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NOTIZIE<br />

UNA IMPUDICA ANALISI<br />

DELLA MIA POESIA, DEL MIO STILE<br />

La SIAD pubblicò, di Nediani, nel 1994, tre testi, dedicandogli un volume della sua Collana di Teatro<br />

Italiano Contemporaneo, allora edito da Editori & Associati di Enrico Bernard. Di questi tre testi<br />

– “Film soggetto e sceneggiatura”, “Est est est” e “Loch Ness” parla lo stesso Autore,<br />

nella presentazione al volume. Attraverso questo scritto si ritrova l’arguzia<br />

e l’entusiastico candore di Nediani per il teatro e le sue possibilità di metafora.<br />

Antonio Nediani<br />

Dopo il pezzo, su di me, di Roberto Herlitzka,<br />

mi sono sentito sguarnito: un’altra<br />

persona di teatro, doveva farmi un secondo pezzo.<br />

Dopo un attimo di sconcerto – in un gioco<br />

di divertita ironia –, ho trovato che poteva essere<br />

divertente, che parlassi, io stesso, di me stesso:<br />

una impudica analisi della mia poetica, del<br />

mio stile fatta proprio da me? Una trovata ad<br />

effetto, spettacolare; ma non siamo gente di<br />

spettacolo?<br />

Come prima puntualizzazione sul mio teatro,<br />

voglio subito affermare che, spettacolo, da parte<br />

di una persona di spettacolo, vale quanto<br />

l’affermazione di quell’istinto (direi, talento)<br />

istrionico, che deve essere al fondo anche della<br />

vocazione dello scrittore di teatro. È un pregiudizio<br />

stracco, pensare che sia il regista, che fa<br />

diventare teatro la pagina scritta per la scena.<br />

Del resto, io qui parlo di istrione che scrive,<br />

perché – unitamente ad una vocazione attorale,<br />

che s’è dimostrata, in me, fin dall’infanzia, e<br />

che non ha mai lasciato spazio ad altre vocazioni<br />

– io ho incominciato a scrivere testi teatrali<br />

(anch’essi, fin dall’infanzia: testi per burattini,<br />

prima di tutto), come naturale estensione dei<br />

miei impulsi di commediante. Conseguentemente,<br />

da adulto, ho anche fatto valorosamente<br />

l’attore; ma – poi – m’è parso (ed era vero) che<br />

i miei suddetti istinti istrionico – commediantici<br />

si sublimassero, al meglio, nella scrittura drammatica.<br />

Può anche darsi che, quanto vado dicendo, sia<br />

un po’ la storia di tutti noi, come ci ha splendidamente<br />

fissati narrativamente Goethe, nel suo<br />

«Meister».<br />

Cercherò ora di tracciare – tramite i tre testi qui<br />

pubblicati – quelli che penso siano i segni della<br />

mia poetica e del mio stile. Contro tutte le fatalità<br />

che cercano di miliare l’autore di teatro,<br />

credo che egli sia un’artista, con la dignità di<br />

una propria poetica e d’un proprio stile.<br />

«Film: soggetto e sceneggiatura»: il testo nasce<br />

negli anni cinquanta, come memoria anche<br />

degli anni quaranta. Una storia còlta struggentemente<br />

nel personale, e che risentiva dell’influenza<br />

del neorealismo d’epoca; un cercar di<br />

6<br />

cogliere una verità pulsante nel quotidiano; e<br />

una verità che era – e doveva essere – anche<br />

una confessione aperta. In ciò, sta la mia inclinazione,<br />

non tanto per l’intimismo, quanto per<br />

un’attenta introspezione psicologica. Tuttavia,<br />

già in «Film: soggetto e sceneggiatura», dalla<br />

volontà di ancorarsi al realistico quotidiano, si<br />

spazia in una composizione libera, surreale, che<br />

voleva anche rincorrere la stessa libertà fantastica<br />

consentita dal teatro. A quei tempi, già<br />

scrivevo, attendendo – con una compiaciuta<br />

pazienza – che l’azione drammatica, il dialogo,<br />

si decantassero in un’essenziale economia scenica.<br />

In tutta la mia attività di scrittore drammatico<br />

– devo dire –, quasi un sesto senso mi guidava<br />

a ricercare – nella tessitura del dialogo – il<br />

continuo, immediato scatto del gioco drammatico,<br />

della parola usata drammaticamente.<br />

Poi, passiamo al secondo testo, qui pubblicato:<br />

«Est Est Est». L’introspezione psicologica<br />

diventa più cocente, nel tentativo di cercare –<br />

nei personaggi – attitudini e significati, che<br />

dovevano nascere da un intimo personale, che<br />

fosse una confessione piena di verità sofferta,<br />

quanto esorcizzabile. Pur in un linguaggio, che<br />

evocasse atmosfere da Dodicesimo Secolo, la<br />

ricerca d’un’ essenziale economia di dinamica<br />

ed efficacia drammatica, era presente – in me –<br />

con intuizione sempre più matura e meno faticosa,<br />

di ciò che dev’essere il dialogo teatrale.<br />

Poi, infine, «Loch Ness»: testo che sperimenta,<br />

in una piena maturità, una spericolatezza di linguaggio,<br />

di immaginazione scenica, fantasia<br />

teatrale, che intendono essere il segno d’un uso<br />

sicuro dei propri mezzi di drammaturgo.<br />

E poi, l’ampia, giocosa metafora, che fosse una<br />

piena confessione di come sento il destino dell’artista,<br />

le sue pene, la sua più intima, e anche<br />

straziante esistenza: confessione di me stesso,<br />

certo, senza remore. Anche qui, il linguaggio<br />

cerca un’essenzialità, che faccia scaturire la<br />

teatralità, ancora prima della significanza della<br />

parola; e una teatralità che cerchi il vero, grande<br />

talento dell’attore.<br />

Mie influenze? Forse la «Sophisticated<br />

comedy» del cinema americano (mia grande<br />

scuola), con la sua scioltezza ed effervescenza<br />

ritmico – spettacolare.

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