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primo - Assemblea Regionale Siciliana

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Piersanti Mattarella<br />

ha presenti le radici storiche dell’autonomia conseguita a<br />

partire dal 1946, nonché, anche per esperienza familiare,<br />

la qualità del gruppo dirigente isolano che l’autonomia<br />

volle e l’autonomia sviluppò nei primi difficili anni; d’altro<br />

lato non ha nessuna remora a definire di sottosviluppo<br />

la condizione economico-sociale dell’Isola, di cui valuta<br />

la marginailità geografica con i suoi riflessi negativi<br />

sulla vita dell’economia.<br />

Questa piena consapevolezza della situazione lo stimola<br />

non solo condurre i difficili negoziati con l’autorità<br />

centrale per concordare nuove norme di attuazione dello<br />

Statuto nelle sue disposizioni finanziarie, ma più in generale<br />

lo spinge a considerare l’intervento dello Stato come<br />

assolutamente indispensabile per superare la storica<br />

subalternità del Sud e per risolvere la «questione<br />

Sicilia». Come ha propugnato con slancio e senza retorica<br />

il metodo della programmazione nell’attività politicoamministrativa<br />

regionale, così ritiene che solo da un programma<br />

nazionale di riequilibrio territoriale possa derivare<br />

la soluzione del problema Sud e della questione<br />

Sicilia: perciò, riprendendo con vigore i temi approfonditi<br />

da Saraceno prima e dopo San Pellegrino, insiste con<br />

tenacia sulla necessità di sviluppare nel Sud l’industrializzazione,<br />

consapevole com’è che al Nord si è raggiunta,<br />

prima dell’ultima emergenza, una sorta di sovrasaturazione<br />

dell’occupazione operaia. Certo, non chiede megastrutture<br />

tipo Alfasud, ma vorrebbe che le partecipazioni<br />

statali facessero nel Meridione la loro parte con impegno<br />

ben maggiore e che il costo del danaro, più alto che<br />

nel centro-nord, non scoraggiasse iniziative industriali<br />

nelle regioni meridionali e sa bene (si veda la relazione al<br />

– XXXVI –

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