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BRUNO TORRI<br />

netto e convincente, dalle parole e dagli atti <strong>del</strong> più giovane dei protagonisti:<br />

un personaggio che, per il suo radicale dissenso nei confronti <strong>del</strong>l’esistente,<br />

per la sua impazienza, per il suo estremismo, insomma per le sue<br />

personali “esagerazioni”, sembra preannunciare molto di quel grande<br />

evento sociale e storico che di lì a poco, nel cruciale anno 1968, sarà conosciuto<br />

– in Italia e nel mondo – con l’appellativo di “contestazione globale”,<br />

e che comporterà una carica di emancipazione assieme a rischi degenerativi.<br />

Per alcuni aspetti contenutistici, Sovversivi è avvicinabile a Sotto il<br />

segno <strong>del</strong>lo Scorpione, il film successivo girato da Paolo e Vittorio Taviani<br />

nel 1969, che tuttavia è, anche questa volta, molto diverso dagli altri che<br />

lo hanno preceduto, tanto da segnare una svolta importantissima nella loro<br />

filmografia. La strutturazione espositiva e la cifra stilistica rendono Sotto<br />

il segno <strong>del</strong>lo Scorpione un’opera tanto originale quanto avanzata. Raggiunta<br />

ormai la maturità espressiva, i Taviani riprendono il confronto con<br />

la realtà coeva da una posizione più distaccata per puntare a un maggiore<br />

spessore discorsivo, senza più ricorrere alla testimonianza partecipe,<br />

all’autobiografismo indiretto, alla verosimiglianza realistica ravvisabili in<br />

Sovversivi. Al contrario, Sotto il segno <strong>del</strong>lo Scorpione si affida interamente<br />

ai linguaggi traslati; è una favola politica, o se si preferisce, un apologo<br />

politico tutto racchiuso in un metaforico spazio estetico, il cui senso ultimo,<br />

più interrogativo che assertivo, va letto tra le righe, anche se non mancano<br />

scoperti richiami all’attualità. Così il film, in armonia con i propri<br />

presupposti artistici e con le proprie intenzioni comunicative, non esalta<br />

bensì “raffredda” in un ragionato artificio formale i requisiti ideologici che<br />

pure lo sostanziano. Gli autori, per meglio creare un film politico idoneo<br />

anche ad alimentare la discussione politica interna alla sinistra, hanno<br />

voluto evitare qualsiasi sacrificio artistico, nella consapevolezza che il<br />

“<strong>cinema</strong> politico” non deve mai sottintendere una preponderanza <strong>del</strong>l’aggettivo<br />

sul sostantivo, pena altrimenti di fare <strong>del</strong> cattivo <strong>cinema</strong> e, insieme,<br />

<strong>del</strong>la cattiva politica. Inoltre, l’intendimento di risarcire compiutamente<br />

le potenzialità artistiche <strong>del</strong> linguaggio <strong>cinema</strong>tografico ha anche<br />

evitato il pericolo di ridurre alla sola dimensione <strong>del</strong>la politica le molteplici<br />

dimensioni <strong>del</strong>l’umano. E infatti, puntando tutte le loro carte sulla<br />

riuscita estetica, Paolo e Vittorio Taviani riescono a realizzare un’opera<br />

ricca di contenuti, lasciandovi permanere un margine di positiva ambiguità;<br />

un’opera che si apre, in virtù <strong>del</strong>la sua calibrata costruzione metaforica,<br />

a una pluralità di interpretazioni.<br />

Ambientata in un tempo e in un luogo preistorici, la vicenda narrata<br />

in Sotto il segno <strong>del</strong>lo Scorpione mette a confronto e, nello stesso tempo,<br />

sollecita la riflessione su due diversi modi di pensare e di vivere la rivoluzione.<br />

Nel film si avverte l’eco <strong>del</strong> dibattito ideologico allora in corso: l’opposizione<br />

dialettica tra chi propugna la prassi rivoluzionaria come palin-<br />

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IL “NUOVO CINEMA” DI PAOLO E VITTORIO TAVIANI<br />

genetica realizzazione <strong>del</strong>l’utopia, come definitiva liberazione <strong>del</strong>l’umanità<br />

dal peso <strong>del</strong>la Storia (anche se nel film la Storia trapela come Natura,<br />

una natura ostile), e chi ritiene, con atteggiamento più realistico ma anche<br />

più compromissorio, che la rivoluzione può essere solo parziale, resta sempre<br />

incompiuta, e dunque bisogna sapersi fermare per salvaguardare quel<br />

tanto, o poco, che è stato conquistato. L’alternativa posta dal film, sempre<br />

con riferimento schematico alla realtà e agli scontri politici di quegli anni,<br />

rimanda a quella tra la sinistra istituzionale, parlamentare, e la nuova sinistra,<br />

quest’ultima considerata non soltanto nelle sue enunciazioni teoriche<br />

ma anche nelle sue manifestazioni esteriori, e specialmente nelle nuove<br />

forme di lotta <strong>del</strong> movimento studentesco. Le due piccole comunità primordiali<br />

che nel film si fronteggiano raffigurano emblematicamente queste<br />

due diverse concezioni rivoluzionarie; e dalla loro conflittualità, dapprima<br />

solo verbale poi cruenta, traspare anche un discorso, di taglio etico<br />

oltre che politico, sulla violenza <strong>del</strong> potere e sul potere <strong>del</strong>la violenza, con<br />

tutte le ricadute esistenziali su chi il potere stesso esercita o subisce. Più<br />

in particolare, e sempre per il tramite <strong>del</strong>l’apologo e <strong>del</strong>la metafora, Sotto<br />

il segno <strong>del</strong>lo Scorpione mette in scena, ricorrendo anche a tecniche stranianti<br />

nella recitazione e nella gestualità degli attori, i comportamenti politici<br />

dei nuovi soggetti politici: l’“assemblearismo”, le “provocazioni”, l’uso<br />

“terroristico” <strong>del</strong>le parole, la purezza <strong>del</strong>le aspirazioni e (a volte) il cinismo<br />

<strong>del</strong>le azioni, la “spettacolarizzazione” <strong>del</strong>la politica stessa. Di conseguenza<br />

il film, la cui gestazione risale al 1967 (e quindi conferma le intuizioni<br />

anticipatrici rintracciabili in molto <strong>cinema</strong> dei Taviani) si pone anche<br />

come un’inedita rappresentazione dei miti e dei riti <strong>del</strong>la Contestazione,<br />

che gli stessi autori non intendono documentare direttamente o raccontare<br />

in chiave realistica, ma alla quale, con il loro speciale codice artistico,<br />

alludono con chiarezza, scartando e l’assunzione di una visione pregiudiziale<br />

e il pronunciamento di un giudizio conclusivo, lasciando così allo<br />

spettatore, disposto all’attività ermeneutica, la possibilità di rielaborarne<br />

uno proprio.<br />

Pur essendo, per le sue opzioni e per le sue soluzioni formali, un’opera<br />

<strong>del</strong> tutto eccentrica, oltre che <strong>del</strong> tutto risolta sul piano <strong>del</strong>l’innovazione<br />

stilistica e <strong>del</strong>la densità espressiva, Sotto il segno <strong>del</strong>lo Scorpione permette<br />

di individuare il metodo operativo e i fattori compositivi che più<br />

contraddistinguono il <strong>cinema</strong> dei Taviani, in particolare quello degli anni<br />

sessanta e <strong>del</strong> decennio successivo. Metodo e fattori che possono essere<br />

sintetizzati, contestualmente, nei punti seguenti: la valorizzazione di ogni<br />

specificità <strong>del</strong> mezzo espressivo; la preferenza per le tematiche ideologico-politiche<br />

calate, oltre che nel sociale, nell’interiorità dei personaggi;<br />

l’inclinazione a narrare le tensioni e le contraddizioni <strong>del</strong> presente; la tendenza<br />

a fondere le categorie <strong>del</strong> reale e <strong>del</strong> fantastico, sia a fini estetici, sia<br />

per aumentare le implicazioni critico-conoscitive dei film; l’attivazione di<br />

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