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Si muore generalmente perché si è soli o perché si ... - Progetto Melo

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conoscenza di qualche cosa che riguarda la famiglia di Ciaculli, non c'<strong>è</strong> ragione che ne faccia<br />

parola. La cosa non lo riguarda. Egli <strong>è</strong> autorizzato a parlare solo di quanto concerne il cerchio<br />

ristretto della sue competenze. Altrimenti <strong>si</strong> pone al di fuori delle regole e a quel punto non lo<br />

protegge più niente e nessuno. Le regole costituiscono l'unica salvaguardia del mafioso.<br />

Nel corso dell'interrogatorio di Francesco Marino Mannoia, abbiamo constatato che egli<br />

attribuiva al fratello morto una serie di gravi reati. I miei colleghi hanno subito pensato che<br />

accusava il fratello <strong>perché</strong> questi non poteva più difender<strong>si</strong> né essere danneggiato dalle accuse.<br />

Nulla di più sbagliato. E’ assolutamente inconcepibile che in una organizzazione come Cosa Nostra<br />

<strong>si</strong> possa mentire su un parente scomparso. Lo ripeto: c'<strong>è</strong> l'obbligo di dire la verità, soprattutto<br />

quando ci <strong>si</strong> trova in una <strong>si</strong>tuazione come quella di Mannoia, dove le vendette, dirette e trasversali,<br />

sono all'ordine del giorno: « Dottore, » diceva « quando dico una cosa e lei non <strong>è</strong> d'accordo, vedo<br />

che i baffi le <strong>si</strong> mettono a tremare e io mi blocco. Ma stia tranquillo, se dico che non ricordo una<br />

cosa, lei non deve in<strong>si</strong>stere, <strong>perché</strong> il fatto <strong>è</strong> che non posso ricordarmene». Piuttosto che mentire,<br />

Mannoia smetteva di parlare. I mafio<strong>si</strong> possono incorrere in piccole inesattezze, indulgere a<br />

menzogne trascurabili, ma non fanno mai affermazioni disonorevoli. Non dimentichiamo che sono<br />

« uomini d'onore ».<br />

Un giorno del 1976 vado a interrogare un certo Peppino Pes, detenuto comune, condannato<br />

per omicidi plurimi, che, tuttavia, per l'alta opinione che aveva di se stesso, avrebbe potuto ben<br />

essere un uomo d'onore. Quando mi racconta di fare parte della commis<strong>si</strong>one detenuti che controlla<br />

la mensa, rispondo con una battuta: « Dica un po', Pes, non <strong>è</strong> che ne approfitterà per mangiare<br />

meglio? ». Mi lancia uno sguardo indignato, poi con tono scherzoso, ma non troppo, ribatte:<br />

«<strong>Si</strong>gnor giudice, io faccio soltanto omicidi, non rubo la carne! ».<br />

Gli uomini d'onore sono in <strong>Si</strong>cilia probabilmente più di cinquemila. Scelti dopo duris<strong>si</strong>ma<br />

selezione, obbedienti a regole severe, dei veri profes<strong>si</strong>onisti del crimine. Anche quando <strong>si</strong><br />

definiscono « soldati », sono in realtà dei generali. O meglio cardinali di una chiesa molto meno<br />

indulgente di quella cattolica. Le loro scelte di vita sono intran<strong>si</strong>genti. Cosa Nostra costituisce un<br />

mondo a sé che va compreso nella sua globalità. Con riferimento soprattutto al principio di rispetto<br />

della verità, vitale per l'organizzazione. Nessuno forse <strong>si</strong> <strong>è</strong> dato la briga di capire come mai il «<br />

traditore » Buscetta al maxiprocesso di Palermo abbia potuto deporre nel <strong>si</strong>lenzio assoluto delle<br />

gabbie piene di un centinaio di mafio<strong>si</strong>. Il fatto <strong>è</strong> che Buscetta godeva di grande prestigio personale<br />

in seno all'organizzazione, ma soprattutto che, benché pentito e quindi infame, egli era stato vittima<br />

di un torto inammis<strong>si</strong>bile da parte dei suoi compagni di un tempo. Avevano ucciso due dei suoi figli<br />

che non erano neppure uomini d'onore. Il <strong>si</strong>lenzio che ha accolto le sue dichiarazioni gli dava<br />

ragione quando sosteneva di essere lui il vero uomo d'onore, mentre i « Corleone<strong>si</strong> » e i loro alleati<br />

erano la feccia di Cosa Nostra, non avendo rispettato le regole.<br />

Un altro esempio conferma la razionalità delle regole su cui <strong>si</strong> basa la mafia. E’ norma che il<br />

figlio di un uomo d'onore ucciso da Cosa Nostra non possa essere accolto nell'organizzazione cui<br />

apparteneva il padre. Perché? Per il famoso obbligo di dire la verità. Nel momento in cui entra a far<br />

parte di Cosa Nostra, il figlio avrebbe il diritto di sapere <strong>perché</strong> suo padre <strong>è</strong> stato ucciso, il diritto di<br />

e<strong>si</strong>gere spiegazioni che sarebbero fonte di gros<strong>si</strong> problemi. Allora <strong>si</strong> <strong>è</strong> deciso di vietarne<br />

l'ammis<strong>si</strong>one proprio per evitare di dover<strong>si</strong> trovare nella neces<strong>si</strong>tà di mentirgli.<br />

Queste regole ed altre analoghe rappresentano l'esasperazione di valori e di comportamenti<br />

tipicamente <strong>si</strong>ciliani. Nella vita quotidiana se ne riscontrano moltis<strong>si</strong>mi esempi. Così, in <strong>Si</strong>cilia, <strong>è</strong><br />

buona regola non girare armati, a meno di essere pronti a servir<strong>si</strong> dell'arma. Se uno porta con sé la<br />

pistola, sa che deve usarla, <strong>perché</strong> sa che colui che gli sta di fronte, lui, lo farà. Il concetto di arma<br />

dissua<strong>si</strong>va non e<strong>si</strong>ste da queste parti. La pistola <strong>si</strong> porta <strong>perché</strong> serva a sparare e non a intimidire.<br />

Un giorno ho as<strong>si</strong>stito a Palermo a una scena di strada estremamente <strong>si</strong>gnificativa. Un tizio<br />

protesta contro un altro che ha parcheggiato di traverso, intralciando la circolazione. <strong>Si</strong> agita, urla.<br />

L'altro lo osserva indifferente e poi continua a parlare con un suo amico come se niente fosse. Il

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