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LIBRI<br />
rimase bloccata anche la cultura. E a questo<br />
punto ancora una volta appare come un’isola<br />
di salvamento, l’opera di Pasolini, la cui grandezza<br />
è giustamente contrapposta al minimalismo<br />
cinematografico di Moretti. Altrettanto<br />
valido il richiamo alla cultura liberale che si<br />
espresse nella ricerca di una terza via e ne<br />
vengono citati i maggiori epigoni, da filosofi<br />
come Antoni e Calogero a scrittori come<br />
Chiaromonte e Silone, a politici come Parri,<br />
oltre all’opera svolta da Bobbio.<br />
Sulle basi di queste analisi, Ricordi sostiene<br />
che dopo la liberazione del ’45, va altrettanto<br />
esaltata la “seconda liberazione” dal totalitarismo,<br />
avvenuta con la caduta del muro di<br />
Berlino ed il crollo dell’Urss. Ed i testi teatrali<br />
di Pasolini vengono allora indicati singolarmente<br />
come espressione di una ricerca<br />
soggettiva contrapposta alla cultura di massa<br />
e mediatica.<br />
Da un breve accenno si può cogliere altresì<br />
l’interpretazione che l’autore dà del berlusconismo,<br />
visto quasi come la conseguenza<br />
italiana di un fenomeno derivato a livello<br />
internazionale dal dominio della TV. L’attenzione<br />
all’esame testuale delle tragedie pasoliniane<br />
conferma le specifiche doti critiche di<br />
Ricordi, il quale usa sapientemente il linguaggio<br />
preferito dal poeta per dimostrarne<br />
la possente forza lirica. Vi sarebbero tante<br />
altre osservazioni da fare attorno a tante altre<br />
pagine del libro, fascinoso nelle sue costruzioni<br />
estetiche.<br />
Una osservazione di fondo non possiamo tralasciare:<br />
a noi personalmente – per quel che<br />
abbiamo vissuto e visto – sembrano in vari<br />
tratti piuttosto forzate alcune pur interessanti<br />
considerazioni di Ricordi. Infatti, contro la<br />
tendenziosità e faziosità della cultura – esattamente<br />
rilevata e duramente giudicata – nell’esperienza<br />
del secondo Novecento, nel teatro<br />
italiano non va dimenticata la presenza di<br />
autori, espressione della cultura di sinistra o<br />
ancor meglio della cultura senza aggettivi<br />
(quella che preferiamo nella sua autenticità).<br />
Sono opere apparse sulle nostre scene (purtroppo,<br />
qualche volta, solo nei premi) rivelatrici<br />
tutt’altro che di un cedimento “politico”,<br />
estetico, morale, o di conformismo. Non<br />
quindi un universo chiuso quanto invece una<br />
dialettica ininterrotta – nella cornice delle<br />
nostra libertà costituzionali – alla quale hanno<br />
contribuito con creatività e gusto artisti<br />
liberi ed indipendenti. Piuttosto potrebbe<br />
essere meritoria una ricostruzione dei metodi<br />
perniciosi messi in atto, per tanti anni, dalle<br />
istituzioni preposte alla regolamentazione<br />
dello spettacolo, un settore a lungo controlla-<br />
8<br />
to dal partito di maggioranza e dai suoi alleati<br />
(ne abbiamo scritto anche nella World Encyclopedia<br />
of Contemporary Theatre).<br />
Non può in ogni caso mancare il riconoscimento<br />
a Ricordi per aver egli esposto con<br />
chiarezza e conoscenza aspetti significativi e<br />
discutibili a lungo taciuti nella nostra cultura.<br />
La pressione politica sulle arti è stata esercitata<br />
perché prevalenti erano, sul piano quantitativo,<br />
artisti appartenenti alle correnti che<br />
l’autore del libro mostra di deprecare e che<br />
certamente si sono avvalsi di condizioni di<br />
favore derivanti dalla cosiddetta egemonia<br />
culturale, che aveva luogo perché ad essa, in<br />
verità, molto poco si sapeva opporre sul piano<br />
creativo e su quello organizzativo. Ma, al<br />
di là dell’ “egemonia”, restano le opere più<br />
valide, indipendentemente dalla collocazione<br />
politica degli autori: sono esperienze che non<br />
possono essere confuse in una critica che<br />
rischia altrimenti di rimanere generica.<br />
Carlo Vallauri