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12 - Il Calitrano

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IL ‘900 E DINTORNI A CALITRI di Carlo De Rosa con<br />

la collaborazione di Valentino De Rosa – Edizioni “La<br />

Ginestra” – F.lli Pannisco Calitri 1999.<br />

arlo De Rosa coadiuvato dal figlio valentino, offre una rico-<br />

C<br />

struzione del primo ventennio di questo secolo imperniata<br />

sulla singolare iniziativa della Biblioteca Popolare circolante,<br />

mettendo in risalto un aspetto della Calitri contemporanea mai<br />

emerso in precedenza nella pur ricca serie di opere dedicate<br />

alla cittadina, a partire dalla Storia di calitri di Vito Acocella.<br />

La funzione di promozione sociale, assunta dalla diffusione<br />

della lettura nei ceti artigiani e piccolo-borghesi calitrani, si intreccia<br />

con la formazione dei primi nuclei di movimenti popolari<br />

(interessati, come i socialisti, a fornire la Biblioteca di testi<br />

di propaganda o di proselitismo). Cosicchè il lavoro documenta<br />

– attraverso questa visuale particolarmente significativa dell’ampliamento<br />

della circolazione libraria e quindi dell’accesso<br />

di nuove aree sociali al processo educativo e culturale extra scolastico<br />

– anche la nascita di nuovi soggetti politici, in grado di<br />

rompere progressivamente l’egemonia dei ceti possidenti nell’arco<br />

di tempo considerato (che coincide con l’età giolittiana).<br />

<strong>Il</strong> periodo esaminato ed il problema che accompagna la crescita<br />

della Biblioteca si intrecciano del resto con la crescita di un fenomeno<br />

destinato a segnare le comunità e l’intera vita sociale del<br />

Novecento: la formazione dei partiti politici di matrice popolare.<br />

L’agile oposcolo che contiene questa storia è dunque un contributo<br />

significativo alla conoscenza di fenomeni rilevanti che<br />

hanno riguardato una comunità, come quella Calitrana, già ricca<br />

di storia e di storici insigni, la cui traccia sarebbe un peccato<br />

che andasse smarrita.<br />

(dalla prefazione di Giuseppe Acocella)<br />

IL FEUDO DI LITTO E PONTE MIGNANO FRA XIII E XIV<br />

SECOLO di Pasquale Colucci – Amministrazione Comunale<br />

di Mugnano del Cardinale (AV) 1999.<br />

a zona comunemente detta “del Litto”, a circa tre Km. ad est<br />

L<br />

IL CALITRANO N. <strong>12</strong> n. s. - Settembre-Dicembre 1999<br />

LA NOSTRA<br />

BIBLIOTECA<br />

di Mugnano del Cardinale, ad un’altitudine media di 750<br />

metri s.l.m. fu sede fra il XIII e il XIV secolo di un fiorente<br />

centro abitato, successivamente abbandonato e scomparso, le<br />

cui vicende storiche sono state oggetto, soprattutto nel corso di<br />

questo secolo, di una serie di errate interpretazioni da parte<br />

della tradizione erudita.<br />

Sulla scorta di una cospicua documentazione, venuta alla luce<br />

negli ultimi decenni – in particolare la pergamena n. 219 dell’Archivio<br />

di Montevergine, che fissa all’anno 1135 la prima<br />

menzione del toponimo “Mugnano” - l’Autore, in modo mirabile,<br />

rettifica in gran parte tali interpretazioni a cominciare dal<br />

presunto distacco della zona in questione dalla baronia di Avella,<br />

a seguito di una concessione che Rainaldo (IV) d’Avella<br />

avrebbe fatto a Riccardo Scillato di Salerno alla fine del XIII<br />

secolo.<br />

Opera meritevole che ricomponendo tracce, analizzando ragioni<br />

e riscoprendo tradizioni e testimonianze antiche, risolleva<br />

i contenuti sociali e culturali della comunità di Mugnano del<br />

Cardinale.<br />

22<br />

L’ARTE SACRA IN ALTA IRPINIA di Pasquale Di Fronzo<br />

– Ed. Grappone, Mercogliano, 1999 – 5° volume.<br />

l nuovo impegno editoriale di don Pasquale Di Fronzo si confi-<br />

I gura, ormai, come l’unico valido strumento di conoscenza del<br />

consistente patrimonio d’arte sacra dell’Alta Irpinia e costituisce,<br />

al tempo stesso, un importante contributo di ricerca di così alto interesse<br />

culturale che ci aiuta a scoprire i numerosi e a volte sconosciuti<br />

tesori del patrimonio artistico del nostro territorio.<br />

Questa ricerca si inserisce, con fecondi risultati, in una stagione<br />

felice per questo territorio, che dal terremoto dell’80 sta conoscendo<br />

una concentrazione di studi e restauri, accompagnati da<br />

un fervore di indagini capace di aiutare il cittadino e il turista<br />

nella scoperta e nella comprensione dell’arte sacra di tutta l’area.<br />

Una ricerca, dunque questa, oggi presentata con il presente V°<br />

volume, che ci consente di calarci nel vivo della storia culturale<br />

dell’Alta Irpinia, cogliendone tutto il vivace spessore; una ricerca<br />

che ben si inserisce in un più ampio processo di conoscenza<br />

e valorizzazione che sta dando apprezzabili risultati e da<br />

cui, tutti, ci aspettiamo, a breve termine, concreti risultati di<br />

promozione del territorio.<br />

D’AMORE E D’ALTRI MALI (POESIE) di Vincenzo D’Alessio<br />

– Ediz. G. C. F. Guarini – Solofra 1999.<br />

ue i filoni semantici che qui traversano e dilatano e inne-<br />

Dscano, se così può dirsi, l’ispirazione: uno si alimenta all’amore<br />

(per la donna e per i figli), l’altro a non meno corrive<br />

pulsioni di fondo che giorno dopo giorno investono eventi e incidenti,<br />

il conto degli ascacchi che la memoria gelosamente<br />

tiene e aggiorna.<br />

A leggere senza fretta, si avverte e si coglie una consapevolezza<br />

di modernità che dall’interno rastrema, denuta, correla le<br />

parti e l’ordine d’una sintassi in superficie frantumata e sconnessa.<br />

In ciò è la forza, l’autonomia cui la voce sinora è pervenuta<br />

e si è sospesa. Dietro lascia consunta materia verbale,<br />

evocazioni decorative attinte al paesaggio lunare, alla geografia<br />

irpina. D’Alessio è in cammino, ha fede nella poesia. In parecchie<br />

tappe l’ha trovata, l’ha fatta sua.<br />

(dall’introduzione di Pasquale Maffeo)<br />

I MAI DEL BAIANESE di Galante Colucci – Casa Editrice<br />

<strong>Il</strong> Calamaio – Roma 1998.<br />

na delle tante valenze simboliche, affidata all’albero, si ritro-<br />

Uva nella tradizione del maio, la cui ritualità scandisce l’arco<br />

temporale, racchiuso tra novembre e febbraio, in quello spicchio<br />

della Bassa Irpinia, ch’è costituito dal “comprensorio avellano”.<br />

Una ritualità, che esprime momenti di intenso significato, e considerevole<br />

partecipazione, a Baiano, come ad Avella e a Mugnano<br />

del Cardinale, a Sirignano come a Quadrelle e Sperone.<br />

<strong>Il</strong> maio, ovvero l’albero maggiore o più alto, riproduce il lontano<br />

retaggio della vita delle comunità locali, che praticavano l’agricoltura<br />

e vivevano delle risorse dei boschi della chiostra collinare<br />

e dei Monti di Avella, incastonati nel massiccio del Partenio.<br />

Un retaggio da onorare e rispettare con la gioiosità della festa popolaresca,<br />

dispiegata per le vie cittadine con cori, danze e falò.<br />

Galante Colucci ripercorre nelle sue pagine il vissuto della festa<br />

del maio, con l’obiettivo puntato in prevalenza, su quello che<br />

accade il 25 dicembre a baiano. Un Natale davvero particolare,<br />

in cui primeggia il maio, appunto.<br />

È una scrittura piana quella del Colucci, all’insegna del ritmo<br />

fotografico, con tanti flesh, in cui si rincorrono le sequenze<br />

dell’ieri e dell’oggi; un’operazione anche di recupero di memoria,<br />

quella del galante Colucci, specie quando evoca i momenti<br />

del secondo dopo-guerra mondiale.<br />

( dalla presentazione di Gianni Amodeo)

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