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VITO ZAGARRIO<br />

zione e di varie generazioni, sia valutando i risultati critici – è che i Taviani<br />

possano e debbano essere ri-letti, oggi, con occhi nuovi.<br />

Voglio dire che c’è una lettura acquisita <strong>del</strong> loro <strong>cinema</strong>, che è in parte<br />

responsabile <strong>del</strong>la loro fama, ma che rischia anche di ghettizzarli e di impedirne<br />

una lettura aggiornata agli anni duemila: è la lettura ideologica, che<br />

li presenta come degli “utopisti” in senso politico e sociale, come dei “rivoluzionari”<br />

o dei nostalgici di una rivoluzione mancata o perduta, come<br />

degli Autori “impegnati”, capifila di un <strong>cinema</strong> “civile”. Questa interpretazione<br />

è stata certamente valida, soprattutto in un contesto storico come<br />

quello degli anni sessanta e settanta, ma nel momento <strong>del</strong>la crisi <strong>del</strong>l’Ideologia<br />

degli anni ottanta e novanta ha forse impedito di seguire in modo<br />

corretto l’evoluzione <strong>del</strong>l’universo etico ed estetico dei fratelli Taviani,<br />

impedendone a volte una giusta valorizzazione.<br />

Ne è esempio il saggio di Robert Sklar, noto storico <strong>del</strong> <strong>cinema</strong> americano<br />

e mondiale, che ricostruendo successi e insuccessi dei Nostri negli<br />

Stati Uniti, tende a identificare la loro fortuna con la forza <strong>del</strong> loro impegno<br />

“militante”. In altre parole, i Taviani “sfondano” in America solo nel<br />

momento in cui un pubblico socialmente “impegnato” vede nei loro film<br />

un mo<strong>del</strong>lo mitico e un’alternativa “politica” alle meno utopiche atmosfere<br />

locali. “When the spirit of radical change returns to U.S. politics and<br />

culture – scrive Sklar – committed spectators will once again discover the<br />

significance of the Taviani’s achievement” 1 . Un meraviglioso auspicio (e<br />

<strong>del</strong> resto il saggio di Sklar è convincente), ma così facendo si rischia di<br />

semplificare la authorship – per restare nei termini <strong>del</strong> dibattito americano<br />

– dei Taviani. E si rischia, al tempo stesso di non capire i film <strong>del</strong>la maturità<br />

dei due registi, inconsapevolmente fissando un “primo tempo” e un<br />

“secondo tempo” <strong>del</strong>la loro visione <strong>del</strong> mondo e svalutando, in quest’ottica,<br />

i loro film più recenti. I Nostri funzionano, allora, soltanto quando<br />

sono “sovversivi” (come suona il loro titolo <strong>del</strong> ‘67) o “fuorilegge” (il gioco<br />

di parole è con I fuorilegge <strong>del</strong> matrimonio, ‘63, firmato insieme ad Orsini);<br />

quando propongono un’impossibile Utopia, quando si pongono fuori o<br />

contro un “Sistema” di marcusiana memoria, sia in termini di modi produttivi<br />

che in termini di modi linguistici. Ma non funzionano più quando<br />

accettano i meccanismi <strong>del</strong> mercato, o giocano coi codici dei generi o <strong>del</strong>la<br />

letteratura d’appendice; non funzionano quando le loro opere appaiono<br />

prive di “messaggi”, non più capaci, mutati i tempi, di graffiare e di aggredire,<br />

o semplicemente di proporre utopie, con la U maiuscola o con quella<br />

minuscola.<br />

Allora, sono davvero “utopisti ed esagerati” i fratelli Taviani, come li<br />

ha definiti Miccichè in quel suo antico saggio? Sono ancora, o sono mai<br />

stati, “sovversivi” e “fuorilegge”, oppure hanno accettato un “compromesso”<br />

con la vita e la politica? E la loro carica trasgressiva e militante si<br />

è esaurita con la crisi <strong>del</strong>l’ideologia, o il loro <strong>cinema</strong> si è trasformato nel<br />

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SOVVERSIVI E FUORILEGGE?<br />

corso <strong>del</strong>la loro ormai lunga carriera? Sono tutte domande lecite, ma sono<br />

convinto che i loro film vadano oggi rivisitati al di là dei vecchi dibattiti e<br />

dei vecchi schieramenti, applicando strumenti più adatti all’oggi; e magari<br />

al di là <strong>del</strong>le loro stesse dichiarazioni teoriche, malgrado loro stessi.<br />

Sui Taviani è stato scritto molto, sono state molte le occasioni di analisi<br />

dei loro film, varie le personali e le pubblicazioni; ma la sensazione è<br />

che ci sia senz’altro ancora uno spazio di riflessione su un <strong>cinema</strong> come il<br />

loro, che può essere letto con occhi sempre diversi, via via che passano gli<br />

anni, mutano le ideologie, si modificano gli approcci analitici. I film dei<br />

Taviani vanno rivisti con approcci e metodi più moderni – e funzionali alla<br />

complessità <strong>del</strong>l’universo contemporaneo – di quelli classici degli anni sessanta-settanta.<br />

Analizzare un film significa re-voir, propone Michel Marie: e “rivedere”<br />

significa vedere di <strong>nuovo</strong> in situazioni mutate, in mutati contesti,<br />

con differenti situazioni emotive e psicologiche, con diverse capacità e<br />

disponibilità analitiche. Si possono applicare al <strong>cinema</strong> dei Taviani metodi<br />

che sono più gettonati nel dibattito contemporaneo: tanto per fare degli<br />

esempi, <strong>cinema</strong> e psicanalisi, generi, gender, cultural studies, modi di produzione;<br />

poststrutturalismo, postmodernismo, attenzione all’elemento<br />

carnascialesco, a quello autoriflessivo, ecc.<br />

Provo a fare un esempio: gender. Sarebbe interessante analizzare, nella<br />

cornice dei women studies, il ruolo <strong>del</strong>le figure femminili nel <strong>cinema</strong> tavianeo:<br />

dalla figurina moderna di Marina Malfatti, ritratta con i modi <strong>del</strong>la<br />

nouvelle vague in Un uomo da bruciare a quella forte, antica, di Lucia Bosé<br />

in Sotto il segno <strong>del</strong>lo Scorpione; dalle donne ritratte con i toni <strong>del</strong>la contemporaneità<br />

in Fuorilegge e Sovversivi, a quelle “in costume” di Allonsanfan:<br />

la fascinosa Lea Massari, la seducente Mimsy Farmer, Laura Betti che<br />

rimanda sempre “ad altro”. La complessa femminilità di Isabella Rossellini<br />

nel Prato. Le star internazionali (Greta Scacchi, Nastassja Kinski, Isabelle<br />

Huppert, Laetitia Casta), e quelle nazionali (Stefania Rocca, Sabrina Ferilli).<br />

Le “caratteriste” (Didi Perego, Lydia Alfonsi, Enrica Maria Modugno),<br />

le molte donne <strong>del</strong> coro di La notte di San Lorenzo, con un cammeo <strong>del</strong>l’organizzatrice<br />

Grazia Volpi: come dire, la produzione al femminile. Margarita<br />

Lozano, personaggio carismatico ricorrente (La notte di San Lorenzo,<br />

Kaos, Good Morning Babilonia, Luisa Sanfelice); interprete di un femminino<br />

che mi piacerebbe mettere in gioco con alcuni suoi ruoli precedenti: ad<br />

esempio con la donna forte, la capofamiglia in Per un pugno di dollari, dove<br />

trova un altro personaggio tavianeo, Gian Maria Volonté…<br />

D’altra parte, ci sono molti elementi western nell’immaginario dei<br />

Taviani, nelle musiche (Allonsanfan musicata non a caso da Morricone),<br />

negli scontri di massa (ancora Allonsanfan), nei paesaggi (l’America di<br />

Good Morning Babilonia su tutti, ma anche Padre padrone, Kaos, Tu ridi);<br />

e persino in Un uomo da bruciare (Salvatore che sogna la sua morte, anche<br />

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