Testo de L'anima muore di sera in pdf - GRIGIOVERDE

SOMMARIO
Presentazione dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore
dell’Esercito Italiano
Introduzione dell’autore, Paolo Casolari
Diario d’operazioni, 1° gennaio - 31 agosto 1943
Sull’attenti passa il Savoia
La tenda sul fiume Garbo
I siciliani
La malinconia
L’apparecchio caduto
La malaria
Pina e le zite di Sciacca
Scartoffie malefiche
Il magone
Lo scirocco
La casetta agognata
L’alleato germanico
Sbarco imminente?
Thaon di Revel
Niente trasferimento
Il premio ai tiri
Addio Bill
A cavallo sulle mine
I bombardamenti
Arrivano, il mare è pieno di navi
Fuoco sugli americani
La fuga e l’esodo per la libertà
L’ospitalità dei baroni di Cefalù
Il tradimento
A piedi verso la Calabria
Mi arrestano “i nostri”
Rapporto al Ministero della Guerra
Appendice:
schede storico militari
L’appoggio della mafia agli Usa
10 luglio, l’invasione: cinque contro uno
Le forze in campo
Sesta Armata Italiana, Gen. Alfredo Guzzoni
XIV° Panzerkorp Tedesco - Gen. Hans Valentin Hube (dal 16
luglio 1943)
1

Settima Armata Usa - Gen. George S. Patton
Ottava Armata Britannica - Gen. Bernard Law Montgomery
40 giorni di difesa impossibile, poi l’epilogo
Le stragi “gratuite” di italiani
Bibliografia
2

PRESENTAZIONE
La difesa della Sicilia dall’invasione anglo-americana
dell’estate 1943 è una delle pagine meno note della partecipazione
italiana alla Seconda Guerra Mondiale. A differenza delle
operazioni in Africa Settentrionale e di quelle in Russia
ampiamente divulgate dalla pubblicistica storico-militare
nazionale, esistono scarse fonti edite sui combattimenti sostenuti
dalle forze dell’Asse contro gli Alleati nel periodo compreso tra
il 9 luglio ed il 17 agosto 1943, quando l’ultimo soldato italotedesco
ripiegò sulle coste calabri.
La brevità del ciclo operativo, l’esito dello scontro,
scontato in partenza a causa dell’enorme disparità delle forze in
campo, la scarsa tenuta di reparti Italiani troppo inferiori
qualitativamente all’avversario, la scarsità della documentazione
d’archivio di parte italiana salvatasi dagli eventi, hanno
determinato quantomeno una scarsa attenzione degli storici e del
grande pubblico agli eventi bellici che portarono a distanza di 15
giorni dallo sbarco alleato al crollo del regime fascista ed
all’arresto di Benito Mussolini.
In realtà lo sbarco in Sicilia fu una delle più importanti
campagne della Seconda Guerra Mondiale. Gli anglo-americani misero
in campo una flotta da sbarco ed una componente aerea mai vista
fino ad allora sui campi di battaglia.
Le imponenti operazioni di assalto aereo con truppe
paracadutate e trasportate a mezzo di alianti e gli sbarchi navali
contemporanei in più punti della costa sicula meridionale
costituirono un importante ammaestramento e dato di esperienza in
vista del ben più impegnativo attacco al Vallo Atlantico tedesco
in Normandia del giugno 1944. Anche dal prosieguo delle operazioni
di conquista dell’Isola gli Alleati trassero fondamentali lezioni
sul combattimento in zone di collina e di media montagna che
verranno messe a frutto nel corso della campagna d’Italia. I
tedeschi, da parte loro, dopo aver assunto la direzione delle
operazioni dopo il cambiamento del governo Italiano condussero una
magistrale manovra in ritirata, infliggendo gravi perdite al
nemico e ritardando notevolmente l’avanzata alleata alternando
combattimenti di retroguardia, contrattacchi e temporanee difese
statiche di posizioni. I tedeschi riuscirono, inoltre, a mettere
in salvo gran parte delle proprie unità facendole transitare
attraverso lo stretto di Messina nonostante la schiacciante
superiorità aeronavale nemica.
Il giudizio sul rendimento dei reparti Italiani è più
complesso ed articolato. Nella prima fase delle operazioni le
unità del Regio Esercito si comportarono bene, contrattaccando con
3

slancio le teste di sbarco nemiche. La divisione di fanteria
“Livorno”, in particolare, reagì con veemenza contro i primi
reparti statunitensi sbarcati a Gela, mettendo in seria crisi il
dispositivo avversario. Dopo la prima settimana di scontri la
resistenza Italiana scemò progressivamente, sovrastata dalla
superiorità materiale e tecnica del nemico, che non poteva certo
essere arginata col solo spirito di abnegazione o con richiami al
senso dell’onore. In quei critichi frangenti, soverchiati da un
nemico troppo superiore per mezzi ed organizzazione, i reparti
Italiani difesero con onore il suolo Patrio invaso. Solo quando fu
manifesta l’inutilità di tanti sacrifici di fronte alla marea
nemica, le unità Italiane cominciarono a cedere, passando alle
dipendenze tattiche dei comandi tedeschi, che grazie ad una
maggiore determinazione ed efficienza delle dotazioni d’armamento
erano in grado di reggere il confronto con le forze di Patton e di
Montgomery.
Accolgo quindi con favore la pubblicazione di quest’opera di
Paolo Casolari, che attraverso il diario personale di suo Padre,
Ufficiale inferiore d’artiglieria che combatté contro le truppe
statunitensi nella zona di Sciacca, traccia un quadro sintetico ma
esauriente della campagna di Sicilia.
Il lavoro riporta alla memoria e rende omaggio al valore di
quei soldati italiani che, in momento così critico della storia
nazionale, attesero a piede fermo l’invasione del nemico, tentando
finché possibile di contrastarla. Il libro, uno dei pochi di
memorialistica pubblicati su questo argomento, è uno spaccato
della tragica situazione in cui versava lo strumento bellico
nazionale nell’estate del 1943, stremato dopo tre anni di cruente
battaglie ed a corto dei rifornimenti essenziali.
Non mancano naturalmente testimonianze di episodi meno
edificanti come la fuga di militari di fronte al nemico e
l’atteggiamento della popolazione che accoglieva festante gli
invasori; tali eventi si inseriscono nella tragicità di quei
giorni, che vedeva l’Italia ormai soccombente ed allo stremo delle
forze, prostrata dai bombardamenti e dalla crisi alimentare. Viene
evidenziato, inoltre, che già in Sicilia i tedeschi cominciassero
a non essere più considerati come alleati a causa del
comportamento sprezzante verso le truppe italiane e le vessazioni
compiute contro la popolazione nel corso del ripiegamento su
Messina.
IL CAPO UFFICIO STORICO
DELLO STATO MAGGIORE
DELL’ESERCITO
4

INTRODUZIONE
E’ significativa la carenza di saggi divulgativi storico
militari sulla campagna di Sicilia del 1943. Si trova di tutto
sull’Africa, sulla Russia, sui Balcani, sulla Grecia e persino
sull’attacco alla Francia, mentre la guerra sul “bagnasciuga” non
ha trascinato con sé scritti e ricerche che abbiano dato corpo ad
un chiaro interesse memorialistico.
In Sicilia è probabilmente mancato l’epos, in una guerra ormai
perduta e spesso mal condotta. E neppure la tempra di un dignitoso
comandante, il Guzzoni, e una decorosa strategia di difesa sono
bastate a sollevare l’oblio in cui caddero i protagonisti. Era, in
verità, troppo tardi per sognare.
Mio padre però, quello scorcio di guerra, l’aveva vissuto, da
ventenne: e ciò mi ha sempre incuriosito e spinto, nel corso degli
anni, a cercare di documentarmi. Trovavo però solo ricche
testimonianze straniere o pubblicazioni ultraspecialistiche,
arricchite solo di recente da qualche saggio o romanzo italiano.
E’ stato, così, decisivo, il ritrovamento dopo la sua morte
dell’agenda su otto mesi di vita quotidiana in zona d’operazioni.
Sino all’ultimo lui non amava raccontarsi: era sopravvissuto, a
differenza di tanti, e questo lo rendeva schivo.
Ora però è il suo diario in carta velina a parlare per lui, a
descrivere un inedito percorso da “sentinella del bagnasciuga”
nella Sicilia del ’43, martoriata, ma anche indifferente. Un
diario riportato in originale, cui ho aggiunto, per facilità di
lettura, una scansione di titoli.
Dagli addestramenti, alla nostalgia, dalle distanze
insopportabili, ai colleghi, dalle ragazze, alle punizioni,
all’attendente, passando per i pensieri ribelli, il sogno
aeronautico, lo scirocco, la malaria, la licenza che non arriva,
le agognate lettere da casa. Ma anche i combattimenti, gli
incontri importanti, il sentore del tradimento, l’esodo a piedi
per centinaia di chilometri attraverso un’isola già passata col
vincitore, sino all’epilogo da uomo libero, con un finale da
manuale di vissuto militare italiano.
Sono solo piccoli squarci, sul destino comune di una Nazione
che in poco più di tre anni, nella tragedia della seconda guerra
mondiale, ha visto marchiata a fuoco e in gran parte perduta la
sua “meglio gioventù”. Sufficienti, tuttavia, ad intuire che in
tanti, chiamati a combattere contro un nemico sproporzionato,
hanno saputo tenere il punto con dignità.
E’ un profilo che appare lontano dalla vulgata prevalente, che
ha voluto descrivere i soldati italiani (in particolare
nell’ultima Thule della Sicilia) come tutti demotivati, pavidi e
straccioni.
Ma il disincanto delle confidenze apre canali di verità e
l’onestà con se stessi è la prima prova d’amor di Patria.
L’Autore
Paolo Casolari
5

DIARIO D’OPERAZIONI, 1° GENNAIO - 25 AGOSTO 1943
Carlo Casolari, classe 1921, 1° dicembre, studente
universitario d’ingegneria, Distretto militare di Modena, viene
chiamato alle armi il 28 febbraio del 1941, a 19 anni.
Frequenta la Scuola allievi ufficiali d’artiglieria d’armata
di Moncalieri (Torino), nominato sottotenente il 7 marzo 1942, è
inviato in Sicilia in zona d’operazioni.
Giura a Caltanisetta il 30 aprile; il 12 agosto arriva a
Castelvetrano e prende servizio presso la 44^ Batteria pesante
campale, del 22° Gruppo, del 43° (poi 63°) Raggruppamento
artiglieria, della 202^ Divisione costiera.
La Batteria era dislocata a Sciacca (Agrigento), in Contrada
Carbone, ed era armata con pezzi da 75/27, 906 e,
successivamente, da 149/12.
Dal 12 settembre 1942 al Casolari sono assegnati due,
ulteriori e isolati, pezzi anticarro e antisommergibile: un 105/28
posto sulla strada sud occidentale 115^ al km 115, e un 65/17, al
km 105.
(fonte: Foglio matricolare)
6

SULL’ATTENTI: PASSA IL SAVOIA
Gennaio 1943
Tutto è pronto sull’argine del Garbo (il fiume Carboj, torrente di
bonifica che scorre tra Menfi e Sciacca, ndr). Abbiamo “lustrato”
le bocche da fuoco e ripulito l’acquartieramento: è il 1° gennaio,
alle 12.00 passa il Savoia, Vittorio Emanuele III°, in visita alle
truppe.
Ho detto ai miei di mostrare la dignità, che se vogliono non gli
manca.
Sua Maestà il Re arriva con un’auto ammaccata, accompagnato da
un’infilata di greche, ma non c’è sfarzo; c’è invece il generale
Mario Roatta, credo anche lui modenese, il nuovo comandante
dell’Armata di Sicilia.
Si ferma a parlare col colonnello. Ha occhi inespressivi sotto gli
occhiali.
A Sciacca gli hanno confermato (come se non lo sapesse) che il
nostro Battaglione costiero non è certo un baluardo di forza: 35
km di costa da difendere con 4 bocche da fuoco, e il tutto da
controllare “a piedi”, giornalmente.
Il Re abbozza qualche frase di circostanza: appare molto umano
nella sua bassa statura.
“Faremo comunque il nostro dovere, accada ciò che accada”. Dice.
Passano i giorni senza altri avvenimenti. La vita militare non è
paradigma d’avventura, almeno qui nella secca e ventosa Trinacria.
Ho presentato la domanda di trasferimento in Batteria e al
Ministero Aeronautica: il mio sogno di pilotare un caccia temo
stia svanendo.
Se non altro mi consegnassero in fretta il libretto ferroviario.
Così potrò sognare una licenza!
Mi restano gli studi d’ingegneria e di chimica, nonché il contatto
epistolare con quei simpaticoni che non sono stati arruolati
perché nati un mese dopo di me, e se la stanno godendo a Modena
con le ragazze.
Delfina mi manca, molto!
La notte, il vento ulula e non ci lascia dormire.
Benedetta Sicilia: quando c’è la bufera di pioggia, l’acqua filtra
nella tenda inzuppando tutto. E la mattina la divisa sta in piedi
da sola, come per incanto ed è un piacere indossarla
Vorrei conoscere personalmente quei buontemponi dei fornitori del
Regio Esercito, che avranno sicuramente lucrato sulle stoffe.
L’arcobaleno che segue i miei sogni però è splendido, sorge
infatti dal fiume irradiando un turbine accecante di colori
proprio sulla nostra testa. E’ un incanto, ma dura poco.
7

LA TENDA SUL FIUME GARBO
Ogni tanto riesco a sganciarmi dalla routine e vado a Sciacca. Con
la scusa di andare alla Batteria, in contrada Carbone, e tiro il
fiato.
La cittadina termale è l’unica dimostrazione che il mondo civile è
ancora lì, ad aspettarti. Radio, caffé, allegre compagnie,
studenti.
A confrontare la mia vita con gli altri mi annebbio in un modo
spaventoso.
Ed è la solita vecchia storia: almeno quelli che sono al fronte,
in Africa o in Russia, soffrono per qualcosa.
Ma io?
Le giornate trascorrono nell’attesa di una schiarita del tempo per
andare in Batteria; poi accadono cose insignificanti, e non si
riesce a trovare la concentrazione per studiare.
Mi capita di disegnare apparecchi, di attendere e di sperare in
lettere che non arrivano.
Mi sono abbonato a Le Vie dell’Aria e ad Ala d’Italia.
In compenso, da casa, mi hanno spedito l’orologio.
Sono ormai quattro mesi che sono qui al Garbo: credo che bastino a
far mettere a giudizio il cervello più pazzo. La vita calma come
questa indubbiamente giova al corpo e all’anima.
Fino a un certo punto, però, oltre il quale non so con precisione
cosa possa avvenire. Ma non desidero certo continuarla, per
accorgermene.
Il 12 gennaio arrivano le prime bombe. Aerei incursori britannici
hanno colpito Sciacca.
Ciò non muta la mia condizione di “imboscato involontario in zona
d’operazioni”, ma pure è la mia fortuna. Certo che se andassi al
fronte vero, non ritornerei, o almeno non ritornerei sano
completamente. Dicono che questi presentimenti in generale non
sono falsi: forse arriverà anche qui, il fronte.
I SICILIANI
Il signor capitano Gozzi, improvvisamente, decide che posso
assentarmi dal vadduni (il torrente, Ndr) per andare al 105 solo
il martedì e il venerdì. Seguono diversi rilievi alla mia
disciplina, ritenuta troppo elastica (vaffa).
Mi è stato assegnato il sergente maggiore Fenigno. Un bravo
ragazzo siciliano. Almeno non abita in zona. Non ho nulla con i
locali, ma sono sempre a domandare permessi per licenze, che
immancabilmente il signor capitano, locale pure lui, concede.
Comunque non mi tormento troppo. Anzi molto poco. Ho quasi perduto
l’abitudine a pensare e mi lascio prendere dalla più completa
apatia. Ho avuto il torto, un giorno, di confidare in un futuro
troppo sereno per me e di farne una certezza, allontanando di
volta in volta ogni pensiero dubbioso.
8

Accade che, ricevendo lettere da ormai ex amiche, mi prenda lo
sconforto, come ad esempio con il biglietto della Luci che pensava
forse di farmi cosa carina, ma mi ha ricordato quando mi ha
lasciato, a Piandelagotti, prima di partire.
Mannaggia i fimmene, come dicono qui!
Il 19, a Sciacca alla prima batteria, sono convocato per ricevere
informazioni in codice dei BBCC: “Il sig. … è affetto da epatite
acuta e deve subire un intervento chirurgico. Per ora il suo stato
non è grave”.
Ho confermato: “Landa in fiore, dag on sword e “Qualcosa galleggia
sull’acqua di Zilani”.
Il cadavere che hanno trovato portava documenti definiti di grande
importanza per la sicurezza nazionale. Pare che i nemici
cercassero di farci credere uno sbarco in Sardegna.
Il tutto era seguito ad un allarme antiparacadutisti. Era ormai la
quarta imboscata in cui cadevano, ma anche se avevamo sventato
l’attacco, non c’era nulla di buono da attendersi: con tutta
evidenza stavano testando il terreno per l’invasione.
Intanto, bello come il sole, il capitano Raimondi partiva per due
mesi di convalescenza. Uno a caso, il solito raccomandato
Raimondi!
Il 20 gennaio è il turno dell’ispezione del generale comandante
della 6° Armata, il Roatta.
Stavolta tocca a me: mi fanno il pelo e il contropelo sugli
spostamenti. Mi aspetto una girata, ma invece in complesso hanno
poco da dire.
Intanto per i miei studi ho messo da parte geometria analitica per
prepararmi solo in analisi e in chimica. Potrei farcela, perdiana.
Non ne sono molto sicuro.
LA MALINCONIA
Mi prende la malinconia: les morts sont vite. E’ proprio così, ma
a volte ritornano con una intensità violenta, come se volessero
essere ripagati della nostra dimenticanza. Sono magari solo
parole, gesti che si ricordano, ma più forti di qualsiasi continuo
pensiero. Se ci si mette in bilico su un davanzale, tutti
alzeranno il capo; il difficile è farsi notare rimanendo vestiti
di grigio a camminare come tutti i giorni, tra la folla. Ci sono
dei momenti nella vita il cui ricordo vorrei fosse cancellato
dalla mia mente. Quando la mia vita sarà chiaramente… finita…
Il mio scoramento dura giorni e non passa inosservato: al Gruppo,
alla fine, gran lavata di testa del capitano. Indubbiamente, da
qualche giorno non mi interesso molto del servizio. E’ l’ultima
volta che sono indulgenti, poi verranno le stangate. Mi capita di
essere arrogante davanti al capitano e mi è anche inspiegabile.
Altro cicchetto. Ma che mi frega! Però le sue parole mi hanno
colpito un po’ nell’amor proprio.
9

Se il temperamento e l’indole di ciascuno non fossero vincolati e
circoscritti dalle convenienze e dall’educazione, si vedrebbero
molto più facilmente e rapidamente.
Fa bene ogni tanto subire una batosta che richiami alla realtà.
Ho intanto scoperto che il concorso sottotenente in spe è stato
prorogato al 15 febbraio. Evviva!!!
Faccio un telegramma a casa e un espresso. Scriverò alla Libreria
dello Stato, Ministero delle Finanze, Roma, per avere la Gazzetta
Ufficiale del Regno del 15 maggio 1942, anno XX°.
Il 25 aspettavamo S. E. Rossi (comandante del XVI° Corpo d’Armata,
ndr), ma non passerà. La linea telegrafica da Menfi è interrotta.
In tempo però per ricevere un telegramma da Delfina e da Giorgio.
Che strano caso! Una porta notizie disastrose, l’altra no, ma a
pensarci bene sono entrambe cattive, per me.
Trascorro giornate con il mano il goniometro in giro per la
collina a rilevare i punti di riferimento per i tiri. Ci aspetta
il colonnello del Raggruppamento. Intanto faccio la verifica dei
calcoli e completo il lavoro. Poi ancora a studiare le tavole dei
valori naturali e la sera a rompermi la testa, per non venire a
capo di nulla.
Mi pare di bissare le giornate del tenente Drogo nel deserto dei
Tartari.
Al 105 mettiamo il nuovo mascheramento mimetico.
Febbraio
Nel tempo libero ho trovato il tempo di impiantare l’orto di
guerra. Ho adottato un randagio. L’ho chiamato Bill. Non posso
tenerlo in tenda, dorme nella riservetta. Mi adora. Chissà perché.
E’ di compagnia, per un solitario come me.
Ho anche trovato tre saltuari compagni per il poker, tre
sottotenenti, Vinci, Galeazzi e Di Paola. Il gioco mi aiuta
nell’equilibrio e nei distinguo. Come mai non me ne sono accorto
prima?
L’APPARECCHIO CADUTO
Il 3 febbraio sembra una delle solite giornate. Bel sole.
Sfreccia sulle nostre teste un trimotore da trasporto.
Improvvisamente ci accorgiamo che sta precipitando. Rovina sulla
collina a tre chilometri da noi. Di corsa, prendo due dei miei e
lo raggiungiamo ansimanti. Vicino c’è nessuno, solo dopo troviamo
i nemici. Dell’equipaggio un ferito e due, sembra, fuggiti non si
sa dove. C’è anche un morto.
Arresti, rapporto e riconoscimento: sono britannici abbattuti
dalla nostra contraerea.
La sera, come per festeggiare, hanno portato la pasta.
10

Il giorno dopo ritorno all’apparecchio. C’è ancora tra i resti
l’uomo carbonizzato. Gli altri si sono salvati, solo il sergente
marconista è ferito. Questo è quello che ricordo: mi porto via una
pompa per l’olio.
Il trimotore inglese abbattuto diventa un diversivo per un
appassionato di aerei. A più riprese evito le ispezioni al 105 e
raccolgo materiale. Trovo un compressore, il cilindro del motorino
di compressione, un martinetto idraulico. Credo che non ci sia più
altro. Sezionando mi sono tagliato profondamente due dita.
L’inverno siciliano è fastidioso. Piove spesso e soffia il vento,
non fa freddo, ma l’umidità è da tropici.
A volte capita di passeggiare sulla battigia, ma non c’è lo
spirito giusto.
Intanto aspetto notizie per il concorso in spe. Serve documentare
18 mesi di servizio. Accidenti, spero che non occorrano
documenti. Si deve fare la domanda per via gerarchica.
Preparo la raccomandata con certificato d’esami e bando del
concorso. Ne esco pazzo. Spero che il Gruppo mi certifichi lo
stato di servizio per 18 mesi e per questo elaboro un piano.
Lunedì 8, alla mattina presto, mi metto in viaggio per il Gruppo,
sono nervosissimo. Parto in bici. Non faccio in tempo ad
allontanarmi che un caccia inglese ci mitraglia, due dei nostri
sono feriti. La contraerea ha risposto al fuoco. Non mi resta che
tornare subito sui miei passi. Un nostro soldato è morto.
Addio stato di servizio. Invio un telegramma a casa: “Inoltrate
Ministero”. Vorrei anche dire: sono salvo.
Faccio per conto mio una domanda per via gerarchica e chiedo al
22° (il Reggimento di primo inquadramento, della Divisione Aosta,
ndr) il foglio di servizio (per via gerarchia significa giorni
persi).
LA MALARIA
Sono giorni difficili, mi è tornata la maledetta malaria.
Febbre e iniezione di chinino. Passo le giornate a sudare e spesso
perdo conoscenza. Maledette muschitte (zanzare, ndr.)
Dovrei studiare per il concorso: è tutto il programma di maturità,
dice cose che non capisco. Mi occorrerebbero delle lezioni, ma
credo che mi riuscirà inutile studiare perchè non sarò accettato.
Con la febbre mi manca la concentrazione.
Al 105, è intanto completato il mascheramento nuovo.
Un diversivo quando passa le febbre diventano le scorpacciate dal
pecoraio e la conoscenza del nuovo comandante di batteria, il
colonnello Manetta.
Una notte ho avvertito un’accelerazione di cuore durata pochi
secondi con un ultimo battito più forte e ritardato.
Il 17 febbraio appare la prima rondine. E’ un segno che suggella
un buon viatico del redivivo capitano Raimondi: “Serio,
rispettoso, ligio al dovere. Esercita ascendente sugli inferiori.
11

Buona cultura generale”. E’ la sintesi del rapporto personale su
di me, dal 15 settembre al 14 dicembre.
Occorre cambiare postazione al mio 105. Sotto con i lavori, in tre
giorni costruiamo la nova piazzola. “Vuoi andare in licenza? mi ha
chiesto il colonnello, “allora dacci sotto”. Non si possono
giustificare a freddo certe decisioni.
PINA E LE ZITE DI SCIACCA
Pina è una bella zita (ragazza, ndr.) mora. Abita a Sciacca. I
suoi occhi verdi e il suo profumo di bucato mi hanno acceso lo
spirito. Non chiede mai nulla. Quando parla lo fa in siciliano
stretto e mi affascina con la sua naturalezza contadina. Ha perso
di recente il padre ad El Alamein, caporal maggiore della Pavia.
Lo ha saputo dopo tre mesi. In famiglia ora hanno fame. Io l’aiuto
come posso.
Che sia un po’ coinvolta?
L’ho conosciuta in una notte di fughino dal Garbo e mi ha coperto
con il capitano, che pure usa frequentare. Ormai dura da qualche
settimana, malaria permettendo.
Finalmente terminiamo di costruire la piazzola, festeggio con
Pina.
Lettera alla mamma.
Mi sistemo a dormire in una casetta in muratura. Finalmente. Ci
abbiamo dato dentro ed è pronta anche la baracca con le munizioni.
Di nuovo a Sciacca con Pina, ma la febbre ritorna, ricorrente come
la pioggia.
Riesco a mandare due uomini dalla sussistenza alla 129^. Alla
nuova postazione abbiamo qualche magro rifornimento di materiali e
cibo.
Sistemiamo alla 44^ il reticolato.
Ho definitivamente raccolto i documenti per il concorso. Rifatta
subito la domanda e inoltrata. Basta, non voglio più pensarci.
Ho incontrato in sito il cap. Gozzi. Dobbiamo fare noi i lavori
della riservetta. Grazie della fiducia mio capitano!
Oggi è sabato. Finalmente mi riposo. Ho assegnato al 65 (il
cannone da 65/17, ndr) il serg. magg. Fenigno. Sembra che con 1°
marzo si riaprano le licenze per il continente. Dio lo voglia.
Riepilogo gli indirizzi degli amici modenesi, a futura memoria
Laura Bolongaro.
V. Cesare Costa 7
Armandina Gavioli.
V. Vincenti 25
Luciana Ragenanti.
V. Emilia est 75
Ceci Panerai.
V. Canalgrande 90
Giorgio Spaggiari.
12

V. Tamburini 107.
II° art. di c.d’a. btr. univers. Acqui
Guido Benassi.
V. Moreali 126. Albergo Roma, Bagni Acqui
Guido Casolari.
58 man mitra Porretta Terme
Angelo Sola.
17° rgt. Sforzesca, 6°btr 69
Guido Modena.
121 art. Ravenna, 9° btr 53.
V. Cuzzocera 5 Reggio Calabria
Nino Bertacchini.
26° gr. 222 btr m. vallo
Luigi Ferraioli
Italo Bottura.
114 rgt. fant. autot, cp. c.do II° btg. s.m. 104
Nino Braghiroli.
V. Mario Cavani
Luciano Ronchi.
V. Bonasi 5
Tonino Torricelli.
V. Canalino 36
Giovanni Giacominelli.
V. Muratori 49.
3^ armata btr. univ. Reggio E.
Giulio Schiller.
122° rgt. di marcia 28° gr. Mantova
Marzo
In Batteria. Quei figli di cani mi hanno rifiutato il
trasferimento. Ci speravo poco, ma sapere che ora non può essere,
mi dà un senso intollerabile di ribellione.
Finito il reticolato. Pensiamo ora alla riservetta.
Rizzo si è portato al campo la zita di Capo Rizzuto. Ma proprio
qui deve farlo? Non è possibile continuare così. E’ ora di
finirla. Lo striglio. Se ci scoprono sono dolori per tutti, ma
soprattutto per me.
In Batteria. Ho ricevuto il bando di concorso dal Ministero
dell’Aeronautica, cagione di muti pensieri.
Dopo dieci giorni sono sfrattato dalla casetta tutta per me.
Prima, dicono, va ristrutturata perché pericolante. Accidenti! Mi
consolo con una scorpacciata di caramelle.
SCARTOFFIE MALEFICHE
Lunedì 8 è una giornataccia da ricordare: comunicazione dal
Gruppo: “Si fa noto che il Comando della 202^ ha respinto la
domanda per i seguenti motivi:
- la domanda, secondo quanto afferma, doveva pervenire il 1° marzo
al M. G. (Ministero della Guerra, ndr) mentre invece è giunta il
28 al 22° Gruppo e il 2 marzo alla Divisione;
13

- perché indirizzata al M. G. anziché al M. A.;
- perché in carta da bollo da lire 6 invece che da lire 8;
- perché non completa, mancando la copia dello stato di servizio e
il libretto personale”
Che tortura. Ma che ci mettessero lo stesso accanimento nel
combattere!
Mi scrive Delfina da Modena. Ma non mi rallegra.
In Batteria. A colazione coll’ingegner Patti e l’amico. Poker
serale. Iaho! Vittoria.
Conosco alla II^ compagnia il sottotenente Alloso, Le giornate
corrono uguali tra ispezioni, messe a punto tecniche e
posizionamenti.
Vicino a noi c’è la Torre del tradimento: un nome, un programma!
Presento domanda per licenza e per riparazione stivaloni. Mi danno
un giorno. Riesco a farli sistemare. Non è decoroso comandare
uomini con le suole scassate.
Si porta il pezzo nella nuova piazzola di cemento. E’ stato fatto
un buon lavoro con le munizioni. La postazione però è inadatta:
occorre il paranco per alzare la bocca da fuoco.
Il nostro impegno oscilla tra la II^ Compagnia, Torre del
tradimento, perdite di tempo, sopralluoghi in batteria, controlli
dei materiali.
Niente di nuovo. Ho fatto ripulire la camerata al Garbo.
IL MAGONE
Oggi è il 12 marzo: se penso che Il 12 agosto scorso arrivavo a
Castelvetrano e il 12 settembre al Garbo, mi prende il magone! E’
un impasto di nostalgia, accidia e acidità di stomaco che ti
sprigiona sia emotività e bizzarria e sia ti pervade di ironia
demolitrice, da sfiorare l’autolesionismo. Ma non è solo un
patimento o la classica malinconia, è qualcosa di terragno, un
gran peso sullo stomaco che nessun bicarbonato fa digerire.
E’ forse questa però una caratteristica degli emiliani. Così
solari, nel profondo siamo preda di una scontentezza
inesprimibile, come se la vitalità ci amputasse da noi stessi.
D’improvviso però non ho più tempo per masticare fantasmi.
C’è di nuovo l’allarme paracadutisti.
Tutti fuori in ispezione.
Sabato 13 è uno dei soliti giorni in cui non si fa niente. In
compenso ho mangiato un chilo di ricotta da solo. Il contadino è
un siciliano pezzente, con una dignità che dà la polvere a tanti.
Qui la cultura imperiale è calata nei geni, ancorché sia perduta
la cornice.
E’ domenica. Ho avuto tempo di preparare il baule: ora è pronto.
Potrei partire. Manca solo la lettera di licenza. Porca miseria!
14

Mi sono fatto la barba e ho fatto il bagno a Bill: è
orgogliosissimo e si è trasformato una palla di pelo festante.
Da due giorni In batteria. Il caporale Maria è di nuovo in
servizio. Mi informa che manca una carica del 105. Roba da matti.
Qui si rubano pure le munizioni.
Ma c’è dell’altro. Mercoledì 17 (e poi dicono che non porta male)
è venuto al 65 il colonnello Manetta: gran cicchetto a tutti per
il fucile trovato abbandonato nella riservetta e per la pozza
d’acqua nella piazzola. Sembra che ne vedrò di belle anch’io.
Vuole l’inchiesta per il fucile. Vado in Batteria a mettere a
conoscenza Allegra che telefona a Gozzi. Aspettiamo gli eventi.
Intanto tutto appare sistemato al 65/17. Anche il mascheramento
con le agavi intorno alla piazzola, e un’armatura per la rete
mimetica.
Passo la giornata in batteria. Colazione con Angileri e poker.
Nuovo lucido e nuova consegna del 105. Fra poco ci saranno i
tiri. Ritorno sotto una pioggia a dirotto. E poi dicevano … “vai
in Sicilia a prendere il sole”
Sembra che mi resusciti l’amor proprio e la figura di ufficiale,
con la lettera che Bolo mi ha spedito.
… e allora sabato tolsi una costa dall’uculele e ne feci una
frusta per battere le uova.
Domenica 21 tutti a messa alla 129^.
Viene il capitano Gozzi con un colonnello dei carristi dei reparti
speciali in ricognizione.
Trova due soli uomini al pezzo e mi dà gli arresti. “Questa è la
volta buona”, dice. Debbo andarmene nella cucina della fanteria.
E’ indecente. Mi trasferisco sotto la tenda. Cambio attendente:
Ippolito Bonvecchi.
Domani spedisco a casa la cassetta. Ma che dico, in licenza non ci
posso andare perché mi è stata rifiutata.
Martedì di nuovo in batteria. Mi accorgo che il piano del 105 è
inesattissimo! Non si possono ricavare i dati di tiro. Giù a
studiare sui fogli di balistica per rifare i conti.
Intanto, della lavata di testa del col. Manetta non si sa ancora
nulla.
Sistemo sempre meglio la tenda. Verrà mai un bel dì che dormirò
tra le pietre?
Sono andato a fare Tarzan su un albero, uno di quegli alberi che
si debbono cimare per vedere dal fosso il varco lontano
dell’acquedotto. Le collinette stanno verdeggiando, il panorama si
fa più gradevole, tra poco sarà primavera piena e tutto si tingerà
di colori. Non più solo zagare (agavi, ndr), finalmente!
15

LO SCIROCCO
Passano i giorni, niente di nuovo. In compenso tira uno scirocco
folle.
Ecco puntuale, di venerdì, la legnata del colonnello. Con tanto di
riservata personale: 5 gg. a.s. (punizione, ndr) : “quale
ufficiale addetto a un pezzo anticarro, trascurava che tutta la
squadra di servizio risiedesse in permanenza presso il pezzo
secondo le prescrizioni”.
Mi consolo giocando con i materiali meccanici recuperati
sull’apparecchio: un comando per la variabilità del passo delle
eliche in volo. E’ un pezzo magnifico. La mia tenda ormai è
un’officina meccanica.
Fuori lo scirocco non si placa. Soffia per cinque giorni di
seguito. Sembra di impazzire. Non sono abituato al vento. Meglio
la nebbia.
Apprendo finalmente che per il restauro della casetta rustica deve
interessarsi la 44^: sic, passa al capitano Zagarella. Peggio di
così. Non ci entrerò mai.
E’ una triste domenica il 28 marzo.
Mi scrive Bolo.
Sento casa per la Tunisia. Vorrei fare domanda per la zona
d’operazioni in Africa. Ma voglio che la decisione sia condivisa
dai miei. Da figlio unico ho questo dovere.
Ancora scirocco. Stanotte sembrava che la tenda scoppiasse da un
momento all’altro. E’ un affare serio. Solo Bill se ne frega e
dorme indisturbato. E’ un grande bastardino, vero siciliano
disincantato.
E’ lunedì, giorno di tiri. Mi reco In Batteria. E invece è tutto
rinviato.
In compenso subisco una grave angheria: ho chiesto nel pomeriggio
un permesso per Sciacca e non mi hanno autorizzato.
Cerco la bicicletta. Ci hanno rubato anche questa?
No, la ritrovo sull’argine del fiume.
Presento la domanda per l’Autocentro.
Scrivo a Giorgio, Giovanni. Cartolina a Carla.
Da tre giorni aspetto il permesso per Sciacca, ma non è ancora
arrivato.
Aprile
Ho cominciato a studiare chimica con molta buona intenzione. Forse
è un esame che riuscirò a dare. Speriamo non sia un pesce d’aprile
Approntiamo un mascheramento nuovo anche al cannone da 65/17:
16

Il capitano Zagarella mi ha risposto che la firma della 129^ non
ha bisogno di essere sollecitata, perché diretta da lui.
Ho ottenuto il permesso per Sciacca, due giorni con relativo
foglio di viaggio … evviva.
La domenica la passo a Sciacca. Vado al Gruppo a colazione.
Ritorno al Garbo di umore pessimo, tutto a piedi, fino al 105
sulla via del mare. E Pina non si è fatta trovare. Ho comprato due
libri.
Martedì, si dice, ci saranno i tiri. La domanda per l’Autocentro
era stata respinta in Batteria. Tanto per cambiare, per motivi
formali. L’inoltro di nuovo indicando gli estremi della circolare.
Tutto lunedì riposo in branda: ho le gambe a pezzi! 10 chilometri
a piedi si fanno sentire. Più tardi andrò in Batteria e rimarrò a
colazione col tenente Correnti arrivato ieri.
Martedì 6 aprile: I tiri sono stati rinviati. Dietro front, avanti
march!
Un giorno, e la domanda di trasferimento ancora una volta è stata
respinta perché scaduto il termine. Scrivo a Correnti, dopo essere
andato alla 129^, per conoscere il motivo del rinvio, e gliela
rimando. Non se ne può più.
Alla 129^ ho conosciuto il ten. Pisciotta.
Arenella mi ha regalato 5 Macedonia extra … perché tutte le
sigarette erano state nuovamente distribuite e non hanno pensato
né a me, né ai miei soldati. E due. Siamo proprio un avamposto
dimenticato.
In compenso tre artiglieri hanno avuto la licenza, altri ne sono
venuti, e anche due muratori.
Giornate schifose.
LA CASETTA AGOGNATA
E’ venerdì. Ho dovuto aspettare che i calzoni asciugassero dalla
pioggia per poter andare a Sciacca. Là ho incontrato Balestreri,
in attesa di partire per la Tunisia.
Ho grandi progetti di lavoro per una nuova casetta per me.
Al comando hanno preso la cosa d’impegno. Riprendo i punti
tagliati della carta topografica per gli avvistamenti. Stivaloni
di nuovo da riparare.
Sabato 10, appena alzato, accade uno spiacevole episodio. Il
generale Vanden (Carlo Vanden Heuvel, Capo di Stato Maggiore della
Sesta Armata Italiana, ndr) si ferma nel ponte per punire tre
soldati; mi chiama e mi fa un gran cicchetto e poi: “potete
andare”. Viene anche un colonnello di fanteria.
Non sono fatto per l’inquadramento fine a se stesso. Non a caso
vestivo da marinaretto e non da balilla.
Lunedì mi accorgo di avere perduto la catenina della nonna
Ernesta. Maledizione!
17

Bombe vicino a noi, stanotte la tenda sembrava rovinare. Gli
angloamericani ci punzecchiano. Ma dov’è la nostra Caccia?
E’ di nuovo martedì per tiri. Oggi al pezzo da 105, 28 colpi
tutti a segno, molto bene.
Vado a Sciacca con Correnti per parlare col capitano, ma la mia
domanda mi viene definitivamente respinta: addio trasferimento
all’Autocentro.
Mi fermo a Sciacca fino alle 20 con Pina, nonostante le occhiate
fulminanti del cap. Gozzi.
Intanto è arrivata la cassetta a casa, a Modena. intatta. Una
lettera in risposta a quella mia di Tunisi mi ha commosso. La
conserverò.
Giovedì 15 aprile, me lo annoto: faccio il primo bagno nel fiume
Garbo. Però stasera mi dolgono le spalle.
Ho fatto i conti che tra un mese e mezzo dovrei andare in licenza
ed è necessario perciò che prepari gli esami: ma ci riuscirò?
Eterno dubbio che porterò con me sempre, senza mai scioglierlo.
Con la primavera cominciano anche le frane…che meraviglia ‘sta
Sicilia!
E’ il 16. La mia mente corre a quel lontano pomeriggio in casa di
Luci, dopo il quale, la notte, partii in divisa per la
destinazione di prima nomina.
Un usignolo cantava, nel fiume, mentre quei pensieri ritornavano.
E’ venuto il tenente Correnti per i lavori e insieme andiamo a
caccia. Mi ha dato anche la buona notizia che mi verrà dato il
cambio. In fondo in fondo, quasi, mi dispiace (è sempre la
sindrome del Deserto dei Tartari).
E’ il 17: voglio finire i lavori della casetta entro cinque
giorni.
Sempre niente studio e ora cura del sole. Sono ormai bruciato.
Continue scorpacciate di pane, olive, carciofi e ricotta. Ho paura
questa volta di scoppiare. Ricevo due lettere da casa.
Un anno fa ero a casa per le feste. Ora sono qui e l’anno prossimo
chissà dove …
Lunedì 19: il muro della casa è terminato. Presto si finirà tutto
e finalmente avrò una casa.
La gioia dura poco: i muratori sono stati chiamati in batteria e
tutto è stato sospeso. Roba da chiodi.
Giorni senza nota.
In Batteria. Ho assistito ad uno spettacolo di servilismo
strisciante. Meglio dimenticarlo.
L’ALLEATO GERMANICO
Ritorno giovedì in serata con una macchina tedesca, dopo le
ispezioni: questi barbari, alle volte, guardandoli, possono anche
commuovere.
18

Sono così distaccati nella loro freddezza nordica e,
contemporaneamente, così pesci fuor d’acqua qui da noi.
Imbarazzante. Peccato solo averne bisogno in casa: tutto questo ha
un prezzo.
Venerdì Santo e malumore e imprecazioni. Mi danno gli arresti per
noncuranza dell’uniforme dei soldati (direttamente, il generale
comandante della 202^ Divisione): 5 A.S. dal 18.4. (le solite
punizioni, ndr.). E’ vero che i miei ragazzi sono un po’
trascurati, ma perdiana, così vestiti hanno ragione a dire che
s’affruntano (si vergognano, ndr). Qualche divisa di ricambio
potrebbero pure inviarla dai pingui magazzini del Continente. Mica
sono ufficiali che debbono provvedere da soli.
Domani è Pasqua. E’ triste essere lontani da casa per una
ricorrenza; non l’avevo mai pensato. Ma l’affetto e la malinconia
si sentono tanto più intensi quanto più col pensiero si cerca di
allontanarli. Vorrei essere con loro, con i miei cari. Forse per
questa malinconia ho paura che la loro salute non sia buona. E
l’ho provato stasera. Giunge a casa il primo numero di Vie
dell’aria.
Passo la Pasqua con pane e ricotta e pane bianco. Viva la naia.
Bagno nel Garbo.
Serata al pezzo a cantare e a parlare dei bei tempi coi colleghi.
Martedì arrivano finalmente le sigarette.
Passano giorni di nulla. Vado a Menfi con Fenigno e con Rizzo.
Arriva lo stipendio, raccolgo fragole.
Neanche il tempo di godermele, che si dileguano tre prigionieri
paracadutisti che ci avevano consegnato in custodia. Chissà dove
vanno: qualcuno li ospita! E intanto altra punizione. Ma non è
colpa mia stavolta, qualcuno ha dormito.
Intanto rientrano tre artiglieri siciliani dalla licenza e ne
parte un altro. Ancora!
Maggio
Il 1° maggio il solito mio soldato aspettava la ragazza, ma non
venne. E fui contento. Ha evitato di fare una sciocchezza.
Intanto uno scirocco folle ci manda tutti in catalessi. Sempre
scirocco.
Si è ammalato Bill: non migliora nell’orecchio: acqua salata,
limone, grandi guaiti e lamenti. Accidenti al vento. Questo
bastardino è la mia unica vera compagnia.
Quattro chiacchiere con Dio, e un’altra giornata è passata.
SBARCO IMMINENTE?
Martedì 4 arriva la sveglia con il colonnello Gettorelli e il
generale Ficalbi, comandante della nostra Divisione. Tutti a
rapporto.
19

• comincia la luna nuova …. vedremo cosa sanno fare quei figli
di cani inglesi
• circolare “segreto”: si prevede per la luna nuova uno sbarco
delle Nazioni Unite.
A seguire si aspettava il generale Arisio del XII° (Comandante del
XII° Corpo d’Armata, ndr).
Al 105 intanto sono ricominciati i lavori per riservetta e
ricoveri.
Tra qualche giorno dovrebbe venire l’autorizzazione per risiedere
(e dormire) al 105.
Di nuovo a rapporto col tenenet Magnago e col tenenet Correnti.
C’è molto fermento tra i nostri.
Quando scende la sera sembra che pianga l’anima, cuannu scura,
pare cà scura l’anima.
Faccio domanda per il corredo. E’ venuta la carretta dei
rifornimenti, per rientrare nel pomeriggio. Parto con Bill.
Il capitano. Gozzi mi intima di ritornare immediatamente al Garbo
perché non ho finito di mettere i bersagli, poi ritira le parole.
Torno in batteria e mi riempio di pulci.
Lunedì di nuovo al Garbo per i bersagli. Scarpinata e pane.
Rientro stanco morto nella baracchetta antica.
Di mattina vado in batteria e rientro al 105 dopo cena.
Il telefono comincia a rompere le scatole con continue
segnalazioni di natanti.
Una radio arriva anche per me, allo spaccio. Il che è bello e
confortante.
Farò un corso mitraglieri. Intanto faccio servizio in Batteria.
Scavi etc…
E’ il 13 e non ricevo ancora posta da casa. Bill intanto è
guarito. E’ una roccia.
Primo bagno a mare, verso sera. Bill nuota come un pesce. Grande
piccolo amico! Trasporto delle munizioni nella riservetta e nel
deposito. Domani sarà pronta.
Sabato 15 mi hanno assegnato una squadra da istruire al tiro
anticarro. Andranno in servizio vicino ad Enna.
Tra quattro giorni, invece, andrò a S. Margherita a fare un corso
di tiro anticarro. Spero di trovare i miei amici del 12°.
C’è una circolare di congedamenti degli universitari delle facoltà
di medicina, farmacia, veterinaria, ma non sono ancora riuscito ad
averla. Telegramma a casa e lettera di spiegazione. Speriamo.
Ho chiesto l’autorizzazione all’acquisto di una divisa, un paio di
stivaloni, 4 camicie. Gli ufficiali il corredo se lo pagano, ma
perché tante difficoltà?
Intanto è arrivato lo scontrino per il ritiro della cassetta
speditami da casa.
Lo scavo della riservetta del 105 crolla tutto. Lo puntelliamo e
resta così.
20

THAON DI REVEL
Il 19 affido l’istruzione della squadra del 105 al sergente Maria
parto per Castelvetrano alle 12 con un 626 dell’aviazione. Là
aspetto una macchina, senza trovarla. Prendo il treno per
Salaparuta poi mi metto in cammino per S. Margherita di Belice.
Durante il viaggio cogliamo fave. Arrivo alle 2 di notte. La 2^
btr. è a 4 chilometri. Ho una vivacissima discussione con un tale
che dalla finestra protesta imprecando che l’avevamo svegliato.
In cammino ancora. Dopo due chilometri dormiamo due ore sotto un
fico. Alle 4,30 ripartiamo. Arrivo e … delusione: il centro di
addestramento è a S. Margherita. Dietro front, ritorno sempre a
piedi. Alle 7 arriviamo.
Totalizzo 13 + 4 + 4 = 21 chilometri a piedi.
La mattina dopo mi presento al capitano Sodo e al tenenet Toschi,
di Vignola. Finalmente un compaesano. Lezioni in aula sul tiro
anticarro. A colazione andiamo in macchina al Gruppo corazzato,
facciamo una brutta figura e ci uniamo ai cingolati. C’è uno
spassosissimo capitano Capasso e il sottotenente Salvati.
Il giorno a seguire via all’esercitazione di tiri in bianco.
Vediamo il bombardamento di Sciacca e Castelvetrano, dopo che due
formazioni di Liberator sono passati sulla nostra verticale.
Ho scherzato un po’ troppo, ma ci voleva dopo mesi di noia,
zecche, malaria e licenze negate.
Sabato i tiri: la mia squadra da 65/17 colpisce due volte il
carro. Il col. Aines si rallegra con me. Alla fine siano stati i
migliori.
Si avvicina il tenente colonnello Thaon di Revel, ex Ministro
delle Finanze (Paolo Thaon di Revel, senatore, ministro delle
Finanze dal 24.1.1935 al 6.2.1943, membro del Gran Consiglio del
Fascismo nonché tenente colonnello d’artiglieria ndr.), si
trattiene a lungo a parlare. Il tempo non manca, in Sicilia. Vuole
saperne di più di noi e del nostro avamposto.
Discutiamo di balistica e di forze in campo. Si lascia andare a
considerazioni interessanti.
E’ un uomo importante, famiglia d’ammiragli, che sa vestire i
panni di un semplice tenente colonnello d’artiglieria. Da un ex
ministro ci si poteva attendere un grado di ufficiale generale, ma
forse le alte sfere delle Forze Armate, un sodalizio chiuso e
tutelato, non riconoscono titoli estranei alle loro logiche. Del
resto anche un membro del Gran Consiglio come Ettore Muti, con
tredici medaglie al valore, di cui tre d’oro, non è forse solo
capitano dell’aeronautica?
Comunque Thaon si comporta con me come fossi un figlio. Forse gli
studi comuni d’ingegneria, forse ispiro riservatezza, o forse solo
comprensione per il tenentino d’avamposto perduto.
Mi dice, senza giri di parole, che a Superesercito da marzo
ritengono ormai probabile un attacco all’isola da parte delle
21

Nazioni Unite, diversamente dai tedeschi che sono convinti di
un’invasione della Sardegna e lì stanno rafforzando le difese.
In Sicilia, tuttavia, occorre un grande sforzo per opporsi
all’eventualità. Non bastano i 175 mila uomini, i 500 cannoni e i
100 carri armati. Carenti risultano sopratutto l’assetto difensivo
costiero, la difesa degli aeroporti e la disponibilità di unità
mobili.
In particolare i battaglioni costieri sono formati da soldati male
armati, spesso isolani, e mal comandati. 4 cannoni, ognuno deve
vigilare 10 km di costa, 3,6 mitragliatrici e 36 uomini per ogni
chilometro. Esistono solo batterie di grande gittata nei
principali porti e nelle piazze militari, come Augusta e Siracusa.
A supporto esistono i Gruppi tattici coi semoventi, ma non sono
sufficienti per coprire tutta la costa.
E fin qui, nulla di nuovo che già non conosca.
La difesa fissa degli aeroporti, invece, se si è dimostrata salda,
senza attacchi di panico, a fronte dei primi bombardamenti, a
fatica reggerà l’urto massiccio di divisioni aviotrasportate.
La difesa mobile è affidata a quattro divisioni di fanteria,
Aosta, Assetta, Napoli e Livorno - oltre alle due forti divisioni
corazzate tedesche - prive però di sufficienti mezzi motorizzati e
di carri (presenti solo nei pochi citati reparti speciali, ma
armati in gran parte di vecchi Renault e Fiat 3000). L’Assietta e
in particolare l’Aosta sono poi formate in buona parte da isolani,
e quindi sono ritenute meno affidabili.
Interessante inoltre apprendere che per fronteggiare degnamente
l’attacco servirebbero anche 2 milioni e mezzo di quintali di
cemento per costruire bunker, 3000 chilometri di filo spinato e di
reticolato a siepe trapezoidale, 15 mila operai per eseguire i
lavori, 400 mila mine anticarro e 70 mila antiuomo. E i lavori
sono appena iniziati: stavano arrivando 200 mila mine e 5 mila
operai, mentre la nuova potente divisione corazzata “M” tarda a
muovere da Roma per la Sicilia, nonostante l’ordine di trasferirsi
impartito dal Capo del Governo S. E. Benito Mussolini.
Mi aggiunge che comunque la guerra non è ancora perduta, e che
occorre tenere il punto con dignità. Ne va del futuro d’Italia
come Nazione.
Mi butto al cinema, la sera, per non parlare, non pensare e non
vedere, e mi addormento di sasso sino a mattina, saltando il
rapporto ufficiali.
E così mi becco un altro giorno di arresti, da scontare al
rientro. Evviva!
Mi appunto alcuni nomi per ricordare
Cap. Capasso, 186° rep. trattori cingolati. Slu 35.
Sten. Salvati
Ten. Toschi, Vignola, 122° Gr. II^ btr.
Sten. (barba rossa) Autocentro Salemi
Ruzzante
Corchera Maria, p.zza Lascarini a Sciacca
22

Domenica si ritorna alla base, sulla costa. Ci attende il nostro
triste fiume Garbo. Parto alle 6 da S. Margherita con i pezzi e le
squadre mia e di Sangiorgi. Poi dal Garbo trovo una macchina che
mi porta in Batteria. Ho molto sonno arretrato, ma oggi debbo
restare perché Guarnacci va … in permesso.
NIENTE TRASFERIMENTO
Lunedì chiedo un permesso per Sciacca. Faccio un bagno a mare e
nel pomeriggio scorazzo in bicicletta, mi bagno di sudore.
In serata vado a S. Michele, per la circolare dei congedamenti.
Dice così: sono esclusi quelli che hanno cambiato facoltà dopo la
chiamata e che non hanno fatto almeno tre esami del primo corso.
Il capitano Gozzi dice: “mi fa molto piacere che la squadra del 65
abbia avuto il premio e sia stata la prima”.
Per la divisa coloniale vado dal sarto, mi hanno autorizzato.
Il giorno seguente comunico le istruzioni ai quattro pezzi
anticarro. Arrivano due 149/12.
Allarme aereo.
Fono dal Gruppo: “Siamo circondati da apparecchi nemici”.
Mi comandano di istruire anche le sezioni della 392. E’ il
“prezzo” del successo ai tiri.
Da giorni siamo effettivamente sorvolati da aerei nemici.
Volteggiano senza lanciare bombe, forse non riconoscono la zona.
Comunicazione operativa del capitano Gozzi: “Stanotte o domani
notte sarà tentata un’azione di paracadutisti in grande stile. Gli
uomini non devono sapere niente. Né è stata intercettata una
trasmissione nemica”:
E’ il 28. C’è in giro un convoglio angloamericano di decine di
navi da guerra, con corazzate e portaerei, che solca il
Mediterraneo. Alla faccia!
Ancora un sorvolo di apparecchi nemici.
Intanto è arrivato il tenente Allegra con una bella notizia: è
padre di una bambina.
Vado a Sciacca senza essere stato autorizzato. Allegra si è
risentito.
Domenica di messa in Batteria.
L’attendente Bonvecchi parte per Piacenza. Porta a casa una mia
lettera. Speriamo bene.
Oggi, lunedì 31, bombardamento a Pantelleria.
Doveva venire il colonnello Aiello, invece non si è visto.
Giugno
Il 1° prendo le consegne della mensa. Mi reco a Sciacca in cerca
delle divisa dal capitano Sindallo. Non posso averla. Vorrei
mandare uno a S. Margherita al 196° cingolati, ma Allegra me lo
nega.
Telegramma da casa. Non hanno mie notizie.
23

Vado sempre a fare il bagno a mare.
Giorni neri di malinconia. Perdo pure a carte. Forse il mio
attendente Bonvecchi è arrivato a casa con la lettera.
IL PREMIO AI TIRI
Debbo ripartire per S. Margherita per una seconda sessione
settimanale di tiri. Mi muovo di sabato con l’autobus per evitare
un viaggio disastroso domenica.
Domenica sono ancora in viaggio. Attraverso Menfi, poi con mezzi
di fortuna fino a destinazione. Trovo Rodini, anche lui al corso.
Lunedì solita lezione di tiro. Telefono a Salvati per la divisa:
non è possibile.
Martedì tiri in bianco. E poi cinema. Thaon di Revel stavolta non
c’è. Avevo altre cose da chiedergli.
Incontriamo Serafina e Pina.
A seguire di nuovo tiri. Il mio 105 ha sparato molto bene.
Compiacimento del colonnello Aiello. Premio a me a e Rodini.
I miei partono la sera, io rimango sino a mercoledì. Vorrei andare
a Castelvetrano, ma ci rinuncio.
L’indomani con l’autocarro del pezzo sino a Ribera. A mezzogiorno
sono già in Batteria. C’è il fratello di Gatti a colazione.
Stavolta evito il poker.
La notte dell’11 c’è una formazione di sei navi al largo di Porto
Empedocle. Allarme improvviso.
Sabato riesco ad andare a Castelvetrano, in permesso, per cercare
la divisa e qualche altra cosa. Non c’è assolutamente nulla.
Straccioni, ci vogliono straccioni!
Ritorno arrabbiatissimo con una macchina tedesca. C’è da
vergognarsi con questi nibelunghi ben vestiti. Durante il viaggio,
vicino a Menfi, ci fermiamo perché aerei americani sorvolano la
nostra quota. Gli autocarri sono pieni di bombe…meglio fare
attenzione.
La notte dormo come ai bei tempi dell’università, sino alle 11
Ricevo posta da Bolo che è sempre quel caro ragazzo. Ora mi dice
che nella mia cartolina, anche se solo di poche parole, trova
qualcosa di mutato e di migliorato in me dai primi mesi dell’anno.
Ancora addestramento ai tiri. Stavolta sono io ad addestrare. Quei
pivelli che mi hanno assegnato si lamentano e basta. Sono un vero
disastro. Istruzioni e istruzioni, ma non riesco a tirarli su.
Debbo punire qualcuno. E’ l’unico modo per metterli in riga… e
funziona.
Accidenti anche alle tabelle degli scostamenti. Farò degli
appunti, sul tiro anticarro, che darò poi ai citati di cui mi è
affidata l’istruzione.
Alla sessione per il tiro anticarro, Tarallo mi mostra le sue
nuove radio. Mi interessa moltissimo. Andrò da lui spesso.
Venerdì sono a Sciacca, per chiedere al capitano Gozzi della mia
licenza. Mi consiglia di aspettare qualche giorno. Sono
24

arrabbiatissimo perché non credo che i “Comandi siano preoccupati”
e soprattutto perché anche lui se ne va in licenza breve.
Sabato di nuovo a Sciacca con Ines e Elena, due sorelle di piazza
del Carmine. Ritorno a piedi con uno studente di medicina, zoppo e
antipatico.
ADDIO BILL
Di notte un sommergibile nemico ci passa davanti e va verso Porto
Palo. Naturalmente tutta la notte al pezzo, come tante altre
volte. Bill sta male.
Domenica ho di nuovo tempo di recarmi a Casa Caparrina in
compagnia di Santo, all’apparecchio abbattuto. Stavolta vado
all’attacco della pompa d’iniezione e degli iniettori. Trovo
proietti calibro 20.
Improvvisamente c’è un allarme in grande stile.
Ritorno al Garbo e poi in Batteria con la solita macchina alleata
tedesca.
Sabotatori sono sbarcati lasciando abbandonati i canotti sulla
spiaggia.
Lunedì vado da Tarallo, il radiomatore, e a Sciacca per portare la
divisa. Naturalmente non è pronta ed io ho fatto un viaggio
inutile. Ma se mi capita tra le mani qual sarto!...
Da giorni torno spesso all’apparecchio, o mando i miei a cercare
resti meccanici. Visinone mi porta la bussola del sottufficiale
del genio che ho chiesto per mezzo di Santo. E’ un pezzo
magnifico. Nel congegno di scatto automatico della mitraglia c’è
un motorino elettrico da 40 volts.
Bill sta ancora male. Sono ormai alcuni giorni.
Povera bestiola, agonizza per una malattia che non riesco a
decifrare.
Ho chiesto, ma nessuno lo può aiutare. Ufficiali medici non ce ne
sono. E poi non sarebbero comunque disposti a … fare i veterinari.
Gli avvicino il fuoco alla testa, ma non migliora.
Vorrei sparargli per evitargli spasmi, ma non ho l’animo.
E’ il 24 giugno. Tutti al lavoro per i lati del 105.
Sbarramento e interdizione tutti nuovi, disegnati in accordo con i
tedeschi.
Bill è morto stanotte. Lo seppellisco. Mi mancherai … piccolo
amico, fedele e generoso!
Continua l’addestramento di notte al pezzo.
Sparare sul serio sarebbe un bel disastro con Visinone. Mi combina
solo guai, e così lo metto in libertà.
Sabato cade un caccia nemico a mare. Di corsa con una barchetta a
remi per raggiungere il pilota, ma un nostro Mas ci precede.
Peccato!
25

Bengala sull’aeroporto. Alcuni apparecchi evidentemente ci
sfottono perché non lanciano bombe. Avrei giurato dal rumore che
fossero italiani, e forse lo sono. Mi reco all’osservatorio di V.
Boccone a godermi lo spettacolo del fuoco rabbioso delle nostre
batterie contraeree. Si stanno comportando egregiamente,
nonostante tutto.
Fine dell’allarme in serata.
Domenica 27 vado a colazione in batteria con Furieri, Longhi.
Leggo “Tre donne innamorate”.
In Batteria c’è un fonogramma: debbo immediatamente trasferirmi a
Porto Palo in sostituzione di Sangiorgi.
Lunedì 28 giugno parto per la nuova destinazione che dista pochi
chilometri, dopo aver liquidato ogni cosa coi colleghi e raccolto
le mie poche cose. Non rimpiango la tenda e l’aria malsana del
Garbo.
Ora ho una camera lunga e stretta come una cella giudiziaria, con
un finestrino in alto. Un tavolaccio con un pagliericcio. Molta
sporcizia e disordine. Le cimici e i topi non mi lasciano dormire,
in compenso ho a mia disposizione un cavallo. Che bellezza!
A CAVALLO SULLE MINE
Giorni di galoppo. Stavolta me la godo nei momenti liberi. Alla
faccia della libretta.
Istruisco il cavallo al percorso da Pennini a Porto Palo. Le
ispezioni sono ora un’altra cosa. Altroché bicicletta. Capisco i
cavalieri erranti!
Attraverso spesso un vigneto, dove approfitto dell’uva (che
nessuno raccoglie più). Qui non occorre attendere settembre.
Una tappa fissa rimane Casa Caparrina, per colazione. Il mio sito
preferito.
Vedo abbattere due apparecchi.
Poi mi concedo bagni a mare a ripetizione e visita al solito
trimotore.
Ritorno al galoppo a Casa Varvaro in cerca d’acqua.
Sulla spiaggia. E’ tutto incantevole, le dune, i poggi fioriti,
ruine magnogreche inesplorate, e se penso che su questa costa,
undici secoli fa, sbarcarono i Mori invasori, poi i Normanni e via
così per i secoli sino a Garibaldi, mi prende una strana
sensazione di deja vu.
Ma non tutto fila liscio.
Il 30, di rientro a Porto Palo, al tramonto, finisco in un nostro
campo minato non segnalato.
Sicuramente la posa dei nostri è in ancora corso.
Me ne accorgo grazie all’intuito animale del cavallo, e debbo
dire che l’ho schivata per miracolo.
Il povero animale, infatti, si è fermato di colpo, quasi
disarcionandomi. Ma era già tardi. Gli smottamenti di pose
recentissime erano del tutto evidenti, all’intorno (fuorché a me).
26

Che fare? Alla Scuola di Guerra di Moncalieri ti insegnano di non
muoversi e aspettare aiuto; ma non ho modo di comunicare, né
intenderei farlo, per poi passare da improvvido. Decido di
scendere al rallentatore da cavallo guardandomi bene
dall’avvicinarmi al terreno smosso e cercando di tornare sui miei
passi.
In fondo non siamo entrati che per pochi metri nel campo… almeno
lo credo.
Scivolo giù dalla sella e inizio a trascinare indietro il baio
come fosse un piombo, faticosamente, facendo la massima
attenzione. Conosco i sistemi di posa, e posso abbozzare un
percorso di sganciamento.
Ma dopo cinque passi sento uno spessore d’acciaio sotto il piede
destro. Resto immobile. Il cavallo sembra capire il mio panico.
Non si muove.
Non lo auguro a nessuno.
Il sudore mi scivola lungo la schiena come una lingua sottile di
cera di fuoco.
Mi chino senza spostare di un nulla il piede. L’equilibrio è da
cardiopalma. Riconosco l’ordigno. E’ uno di quelli di cui parlava
il Thaon, appena arrivati dal continente.
Se mi stacco però è la fine. Ma se non mi muovo, pure.
Dunque trattengo il fiato e mi abbasso, contorcendomi lentamente.
Accarezzo la mina. E’ a pressione. Il tocco di una mano non
peggiora la situazione. Basta non alzare il piede di scatto. Ho in
tasca un attrezzo omnibus. Lo sfilo, non deve cadermi. Torno ad
accarezzarla. Trovo l’incavo. Inizio a svitare il fermo della
capsula, delicatamente, all’incontrario, come ci hanno insegnato.
Gira facilmente, non è ancora incrostata.
Se fosse piovuto, addio Carlo …. La disinnesco in secondi che i
sembrano eterni.
Alzo il piede, tenendo con la mano il coperchio incollato al
piede, chiudendo gli occhi …. e ringiovanisco di dieci anni.
Sono salvo.
Nonostante la gamba, ingessata nei muscoli, mi avvio indietro di
altri due/tre passi e siamo fuori.
Il baio nitrisce. Ha capito anche lui.
A pensarci mi viene freddo: e se si fosse dovuta svitare in senso
orario? E se non avessi avuto l’attrezzo con me?
Siano benedetti la mia passione per la meccanica (e anche i miei
nervi, perdiana).
Poi via al galoppo sulla battigia, per sfogare la tensione.
E musica, la sera, con i fantaccini di Menfi a festeggiare lo
scampato pericolo.
Ma non posso raccontarglielo, altrimenti, … altri giorni di
rigore.
Luglio
27

I BOMBARDAMENTI
Il Primo formazioni nemiche si abbattono su Sciacca al campo e su
Porto Palo. Crepitano le mitragliatrici. Caccia nemici tutti i
giorni ci bersagliano.
Passano poi alcuni momenti di relativa calma. Vedo ancora cadere
apparecchi in lontananza, abbattuti dalla nostra contraerea.
Nelle lunghe ispezioni ai pezzi mi capita di addormentarmi durante
i rientri. La stanchezza si fa sentire. Ho dormito pure su un
mucchio di sterco, scambiandolo per paglia.
Il comandante in capo della Sesta Armata ad Enna è diventato il
mantovano Alfredo Guzzoni.
Roatta è passato Capo di Stato Maggiore dell’Esercito.
Il 6, alle 3 di notte, mi sveglia il fuoco di sbarramento. Tutti
fuori in una buca a sentire fischiare le schegge e scoppiare le
granate. Ci sorvolano bassissimi e lanciano bombe sulla nostra
testa.; i bengala illuminano a giorno e così continua per circa
un’ora. Finalmente l’intensità diminuisce e cessa. Alla mattina
alle 7 di nuovo, poi alle 11, poi alle 14, poi alle 17, bombe sul
molo di Sciacca. Ora di nuovo c’è allarme e sbarramento, ma io
voglio dormire.
Ho conosciuto la Tolci, è carina.
E la radio continua a trasmettere di aerei abbattuti a Sciacca,
Non so come tranquillizzare i miei cari.
Il Comando ci informa che la notte del 7 debbono sbarcare dei
fuoriusciti (siciliani inquadrati nell’esercito americano ndr.)
con delle barche da pesca. Con Furieri ci dividiamo il settore di
sorveglianza.
Un pilota si lancia col paracadute.
A mare, vicino a noi, hanno fatto un bel combattimento. Ieri un
apparecchio è caduto a Casa Caparrina: un bombardiere. Avevo
chiesto il permesso per andarlo a vedere, ma, come quello per
l’aeroporto, è stato negato. A Sciacca, nel ricovero del Comando
Gruppi, una bomba da 200 libbre cade sulla scala d’ingresso senza
scoppiare. Tutti salvi, per miracolo!
E’ venerdì 9: le incursioni aumentano d’intensità: oggi cinqure!
Vengono regolarmente alle 4.00, alle 8,30, alle 11.00, alle 15.00
etc.. Ci si potrebbe regolare l’orologio. A Casa Caparrina, poi al
Garbo.
L’odore dei cadaveri mi resta ancora nelle narici. Poveri ragazzi,
che pena!
Che nostalgia, la sera.
La lettera del babbo mi ha commosso moltissimo. Parla della nonna,
della casa, degli affetti famigliari che ogni tanto riemergono e
si palesano con tutta la loro forza. Si cerca di non pensarci o di
pensarci il meno possibile, ma poi ci si lascia prendere da un
momento di debolezza, che fa soffrire.
28

ARRIVANO: IL MARE E’ PIENO DI NAVI
Sabato 10, ore 2. Stato di emergenza.
Sono sbarcati a Siracusa e diverse navi si dirigono verso di noi.
Un fuoco infernale si abbatte su Porto Empedocle. Siamo tutti
schierati al pezzo, fino all’alba. Le incursioni continuano.
Non so come tranquillizzare la famiglia: mando un telegramma,
senza speranza che arrivi.
I soldati sono nervosissimi. Siamo nel momento più grave della
crisi della guerra. Anche in Russia.
Questa notte saranno da noi. Spareremo: ne ho la convinzione.
Ci apprestiamo ai preparativi finali per la difesa.
Si apre così il capitolo che si può intitolare: “Il nemico vien
dal mare”
Un pilota cade in acqua col paracadute. Non riusciremo a salvarlo,
per il mare e per il vento.
Sono sbarcati, a Licata e a Siracusa e i combattimenti continuano.
La domenica e lunedì sono notti di attesa. Tutti siamo vicini al
pezzo. Gli apparecchi inglesi ronzano per ore. Bengala e razzi a
bizzeffe. Giornata relativamente calma. Incursioni non ne abbiamo.
Quando viene la luce ho ancora il conforto di poter addormentarmi
con più tranquillità e dormire finché i quadrimotori non mi
svegliano.
Il 13 i nemici si sono attestati in diversi punti di sbarco, a
Licata, Gela e Scoglitti. Gli Inglesi invece a Siracusa.
Alla mattina una nave di linea e due cacciatorpedinieri americani
sono in vista della costa. E un’altra formazione la avvistiamo
più lontana. Il mare si tinge d’acciaio. Sono decine di
imbarcazioni che ci stanno piombando addosso.
Ma dov’è la nostra grande flotta? Perché non li ha intercettati?
Che la comandi ancora Persano?
La 129^ batteria, intanto, ha aperto il fuoco contro un natante
che faceva luce e sparava traccianti contro Casa Caparrina.
Vogliono saggiare, prima, la tenuta delle difese costiere.
Stasera un rumore vicinissimo, poi la comunicazione che era un
nostro Mas.
Poveri ragazzi: da soli contro i ciclopi, come noi.
Mercoledì e giovedì la notte è calma, ma di giorno si sentono in
continuazione cannonate fortissime che fanno tremare la baracca.
Credo di aver ripreso la malaria.
Si aspettava il nuovo colonnello Vitale del 63° Raggruppamento, di
cui noi facciamo parte.
Febbre tutti i giorni.
Sabato viene il colonnello del 65/17 e mi fa cicchetto perché non
trova nulla secondo il suo desiderio. Poi si calma perchè capisce
che sono malato.
Domenica e lunedì iniezione di chinino.
29

Vedo le stelle e la febbre mi cresce moltissimo.
… ventisei navi ci girano innanzi come in una macabra danza di
morte… e noi siamo la preda sacrificale.
Ne esco pazzo. Cannonate tutto il giorno.
Domani porterò la mia roba da un borghese.
FUOCO SUGLI AMERICANI
Il 20, martedì, alle 7,30 allarme. Il nemico è vicino.
Sembra a Torre Barone. Ho la febbre, ma mi debbo alzare. Sono a
pezzi. Infilo la divisa, fradicia.
Alle 8 ordino ai miei, ancora assonnati, di cominciare a sparare.
Hanno paura. Sono costretto ad estrarre la Beretta e puntarla alla
tempia del primo artigliere che mi capita a tiro, Cossi,
intimandogli di continuare.
Ha effetto. Si mette in riga e trova la forza. Anche gli altri lo
seguono.
Spariamo diverse riprese contro gli americani che avanzano coi
carri sulla Sud Occidentale 115. Un colpo ogni 30 secondi, dal
105/28. La gittata arriva a 13 chilometri. Gli americani sono
sotto tiro.
Fuoco di sbarramento acceso verso la costa, siamo in posizione di
vantaggio. Non ne escono.
Intanto, col fono, dalla postazione del 65/17 mi chiamano al
telefono: “signor tenente noi ce ne andiamo”. Vigliacchi. Perdiamo
la posizione avanzata a 10 km.
Restiamo da soli. Mando due soldati alla riservetta per prelevare
casse di proietti.
Ritornano con munizioni di diverso calibro, altre non ce ne sono.
Che ci abbiano sabotato?
Continuiamo a sparare. Salgo sul poggio e riesco a vedere con il
binocolo, in lontananza, che una colonna di carri sembra essersi
arrestata, e fumante. Ce l’’abbiamo fatta! Intanto però rispondono
al fuoco dal mare. E’ un inferno, la terra sulla statale esplode
come farina, ma siamo ancora fuori tiro.
Improvvisamente, dopo tre quarti d’ora di combattimento e 90
cannonate, arriva dal Comando l’ordine di … ripiegare.
Ma che dicono? Ripiegare dove?
Pazzesco!
Non resta che abbandonare tutto e risalire in Batteria.
Ma anche lì non c’è più nessuno.
Non perdiamo il controllo, però.
Ridiscendo con Maria, col cavallo e col mulo, che abbandoniamo da
Scandaglia. Ripieghiamo con Furieri verso Torre del tradimento.
Ci rifugiamo in una stamberga.
I fanti americani ci attaccano. Pronti a reagire.
Ordino il fuoco, con le poche cartucce che ci rimangono.
Due americani sono a terra. Furieri è ferito grave. Continuiamo a
sparare. Arrivano a frotte.
Non abbiamo scampo. Sono ferito anch’io, di striscio. Non ci resta
che fermarci. Sono armati sino ai denti, ci puntano una
mitragliatrice e ci intimano di uscire.
30

Il primo che incontriamo è un fuoriuscito paracadutista. Ci
spintonano di gusto e ci mettono agli arresti.
Forse ci fucileranno!
Alle 16,30 ci fanno presentare al Comando. Siamo interrogati da un
ufficiale, in maniche di camicia e sigaro smozzicato, sulla difesa
verso Menfi e S. Margherita. Nome, grado e numero di matricola.
Non avranno altro.
Che cow boy sguaiati!
Più tardi incolonniamo la compagnia del 55° e con Sarto e con un
poliziotto armato di pistola mitragliatrice andiamo verso
Sciacca. Che umiliazione, la cattura!
Alla casella km 115 ci fermiamo. Prima di entrare in paese
incontriamo Allegra, Patti, il sergente maggiore Buccheri, Bertoli
e alcuni della Batteria. Maria, intanto, è scappato in borghese.
Siamo raccolti in un raffazzonato campo di concentramento.
Per Dio, decidiamo all’improvviso, con Allegra, di fuggire.
Chiediamo ai nostri di simulare una rissa per distrarre i nemici.
Lo fanno svogliati.
Prendiamo la ricorsa e scavalchiamo un baso muretto di cinta. Ci
sparano addosso, ma con riflessi lenti e non ci colpiscono.
A pochi chilometri una famiglia ci accoglie e ci assiste per
metterci in borghese con gli indumenti della valigia che aveva
recuperato Allegra. Viene Giulino. Con lui andiamo a casa sua,
passando indifferenti per il paese. Ho sempre con me il sacco
alpino con quelle poche cose che ho potuto salvare. La divisa e il
binocolo.
Un solo grido:“per la libertà”.
LA FUGA E L’ESODO “PER LA LIBERTA’”
Passiamo la notte con un occhio aperto. La mattina con Giulino
andiamo alla fotoelettrica e in batteria per recuperare qualcosa,
anche da mangiare. I borghesi hanno ormai fatto man bassa di
tutto. Troviamo altri scampati. Greco ritorna a Sciacca con noi.
Restiamo il 21 a casa di Giulino. La ferita mi fa ancora male.
E addio ragazze, non c’è tempo per pensarci!
Il 22 con Gangidino, l’attendente Ippolito, Greco e Allegra
andiamo verso Bivona. Maria lo lascio, e anche Tarallo con le sue
radio. Abbandono il sacco alpino per non dare sospetti. Lascio i
pezzi meccanici dell’apparecchio. La divisa e il binocoli però li
porto con me.
Marcia estenuante sino a 20 km da Bivona. Dormiamo sulla paglia,
sfiniti.
L’indomani, venerdì, si riprende la marcia. Alle ore 12 siamo in
vista di Bivona. Ci ospita un soldato siciliano svogliato, senza
cuore. Mangiamo ricotta e pane.
Sabato decido di andare da Correnti a Vallelunga. Alla stazione di
Cammarata ci dividiamo da Allegra e da Greco, che continuano per
31

Valledolmo. E’ più salutare separarci. Ci rivedremo a Polizzi, tra
due giorni. Nel tardo pomeriggio arriviamo con Ippolito e
Gangidino da Correnti. E’ spaventatissimo, ci porta in campagna e
ci consiglia di costituirci. Non gli diamo retta.
Tutta la domenica riposiamo a Vallelunga. Ci porta il colono
notizie disastrose, che entro cinque giorni ci si deve presentare.
Ma poi risulta non essere vero.
Alla sera salutiamo Correnti. Gli lascio la divisa e il binocolo
con la preghiera di conservarmi tutto e mi faccio dare 3000 lire.
Lunedì 26 in marcia verso Polizzi, molto rinfrancati dal riposo.
Attraversiamo, come il 24, lande desolate e disabitate.
Incontriamo 2 tedeschi e ci squadrano, noi temendo di loro e loro
temendo di noi.
Ci ospita Allegra, ceniamo assieme e finalmente dormiamo nelle
lenzuola. Non accadeva da tempo. Di mattina presto riprendiamo il
cammino verso Castelbuono, senza essere riusciti a trovare un
mulo.
Il 27 attraversiamo le Madonie. Salite, salite e sentieri
impraticabili.
Ci portiamo nel bosco. Finalmente riusciamo ad uscire, ad Isnello.
Prendiamo la strada. Una intera colonna americana ci ferma per
chiederci i documenti e la residenza. Poi si allontanano in
fretta. Siamo salvi. Ci fa mangiare il vicario di Castelbuono,
sfollato fuori dal paese. In paese non vi entriamo perché sembra
che arrestino tutti. Dormiamo da una buona famiglia vicino al
paese. La ferita è a posto.
L’indomani dirigiamo verso S. Ambrogio. Usciti sulla strada, degli
americani accampati ci fermano e ci portano al Comando. Stavolta
ci sentiamo perduti. Il buon Dio ci protegge e riusciamo salvarci
dicendoci lavoratori militarizzati. Andiamo dal parroco di S.
Ambrogio che non trova una stanza dove poter alloggiare.
L’OSPITALITA’ DEI BARONI DI CEFALU’
Allora andiamo verso Cefalù. Poco dopo aver ripreso il cammino un
borghese ci salva da sicura cattura avvisandoci delle retate della
polizia. Chiediamo ospitalità in un castello vicino. Ci ricevono
amorevolmente, mangiamo e dormiamo nelle lenzuola. Stanze fastose
e decadenti, stucchi, affreschi, servitù: la nobile residenza ha
visto tempi migliori.
Dopo 24 ore lo stesso borghese di ieri ci porta pasta, uova e
sigarette. In attesa che la situazione si schiarisca, dormiamo
qui.
Da tre giorni siamo ospiti dei Palamara. Ci usano molta cordialità
e molte attenzioni, considerandoci come figli. Il barone è un
gran signore. Anche lui ha affetti in guerra e la sera ci
intrattiene con eleganza. Diciamo il rosario assieme.
32

Indugiamo ancora per avere notizie da quelli che sono andati a
Cefalù. Queste sono disastrose: entro il 1° agosto ci si deve
presentare per non essere considerati spie.
Il Duce è stato deposto da un colpo di stato militare il 25
scorso. Il Fascismo è fuori legge.
C’è Badoglio al comando. Che Dio ce ne scampi. Se non sbaglio, fu
una causa di Caporetto.
La guerra però continua, a fianco dei tedeschi.
Quel che resta della Sesta Armata sta tentando di ritirarsi in
Calabria.
Il comandante Guzzoni, intanto, aveva dovuto cedere il comando ai
tedeschi del generale Hube, i soli ad avere ancora forti reparti
combattenti operativi.
Dai Palamara apprendo altri eventi. Un loro conoscente, tenente
del 177° bersaglieri, aveva combattuto con encomiabile accanimento
a Gela, Licata e a Canicattì il 10 luglio insieme al DXXVI
battaglione bersaglieri, al CLXI gruppo di artiglieria e alla 1^
compagnia motomitraglieri. Era riuscito a far avere sue notizie di
rimbalzo, come sa accadere solo in Sicilia.
Note per ricordare:
Signor Palamara di Cefalù, Piazza omonima
Sten. Giovanni Palamara, 23° fanteria “Como”, 3° btg, II^ comp.
p.m. 59.
Serg. Michele Palamara, Via acquedotto 41, Fiume
Agosto
Il 1° agosto torniamo alla Plaia degli Uccelli. Nel pomeriggio
andiamo a Cefalù per costituirci, invece poi ritorniamo per aver
cambiato opinione, dai signori Palamara. Non ci siamo abbandonati
allo sconforto.
Dobbiamo assolutamente rientrare ai nostri Comandi in Calabria. La
libertà ha questo prezzo.
La mattina dopo alle 7, con il mio attendente Bonvecchi e gli
altri, lasciamo il castello ospitale di Palamara per raggiungere i
nostri prima che sia troppo tardi. Grazie di cuore agli ospiti … e
via in marcia per S. Stefano.
Nell’abitato però non vi possiamo entrare. Traversiamo il greto
minato di un fiume. Ormai so come fare. Entriamo in paese, ma
dobbiamo riuscire perché non si trova da dormire. In una casa
svaligiata, dove troviamo altri soldati, che hanno scoperto olio e
grano, dormiamo nelle lenzuola.
L’indomani ci allontaniamo dalla casa dove abbiamo riposato per
arretrare qualche chilometro. Saliamo sulla collina e troviamo una
bicicletta piccola. Stiamo con un americano svogliato, e poi con
un altro, che ci dà scatolette e sigarette.
Oltre S. Stefano, ma non troppo, cerchiamo un alloggio.
Troviamo altri sfollati che debbono andare a Messina e un
maresciallo dell’impianto semaforico navale di Capo S. Marco.
33

Passiamo la notte all’aperto.
Il 4 raggiungiamo Caronia Marina, ma non possiamo più andare
avanti. Troviamo un’altra bicicletta. Riempiamo le ruote di crine.
Cucina all’aperto con frittelle e ceci. Si dorme sotto un ulivo
con un po’ di foglie.
Passa un giorno, cerchiamo di andare avanti, ma poi dobbiamo
ritornare allo stesso posto. Restiamo col maresciallo soltanto.
Ancora cucina all’aperto e ancora sotto l’ulivo.
Ispezione alle case aperte di Caronia.
Il 6 agosto dobbiamo di nuovo ritornare dopo solo un chilometro di
strada. Un americano ci scambia per nativi (appariva palpabile una
sorta di accordo non scritto tra siciliani e americani) e ci dà un
cavallo con la sella. Ritorniamo a rendere due muli e risaliamo
sulla montagna. Di sera un milite della Guardia di Finanza ci
consiglia di abbandonare le bestie e di allontanarci al più presto
perché qualche borghese se l’è cantata e c’è qualcosa per l’aria
per noi.
IL TRADIMENTO
Sabato torniamo al solito posto e alla mattina prendiamo la Via
per S. Agata col cavallo. Dobbiamo fermarci subito dopo il ponte.
Ricopio un lasciapassare trovato per strada:
Palermo, Sicily.
The bearer of this pass …
is a soldier of the Italian Army and has been released by the
Sounter Intelligence Corps and is permitted to return to his home
in … Sicily
B.R. Russel
2nd Lit. Aus
Co, Cio Section
3rd Inf. Div.
28 July 1943
Ecco, dunque, la prova di un doppio gioco sopra le nostre teste.
La domenica restiamo ancora al Casello 11. Cuociamo grano la sera,
privi di ogni altra cosa. Si dorme all’aperto con appena un poco
di paglia. Passano centinaia di automezzi americani e truppe a
piedi. Rimaniamo defilati. Si fumano mozziconi. Il mio attendente
si fa in quattro, ma la situazione è drammatica. Quasi non ho la
forza di scrivere queste note.
Un apparecchio mitraglia e sale un fuoco infernale
dall’accampamento. Ci passa sopra il capo.
Il giorno seguente cerchiamo di andare avanti. Passiamo oltre
Acquedolci, io a cavallo, il mio attendente Ippolito in
bicicletta. Ormai siamo rimasti in due: gli altri si sono
dileguati.
A mezza via tra il paese e S. Agata ci fermiamo. Saliamo a una
villetta sulla collina. Incursione in casa. C’è una bella stalla
34

pulita con l’acqua corrente. Stabiliamo la nostra residenza e
mangiamo fichi.
A PIEDI, VERSO LA CALABRIA
Passano i giorni. Una mattina viene sotto di noi un gruppo da 155.
Cominciamo a fare la corte agli americani per le scatolette e le
sigarette, come fossimo locali. E’ umiliante, ma qualcosa si
mangia. Scambiamo pomidoro e uva.
Intanto i pezzi cominciano a sparare e non si può dormire.
Il giorno dopo, mercoledì 11 agosto, un apparecchio americano cade
e da qui mitragliano il pilota che scende col paracadute! E’
incredibile: s’ammazzano tra loro.
Tentiamo di andare oltre, ma a S. Agata non troviamo dove dormire
e mangiare. Ritorniamo alla villa.
12 agosto: tanti auguri, babbo, buon compleanno.
Restiamo ancora. E’ sicuro che muoveremo domattina per S. Agata.
Bucato e bagno. Ippolito ha trovato anche un tozzo di sapone.
Le batterie americane sono finalmente partite. Grazie a Dio.
Venerdì andiamo a S. Agata per cambiare il cavallo con una
bicicletta. Perdiamo tempo sino alle 14.00, senza successo.
Continuiamo per Capo d’Orlando. Capitiamo ospiti in una famiglia
di pazzi. Fiorina è una bella ragazza, completamente scossa. Che
orrore la guerra, trasforma e trasfigura.
Sabato partiamo da quella famiglia di ossessi dopo aver avuto una
discussione con la contadina padrona di casa.
Il cavallo incespica continuamente. Prima di Brolo, mi fermo in
una macelleria improvvisata e lo vendo. Per attendere nel voler
cambiare grano per farina, perdo Ippolito.
Purtroppo, non lo rivedrò più!
Il 15, da solo parto da Brolo in marcia per Patti. Finalmente sono
sotto i 100 km da Messina. Faccio risuolare le scarpe e ricevo un
mezzo pane da una donna.
Dormo a Patti in una casa in costruzione, dopo di aver a lungo
cercato invano di Ippolito. Arrivo, sfiduciato, fino al km 54.
Mi ospita un uomo odioso, che mi consiglia di costituirmi.
Martedì trovo per strada due mantovani. Arriviamo fino al km 31.
Dormiamo all’aperto. Un americano mi ha perquisito, ma non ha
trovato nulla.
Dormo alla meglio sulla spiaggia. Mi fermo per cambiare farina con
pane e perdo i compagni lombardi. Arrivo al km 12 e dormo su un
cassone di autocarro.
Vedo finalmente l’Italia libera. E mi si ossigena il cuore.
E’ il 19 agosto, arrivo al faro.
Le speranze sono poche. Mi fermerò qualche giorno aspettando
qualcuno che voglia tentare con me.
Intanto sento continuamente colpi delle batterie tedesche sul
faro. L’esplosione di un proietto mi ha coperto di terriccio.
35

Dormo al porto. Vedo le batterie da marina e tutti gli impianti
dei semafori portuali.
A sera trovo tre marinai e cinque nostri soldati che stanno
preparando una barca. Mi metto con loro e in venticinque minuti
passiamo lo stretto, velocemente.
Addio Cariddi, Scilla è mia.
Raggiungiamo terra nel settore del 23° Gruppo. Trovo sulla
battigia uno splendido Mab (il moschetto automatico Beretta, mitra
in dotazione alle truppe speciali, ndr ). Non posso che
abbandonarlo per non passare da sabotatore. Dormo in una galleria
marcia di umidità.
E’ il 21 agosto. Trovo una squadra d’ispezione con la nostra
divisa. Mi faccio identificare e parto alle 5.00 con una
motocarrozzetta per Catanzaro. Alla sede del XXXI° Corpo d’Armata.
Mi ferma il G. Di Silu, mi ospita a colazione e mi fa partire
scortato da un carabiniere per Potenza.
Il viaggio è un disastro. Lunghissime soste e disagi.
MI ARRESTANO “I NOSTRI”
Arrivo a Potenza di notte, lunedì 23.
La mattina subito al Comando, a rapporto.
Il colonnello Micaletti e il generale Arisio (Mario Arisio,
divenuto comandante della Settima Armata, di stanza in Calabria,
ndr.) mi interrogano a lungo.
La difesa costiera, la cattura, la fuga dagli americani e il lungo
esodo per tutta la Sicilia. Tutto cio’ li rende sospettosi.
Non si convincono.
Da non credersi: mi mettono agli arresti come spia!
Non pensavo finisse così. Passano ore strane. Debbo riordinare le
idee e convincerli che è tutto vero.
Ma che Esercito è mai il nostro!
La fortuna mi arride in serata, al rancio.
Scortato da due autieri, incrocio, non so per quale coincidenza,
il tenente Toschi di Vignola, conosciuto recentemente ai tiri).
Questo, sbigottito e imbarazzato, garantisce per me con il
Comando.
Dio lo benedica, ora mi credono.
All’Ufficio I (i Servizi segreti ndr.) mi rendo utile con diverse
notizie.
Mi procurano una divisa.
Sembra che ora la mia avventura riscuota lo stupore di tutti.
Apprendo poi altri importanti particolari dell’invasione.
I nostri a Gela, nei primi giorni dello sbarco, stavano per
ricacciare in mare gli americani. Le Divisioni Livorno e Goering
avevano infatti messo in seria difficoltà i nemici, tanto da
costringerli sulle spiagge per due giorni. Solo l’uragano di fuoco
dei cannoni navali americani aveva permesso di consolidare le
teste di ponte. Tutto questo lo aveva appreso il Comando della
36

Sesta Armata di Enna intercettando un ordine di reimbarco del
generale statunitense Patton che chiedeva il ripiegamento per la
sua 1^ Divisione, ordine poi non eseguito per l’evolversi degli
avvenimenti.
Oggi però il dramma è compiuto: a un mese dall’attacco tutte le
nostre quattro Divisioni mobili sono scomparse: la Livorno e la
Napoli dissanguate in combattimento a Gela e a Siracusa. L’Aosta e
l’Assietta pure, anche se in parte decimate dalle diserzioni dei
siciliani. I Gruppi tattici, coi carri armati e i semoventi, hanno
dato il meglio di sé, ma sono stati fatti a pezzi dai nemici e non
esistono più. Le Divisioni costiere, infine, sono tutte sciolte o
catturate e quasi nessuno che vi militava veste ancora la divisa
del Regio Esercito.
Sono tra i pochi.
Effettivamente, mi sono comportato bene.
Martedì 24 Agosto
Relazione ufficiale al Ministero di ciò che ho osservato, del
nemico, nel mio esodo per la Sicilia.
RAPPORTO AL MINISTERO DELLA GUERRA
“Durante la permanenza in Sicilia ebbi l’impressione, dai
frequenti contatti con i siciliani, che l’occupazione angloamericana
fosse attesa da gran parte della popolazione. Infatti,
in alcuni paesi al centro dell’Isola, come Polizzi Generoso, gli
americani furono accolti con battimani e, mi dissero, con fiori;
in altri paesi della costa settentrionale, in provincia di
Messina, vidi persino esporre in diverse case la bandiera
americana e quella inglese.
Per quello che ho potuto osservare, ho avuto l’impressione che le
truppe occupanti trattassero bene le popolazioni; subito dopo
l’occupazione il comando dispose che nei paesi fossero rimesse in
efficienza, con l’aiuto di elementi pratici del paese stesso, gli
impianti della luce e dell’acqua danneggiati dai bombardamenti;
ordinò la distribuzione gratuita di generi alimentari trovati nei
magazzini, promettendo larghi rifornimenti, a guerra finita, di
abiti, calzature e medicinali. In ogni paese occupato un ufficiale
americano radunava la popolazione e la esortava ad obbedire al
sindaco designato dal comando, quasi fosse già tutto concordato
dall’alto e da tempo; gran numero di proclami furono affissi nel
paese per orientare la popolazione sul nuovo stato di cose: di
tali proclami non posso che riferire per sentito dire, avendo io
sempre evitato i paesi ove vi fosse già un presidio costituito.
So però che costrizioni onerose non ne vennero fatte, solo
dovevano essere consegnate le armi da caccia e da difesa,
apparecchi radio e tutto il materiale dell’Esercito Italiano
comunque venuti in possesso dei civili. E’ intento degli americani
ristabilire in Sicilia un normale ritmo di vita: in particolare
sopprimere il mercato nero. Coloro che non rispettano le
37

disposizioni emanate dal comando americano sono immediatamente
tradotti innanzi al tribunale e processati sulla pubblica piazza.
Riguardo al comportamento con le donne in particolare so che le
truppe occupanti hanno avuto severissimi ordini sul modo di
trattare con esse; ricordo di un australiano che avendo tentato di
prendere una donna, fu immediatamente fatto fucilare dal comando
americano.
Inoltre, tra le truppe sbarcate in Sicilia c’è una forte
percentuale di figli di italiani emigrati che si mostrano molto
cordiali con la popolazione la quale altrettanto cordialmente li
tratta.
I militari italiani catturati sono generalmente trattati bene. Dai
campi di concentramento sono stati rilasciati tutti i soldati e i
sottufficiali siciliani, muniti di foglio di liberazione sulla
parola che serve da lasciapassare e con il quale il prigioniero si
impegna di non agire in alcun modo contro l’esercito alleato, di
non portare armi e di rispondere a qualsiasi chiamata o richiesta
venga fatta dal comando americano nel suo paese di residenza. Come
siano trattati gli ufficiali prigionieri non posso dire, essendo
stato io troppo poco nel campo di concentramento.
Ben diverso trattamento è riservato ai prigionieri tedeschi: vidi
io stesso che da un gruppo di prigionieri italiani e tedeschi, gli
italiani furono fatti salire su un autocarro, mentre i tedeschi
legati con una lunga fune per le mani, furono costretti a seguire
a piedi l’autocarro.
Durante il percorso tra Cefalù e Messina ho potuto constatare che
negli abitati attraversati come Caronia Marina, Castel di Tusa, S.
Stefano di Camastra, tutte le case presentavano traccia di
saccheggio recente. Sono entrato in alcune di esse situate sulla
via principale nei paesi suddetti, ed ho constatato che le porte
d’ingresso erano state sfondate e tutti gli arredi asportati. Ho
pensato in un primo tempo che questo potesse essere opera dei
combattenti americani, ma ho dovuto escludere questa ipotesi,
trovandomi io sempre nelle immediate vicinanza e non avendo visto
nessun automezzo proveniente dal davanti carico di masserizie e
non avendo trovato nessun americano intento al saccheggio. Ho
invece trovato all’interno di alcuni locali depredati, vuoti di
scatolette di carne e di pacchetti di sigarette tedeschi. Da
alcuni civili con i quali mi sono trattenuto a conversare poi
appresi che tutto ciò era opera di truppe tedesche in
ripiegamento. Le porte d’ingresso, mi dissero, venivano sfondate
con gli automezzi quando non riuscivano ad aprirle altrimenti, e
poi asportavano tutto ciò che di utile trovavano, caricando gli
autocarri, per rivendere tutto questo ad altri e perfino regalarlo
in Calabria, dopo averlo conservato anche nel passare sullo
stretto.
Ricordo di aver sentito diversi episodi di questo genere: macchine
tedesche che si fermavano per offrire gentilmente il passaggio a
madri che camminavano sulla strada con la figlia, ma soltanto la
ragazza veniva accolta a bordo e solo dopo diversi giorni
rilasciata, per fare ritorno a casa. Al faro di Messina, nelle
innumerevoli case nelle quali trovai più che altrove traccia di
38

tedeschi, ho visto una donna uccisa a colpi di rivoltella e
abbandonata sul letto così come i tedeschi l’avevano lasciata.
Ricordo anche, a proposito delle truppe germaniche quando esse
combattevano sulle madonne e sulle Baronie, che alcuni soldati
siciliani in borghese che cercavano di raggiungere le nostre linee
furono dai tedeschi catturati e, a quanto ho udito da diverse
fonti, fatti prima parlare sulla situazione americana e in seguito
fucilati come disertori.”
Sono assegnato al 6° di C.d’A. (6°Reggimento d’artiglieria di
Corpo d’Armata, ndr.) di Modena.
Mi invieranno al Distretto di Modena.
Domani, 26 agosto 1943, partirò per casa.
Tutte le mie fatiche sono contate qualcosa!
A Casolari il Distretto militare di Modena concederà una breve
licenza premio, con l’obbligo di ripresentarsi al comando del
6°Rgt di Corpo d’Armata. l’8 settembre, il giorno della resa
incondizionata del Regio Esercito Italiano alle Nazioni Unite.
La malaria, mal curata, lo alletterà per mesi, sino a fargli
perdere la vista da un occhio.
Conseguirà la Laurea in ingegneria, a Pisa, nel 1946.
La Croce al Merito di Guerra gli verrà conferita nel 1951.
39

SCHEDE STORICO-MILITARI
APPENDICE
Dopo la vittoria definitiva sulle truppe italo- tedesche in
Africa e la resa del generale comandante della Prima Armata
italiana Giovanni Messe, il 13 maggio 1943, le Nazioni Unite
(alias, gli Alleati) si prepararono ad attaccare l’Asse in Europa,
partendo dalla Sicilia.
In realtà gli americani, questa operazione l’avevano preparata
minuziosamente vari mesi prima.
L’APPOGGIO DELLA MAFIA AGLI USA
Sia il libro “Storia della mafia” di Salvatore Francesco
Romano, sia l’inchiesta della commissione del Senato americano,
sia le rivelazioni dello scrittore americano Fredric Sondern,
mostrano, senza ombre, il ruolo decisivo che la mafia
gangsteristica ebbe in relazione allo sbarco in Sicilia e alla sua
difesa armata.
Tutto inizia nel 1942. Il boss mafioso Lucky Luciano
(Salvatore Lucania,. condannato a 50 anni di prigione per
sfruttamento della prostituzione) è rinchiuso da sei anni nel
penitenziario di Clinton (la “Siberia”, per gli intimi). Nella sua
cella continua a dirigere il suo impero, un braccio della mafia
che si occupa di droga.
Gli Stati Maggiori alleati già pensano che l’ora di uno
sbarco in Europa sia vicina. Bisogna prendere in considerazione
tutto. Luciano è siciliano, controlla un impero con ramificazioni
in Sicilia. In autunno riceve la visita di Moses Polakoff, uno dei
migliori avvocati della mala americana. Il colloquio dura diverse
ore, senza controllo. Poco tempo dopo Luciano viene trasferito nel
penitenziario di Great Meadows, che ha fama di essere una delle
prigioni più comode degli Usa. Lì riceve visite misteriose ed è
autorizzato a uscire ciclicamente di prigione. Il ragionamento dei
vertici americani è il seguente: la mafia è il flagello degli Usa,
il nemico numero uno, ma è anche la grande nemica di Mussolini;
alleandosi con la mafia, si possono prendere due piccioni con una
fava: facilitare lo sbarco e restituire alla terra degli antenati
i germi della piaga che infetta gli Stati Uniti.
I servizi segreti dell’U.S. Navy studiano pertanto
accuratamente l’incartamento “Mafia”. Dal 1925 al 1927 Mussolini
aveva condotto una lotta accanita contro l’Organizzazione: era
stato il piano “Attila”, attuato dall’energico prefetto Cesare
Mori, che aveva consentito al duce, nel 1927, di annunciare la
liquidazione dell’”Onorata Società”.
In realtà i capi mafia aspettavano le fine della tempesta e
si erano trasferiti negli Usa, dove avevano fatto fortuna.
40

Mussolini aveva giocato un brutto scherzo ai suoi futuri nemici.
Alla vigilia dello sbarco, questi ultimi pensavano di restituirgli
il favore.
Nella primavera del 1943, Lucky Luciano, ormai preparato,
riceve, a Great Meadows, le visite di un ufficiale dei Servizi
segreti dell’U.S. Navy. I due uomini hanno cinque lunghi colloqui.
Alla fine di questi colloqui un misterioso piccolo aeroplano
sorvola il villaggio di Villalba, compiendo evoluzioni sulla casa
di Calogero Vizzini. Il suo passaggio avrebbe dato le chiavi della
Sicilia Occidentale alle truppe alleate.
In quei giorni, parallelamente, agenti siculo-americani della
“Target section” dell’’Oss (la futura Cia) diretti da Earl
Brennan, (tra i quali Max Corvo, Victor Anfuso e Vincent
Scamporino) preparano ad Algeri i piani per la collaborazione coi
mafiosi in Sicilia, in previsione dello sbarco.
Quatto giorni dopo l’invasione, il 14 luglio, un aereo lancia
un paracadute in miniatura sopra la proprietà di Don Calogero
Vizzini. Don Calò era il capo della mafia in Sicilia. Il piccolo
paracadute gli porta in dono un fazzoletto di seta gialla,
ricamato con una L nera, il biglietto da visita di Luciano, E’ il
segnale, a mezzo del quale scatterà il riconoscimento tra le
cosche mafiose e gli ufficiali americani agenti segreti
d’occupazione (comandati dal colonnello Charles Poletti, poi
nominato capo dell’Amgot in Sicilia, il governo militare alleato
dei territori occupati).
Quanto al resto, Don Calò sa già che fare. Bissando una
pratica già collaudata dalla mafia nella prima guerra mondiale -
quando impedì a tanti mobilitati di raggiungere le proprie
destinazioni sul Carso - aveva già dato ordine all’Organizzazione
di facilitare le diserzioni e aiutare i disertori, sabotare i
rifornimenti, seminare confusione tra le retrovie, mettere a dama
colpi di mano e imboscate, facilitare l’avanzata di Patton e
demolire così dall’interno la tenuta di quelle, tra le Divisioni
italiane, che erano composte da parte da militari autoctoni
(soprattutto quelle Costiere), consigliando “caldamente” di
andarsene a casa alla prima occasione ed evitare così conseguenze
spiacevoli alle famiglie.
Inoltre, scrive Norman Lewis, nel suo libro The Honoured
Society, l’accordo tra Luciano e Vizzzini, fornisce agli americani
nomi di decine e decine di mafiosi siciliani, ‘uomini d’onore’,
sicuri antifascisti, da nominare sindaci delle città e paesi
‘liberati’ e che, allo stesso tempo, avrebbero fatto propaganda
disfattista. Non a caso don Calogero Vizzini, è nominato sindaco
di Villalba dal tenente americano Beeher (e nella cerimonia
ufficiale viene invitato anche il vescovo di Caltanissetta, che
manda un suo rappresentante). Si può quindi sostenere che
l’operazione di sabotaggio da parte della mafia abbia avuto
successo, soprattutto nella Sicilia Occidentale, favorendo
apertamente la rapida marcia di Patton su Palermo.
E ancora Lewis: “Una delle prime disposizioni emesse
dall’Amgot fu il congelamento di tutti i prezzi… la misura non fu
in nessun modo realista, giacché allo stesso tempo la lira fu
41

svalutata d’una quarta parte del suo valore precedente; inoltre la
Sicilia, e poi l’Italia, fu inondata da una moneta d’occupazione
speciale (e, finita la guerra, s’obbligò il governo italiano a
pagarle interamente)… fu allora impossibile per qualsiasi
cittadino, malgrado le sue migliori intenzioni, evitare di
ricorrere al mercato nero” (e Don Calò ne approfittò, pagando
l’olio a 25 lire il litro e rivendendolo al mercato nero a 500
lire, con la collaborazione dei suoi amici dell’Amgot - in
particolare d’un gangster americano, Vito Genovese - al quale
dettero tutti i permessi che voleva per trasportare, a volte anche
con camion militari americani, l’olio in tutta la Sicilia ed anche
nel continente).
Ma non è tutto: in certi circoli inglesi ed americani si vide
di buon occhio la separazione della Sicilia dall’Italia, cosicché
il 90% dei comuni siciliani finirono con lo schierarsi a favore
d’una certa indipendenza, sotto protettorato inglese, mentre altri
anelavano l’unione con gli Stati Uniti (formando la… 49ª stella
della bandiera americana), e assoldarono un esercito proprio al
comando del bandito Salvatore Giuliano. Anche qui il terreno era
stato preparato da un’organizzazione ben infiltrata dalla mafia:
il Movimento indipendentista siciliano del massone Andrea
Finocchiaro Aprile. Gli agit prop del Mis ebbero un ruolo
importante nell’affiancare i mafiosi nell’opera di ammorbidimento
delle popolazioni siciliane nei confronti degli americani
occupanti, dando così al voltafaccia anche un significato
politico.
Infine non dimentichiamo che, grazie alla sua collaborazione
allo sbarco, Lucky Luciano scontò soltanto nove anni di carcere e
don Calò ebbe, tra l’altro, la ciliegina delle stellette di
colonnello onorario dell’esercito Usa.
42

10 LUGLIO, L’INVASIONE: CINQUE CONTRO UNO
Scrive ancora Lewis: "Il 10 luglio 1943 gli eserciti alleati
sbarcarono in Sicilia… una delle posizioni basilari era difesa da
cannoni catturati ai russi, ma che non si potevano utilizzare dato
che nessuno sapeva come funzionavano. Una volta la fanteria
italiana entrò in combattimento con armi automatiche d’emergenza,
ma senza munizioni. Malgrado ciò, e malgrado il suo pessimo
armamento e la sua inferiorità numerica di cinque contro uno,
senza contare che stava combattendo contro i veterani della
campagna d’Africa, gli italiani combatterono con coraggio e a
volte disperatamente".
Qualche settimana prima, in aprile, il generale Eisenhower
aveva dato l’incarico al generale inglese Alexander di comandare
il 15º gruppo d’armata, che comprendeva l’VIII^ armata inglese del
generale Montgomery e la VII^ americana del generale Patton e di
prepararsi per l’invasione della Sicilia, denominata operazione
‘Husky’.
Val la pena ricordare che i tedeschi erano convinti che lo
sbarco avrebbe avuto luogo in Sardegna. Il generale Guzzoni era di
diverso avviso, ma non riuscì a dissuaderli. Ciò non evitò che il
10 luglio l’attacco dispiegasse comunque un effetto sorpresa,
maggiormente indotto da un depistaggio messo in atto con successo
dai servizi angloamericani con l'operazione "Carne tritata". Il 9
maggio 1943, su una spiaggia della Spagna meridionale venne,
infatti, ritrovato il cadavere del maggiore inglese William
Martin, ufficiale della Marina reale. Legata al polso aveva una
borsa che conteneva il piano alleato della battaglia per
l'invasione dell'Italia. Gli Inglesi contavano sul governo
franchista spagnolo per rendere noti i documenti al
controspionaggio tedesco (Abwehr), secondo i quali l'invasione
avrebbe avuto luogo in Sardegna, per raggiungere successivamente
l'Italia del nord via Genova, con un finto attacco in Sicilia. Era
un trucco, per allontanare le forze tedesche dalla Sicilia, vero
obiettivo dell'invasione. L'ufficiale inglese era un uomo, morto a
Londra per cause naturali, una polmonite, con sintomi simili alla
morte per annegamento. Fu sottile stratagemma, che certamente ebbe
riflessi sulla sorte degli eventi, impedendo se non altro il
rafforzamento dei reparti il Sicilia.
Dal 9 giugno, intanto, erano cominciati i bombardamenti
sull’isola di Pantelleria, seguiti da un attacco navale di cinque
incrociatori e sei cacciatorpediniere, che fu respinto dalle
batterie costiere. L’isola di 6 chilometri e mezzo per 10 e mezzo
fu bombardata in varie ondate, per un totale di 5 mila tonnellate
di bombe. La popolazione civile di 10 mila persone fu costretta a
vivere in grotte naturali, insieme agli 11 mila soldati, al
comando dell’ammiraglio Pavesi. I paesi erano stati tutti
distrutti, l’acqua si estraeva dai pozzi, marcia.
Martin Blumenson, nel suo libro Sicily Whose Victory scrisse:
"I bombardamenti alleati - telegrafava Pavesi a Roma - hanno
investito l’isola in un uragano di fuoco e fumo, la situazione è
43

disperata, ogni possibilità di una resistenza efficace è
esaurita".
"... malgrado le affermazioni contrarie della propaganda, l’isola
era difesa da soldati anziani e senza esperienza, molti dei quali
avevano le loro famiglie nell’isola… in ogni caso, contro la
potenza delle navi e degli aerei alleati potevano fare ben poca
cosa con armi insufficienti e antiquate". Effettivamente l’isola
era diventata un colabrodo. Tutti gli aerei che la difendevano
erano stati abbattuti, le munizioni cominciarono a scarseggiare,
dei 180 cannoni la metà era stata distrutta dai bombardamenti.
L’11 giugno giunse una flotta alleata che cominciò un altro
bombardamento: i difensori non risposero al fuoco. Allora
sbarcarono i soldati inglesi e gli 11 mila italiani e i 70
tedeschi dell’isola cominciarono ad arrendersi. I morti furono
250. Due giorni dopo cadde Lampedusa, dove s’arresero 400 soldati,
e Linosa con altri 250.
Il 10 luglio cominciò l’attacco vero alla Sicilia: 525 navi da
guerra, 237 navi da trasporto, 1.800 mezzi da sbarco, 478 mila
uomini, 600 carri armati, 1.800 cannoni, più 4 mila aerei, 14 mila
veicoli. Gli americani sbarcarono nel Golfo di Gela, tra Licata
e Punta Braccetto, i britannici tra Capo Passero e Capo Ognina,
sotto Siracusa. Era la flotta navale più gigantesca mai conosciuta
nella storia mondiale.
In quel giorno ci furono 500 attacchi aerei italo-tedeschi
contro le navi alleate.
Secondo il generale Emilio Faldella (sottocapo di Stato
maggiore), ne “L’Italia e la Seconda Guerra Mondiale”, il
comandante in capo Alfredo Guzzoni, energico e capace, aveva una
forza italo-tedesca di 230 mila italiani e 60.000 tedeschi, 1.400
aerei, 500 cannoni, 155 carri armati tedeschi e un centinaio
italiani. Lo Stato maggiore italiano era però consapevole che la
difesa dell’isola, con queste forze, serviva solo per guadagnare
un po’ di tempo, ma che mai avrebbe potuto respingere un'invasione
così poderosa.
44

LE FORZE IN CAMPO
SESTA ARMATA ITALIANA - GEN. ALFREDO GUZZONI
Divisione di Fanteria Livorno - Gen. D. Chirieleison
33° Rgt. F. - 34° Rgt. F. - 28° Rgt. A.
2° Btg. Arditi camionettisti - X° Rgp. semoventi da 90/53
Supporti d’Armata
10° - 117° - 177° Rgt Bersaglieri - 1 Btg Bers. autonomo - 1
Btg. Bers. c/c - 2 Cp. Bers. Motociclisti - 1 Btg. Costiero
autocarrato - 1 Cp semoventi da 75/18 - 1 Btg. Carri R. 35 - 1
Btg. F c/c - 1 Grp. Squadroni di cavalleria (a cavallo) - 1
Squadrone autoblindo AB41 - 4 Grp. A. campale (3 da 75/27 - 1 da
105/28)
XII Corpo d’Armata – Gen . Mario Arisio (dal 12 luglio
Francesco Zingales) (Sicilia Occidentale)
Divisione di Fanteria Aosta - Gen. G. Romano
5° Rgt: F. - 6° Rgt. F. - 22° Rgt. A.
Divisione di Fanteria Assetta - Gen. O. Schreiber
29° Rgt. F. - 30° Rgt. F. - 25° Rgt. A.
Supporti di Corpo d’Armata
1 Btg. Mitraglieri - XII° Rgp. A. (3 Grp da 105/28, 2 Grp. Da
149/13) - 1 Grp. c/a da 75 CK
202^ Divisione Costiera - Gen. G. Ficalbi
124° Rgt. F. C. - 125° Rgt. F.. C. - 62° Rgp. A. C. - 63° Rgp.
A. C.
207^Divisione Costiera -Gen. A. De Laurentiis
138° Rgt. F. C. - 139° Rgt. F. C. - 12° Rgp. A. C.
208^ Divisione Costiera - Gen. G. Marciani
133° Rgt. F. C. - 147° Rgt. F. C. - 28° Rgp. A. C.
230^ Divisione Costiera - Gen. E. Conti
120° Rgt. F. C. - 184° Rgt. F. C. - 43° Rgp. A. C.
XXIX Brigata Costiera
136° Rgt. F. C. - 3 Btg. Dif. P. “N” - 1 Grp. Art. - 1 Btr.
Art. auton.
45

Supporti di Corpo d’Armata
1 Grp. Cavalleria appiedato - 1 Btg. Art. c7c - 1 Cp.
Motomitragliatrici
XVI° Corpo d’Armata – Gen. Carlo Rossi (Sicilia Orientale)
Divisione di Fanteria Napoli - Gen. G. C. Gotti Porcinari
75° Rgt. F. - 76° Rgt. F - 54° Rgt A.
Supporti di Corpo d’Armata
1 Btg. Mitraglieri - XL° Rgp. A. (3 Gr. Da 105/28 - 2 Grp. Da
149/13 - 1 Grp. c/a da 75 CK) - 1 Btg. Bersaglieri - 4 Cp.
Bersaglieri motociclisti - 3 Cp. Mitraglieri - 1 Btg carri R. 35 -
1 Btg carri Fiat 3000 - 1 Btg semoventi da 47/32 - 3 Btg. A.. c/c
da 47/32 - 1 Grp. A. da 75/27.
A C.
206^ Divisione Costiera - Gen. A. D’Havet
122° Rgt. F.C. - 123° Rgt. F.C. - 146° rgt. F. C. - 44° Rgp.
213^ Divisione Costiera - Gen. C. Gotti
135° rgt. F. C. - 21° Rgp. A. C.
XVIII Brigata Costiera
134° Rgt. F. C. - 178° Rgt F. C. - 6° Rgp. A.
XIX Brigata Costiera
140° Rgt. F. C.-– 179° Rgt. F. C. - 61° Rgp. A. C.
Supporti di Corpo d’Armata
2 Btg Difesa porto “E” (Catania) - 1 Grp. A. da 149/19, 1 Grp.
A. da 305/17 - 3 Btr. da 105/28 -1 Btr. da 149/19 - 2 Btr.
Autonome da 305/17 - 1 Btg. Semoventi da 47/32.
XIV° PANZERKORP TEDESCO - GEN. HANS VALENTIN HUBE (DAL 16
LUGLIO ‘43)
15^ Panzergrenadier - Gen. E. Rodt (sino al 16 Luglio nella
VI^ Armata Italiana)
104° Rgt. Panzergr. - 115° Rgt. Panzergr.- 33° Rgt. A - 33à
Grp. Panzejager - 33° Grp esplorante
Panzerdivision Hermann Goering - Gen. P. Conrath (sino al 16
luglio nella VI^ Armata Italiana)
Rgt. Panzer HG - 1° Rgt. Panzergr. HG - 2° Rgt. Panzergr. HG -
Rgt Art. HG - Rgt Flak HG - Rpt esplorante HG - 1 Cp carri Tiger
46

1^ Divisione Fallschirmjager - Gen. R. Heidrich (dal 16
Luglio)
3° Rgt Fallschimirjager - 4 Rgt. FJ.- 1 Grp. Panzerjager FJ -
1° Rgt. Art. FJ - 1° Grp. Flak FJ - 1° Btg. Mitraglieri FJ -1°
Btg. Genio FJ
29^ Panzergrenadier - Gen. W. Fries (dal 16 Luglio)
15° Rgt. Panzergr. - 71° Rgt. Panzergr. - 29° Rgt. Art. - 29
Grp. Panzerjager - 29° Grp. Esplorante
15° GRUPPO D’ARMATE DELLE NAZIONI UNITE
GEN. HAROLD ALEXANDER
SETTIMA ARMATA STATUNITENSE - GEN. GEORGE S. PATTON
Supporti d’Armata
1°, 3°, 4° Btg. Ranger - 4° Tabor Goums (marocchini)
2^ Divisione Corazzata - Gen. H. Gaffey
66° Rgt. Corazzato - 67° Rgt. Corazzato - 41° Rgt. F.
corazzato - 82° Rpt. ricogn. Corazzato - 17° Btg. Genio corazzato
- 14°, 78°, 92° Btg. Art. semovente
82^ Divisione Aviotrasportata
325° Rgt. Gilder. Inf. - 504° Rgt. Par.- 505° Rgt. Par. 307°
Btg. Genio aviotr. - 80° Btg. c/a aviotr. - 319°, 320°, 376°,
456° Btg. Art.
3^ Divisione di Fanteria - Gen. L. Truscott
7° Rgt. F. - 15° Rgt. F. - 30° Rgt. F.- 3° Rpt. Ricogn. -10°
Btg. Genio combat. - 9°, 10°, 39°, 41° Btg. Art.
9^ Divisione di Fanteria - Gen. M. S. Eddy (dal 1° Agosto
1943)
39° Rgt. F. - 47° Rgt. F. - 60° Rgt. F. - 9° Rpt. Ricogn. -
15° Btg. Genio combat. - 26°, 34°; 60°, 84°, Btg. Art.
II Corpo d’Armata – Gen. Omar Bradley
1^ divisione di Fanteria - Gen. T. Allen
16° Rgt. F. - 18° Rgt. F. - 26° Rgt. F. - 1° Rpt. Ricogn. - 1°
Btg. Genio combat. - 5°, 7°, 32°, 33° Btg. Art. Camp.
45^ Divisione di Fanteria - Gen. T. Middleton
157° Rgt. F. - 179° Rgt. F. - 180° Rgt. F. - 45° Rpt. Ricogn.
- 120° Btg. Genio combat. - 158°, 160°, 171°, 189° Btg. Art.
47

OTTAVA ARMATA BRITANNICA – GEN. BERNARD LAW MONTGOMERY
78° Divisione di Fanteria - Gen. V. Evelegh (dal 25 Luglio
1943)
11^ Brig. F. - 36^ Brig. F. - 38^ Brig. F. - 3 Rgt. Field Art.
- 2 Rgt. Art. c/c, c/a
1^ Divisione Aviotrasportata - Gen. G. H. Hopkinson
1^ Brig. Par. - 2^ Brig. Par. - 4^ Brig. Par. - 1^ Air Land
Brig. (alianti) - 1° Rgt. Art. Par.
XIII Corpo D’Armata – Gen Miles Dempsey
5^ Divisione di Fanteria - Gen. H. P. M. Berney-Ficklin
13^ Brig. F - 15^ Brig. F. - 17^ Brig. F.- 3° Rgt. Art. Camp.
- 1 Rgt. Art. c/c - 1 Rgt. c/a
50^ Divisione di Fanteria - Gen. S. Kikman
69^ Brig. F. - 1512^ Brig. F. - 168^ Brig. F. - 3 Rgt. Art.
Camp. - 1 Rgt. Art. c/c - 1 Rgt. Art. c/a
XXX Corpo d’Armata - Gen. Oliver Leese
1^ Divisione canadese - Gen. G. Simonds
1^ Brig. F. - 2^ Brig. F. - 3^ Brig. F. - Royal Can. Dragoons
- Saskatoon Light Inf. - 1° Rgt. Art. Camp. RCHA - 2° Rgt. Art.
Camp. - 3° Rgt. Art. Camp.- 1° Rgt. Art. c/c - 2° Rgt. Art. c/a
legg.
51^ Divisione Highland - Gen. D. N. Wimberley
152^ High. Brig. - 153^ High. Brig.- 154^ High. Brig. - Rgt.
Ricogniz. - I/7° Middlesex Rgt.- 126° Rgt. Art.- 127° Rgt- Art. -
128° Rgt. Art.- 61° Rgt. Art c/c - 40° Rgt. Art. c/a legg.
23^ Brigata Corazzata
43° RTR - 46° RTR - 50° RTR
231^ Brigata Fanteria Autonoma
1° Btg. Hampshire - 2° Btg. Devonshire - 1° Rgt. Field Art.
48

40 GIORNI DI DIFESA IMPOSSIBILE
Il 10 e 11 luglio le Divisioni Livorno e Goering
contrattaccarono gli americani nella piana di Gela dove fu
combattuta una terribile battaglia che fece dire all’ammiraglio
King, comandante della flotta Usa, che le truppe americane corsero
il rischio di essere ricacciate in mare se non fossero state
aiutate dal fuoco delle navi; sul ponte Primosole fu combattuta
un’atra dura battaglia che impegnò invece gli inglesi, i quali
furono bloccati nella loro avanzata su Catania.
Costrette le truppe dell’Asse a ripiegare dopo cinque giorni
di combattimenti, Guzzoni richiamò le divisioni ‘Assietta’ e
‘Aosta’ concentrando tutte le forze sulla piana di Catania. Gli
americani così poterono occupare tutta la Sicilia occidentale (ben
favoriti, come abbiamo visto, dall’azione pianificata di
sabotaggio della Mafia) fiaccando la debole resistenza delle
divisioni costiere ed entrarono a Palermo il 22 luglio acclamati
dalla popolazione, che vedeva terminato l’incubo della guerra, dei
bombardamenti e delle violenze. Nel frattempo gli inglesi
occupavano le basi navali di Augusta e di Siracusa. Certi gerarchi
fascisti, a cui fecero eco alcuni libri angloamericani,
annunciarono che i comandanti delle due piazzeforti s’erano arresi
senza combattere. Lo Stato maggiore della marina li difese
apertamente. Non sapremo mai la verità.
Aerei italo-tedeschi riuscirono a colpire varie imbarcazioni e
navi da guerra, ma migliaia di aerei nemici mitragliarono e
bombardarono continuamente le nostre truppe che cercavano di
limitare le teste di ponte avversarie.
Gli alleati, che pensavano di conquistare la Sicilia in una
settimana contando sul rapporto di forze cinque a uno, si
dovettero però ricredere Inoltre pasticciarono parecchio. Ad
esempio, nel giorno dello sbarco 144 aerei americani con più di 2
mila paracadutisti, per ordine di Patton, giunsero dalla Tunisia
sul cielo di Gela e, malgrado gli avvisi e le assicurazioni, le
mitragliatrici di terra, quindi l’antiaerea delle navi,
cominciarono a sparare contro di loro, credendoli nemici: 83
vennero uccisi, 16 dispersi e 131 feriti. Due giorni dopo gli
inglesi ordinarono un altro lancio di paracadutisti, trasportati
da 108 aerei, la metà dei quali fu colpita dal fuoco antiaereo
delle navi alleate disseminate tra Malta e la Sicilia.
La sorte della Sicilia era tuttavia segnata.
Dopo una strenua ed eroica resistenza tedesca e delle
Divisioni Livorno e Napoli, sulla piana di Catania, durata dal 16
luglio al 1º d’agosto, e delle divisioni Aosta a Troina e della
Assietta lungo la costa nord, tra Palermo e Messina, i tedeschi,
senza avvisare gli italiani, ricevettero l’ordine di ritirarsi su
Messina e raggiungere il continente.
Le divisioni tedesche sbarcarono quasi al completo in
Calabria: 40 mila uomini circa, 9.605 veicoli, 47 carri armati, 94
cannoni, mille tonnellate di munizioni, 970 tonnellate di benzina
e 15.700 tonnellate di materiali vari, tedeschi ed italiani.
49

Gli italiani trasportarono dai 70 mila ai 75 mila uomini, 500
veicoli, un centinaio di cannoni e 12 muli (…in mancanza di carri
armati). Il colonnello tedesco von Bonin offrì alcune motozattere
per trasportare veicoli e cannoni italiani e una volta imbarcati
se ne impadronì con la forza.
Il 17 agosto Patton al nord, con i suoi americani, Montgomery
al sud, con i suoi inglesi e canadesi, fecero a gara a chi
arrivava primo a Messina, già sgomberata dall’asse. Quando arrivò
Montgomery con le sue cornamuse, Patton era già nella piazza
principale della città, con le sue truppe schierate, che lo stava
aspettando.
Bilancio finale dopo 39 giorni dallo sbarco: 5.187 morti
anglo-americani, 3.348 dispersi e 9.018 feriti. 4.278 morti
italiani e 4.325 tedeschi. 96 mila italo-tedeschi catturati.
50

LE STRAGI “GRATUITE” DI ITALIANI
Nel libro di Ezio Costanzo, Sicilia 1943, si legge: "Anche in
Sicilia, in quell’estate di sessant’anni fa, sono accaduti episodi
incresciosi che solo la crudeltà della guerra spiega. Nelle
campagne di Acate, un piccolo paese nell’entroterra dell’isola, il
14 luglio vengono uccisi a sangue freddo 73 prigionieri italiani,
alcuni dei quali in abiti civili, da parte di un capitano e di un
sergente della 45 Divisione americana. Il massacro fu portato a
conoscenza del comandante del Corpo d’Armata, Bradley, il quale a
sua volta informò Patton. Quest’ultimo cercò di minimizzare
l’accaduto, suggerendo a Bradley di dire che gli uomini uccisi
erano cecchini o che avevano tentato la fuga, aggiungendo anche
che ormai erano morti e non c’era più niente da fare. Bradley fece
esattamente il contrario e deferì i due uomini alla Corte
marziale, con l’accusa di omicidio premeditato di 73 prigionieri
di guerra. La Corte dichiarò innocente il capitano mentre punì il
sergente. Quest’ultimo venne condannato all’ergastolo, ma scontò
pochi mesi di prigione. I tedeschi, dal canto loro, il 12 agosto,
durante la ritirata verso Messina, uccisero sedici civili in un
paesino a nord dell’Etna, Castiglione di Sicilia".
Il “Corriere della Sera” del 23 giugno del 2004 riportò un
articolo di Gianluca Di Feo, dal titolo ‘Sicilia 1943, l’ordine di
Patton: Uccidete i prigionieri italiani’ - I massacri dimenticati
compiuti dai fanti americani tra il 12 e il 14 luglio: "In tre
giorni i soldati usa spararono a sangue freddo contro prigionieri
italiani e tedeschi in cinque diverse occasioni. A Biscari (oggi
Acate) il sergente Horace West uccise 36 soldati, il plotone del
capitano John Compton, altri 37, a Comisso 60 italiani e, poco
dopo, 50 tedeschi furono uccisi. Il capitano Compton radunò gli
italiani che si erano arresi; saranno stati più di quaranta.
Quindi domandò: ‘Chi vuole partecipare all’esecuzione?’ Raccolse
due dozzine di uomini e fecero fuoco tutti insieme sugli italiani.
A Canicattì gli americani sparano contro la folla: almeno sei
morti. Tre mesi dopo gli eccidi, Compton e West furono processati
da una corte marziale. Il 23 ottobre Compton si difese così: ‘Ho
soltanto obbedito a Patton’. Questo, secondo molti testimoni,
l’ordine del generale: ‘Se si arrendono solo quando gli sei
addosso, ammazzali’. Il capitano viene assolto. West invece è
condannato all’ergastolo, ma la sentenza non viene eseguita. Per
sei mesi viene trattenuto in un carcere nel Nord Africa. Poi il
ministero della guerra americano invia al comando alleato di
Caserta una sollecitazione: ‘Questa storia non può essere
pubblicizzata. E il sergente viene rilasciato".
51

BIBLIOGRAFIA
AA. VV. STORIA DELLO SPIONAGGIO - Novara, 1972
C. Amè - GUERRA SEGRETA IN ITALIA - Roma, 1954
N. Arena - L’ITALIA IN GUERRA 1940/1943 - Parma, 1997
A. Bigini - 1 GENNAIO 1943/7 SETTEMBRE 1943 - Roma, U. S Sme,
1987
P. Buttafuoco - LE UOVA DEL DRAGO - Milano, 2005
F. Cappellano, F. Tremontini - LE MINE ANTIUOMO NELLE GUERRE
ITALIANE DEL ‘‘900 - Rovereto, 2000
G. Ciriacono - LE STRAGI DIMENTICATE - Ragusa, 2005
A. Clerici - LE DIFESE COSTIERE ITALIANE NELLE DUE GUERRE
MONDIALI - Parma, 1996
E. Costanzo - SICILIA 1943 - Catania, 2003
C. D’Este - LO SBARCO IN SICILIA - Milano, 1990
R. De Felice - MUSSOLINI L’ALLEATO - Torino, 1998
De Risio Carlo - NAVI DI FERRO, TESTE DI LEGNO - Roma, 1976
E. Faldella - LO SBARCO E LA DIFESA DELLA SICILIA - Roma, 1956
C. Falessi, B. Pafi - VEICOLI DA COMBATTIMENTO DELL’ESERCITO
ITALIANO DAL 1939 AL 1945 - Bologna, 1976
B. Lembo - LA RESISTENZA FASCISTA DIETRO LE LINEE ALLEATE -
Copiano (PV), 2002
N. Lewis - THE HONOURED SOCIETY - Nuova York, 1964
C. Liotta - L’INVASIONE DELLA SICILIA - Augusta, 1973
M. Lucioli - MAFIA & ALLIES - Frascati, 2005
P. Maltese - LO SBARCO IN SICILIA - Milano, 1981
I. Montanelli, M. Cervi - L’ITALIA DELLA DISFATTA - Milano,
1982
52

1944
B. Mussolini - IL TEMPO DEL BASTONE E DELLA CAROTA - Milano,
H. Pond - SICILIA - Milano, 1971
G. Rochat - LE GUERRE ITALIANE 1935/1943 - Torino, 2005
S. Romano - STORIA DELLA MAFIA - Milano, 1966
D. Quirico - GENERALI - Milano 2006
A. Santoni - LE OPERAZIONI IN SICILIA E CALABRIA
LUGLIO/SETTEMBRE 1943 - Roma, U. S. Sme - 1983
F. von Senger und Etterlin - LA GUERRA IN EUROPA - Milano,
2002
R. Zangrandi - L’ITALIA TRADITA - Milano, 1974
G. Zingali - L’INVASIONE DELLA SICILIA, 1943: AVVENIMENTI
MILITARI E RESPONSABILITA’ POLITICHE - Catania, 1962
PAGINE WEB
Divisioni costiere:
http://icsm.it/articoli/daicsm/oob/costiere.html
http://regioesercito.dns1.us/reparti/fanteria/refantcost.htm
http://web.genealogie.free.fr/Les_militares/2GM/italie/Liste_d
es_commandements.ht
53