si prevedono<br />
coltivando i seguenti ceppi aploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> lievito alle con<strong>di</strong>zioni in<strong>di</strong>cate.<br />
Ceppo Con<strong>di</strong>zioni colturali Risultati<br />
ADE2 assenza <strong>di</strong> adenina nel terreno<br />
ura3 assenza <strong>di</strong> uracile nel terreno<br />
ts incubazione a 30°C<br />
(crescita - assenza <strong>di</strong> crescita – crescita)<br />
8. Glossario<br />
Allele<br />
una delle possibili forme alternative che un gene, localizzato in uno specifico<br />
sito cromosomico, può assumere.<br />
Aploide organismo o cellula con una sola copia <strong>di</strong> ciascun cromosoma nell’assetto (n).<br />
Asco<br />
Ascomicete<br />
Auxotrofico<br />
Biotecnologie<br />
Carattere monofattoriale<br />
(o mendeliano)<br />
Cellula germinale o<br />
gamete<br />
struttura a forma <strong>di</strong> sacco, tipica dei funghi ascomiceti, entro la quale due<br />
nuclei aploi<strong>di</strong> sono racchiusi i prodotti della meiosi che, in lievito, sono<br />
normalmente in<strong>di</strong>cati come spore.<br />
organismo appartenente alla <strong>di</strong>visione Ascomycota all’interno del regno dei<br />
Funghi, caratterizzato dalla produzione <strong>di</strong> spore riproduttive in uno sporangio<br />
detto “asco”.<br />
aggettivo riferito a un organismo che non è in grado <strong>di</strong> sintetizzare un<br />
particolare composto organico necessario per la propria crescita, che deve<br />
quin<strong>di</strong> assumere dall’ambiente in aggiunta ai nutrienti energetici forniti<br />
dall’alimentazione.<br />
utilizzo integrato della biochimica, della microbiologia e dell'ingegneria<br />
genetica per produrre, a partire da organismi viventi (batteri, lieviti, cellule<br />
vegetali o animali <strong>di</strong> organismi semplici e complessi) quantità commerciali <strong>di</strong><br />
prodotti utili, per migliorare le caratteristiche <strong>di</strong> piante e animali, per<br />
sviluppare microrganismi utili per usi specifici o, ancora, per sviluppare nuovi<br />
strumenti terapeutici nell’uomo e nell’animale.<br />
carattere ere<strong>di</strong>tario controllato da un singolo gene, la cui trasmissione segue le<br />
leggi <strong>di</strong> Mendel.<br />
cellula deputata alla riproduzione (cellula uovo e spermatozoo).<br />
28
egione <strong>di</strong> un cromosoma dove i due cromati<strong>di</strong> identici (fratelli) sono uniti, e<br />
Centromero<br />
dove, per mezzo del cinetocore, si attaccano le fibre del fuso durante la<br />
<strong>di</strong>visione cellulare.<br />
Chitina Polisaccaride formato da catene <strong>di</strong> glucosio azotate e dotato <strong>di</strong> elevata<br />
resistenza; forma la parete cellulare <strong>di</strong> alcuni funghi, l’esoscheletro <strong>degli</strong><br />
artropo<strong>di</strong> e la cuticola epidermica <strong>di</strong> alcuni protisti e animali.<br />
Ciclo cellulare<br />
Sequenza ciclica e regolare <strong>degli</strong> eventi <strong>di</strong> crescita e <strong>di</strong>visione; è costituito<br />
Cinetocoro<br />
Citochinesi o cito<strong>di</strong>eresi<br />
Clonaggio<br />
dalle fasi G 1, S, G 2 e M<br />
struttura proteica che si forma sui cromosomi, a livello dei centromeri, alla<br />
quale si attaccano i microtubuli durante la <strong>di</strong>visione cellulare, permettendo il<br />
movimento dei cromosomi verso i poli.<br />
<strong>di</strong>visione del citoplasma e dei suoi organuli in due cellule figlie, durante la<br />
<strong>di</strong>visione cellulare.<br />
produzione <strong>di</strong> copie identiche <strong>di</strong> frammenti <strong>di</strong> DNA, utilizzando la<br />
riproduzione <strong>di</strong> cellule trasformate con un vettore <strong>di</strong> clonaggio (spesso un<br />
plasmide) in cui era stato introdotto il frammento <strong>di</strong> DNA in oggetto.<br />
Codominanza<br />
relazione tra due alleli <strong>di</strong> un gene, per cui entrambi gli alleli si esprimono<br />
fenotipicamente negli in<strong>di</strong>vidui eterozigoti.<br />
Coniugazione processo <strong>di</strong> fusione <strong>di</strong> due cellule <strong>di</strong> lievito aploi<strong>di</strong>, una <strong>di</strong> sesso a e una <strong>di</strong><br />
sesso alfa, che dà origine a una cellula <strong>di</strong>ploide.<br />
ciascuno dei due filamenti identici (fratelli) in un cromosoma duplicato; sono<br />
Cromati<strong>di</strong>o<br />
uniti in un punto detto centromero.<br />
Cromatina filamenti <strong>di</strong> DNA legati a <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> proteine (istoniche e non istoniche),<br />
che si colorano intensamente e che costituiscono i cromosomi <strong>degli</strong> eucarioti<br />
Cromosomi omologhi cromosomi <strong>di</strong> forma simile, presenti nelle cellule <strong>di</strong>ploi<strong>di</strong>,che contengono<br />
informazioni per gli stessi caratteri. In ciascuna coppia <strong>di</strong> omologhi, un<br />
Cromosoma<br />
Crossing-over<br />
Diploide<br />
Divisione riduzionale<br />
Dominante<br />
Dominanza incompleta (o<br />
interme<strong>di</strong>a)<br />
Dominio<br />
Endonucleasi<br />
Eterotallico<br />
Eterozigote<br />
Fase G1<br />
Fase G2<br />
cromosoma è <strong>di</strong> derivazione materna e l’altro<br />
struttura generalmente allungata, costituita da cromatina, visibile al<br />
microscopio ottico durante la <strong>di</strong>visione cellulare e contenente i geni in<br />
successione lineare.<br />
scambio <strong>di</strong> parti fra cromosomi omologhi durante la prima <strong>di</strong>visione meiotica<br />
che produce nuove combinazioni <strong>di</strong> alleli<br />
cellula o organismo avente due copie <strong>di</strong> ciascun cromosoma (assetto<br />
cromosomico 2n).<br />
prima <strong>di</strong>visione meiotica, in cui si ha la riduzione del numero <strong>di</strong> cromosomi<br />
da <strong>di</strong>ploide ad aploide, me<strong>di</strong>ante separazione (segregazione) dei cromosomi<br />
omologhi.<br />
allele o fenotipo (A) espresso in modo uguale negli omozigoti (AA) e negli<br />
eterozigoti (Aa).<br />
modalità <strong>di</strong> trasmissione ere<strong>di</strong>taria in cui gli eterozigoti hanno un fenotipo<br />
interme<strong>di</strong>o tra i fenotipi dei due omozigoti.<br />
nella classificazione biologica, il dominio è la categoria tassonomica più<br />
ampia comprendente le forme <strong>di</strong> vita evolutivamente più vicine.<br />
enzima in grado <strong>di</strong> scindere una catena polinucleoti<strong>di</strong>ca al suo interno, a<br />
<strong>di</strong>fferenza delle esonucleasi che ne <strong>di</strong>staccano solo i nucleoti<strong>di</strong> terminali, in 5‘<br />
o in 3’.<br />
termine usato per descrivere una specie o un ceppo <strong>di</strong> lievito incapace <strong>di</strong><br />
mo<strong>di</strong>ficare il proprio sesso, per cui la riproduzione sessuale può avvenire solo<br />
mescolando due ceppi eterotallici <strong>di</strong> sesso opposto.<br />
organismo o cellula <strong>di</strong>ploide, in cui sono presenti due alleli <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> uno<br />
stesso gene (Aa).<br />
fase <strong>di</strong> crescita Gap 1 (dall’inglese, gap=intervallo) durante il ciclo cellulare<br />
eucariotico, fra la fine della <strong>di</strong>visione della cellula e la sintesi del DNA.<br />
fase <strong>di</strong> crescita Gap 2 (dall’inglese, gap=intervallo) durante il ciclo cellulare<br />
eucariotico, fra la fine della sintesi del DNA e l’inizio della mitosi.<br />
29
Fase M<br />
periodo del ciclo cellulare eucariotico durante il quale il nucleo e il citoplasma<br />
si <strong>di</strong>vidono; comprende quin<strong>di</strong> la mitosi o meiosi e la cito<strong>di</strong>eresi.<br />
Fase S periodo del ciclo cellulare eucariotico in cui è sintetizzato DNA (S=sintesi).<br />
Fattore trascrizionale<br />
Fenotipo<br />
Fenotipo terminale<br />
Fermentazione<br />
proteina che ha la funzione <strong>di</strong> iniziare o regolare la trascrizione. I fattori<br />
trascrizionali si legano al DNA o ad altre proteine che, a loro volta, si legano<br />
al DNA.<br />
insieme delle caratteristiche visibili <strong>di</strong> un organismo, che risultano<br />
dall’interazione tra genotipo e ambiente.<br />
morfologia che assumono cellule <strong>di</strong> lievito al momento dell’arresto del loro<br />
ciclo cellulare.<br />
insieme <strong>di</strong> reazioni anaerobiche che consentono <strong>di</strong> ricavare energia da<br />
composti organici in assenza <strong>di</strong> ossigeno; in particolare, l’acido piruvico<br />
prodotto dalla glicolisi può essere trasformato in acido lattico oppure in alcool<br />
etilico e CO 2.<br />
Feromone<br />
molecola prodotta da un organismo la quale altera il comportamento o lo stato<br />
fisiologico <strong>di</strong> un altro in<strong>di</strong>viduo della stessa specie.<br />
Fuso mitotico struttura presente nelle cellule in <strong>di</strong>visione, coinvolta nei movimenti dei<br />
cromosomi<br />
Gemma Nei lieviti e in alcuni batteri, escrescenza vegetativa me<strong>di</strong>ante la quale ha<br />
luogo la riproduzione asessuata.<br />
Gemmazione<br />
forma <strong>di</strong> riproduzione asessuata, in cui un in<strong>di</strong>viduo adulto produce versioni<br />
in miniatura <strong>di</strong> sé stesso, che in seguito si staccano e hanno vita in<strong>di</strong>pendente.<br />
Gene<br />
unità ere<strong>di</strong>taria funzionale corrispondente generalmente al segmento <strong>di</strong> DNA<br />
che co<strong>di</strong>fica una catena polipepti<strong>di</strong>ca o un RNA.<br />
Gene CDC gene implicato nel controllo del ciclo cellulare (CDC=Cell Division Cycle)<br />
Genoma patrimonio genetico <strong>di</strong> una cellula o <strong>di</strong> un organismo.<br />
Genoteca (o libreria<br />
genomica)<br />
raccolta <strong>di</strong> molecole clonate <strong>di</strong> DNA, che rappresenta l’intero genoma <strong>di</strong> un<br />
organismo.<br />
Genotipo costituzione genetica <strong>di</strong> un organismo.<br />
gruppo <strong>di</strong> organismi geneticamente omogenei per uno o più caratteri;<br />
Linea pura<br />
riproducendosi sessualmente, gli organismi <strong>di</strong> una linea pura generano una<br />
progenie con caratteri ere<strong>di</strong>tari identici a quelli dei genitori.<br />
posizione fissa su un cromosoma occupata da un dato gene. Nel linguaggio<br />
Locus ( plurale loci)<br />
comune il termine viene spesso usato come sinonimo <strong>di</strong> gene.<br />
nelle cellule aploi<strong>di</strong> <strong>di</strong> lievito è il locus, presente sul cromosoma III, in cui si<br />
Locus MAT<br />
trova il gene che determina il sesso a o alfa dell’organismo.<br />
alleli alternativi del gene che determina il sesso (a o alfa) nel lievito; occupano<br />
MATa e MATalfa<br />
il locus MAT sul cromosoma III.<br />
processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione cellulare negli eucarioti, comprendente due successive<br />
<strong>di</strong>visioni nucleari in cui il numero <strong>di</strong> cromosomi viene ridotto da <strong>di</strong>ploide ad<br />
Meiosi<br />
aploide e durante il quale avvengono il riassortimento e la segregazione dei<br />
geni.<br />
processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>visione del nucleo eucariotico, me<strong>di</strong>ante il quale i cromosomi<br />
duplicati si <strong>di</strong>vidono longitu<strong>di</strong>nalmente e i cromosomi figli si separano per<br />
Mitosi<br />
formare due nuclei geneticamente identici; <strong>di</strong> solito è seguita dalla <strong>di</strong>visione<br />
del citoplasma (cito<strong>di</strong>eresi).<br />
aggettivo riferito a tutto ciò che induce una mutazione (agenti chimici, fisici o<br />
Mutageno<br />
biologici).<br />
organismo in cui si è verificata una mutazione che lo rende <strong>di</strong>verso dal tipo<br />
Mutante<br />
selvatico, ossia dalla forma “normale” presente in natura.<br />
organismo con una mutazione nei geni che controlano il ciclo cellulare, avente<br />
Mutante cdc<br />
quin<strong>di</strong> effetti sul corretto svolgimento delllo stesso (CDC=Cell Division<br />
Cycle)<br />
30
Mutante letale<br />
con<strong>di</strong>zionale<br />
Mutante temperatura<br />
sensibile (ts)<br />
organismo con una mutazione che ne determina la morte solo se si verificano<br />
determinate con<strong>di</strong>zioni (dette restrittive o non permissive); in presenza invece<br />
<strong>di</strong> con<strong>di</strong>zioni permissive, l’organismo è in grado <strong>di</strong> sopravvivere. I mutanti ts<br />
sono un esempio <strong>di</strong> mutanti letali con<strong>di</strong>zionali.<br />
organismo o cellula che porta una proteina, o una molecola <strong>di</strong> RNA, alterata<br />
geneticamente in modo da comportarsi normalmente a una temperatura, ma in<br />
modo anormale ad un’altra temperatura (generalmente più alta).<br />
cambiamento del patrimonio genetico ere<strong>di</strong>tabile, raro, improvviso e casuale;<br />
Mutazione<br />
può verificarsi spontaneamente oppure essere indotto da agenti chimici o<br />
fisici.<br />
termine usato per descrivere una specie o un ceppo <strong>di</strong> lievito i cui in<strong>di</strong>vidui<br />
Omotallico<br />
sono autofertili in quanto in grado <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>ficare il proprio sesso e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
coniugarsi.<br />
organismo o cellula <strong>di</strong>ploide che porta alleli identici <strong>di</strong> uno stesso gene (AA o<br />
Omozigote<br />
aa).<br />
Origine <strong>di</strong> replicazione posizione su una molecola <strong>di</strong> DNA in cui si inizia la sua duplicazione.<br />
molecola circolare <strong>di</strong> DNA presente nel citoplasma <strong>di</strong> numerosi batteri e<br />
alcuni lieviti; i plasmi<strong>di</strong> contengono materiale genetico extracromosomico,<br />
Plasmide<br />
possono essere scambiati tra batteri e sono utilizzati in ingegneria genetica<br />
come vettori <strong>di</strong> clonaggio.<br />
aggettivo riferito a organismi in grado <strong>di</strong> sintetizzare i composti organici<br />
Prototrofo<br />
necessari alla propria crescita, partendo dai nutrienti forniti<br />
dall’alimentazione.<br />
Recessivo allele o fenotipo (a) che si manifesta solo nella con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> omozigosi.<br />
tecnica usata in laboratorio per ottenere un numero variabile <strong>di</strong> piastre con<br />
colonie <strong>di</strong> batteri o lieviti aventi la stessa <strong>di</strong>sposizione spaziale. Su una piastra<br />
iniziale viene appoggiato un <strong>di</strong>sco coperto da un “panno” sterile (velluto,<br />
Replica-plating membrana <strong>di</strong> nitrocellulosa o filtro <strong>di</strong> carta), in modo da farvi aderire qualche<br />
cellula per ciascuna colonia. Il panno viene poi premuto su altre piastre sterili<br />
che, tenute in incubazione, svilupperanno colonie <strong>di</strong>sposte esattamente come<br />
nella piastra iniziale.<br />
meccanismo che determina scambio <strong>di</strong> materiale genico. Più in generale, si<br />
intende per ricombinazione qualsiasi processo in cui molecole <strong>di</strong> DNA sono<br />
Ricombinazione spezzate e i frammenti sono riuniti in nuove combinazioni. Può avvenire negli<br />
esseri viventi, per esempio col crossing-over durante la meiosi, o in vitro,<br />
usando DNA purificato ed enzimi che rompono e legano filamenti <strong>di</strong> DNA.<br />
Ricombinazione integrazione <strong>di</strong> materiale genico in un punto qualsiasi <strong>di</strong> un cromosoma, senza<br />
illegittima<br />
che ci siano omologie <strong>di</strong> sequenza nucleoti<strong>di</strong>ca.<br />
Ricombinazione omologa scambio <strong>di</strong> materiale genico che avviene tra sequenze omologhe <strong>di</strong> DNA.<br />
riproduzione asessuale in cui un in<strong>di</strong>viduo unicellulare si <strong>di</strong>vide in due nuovi<br />
Scissione me<strong>di</strong>ana<br />
in<strong>di</strong>vidui unicellulari <strong>di</strong> uguali <strong>di</strong>mensioni.<br />
il termine designa in generale cellule <strong>di</strong>sidratate in grado <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperdersi<br />
nell’ambiente resistendo a con<strong>di</strong>zioni avverse. Esistono due categorie <strong>di</strong><br />
spore: endospore o spore <strong>di</strong> resistenza, formate generalmente dai batteri e<br />
dalle quali si sviluppa lo stesso organismo che le ha originate; spore<br />
Spora<br />
riproduttive, capaci <strong>di</strong> svilupparsi in un in<strong>di</strong>viduo adulto senza fondersi con<br />
un’altra cellula. Esse sono prodotte da funghi, piante o protisti per mitosi<br />
(mitospore) o per meiosi (meiospore, aploi<strong>di</strong>, prodotte da un organismo<br />
<strong>di</strong>ploide) e sono poi <strong>di</strong>sperse a scopo riproduttivo. Nel caso del lievito,<br />
nell’asco si producono delle meiospore.<br />
processo <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> spore riproduttive. Queste si formano all’interno <strong>di</strong><br />
Sporificazione o<br />
una struttura cava, unicellulare o pluricellulare, chiamata sporangio. Nei lieviti<br />
sporulazione<br />
lo sporangio è detto “asco”.<br />
l’estremità <strong>di</strong> un cromosoma eucariotico, costituita da sequenze ripetute <strong>di</strong><br />
Telomero<br />
DNA.<br />
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Terreno <strong>di</strong> coltura<br />
Test <strong>di</strong><br />
complementazione<br />
mezzo liquido o solido in cui vengono fatti crescere microrganismi in<br />
laboratorio; contiene i nutrienti e i materiali necessari alla sopravvivenza del<br />
microrganismo. Si <strong>di</strong>stinguono terreni sintetici, o minimi, per i quali si<br />
conosce l’esatta composizione, e terreni complessi, o massimi, <strong>di</strong> cui non si<br />
conosce in modo dettagliato la composizione chimica.<br />
analisi che serve a determinare se in due ceppi aploi<strong>di</strong> mutati <strong>di</strong> lievito, aventi<br />
lo stesso fenotipo, la mutazione si trova sullo stesso gene o su geni <strong>di</strong>versi.<br />
L’analisi si basa sull’osservazione del fenotipo <strong>di</strong> un ceppo <strong>di</strong>ploide prodotto<br />
dall’unione dei mutanti aploi<strong>di</strong>: se il <strong>di</strong>ploide ha fenotipo normale, la<br />
mutazione si trova su geni <strong>di</strong>versi (le mutazioni “si complementano”); se il<br />
fenotipo <strong>di</strong>ploide è mutante, le mutazioni sono sullo stesso gene.<br />
Tipo selvatico (WT)<br />
forma normale, non mutata, <strong>di</strong> un organismo; la forma presente in natura. In<br />
inglese Wild Type, da cui la sigla WT.<br />
Trasposizione Spostamento <strong>di</strong> una sequenza <strong>di</strong> DNA da un sito ad un altro all’interno del<br />
YAC<br />
genoma.<br />
9. Bibliografia e siti web utili<br />
dall’inglese, Yeast Artificial Chromosome, ossia cromosomi artificiali <strong>di</strong><br />
lievito, contenenti centromero, telomeri e origine <strong>di</strong> replicazione, e usati come<br />
vettori per clonare frammenti <strong>di</strong> DNA della grandezza <strong>di</strong> 100-3000 kb.<br />
• P. PLEVANI, M. FOIANI, G. LUCCHINI, Il lievito: un organismo modello, Le Scienze n. 351, novembre<br />
1997.<br />
• The Molecular and Cellular Biology of the Yeast Saccharomyces, Vol. 1, 2 e 3, Cold Spring Harbor<br />
Laboratory Press, 1997.<br />
• http://dbb.urmc.rochester.edu/labs/sherman_f/yeast/Index.html<br />
10. Concorso “Una settimana da ricercatore”<br />
Al termine delle attività <strong>di</strong> laboratorio, verrà <strong>di</strong>stribuito agli insegnanti un quizzario con 30 domande da<br />
far svolgere in classe e che potrà servire sia come verifica del lavoro svolto che per selezionare lo<br />
studente migliore nella classe che avrà la possibilità <strong>di</strong> partecipare al concorso: “Una settimana da<br />
ricercatore”. Il concorso si svolgerà in un pomeriggio del mese <strong>di</strong> maggio presso l’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong><br />
<strong>di</strong> Milano (il pomeriggio della prova verrà comunicato successivamente), attraverso una prova al<br />
computer, basata su test interattivi a risposta multipla.<br />
Per i primi quin<strong>di</strong>ci studenti classificati, il premio consisterà in uno stage presso un laboratorio <strong>di</strong><br />
ricerca dell’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> Milano nel campo della Genetica molecolare.<br />
Lo stage si svolgerà al termine dell’anno scolastico, nei mesi <strong>di</strong> giugno o luglio.<br />
Supervisione <strong>di</strong>: Prof. Paolo Plevani, Dipartimento <strong>di</strong> Biologia e Biotecnologie, <strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong><br />
Milano.<br />
A cura <strong>di</strong>:<br />
• Prof.ssa Cinzia Grazioli, insegnante <strong>di</strong> Scienze delle scuole secondarie <strong>di</strong> secondo grado, <strong>di</strong>staccata<br />
presso il Cus-Mi-Bio<br />
• Prof.ssa Maria Grazia Fiorin, IIS “P.Levi”, Bollate<br />
• Prof.ssa Cristina Gritti, Liceo Statale “G.Galilei”, Caravaggio<br />
• Prof.ssa Maria Teresa Oliveira, IPSIA “Fiocchi”, Lecco<br />
• Prof.ssa Olga Pecorari, ITSOS “M.Curie”, Cernusco sul Naviglio<br />
• Prof.ssa Maria Rosaria Quarta, IIS “Schiapparelli”, Milano<br />
• Prof.ssa Giovanna Tabita, IIS “Leonardo da Vinci”, Cologno Monzese<br />
Si ringrazia la Eppendorf Italia<br />
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