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primo - Assemblea Regionale Siciliana

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– 231 –<br />

Scritti e discorsi<br />

cioè che il divario fra la Sicilia e il resto del Paese sia andato<br />

attenuandosi, ma così non è, solo che si guardi ai<br />

singoli aggregati della cifra sommaria. Ad esempio, il<br />

tasso di partecipazione del settore agricolo al reddito regionale<br />

è sceso, nel quinquennio, dal 17,8 al 15,2, con<br />

una diminuzione netta del 2,6 per cento. Ferma restando<br />

la quota dell’industria, si è invece largamente incrementata<br />

la quota dei servizi che, lungi dall’essere, come altrove,<br />

il segno di una economia alle soglie della maturità,<br />

è, invece, il sintomo dell’innaturale accrescimento di attività<br />

alternative, non sempre direttamente produttive,<br />

che costituscono la valvola di sfogo per molta parte della<br />

forza-lavoro siciliana.<br />

Nello stesso periodo 1970-1976 (e questo è un altro<br />

dato assai significativo) la quota delle riserve destinata ai<br />

consumi è passata dal 75,8 all’82,2, mentre quella riservata<br />

all’accumulazione è scesa progressivamente dal<br />

24,2 al 17,8; consumi che in Sicilia crescono ad un tasso<br />

superiore non solo al resto del Paese, ma alla stessa area<br />

meridionale (3,4 per cento a fronte rispettivamente del<br />

2,9 e del 3,2); mentre dei consumi stessi, ferma restando<br />

– grosso modo – la quota del 78 per cento circa, destinata<br />

alle famiglie, quelli collettivi sono scesi, sempre nell’arco<br />

di tempo dal 1970 al 1976, dal 21,7 al 20,6.<br />

Nel settore industriale gli investimenti fissi sono scesi<br />

progressivamente, con un minimo nel 1975, accanto<br />

ad una crescita troppo lenta dell’industria manifatturiera<br />

e ad un deterioramento complessivo della forza-lavoro<br />

che vede statico, o in perdita, il settore industriale, il calo<br />

degli addetti all’agricoltura e una abnorme crescita di addetti<br />

ai servizi, anche nella quota non vendibile.

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