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scarica documento - Mostra internazionale del nuovo cinema

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VITO ZAGARRIO<br />

All’uscita di Tu ridi, nel ‘98, in pieno dibattito sulla “crisi” <strong>del</strong> <strong>cinema</strong><br />

italiano, parlavo <strong>del</strong>la inedita capacità visionaria in alcuni film <strong>del</strong> “<strong>nuovo</strong><br />

<strong>cinema</strong>” e aggiungevo: «Ma anche i Taviani esprimono un progetto estetico,<br />

seppure opposto: con Tu ridi rinunciano al piacere <strong>del</strong>la storia ben<br />

narrata e ben girata, confessano l’impotenza (<strong>del</strong> nostro tempo e forse in<br />

particolare <strong>del</strong>la loro generazione di cineasti) a raccontare la realtà, la<br />

società, la storia, in maniera armonica. Diversamente dal Giotto che inutilmente<br />

il computer <strong>del</strong> bambino tenta di riprodurre, o dal Galileo evocato<br />

da Turi Ferro, l’artista o lo scienziato di oggi non riescono più a interpretare<br />

il mondo. Restano frammenti di storie, scatole cinesi di narrazioni<br />

possibili che si incastrano l’una nell’altra, strutture volutamente disarmoniche<br />

come è disarmonica la realtà che viviamo. Il tutto raccontato senza<br />

“piacere”, senza acrobazie <strong>del</strong>la macchina da presa, con scarno rigore, con<br />

scheletrica essenzialità. Con un rituale antico e ossessivo, con un battere<br />

dei piedi a scandire il ritmo che viene da lontano (da Sotto il segno <strong>del</strong>lo<br />

Scorpione, da Allonsanfan), con una cadenza e una scadenza minacciosa,<br />

come i dibattiti sul <strong>cinema</strong> italiano».<br />

Sottoscrivo ancora quel giudizio. Dietro quella danza (macabra) di<br />

Lello Arena c’è – altra ossessione ricorrente – la danza coi campanacci<br />

degli scorpionidi, o la bellissima danza “di guerra” dei fratelli sublimi,<br />

uniti nell’immaginazione di Allonsanfan ai contadini e ai paesani insorti.<br />

Ci sono, insomma, una capacità visionaria e un invito alla visionarietà, che<br />

i Taviani continuano a proporre, in maniera coerente e lineare, a dispetto<br />

di chi vede nel loro <strong>cinema</strong> più recente una “involuzione”, o un compromesso,<br />

o addirittura un “tradimento”. Tema, <strong>del</strong> resto, che è radicato nella<br />

critica italiana (vedi Aristarco e Visconti); ed è fortemente radicato, come<br />

abbiamo visto, nella stessa cosmogonia tavianea.<br />

1 «Quando la spinta ad un cambiamento radicale tornerà a far parte <strong>del</strong>la politica e <strong>del</strong>la<br />

cultura statunitensi, il pubblico impegnato tornerà a scoprire il significato <strong>del</strong>l’impresa dei<br />

Taviani».<br />

2 R.A.Rosenstone, P. Sorlin, The Night of Shooting Stars. Fascism, Resistance, and the Liberation<br />

of Italy, in R. A. Rosenstone, Revisioning History. Film and the Construcion of a New Past,<br />

Princeton, Princeton University Press, 1995.<br />

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