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26.04.2013 Views

infatti trovato un’eco presso uno dei principali poeti rinascimentali olandesi, Hendrik Laurenszoon Spiegel, amico del primo traduttore di Boccaccio in neerlandese, in una strofa a proposito dell’Italia che dice letteralmente: “Per molto tempo la barbarie ha dominato il paese e la lingua / finché l’amante del lauro [Petrarca] emerse coraggiosamente dall’Arno. / Nella barbara lingua bastarda egli fece sentire un suono dolce” 3 . In altre parole: il medioevo italiano (o quello che si considerava tale) sarà scoperto soltanto dai preromantici. Il contributo di Petrarca e più ancora di Boccaccio al Rinascimento neerlandese sarà invece notevole. La prima traduzione parziale dal Decameron nei Paesi Bassi – come in molti altri paesi – è stata fatta per servire da lettura edificante in un monastero femminile. È databile fra il 1420 e il 1440 la Hystorie van Griseldis, un manoscritto con la traduzione neerlandese dell’ultima novella del Decameron, riconducibile alla versione latina del Petrarca, anche se non menziona né il nome di quest’ultimo, né quello di Boccaccio, e se è preceduta da un prologo di mano ignota in cui il rapporto fra Gualtieri e Griselda è paragonato al “matrimonio fra Dio e le anime dei fedeli”. Questo exemplum – perché tale è la sua funzione – ha nei Paesi Bassi un successo straordinario: se ne conoscono altre due traduzioni manoscritte nel Quattrocento, tutt’e due appartenenti a biblioteche di monasteri femminili. Una prima versione stampata si può datare intorno al 1500 4 , ed un’altra, uscita nel 1552, viene ristampata regolarmente – con i dovuti adattamenti all’evoluzione della lingua – per non meno di tre secoli, fino al primo Ottocento. Le biblioteche olandesi e belghe ne conservano una trentina di stampe diverse provenienti dai maggiori centri editoriali del paese 5 . Della novella sono state fatte riduzioni teatrali e versioni in rima ad uso dei cantastorie, il che dimostra ulteriormente la sua popolarità. Nel 1942, il romanziere fiammingo Herman Teirlinck ha rielaborato 3 “De woestheyd langhe tijd heeft land en taal bezeten, / Tot dat de Lauwer-Minner koen op d’Arn brak uyt: / In woeste bastard-taal bracht dees een zoet gheluyt” (Hert-Spieghel, Libro IV, versi 106-108). 4 Per una descrizione bibliografica più dettagliata dei titoli menzionati in questo articolo, si rimanda all’allegato “Bibliografia delle opere di Boccaccio in traduzione neerlandese”. 5 Cfr. AA.VV., Boccaccio in Nederland. Tentoonstelling van handschriften en gedrukte werken uit het bezit van Nederlandse bibliotheken ter herdenking van het zeshonderdste sterfjaar van Boccaccio (1313-1375), Leiden, Academisch Historisch Museum, 1975. 272

la materia nel suo breve romanzo Griseldis: de vrouwenpeirle (“Griseldis, la perla delle donne”). Tanto per dire che la novella di Boccaccio-Petrarca ha avuto nella nostra lingua una vita lunghissima. Non più in un contesto monasteriale, ma umanistico uscirono ad Anversa, rispettivamente nel 1525 e 1526, le prime e uniche traduzioni neerlandesi di due delle opere enciclopediche latine del Boccaccio, De claris mulieribus e De casibus virorum illustrium. Per una versione più completa del Decameron in neerlandese, bisogna aspettare il primo Rinascimento olandese. Ed è subito una della figure più importanti di questo rinnovamento culturale ad incaricarsene: il poeta, drammaturgo e filosofo Dirck Volckertszoon Coornhert (1522-1590), da molti considerato come il più grande umanista olandese dopo Erasmo da Rotterdam, con la differenza che ha preferito scrivere in volgare anziché in latino, il che spiega forse il fatto che all’estero è meno conosciuto. Ma proprio alla difesa del neerlandese come lingua di comunicazione intellettuale Coornhert ha dedicato alcuni dei suoi scritti più importanti, e in quel quadro vanno anche lette le sue traduzioni di Omero, Seneca, Boezio e Boccaccio: una dimostrazione che la lingua volgare non è inferiore al latino e che, anzi, il volgare rappresenta il futuro e il latino il passato. Coornhert è spesso descritto come l’uomo della “tolleranza combattiva”: in un periodo in cui i Paesi Bassi furono scossi da violente lotte religiose, si oppose alle persecuzioni, da qualunque parte esse venissero: egli condannò sia l’Inquisizione dei cattolici controriformistici che l’iconoclastia dei protestanti, con l’effetto che un partito lo incarcerò all’Aia e l’altro lo costrinse a fuggire e vivere per molti anni in esilio. Nel 1564 Coornhert pubblica a Haarlem Vijftich lustige historien, ofte nyeuwicheden Joannis Bocatij (“Cinquanta storie o novelle divertenti di Giovanni Boccaccio”). Si tratta di una scelta fra le novelle originali, senza la cornice. Già un primo sguardo rivela che la traduzione non è stata fatta direttamente dall’originale: infatti, i nomi dei luoghi e dei personaggi sono in parte francesi, in parte neerlandizzati. Uno studio più approfondito dimostra che il Coornhert si è basato sulla traduzione francese di Antoine Le Maçon, non però sulla prima edizione del 1545, bensì sull’edizione del 1551 in cui Le Maçon (o altri per lui) ha incorporato le aggiunte moralizzanti che Francesco Sansovino aveva apportato ad un’edizione veneziana del 1546. 273

la materia nel suo breve romanzo Grisel<strong>di</strong>s: de vrouwenpeirle (“Grisel<strong>di</strong>s,<br />

la perla delle donne”). Tanto per <strong>di</strong>re che la novella <strong>di</strong> Boccaccio-Petrarca<br />

ha avuto nella nostra l<strong>in</strong>gua una vita lunghissima.<br />

Non più <strong>in</strong> un contesto monasteriale, ma umanistico uscirono<br />

ad Anversa, rispettivamente nel 1525 e 1526, le prime e uniche traduzioni<br />

neerlandesi <strong>di</strong> due delle opere enciclope<strong>di</strong>che lat<strong>in</strong>e del<br />

Boccaccio, De claris mulieribus e De casibus virorum illustrium.<br />

Per una versione più completa del Decameron <strong>in</strong> neerlandese,<br />

bisogna aspettare il primo R<strong>in</strong>ascimento olandese. Ed è subito una<br />

della figure più importanti <strong>di</strong> questo r<strong>in</strong>novamento culturale ad <strong>in</strong>caricarsene:<br />

il poeta, drammaturgo e filosofo Dirck Volckertszoon<br />

Coornhert (1522-1590), da molti considerato come il più grande<br />

umanista olandese dopo Erasmo da Rotterdam, con la <strong>di</strong>fferenza<br />

che ha preferito scrivere <strong>in</strong> volgare anziché <strong>in</strong> lat<strong>in</strong>o, il che spiega<br />

forse il fatto che all’estero è meno conosciuto. Ma proprio alla <strong>di</strong>fesa<br />

del neerlandese come l<strong>in</strong>gua <strong>di</strong> comunicazione <strong>in</strong>tellettuale<br />

Coornhert ha de<strong>di</strong>cato alcuni dei suoi scritti più importanti, e <strong>in</strong><br />

quel quadro vanno anche lette le sue traduzioni <strong>di</strong> Omero, Seneca,<br />

Boezio e Boccaccio: una <strong>di</strong>mostrazione che la l<strong>in</strong>gua volgare non è<br />

<strong>in</strong>feriore al lat<strong>in</strong>o e che, anzi, il volgare rappresenta il futuro e il<br />

lat<strong>in</strong>o il passato. Coornhert è spesso descritto come l’uomo della<br />

“tolleranza combattiva”: <strong>in</strong> un periodo <strong>in</strong> cui i Paesi Bassi furono<br />

scossi da violente lotte religiose, si oppose alle persecuzioni, da qualunque<br />

parte esse venissero: egli condannò sia l’Inquisizione dei cattolici<br />

controriformistici che l’iconoclastia dei protestanti, con l’effetto<br />

che un partito lo <strong>in</strong>carcerò all’Aia e l’altro lo costr<strong>in</strong>se a fuggire<br />

e vivere per molti anni <strong>in</strong> esilio.<br />

Nel 1564 Coornhert pubblica a Haarlem Vijftich lustige historien,<br />

ofte nyeuwicheden Joannis Bocatij (“C<strong>in</strong>quanta storie o novelle <strong>di</strong>vertenti<br />

<strong>di</strong> Giovanni Boccaccio”). Si tratta <strong>di</strong> una scelta fra le novelle<br />

orig<strong>in</strong>ali, senza la cornice. Già un primo sguardo rivela che la traduzione<br />

non è stata fatta <strong>di</strong>rettamente dall’orig<strong>in</strong>ale: <strong>in</strong>fatti, i nomi dei<br />

luoghi e dei personaggi sono <strong>in</strong> parte francesi, <strong>in</strong> parte neerlan<strong>di</strong>zzati.<br />

Uno stu<strong>di</strong>o più approfon<strong>di</strong>to <strong>di</strong>mostra che il Coornhert si è basato<br />

sulla traduzione francese <strong>di</strong> Anto<strong>in</strong>e Le Maçon, non però sulla prima<br />

e<strong>di</strong>zione del 1545, bensì sull’e<strong>di</strong>zione del 1551 <strong>in</strong> cui Le Maçon<br />

(o altri per lui) ha <strong>in</strong>corporato le aggiunte moralizzanti che Francesco<br />

Sansov<strong>in</strong>o aveva apportato ad un’e<strong>di</strong>zione veneziana del 1546.<br />

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