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SCHEDA 15 Eugène Delacroix, “La barca di Dante ... - percorsi di arte

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<strong>SCHEDA</strong> <strong>15</strong><br />

<strong>Eugène</strong> <strong>Delacroix</strong>, <strong>“La</strong> <strong>barca</strong> <strong>di</strong> <strong>Dante</strong>”, 1822, olio su tela, 189 x 246 cm, Parigi, Museo del<br />

Louvre<br />

<strong>Delacroix</strong> esordì giovanissimo, a soli ventiquattro anni, al Salon del 1822 esponendovi La <strong>barca</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Dante</strong>.<br />

Il soggetto, tragico e pieno <strong>di</strong> forza, è tratto dall’ottavo canto dell’Inferno dantesco, ove si narra del<br />

passaggio dello Stige, la palude infernale, nel cui fango sono immersi gli iracon<strong>di</strong> che si percuotono<br />

e si mordono a vicenda.<br />

La <strong>barca</strong> è pilotata da Flegiàs, il demone nocchiero. (Flegiàs è un personaggio mitologicocce <strong>Dante</strong><br />

trasforma in demone simbolo dell’ira. Flegiàs era figlio <strong>di</strong> M<strong>arte</strong> e <strong>di</strong> Crise. Per vendetta contro<br />

Apollo che gli aveva sedotto la figlia Crònide, incen<strong>di</strong>ò il tempio <strong>di</strong> Delfi.)<br />

Durante la traversata – che avrebbe condotto <strong>Dante</strong> e Virgilio verso l’infuocata città <strong>di</strong> Dite (la città<br />

prende il nome dal suo re e racchiude i gironi – sud<strong>di</strong>visioni dell’Inferno dantesco – dal VI al IX.<br />

Dite – o Plutone – era il nome con cui i Romani designavano Ade, il <strong>di</strong>o degli Inferi. <strong>Dante</strong> lo<br />

identifica con Lucifero.) – il Poeta incontra l’anima <strong>di</strong> Filippo Argenti, un iroso e arrogante<br />

fiorentino che, a un certo punto, intende rovesciare la <strong>barca</strong>.<br />

<strong>Delacroix</strong> ha immerso tutti i personaggi – Flegiàs, <strong>Dante</strong>, Virgilio e i dannati – in un ambiente<br />

tenebroso dal cui fondo emergono fuoco e nuvole fumo dai riflessi rossastri che si sprigionano oltre<br />

le mura possenti della città <strong>di</strong> Dite.


Ogni corpo, tuttavia, ha bagliori <strong>di</strong> luce che lo modellano: da Flegiàs visto da tergo e intento a<br />

remare a <strong>Dante</strong> che, impaurito, cerca riparo presso l’ammantato Virgilio, fino ai dannati atteggiati<br />

in varie pose.<br />

In modo particolare i nu<strong>di</strong> vigorosi, volumetricamente trattati con un forte chiaroscuro, sono un<br />

ricordo dei nu<strong>di</strong> michelangioleschi.<br />

È a partire da questo <strong>di</strong>pinto che l’artista mostra i germi della sua ricerca coloristica. Le goccioline<br />

d’acqua sul ventre della giovane donna sulla destra sono formate da pennellate <strong>di</strong> colori puri<br />

giustapposti.<br />

<strong>Delacroix</strong>, infatti, non è ricorso a un colore ottenuto dalla fusione <strong>di</strong> più colori, operata sulla<br />

tavolozza, (come sarebbe stato lecito aspettarsi), né ha impiegato un colore carico <strong>di</strong> riflessi <strong>di</strong> luce<br />

(come avrebbe potuto essere), ma ha posto l’uno <strong>di</strong> fianco all’altro il rosso, il giallo, il verde e<br />

tocchi <strong>di</strong> bianco. L’unico colore, quin<strong>di</strong>, è stato <strong>di</strong>viso nei suoi componenti che, puri, sono stati<br />

posati sulla tela.<br />

Questa intuizione <strong>di</strong> <strong>Delacroix</strong> sarà importante per gli Impressionisti e per i Postimpressionisti.

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