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VITO ZAGARRIO<br />

Taviani accentuano rispetto alla loro stessa, innata, voglia di raccontare<br />

spettacolarmente.<br />

Elementi di stile<br />

E veniamo, partendo da questi campi lunghi dall’alto, ad alcune osservazioni<br />

sulla regia e sullo stile dei Taviani, che nella loro carriera hanno passato<br />

vari “periodi” e varie fasi, mutando a volte – come è naturale per qualsiasi<br />

artista – tono e registro, ma conservando sempre una decisa impronta<br />

personale e presentando tanti elementi ricorrenti, quasi una “firma” autoriale<br />

che rendono i loro film riconoscibili. Parlavo, ad esempio, di visioni<br />

dall’alto: ecco, i campi lunghi connotano il <strong>cinema</strong> dei Taviani, soprattutto<br />

nei loro primi film. Ricordo il bel piano sequenza <strong>del</strong>l’occupazione dei campi<br />

in Un uomo da bruciare, quando le masse si muovono con una coreografia<br />

di rara emozione, riprese dalla macchina fissa, appunto dall’alto. Oppure<br />

i campi lunghi e lunghissimi di Sotto il segno <strong>del</strong>lo Scorpione, crudi, a volte<br />

sgradevoli. Perché è un linguaggio filmico, quello dei Taviani, anti-televisivo<br />

anche quando i loro film sono finanziati o supportati dalla televisione.<br />

Il loro stile di regia passa da un impianto abbastanza classico, seppur<br />

venato di elementi di “modernità” (Un uomo da bruciare) alla nouvelle<br />

vague di Sovversivi, dalla sperimentazione pura e acompromissoria (Sotto il<br />

segno <strong>del</strong>lo Scorpione) alla svolta estetica di Allonsanfan, ideato per un pubblico<br />

più generalizzato; dallo stile crudo e autoreferenziale sino alla provocazione<br />

di Padre padrone e de Il prato alle fabulae di La notte di San Lorenzo<br />

e Kaos; e poi a una nuova svolta “<strong>internazionale</strong>”, verso un <strong>cinema</strong> che esca<br />

dal ghetto cinefilo per andare verso il grande pubblico e le grandi platee,<br />

anche televisive (da Good Morning Babilonia a Luisa Sanfelice).<br />

I Taviani sperimentano continuamente, anche quando sembrano strizzare<br />

l’occhio allo spettatore. Prendiamo ad esempio Allonsanfan, film<br />

“formalista” se lo si mette in relazione con le precedenti durezze (spesso,<br />

ad esempio, la macchina da presa indugia su orpelli, stucchi, colori, quasi<br />

a dichiarare un’estetica), e destinato al grande pubblico (vedi la scelta di<br />

Mastroianni al posto di Brogi), eppure pieno di “rotture” <strong>del</strong>lo stile classico<br />

<strong>del</strong>la messa in scena. Come indizio, cito un paio di sequenze: la prima<br />

è la cena di Fulvio, travestito da frate, a casa dei fratelli. Qui i Taviani rompono<br />

volutamente le regole <strong>del</strong>la grammatica filmica, giocando sui campi<br />

dei commensali escludendo il controcampo <strong>del</strong> protagonista; e creando<br />

così, grazie al montaggio, una geografia stridente di personaggi e di sentimenti.<br />

La seconda è la sequenza in cui Fulvio e Charlotte fuggono dalla<br />

casa paterna <strong>del</strong> protagonista, portandosi via l’altro Fulvio, il nipotino, su<br />

un calesse. Qui l’azione è raccontata in maniera sincopata, eliminando in<br />

ripresa e in montaggio gli snodi narrativi: il bambino visto in soggettiva,<br />

la mano che lo aiuta a salire, il carro che se ne va, ecc., ancora una volta<br />

spiazzando la percezione tradizionale <strong>del</strong>lo spettatore.<br />

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SOVVERSIVI E FUORILEGGE?<br />

I Taviani hanno poi <strong>del</strong>le vere e proprie “ossessioni” che popolano i<br />

loro film. Proverò qui ad elencarne qualcuna.<br />

Il doppio e il travestimento. Il <strong>cinema</strong> dei fratelli Taviani è spesso basato<br />

sul tema <strong>del</strong> “doppio”. Tema classicamente psicanalitico, il rapporto con<br />

l’“altro”, con un altro da sé che è spesso una proiezione <strong>del</strong>l’inconscio.<br />

Intanto i Taviani sono “doppi” per scelta, sono due fratelli (non gemelli<br />

come altri registi, i Frazzi ad esempio), ma specularmente si completano,<br />

agiscono all’unisono. Le loro inquadrature, girate alternatamente da uno<br />

dei due, costituiscono un unico insieme. Spesso, sul set, i registi integrano<br />

i ruoli: se uno è al combo (il controllo video) e ha la cuffia (per il controllo<br />

<strong>del</strong>la presa diretta), l’altro è vicino alla macchina da presa e agli attori, per<br />

dominare la scena da vicino. È fortemente autobiografica la storia dei due<br />

fratelli di Good Morning Babilonia, “artigiani” toscani che approdano al<br />

grande <strong>cinema</strong> conservando però quel gusto per la bottega rinascimentale.<br />

In una scena i due fratelli raccontano alle loro girlfriends la storia di<br />

quando, da bambini, l’improvvisa perdita di parità (uno dei due vince un<br />

coltello a una riffa) provoca la lite e il disastro: sembra una confessione dei<br />

“veri” fratelli Taviani sul loro bisogno di essere doppi, ma a pari dignità.<br />

Pena la fine <strong>del</strong> loro <strong>cinema</strong>.<br />

Doppie e ambigue sono le scelte dei personaggi dei loro film:<br />

Mastroianni non sa se mettersi o levarsi la giubba rossa dei rivoltosi, in<br />

Allonsanfan, perché non sa se la “rivoluzione” è riuscita o no, e muore nell’ambiguo<br />

gesto di una giacca infilata a metà. «Non è vero (…) allora è<br />

vero», continua a dire anche mentre sta per morire. E infatti il <strong>cinema</strong> dei<br />

Taviani è pieno di allusioni al vero-falso: «è tutto finto», dice Fulvio a proposito<br />

<strong>del</strong>l’impresa rivoluzionaria, finte sono le armi e finta è la convinzione<br />

politica. Il “tradimento” è d’altronde un altro leit motiv dei Taviani,<br />

da Allonsanfan (il continuo tradimento di Fulvio) a Luisa Sanfelice (l’involontario<br />

tradimento di Luisa).<br />

Brogi gioca col suo “doppio” per tutto il film, in San Michele aveva un<br />

gallo; dialoga con il suo alter ego, con il suo fantasma. In Luisa Sanfelice,<br />

molti anni dopo, le masse fe<strong>del</strong>i al re sono guidate da un “sosia” <strong>del</strong> principe,<br />

una sorta di “Kagemusha”.<br />

Il tema <strong>del</strong> doppio e <strong>del</strong>l’ambiguità slitta facilmente in quello <strong>del</strong> travestimento,<br />

<strong>del</strong>lo scambio d’abito, tema classico, <strong>del</strong> resto, <strong>del</strong> teatro e<br />

<strong>del</strong>la letteratura: vedi Plauto, Molière, Mozart-Da Ponte (Don Giovanni),<br />

Renoir (La regola <strong>del</strong> gioco). Un tema tipico <strong>del</strong>la commedia degli<br />

equivoci o <strong>del</strong> melodramma, ma anche un tema simbolico che ci riporta<br />

al Marx citato prima: penso a quando, nel primo libro <strong>del</strong> Capitale, Marx<br />

parla <strong>del</strong>le “maschere di carattere”. Ebbene, i film dei Taviani sono zeppi<br />

di travestimenti: in Allonsanfan Fulvio si traveste da frate per non farsi<br />

riconoscere dai fratelli, Lea Massari si traveste da uomo, i “fratelli” da<br />

cacciatori, e Lionello da gelataio. E sul lago Fulvio incontra un gruppo<br />

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