Si muore generalmente perché si è soli o perché si ... - Progetto Melo
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propo<strong>si</strong>to di profes<strong>si</strong>onalità, vorrei ricordare il numero non e<strong>si</strong>guo di colleghi e investigatori che,<br />
malgrado la profonda conoscenza del nemico, hanno perduto la battaglia e a volte la vita per non<br />
avere adottato tutte le necessarie norme di <strong>si</strong>curezza imposte dalla pericolo<strong>si</strong>tà di un'organizzazione<br />
come Cosa Nostra.<br />
Tra i funzionari di polizia e i magistrati, alcuni di coloro che sono stati assas<strong>si</strong>nati avevano<br />
commesso errori di sottovalutazione del fenomeno. Dispiace dirlo, e vorrei precisare che parlo di<br />
amici e di collaboratori che credevano <strong>si</strong>nceramente nel loro impegno antimafia. Purtroppo in<br />
questa difficile battaglia gli errori <strong>si</strong> pagano. Quello che per noi <strong>è</strong> una profes<strong>si</strong>one, per gli uomini di<br />
Cosa Nostra <strong>è</strong> una questione di vita o di morte: se i mafio<strong>si</strong> commettono degli errori, li pagano; se li<br />
commettiamo noi, ce li fanno pagare.<br />
Un commissario di polizia <strong>è</strong> stato assas<strong>si</strong>nato in un piccolo porto della provincia di Palermo:<br />
non avrebbe dovuto andare in vacanza, senza protezione, senza difese, in mezzo ai mafio<strong>si</strong>... Un<br />
ufficiale dei carabinieri: giovane, elegante, passeggiava di domenica con la sua fidanzata nelle<br />
strade più frequentate della sua città... Il capitano Ba<strong>si</strong>le svolgeva importanti indagini sulle grandi «<br />
famiglie » dell'hinterland palermitano senza render<strong>si</strong> conto del vespaio in cui <strong>si</strong> era cacciato.<br />
Cesare Terranova, un magistrato di impegno esemplare, non <strong>si</strong> era reso conto del pericolo<br />
che comportava tornare a Palermo con l'incarico di con<strong>si</strong>gliere istruttore al tribunale.<br />
E Rocco Chinnici, <strong>si</strong> obietterà, il con<strong>si</strong>gliere istruttore del tribunale di Palermo fatto saltare<br />
in aria dalla mafia nel 1983, con un'auto imbottita di esplo<strong>si</strong>vo parcheggiata sotto casa sua? Rocco<br />
Chinnici non aveva sottovalutato nulla. Competente e coraggioso, proteggeva la propria persona<br />
rigorosamente e con grandi sacrifici personali, con scorta e auto blindata. Sì, Rocco Chinnici <strong>è</strong> il<br />
morto più naturale, più normale, l'eccezione che conferma la regola: nella guerra che lo<br />
contrapponeva alla mafia, pur adoperando strategie ineccepibili, <strong>è</strong> caduto in trappola e ha perso la<br />
sua battaglia. La mafia <strong>si</strong> <strong>è</strong> dimostrata più abile e più forte di lui.<br />
Ninni Cassarà aveva uno o più traditori al fianco. Il pentito Francesco Marino Mannoia ha<br />
riferito che all'interno di Cosa Nostra circolava la notizia che i commissari Montana e Cassarà<br />
avevano giurato di non prendere vivi i due superkiller della mafia, Mario Prestifilippo e Pino Greco<br />
« Scarpazzedda». Entrambi avevano espresso, sembra, intenti discutibili, davanti a un uditorio che<br />
ritenevano fidato e che invece non lo era. Ninni Cassarà era uno dei miei migliori amici ed uno<br />
splendido investigatore, oltre che un profondo conoscitore della mafia. Anche se avesse avuto<br />
intenzioni del genere non le avrebbe certo confidate ad altri. E <strong>si</strong>ngolare ed inquietante, dunque, che<br />
la mafia fosse stata informata da qualcuno in questi termini. Merita di essere ricordato che<br />
sull'assas<strong>si</strong>nio di Cassarà abbiamo scritto che era stato indicato alla vendetta mafiosa da alcuni<br />
colleghi e che il giorno della sua morte qualcuno a lui molto vicino aveva avvertito per telefono gli<br />
uomini di Cosa Nostra per segnalare l'ora in cui egli aveva lasciato l'ufficio e l'ora del probabile<br />
arrivo a casa, in via Croce Rossa a Palermo.<br />
Ripercorrendo il lungo, impres<strong>si</strong>onante elenco dei caduti per mano mafiosa mi pare che la<br />
percentuale di omicidi che <strong>si</strong> potevano evitare o comunque rendere più difficili <strong>si</strong>a molto più elevata<br />
di quella dei morti, per così dire, fi<strong>si</strong>ologici, normali, per il tipo di attività svolta. A volte mi dico<br />
che sarebbero morti comunque, ma l'idea che <strong>si</strong> <strong>si</strong>a facilitato il compito degli avversari mi fa<br />
montare il sangue alla testa.<br />
La profes<strong>si</strong>onalità con<strong>si</strong>ste quindi anche nell'evitare le trappole. Non sempre chi stava<br />
intorno a me ha visto nella giusta luce l'attenzione pignola che dedicavo al problema della mia<br />
<strong>si</strong>curezza: ritengo che <strong>si</strong> tratti della regola numero uno, quando <strong>si</strong> ha il compito di combattere la<br />
mafia. <strong>Si</strong> <strong>è</strong> favoreggiato sulle mie scorte, sul mio gusto del mistero, sulla clandestinità della mia<br />
vita, sulla garitta davanti alla mia abitazione. E’ stato scritto che mi spostavo da un bunker a un<br />
altro, dal Palazzo di Giustizia alle carceri e dalle carceri alla mia prigione personale: la mia casa.<br />
Qualcuno ha pensato forse che attribuis<strong>si</strong> troppa importanza a questi problemi. Non sono d'accordo.<br />
Conosco i rischi che corro facendo il mestiere che faccio e non credo di dover fare un regalo alla<br />
mafia offrendomi come facile bersaglio.