Si muore generalmente perché si è soli o perché si ... - Progetto Melo
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apporti con tutti i detenuti. Applicava al meglio un antico proverbio <strong>si</strong>ciliano: « Calati, juncu, ca<br />
passa la china --- Abbassati, giunco, che passa la piena ». Aspettava in <strong>si</strong>lenzio di prender<strong>si</strong> la<br />
rivincita sui «Corleone<strong>si</strong>». Da qui la sua straordinaria confes<strong>si</strong>one, una delle più dense mai<br />
rilasciate, e una massa di informazioni che <strong>si</strong>amo ben lontani dall'avere completamente sfruttato.<br />
Sono stato pesantemente attaccato sul tema dei pentiti.<br />
Mi hanno accusato di avere con loro rapporti «intimistici», del tipo «conversazione accanto al<br />
caminetto ». <strong>Si</strong> sono chiesti come avevo fatto a convincere tanta gente a collaborare e hanno<br />
in<strong>si</strong>nuato che avevo fatto loro delle promesse mentre ne estorcevo le confes<strong>si</strong>oni. Hanno in<strong>si</strong>nuato<br />
che nascondevo « nei cassetti « la « parte politica « delle dichiarazioni di Buscetta. <strong>Si</strong> <strong>è</strong> giunti a<br />
in<strong>si</strong>nuare perfino che collaboravo con una parte della mafia per eliminare l'altra. L'apice <strong>si</strong> <strong>è</strong> toccato<br />
con le lettere del «corvo», in cui <strong>si</strong> sosteneva che con l'aiuto e la complicità di De Gennaro, del capo<br />
della polizia e di alcuni colleghi, avevo fatto tornare in <strong>Si</strong>cilia il pentito Contorno affidandogli la<br />
mis<strong>si</strong>one di sterminare i « Corleone<strong>si</strong> »!<br />
Insomma, se qualche risultato avevo raggiunto nella lotta contro la mafia era <strong>perché</strong>,<br />
secondo quelle lettere, avevo calpestato il codice e commesso gravi delitti. Però gli atti dei miei<br />
proces<strong>si</strong> sono sotto gli occhi di tutti e sfido chiunque a scovare anomalie di sorta. Centinaia di<br />
esperti avvocati ci hanno provato, ma invano.<br />
La domanda da por<strong>si</strong> dovrebbe essere un'altra: <strong>perché</strong> questi uomini d'onore hanno mostrato<br />
di fidar<strong>si</strong> di me? Credo <strong>perché</strong> sanno quale rispetto io abbia per i loro tormenti, <strong>perché</strong> sono <strong>si</strong>curi<br />
che non li inganno, che non interpreto la mia parte di magistrato in modo burocratico, e che non<br />
provo timore reverenziale nei confronti di nessuno. E soprattutto <strong>perché</strong> sanno che, quando parlano<br />
con me, hanno di fronte un interlocutore che ha respirato la stessa aria di cui loro <strong>si</strong> nutrono.<br />
Sono nato nello stesso quartiere di molti di loro. Conosco a fondo l'anima <strong>si</strong>ciliana. Da una<br />
infles<strong>si</strong>one di voce, da una strizzatina d'occhí capisco molto di più che da lunghi discor<strong>si</strong>.<br />
Sono dunque diventato una sorta di difensore di tutti i pentiti <strong>perché</strong>, in un modo o nell'altro,<br />
li rispetto tutti, anche coloro che mi hanno deluso, come in parte Contorno. Ho condiviso la loro<br />
dolorosa avventura, ho sentito quanto faticavano a parlare di sé, a raccontare misfatti di cui<br />
ignoravano le pos<strong>si</strong>bili ripercus<strong>si</strong>oni negative personali, sapendo che su entrambi i lati della<br />
barricata <strong>si</strong> annidano nemici in agguato pronti a far loro pagare cara la violazione della legge<br />
dell'omertà.<br />
Provate a mettervi al loro posto: erano uomini d'onore, riveriti, stipendiati da<br />
un'organizzazione più seria e più <strong>soli</strong>da di uno Stato sovrano, ben protetti dal loro infallibile<br />
servizio d'ordine, che all'improvviso <strong>si</strong> trovano a dover<strong>si</strong> confrontare con uno Stato indifferente, da<br />
una parte, e con un'organizzazione inferocita per il tradimento, dall'altra.<br />
Io ho cercato di immede<strong>si</strong>marmi nel loro dramma umano e prima di passare agli<br />
interrogatori veri e propri, mi sono sforzato sempre di comprendere i problemi personali di ognuno<br />
e di collocarli in un contesto preciso. Scegliendo argomenti che possono confortare il pentito nella<br />
sua an<strong>si</strong>a di parlare. Ma non ingannandolo mai sulle difficoltà che lo attendono per il semplice fatto<br />
di collaborare con la giustizia. Non gli ho dato mai del tu, al contrario di tanti altri; non lo ho mai<br />
insultato, come alcuni credono di essere autorizzati a fare, e neppure gli ho portato dolci <strong>si</strong>ciliani,<br />
come qualcuno ha in<strong>si</strong>nuato: « Falcone por tatutti i giorni i cannoli a Buscetta... ». Tra me e loro c'<strong>è</strong><br />
sempre un tavolo, nel senso proprio e metaforico del termine: sono pagato dallo Stato per perseguire<br />
dei criminali, non per farmi degli amici.<br />
A volte ci <strong>si</strong> chiede se ci sono pentiti « veri » e pentiti «fal<strong>si</strong> ». Rispondo che <strong>è</strong> facile da<br />
capire se <strong>si</strong> conoscono le regole di Cosa Nostra. Un malavitoso di Adrano (Catania), un certo<br />
Pellegriti che aveva già collaborato utilmente coi magistrati per delitti commes<strong>si</strong> in provincia di<br />
Catania, aveva stranamente dichiarato di essere informato sull'assas<strong>si</strong>nio a Palermo del pre<strong>si</strong>dente<br />
della Regione <strong>Si</strong>ciliana, Piersanti Mattarella. Nel 1989 mi reco con alcuni colleghi a trovarlo in<br />
prigione per saperne di più e il Pellegriti racconta di essere stato incaricato da mafio<strong>si</strong> palermitani e<br />
catane<strong>si</strong> di recapitare nel capoluogo <strong>si</strong>ciliano le armi destinate all'assas<strong>si</strong>nio.