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Si muore generalmente perché si è soli o perché si ... - Progetto Melo

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Aveva riferito di Totò Riina, il « corleonese », come del capo di Cosa Nostra. E aveva raccontato un<br />

episodio emblematico: le famiglie di Porta Nuova e di Mezzomonreale discutevano animatamente<br />

su chi dovesse incassare una certa tangente. Alla fine fu Riina a decidere in favore della famiglia<br />

della Noce, affermando: « E la famiglia che più mi sta a cuore ». Ancora oggi pos<strong>si</strong>amo constatare<br />

che il capo della famiglia della Noce 1 <strong>è</strong> tra i principali sostenitori di Riina.<br />

Quel che Vitale aveva rivelato nel 1973 <strong>è</strong> risultato utile solo nel 1984, semplicemente <strong>perché</strong><br />

fino ad allora lo <strong>si</strong> era ritenuto non attendibile. Certo <strong>si</strong> trattava di uno p<strong>si</strong>copatico, affetto<br />

vero<strong>si</strong>milmente da coprofagia, ma era stato prodigo di tante informazioni vere che avrebbero<br />

meritato ben diversa con<strong>si</strong>derazione. Lo Stato, dopo averne sfruttato le debolezze caratteriali, una<br />

volta avuta la sua confes<strong>si</strong>one, l'ha rinchiuso in manicomio dimenticandolo. Condannato a seguito<br />

delle sue stesse confes<strong>si</strong>oni, nel 1984, poco tempo dopo essere stato scarcerato, viene assas<strong>si</strong>nato<br />

dalla mafia. E’ questa una delle ragioni per le quali non <strong>si</strong> possono prendere sul serio quelli che<br />

affermano: « Della mafia non <strong>si</strong> sa niente ». Con le montagne di materiale che abbiamo sotto gli<br />

occhi!<br />

I motivi che spingono i pentiti a parlare talora sono <strong>si</strong>mili tra loro, ma più spesso diver<strong>si</strong>. Buscetta<br />

durante il nostro primo incontro ufficiale dichiara: « Non sono un infame. Non sono un pentito.<br />

Sono stato mafioso e mi sono macchiato di delitti per i quali sono pronto a pagare il mio debito con<br />

la giustizia ». Mannoia: « Sono un pentito nel senso più semplice della parola, dato che mi sono<br />

reso conto del grave errore che ho commesso scegliendo la strada del crimine». Contorno: « Mi<br />

sono deciso a collaborare <strong>perché</strong> Cosa Nostra <strong>è</strong> una banda di vigliacchi e assas<strong>si</strong>ni ».<br />

Mannoia <strong>è</strong> quello che più ha risvegliato la mia curio<strong>si</strong>tà. Avevo avuto a che fare con lui nel<br />

1980, in seguito a una indagine bancaria che indicava come <strong>si</strong>a lui <strong>si</strong>a la sua famiglia tenessero<br />

grosse somme di denaro su diver<strong>si</strong> libretti di risparmio. Mannoia al termine del processo fu<br />

condannato a cinque anni di carcere, il mas<strong>si</strong>mo della pena previsto allora per associazione a<br />

delinquere. Non ero riuscito a farlo condannare per traffico di droga. Durante gli interrogatori mi<br />

era sembrato un personaggio complesso e inquietante. Non antipatico, dignitoso e anche coerente.<br />

Nel 1983 evase di prigione e fu arrestato di nuovo nel 1985.<br />

Nel frattempo Buscetta mi aveva parlato di un Certo Mozzarella --- era il soprannome di<br />

Mannoia ---, «killer di fiducia di Stefano Bontate». Nel 1989 al Mannoia uccidono il fratello,<br />

Agostino, che adorava. Capisce che il suo spazio vitale nell'ambito di Cosa Nostra <strong>si</strong> sta<br />

restringendo. Perché o hanno ucciso suo fratello a torto --- e deve chiederne conto e ragione ---,<br />

oppure lo hanno ucciso a ragion veduta; in entrambi i ca<strong>si</strong> <strong>si</strong>gnifica che anch'egli sarà presto<br />

eliminato. Fa una lucida anali<strong>si</strong> della <strong>si</strong>tuazione e decide di collaborare.<br />

Le cose sono andate così. Nel settembre 1989 il vicequestore Gianni De Gennaro mi chiama<br />

per avere informazioni sull'attuale <strong>si</strong>tuazione giudiziaria di Francesco Marino Mannoia. Una donna,<br />

che <strong>si</strong> era qualificata come la sua compagna, era andata a trovarlo per dirgli che Mannoia era pronto<br />

a collaborare, ma che voleva avere a che fare solo con due persone: con lui e con Falcone dato che,<br />

diceva la donna, « non <strong>si</strong> fida di nessun altro ».<br />

Con l'aiuto del Dipartimento penitenziario del ministero di Grazia e Giustizia, Mannoia<br />

viene trasferito in una speciale struttura carceraria, allestita a Roma appo<strong>si</strong>tamente per lui.<br />

Ufficialmente <strong>è</strong> detenuto a Regina Coeli, dove peraltro viene condotto per i suoi incontri. Per tre<br />

me<strong>si</strong> abbiamo parlato in tutta tranquillità. Poi, diffusa<strong>si</strong> la notizia della sua collaborazione, Cosa<br />

Nostra gli uccide in un colpo solo la madre, la sorella e la zia. Il pentito reagisce da uomo e porta a<br />

termine le sue confes<strong>si</strong>oni.<br />

Mannoia <strong>è</strong> un superstite; «soldato« di Stefano Bontate, quindi membro di una famiglia<br />

ritenuta perdente a seguito della guerra di mafia,era riuscito a rimanere neutrale e aveva continuato,<br />

fra il 1977 e i il 1985, a raffinare eroina - era il miglior chimico dell'organizzazione - per tutte le<br />

famiglie che gli facevano ordinazioni. Anche in carcere aveva continuato a mantenere buoni<br />

1 Un quartiere palermitano

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