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26.04.2013 Views

nell’intera raccolta del Decameron), possiamo ricordare la versione latina di Filippo Beroaldo, umanista italiano del tardo Quattrocento, o quella francese inserita da Christine de Pizan nel suo Livre de la Cité des Dames (II.lix) 38 . Nel 1532 Wynkyn de Worde stampa una traduzione inglese del testo latino, opera di William Walter. Ma una versione inglese precedente, probabilmente della metà del Quattrocento, appare in alcuni manoscritti (London, British Library, MS Additional 12524; Oxford, Bodleian Library, MS Rawlinson C. 86), ed è con una breve analisi di questa versione che vorrei concludere la mia rassegna sulla diffusione del Decameron nell’Inghilterra del tardo Medioevo 39 . L’autore di questa versione è Gilbert Banester o Banastre, Master of the Children of the Chapel Royal dal 1478 al 1486. Nel manoscritto Rawlinson è esplicitamente citato in un envoy posto alla fine del racconto, che si conclude con questi versi: Natwithstonding, if here be fawte or offens, Speke to Gilbert banester, which at the mocioune Off Iohn Raynere this made aftir the sentence. (vv. 623-25) [Tuttavia, se in qualcosa si è mancato o offeso, parlate a Gilbert Banester, che ha tradotto questo secondo il senso originale, su invito di John Reyner] 40 Di John Reyner, possibile committente della traduzione, non sappiamo pressoché nulla, ma si trattava di un nome piuttosto comune in Inghilterra. Di Banester sappiamo che era originario del Kent e probabilmente compose questa traduzione tra il 1440-1445 – siamo tentati di immaginare che il suo tramite con Boccaccio fosse proprio la biblioteca di Duke Humphrey a Greenwich, ma nessun elemento supporta questa ipotesi. Ciò che è interessante è la collocazione del testo: nel manoscritto Additional la storia di Guiscardo e Ghismonda (ff. 17v-28v) viene inserita all’interno della Legend of Good Women 38 CH. DE PIZAN, La Città delle Dame, a cura di P. CARAFFI, E.J. RICHARDS, Roma, Carocci, 1997, pp. 388-399. Christine de Pizan inserisce nel suo libro anche la storia di Griselda. 39 Sia la versione di Gilbert Banester che quella di William Walter sono pubblicate in Early English Versions of the Tales of Guiscardo and Ghismonda and Titus and Gisippus from the Decameron. Non vi è concordanza fra gli studiosi sul testo da cui Banester avrebbe tratto la sua traduzione: mentre Wright opta per la versione di Laurent de Premierfait, Stallybrass ritiene che Banester si sia invece basato sulla traduzione di Christine de Pizan (STALLYBRASS, Dismemberments and Re-memberments, cit., p. 309). 40 Peter Stallybrass costruisce l’ultimo verso “aftir the sentence off Ihn Raynere”, interpretando l’atteggiamento di Banester come quello del semplice scriba che segue le indicazioni di Reyner. Ritengo tuttavia che questa costruzione non sia accettabile. 266

di Chaucer, subito dopo la storia di Medea e prima di quella di Marte e Venere; l’inserimento è supportato da un’allusione alla Legend che troviamo nel testo (vv. 46-48), e a un riferimento a “Melibee” al verso 329; nel manoscritto Rawlinson la storia (ff. 143v-155r) fa parte di una collezione di poemetti sull’instabilità della Fortuna, ed è preceduta da un Prologo, ora purtroppo incompleto, in cui il tragico fato dei due amanti è interpretato come il risultato dell’avversità del fato e della dea Venere 41 . Da questi dettagli è evidente che in questa versione la novella, peraltro composta in rhyme royal, il metro in cui è scritto anche Troilus and Criseyde, viene collegata idealmente a Chaucer piuttosto che a Boccaccio; nonostante lo scrittore italiano sia esplicitamente citato all’inizio della traduzione, i copisti sembrano avere poca dimestichezza con lui: così se nel manoscritto Rawlinson è menzionato nella frase “Bocas in cent nouelys”, con un evidente richiamo alla versione del Decameron di Premierfait 42 , nel manoscritto Additional diventa inopinatamente “Bocase in kent”, legando così autore e traduttore, dal momento che Gilbert Banester stesso proveniva da quella contea: è evidente che problemi di prestigio linguistico o difficoltà nella trascrizione manoscritta superano la portata della fama di Boccaccio in Inghilterra 43 . D’altra parte, il verbo che Banester usa ad indicare il ruolo di Boccaccio è “witnessyth” (v. 5), quasi a dargli un ruolo di testimone oculare e quindi di garante della veridicità della storia. La versione di Banester addolcisce i toni della storia boccacciana, eliminando dettagli come quello della grotta in cui i due amanti si incontrano e rendendo Guiscardo un ammirevole paggio sul modello dello Squire chauceriano. Tancredi, a sua volta, non è più un padre irragionevole nel suo attaccamento alla figlia, e fa una breve apparizione persino la madre di Ghismonda, a riportare la storia nell’alveo di un exemplum tragico, e a sottolineare la sua parentela con le good women 41 Il Prologo è edito in Early English Versions of the Tales of Guiscardo and Ghismonda and Titus and Gisippus from the Decameron, cit., pp. XIII-XIV. Dopo la storia di Ghismonda, troviamo una batetica ricetta “ffor the Ache of the Govte”. 42 Si tratta probabilmente del primo riferimento al Decameron in un testo letterario inglese. Si veda a tale proposito FARNHAM, England’s Discovery of the Decameron, cit., p. 137. 43 “So we have Boccaccio as Greek, as French, as a citizen of Kent, depending upon questions of linguistic prestige or scribal transcription” (STALLYBRASS, Dismemberments and Re-memberments, cit., p. 301). 267

nell’<strong>in</strong>tera raccolta del Decameron), possiamo ricordare la versione<br />

lat<strong>in</strong>a <strong>di</strong> Filippo Beroaldo, umanista italiano del tardo Quattrocento,<br />

o quella francese <strong>in</strong>serita da Christ<strong>in</strong>e de Pizan nel suo Livre de<br />

la Cité des Dames (II.lix) 38 . Nel 1532 Wynkyn de Worde stampa una<br />

traduzione <strong>in</strong>glese del testo lat<strong>in</strong>o, opera <strong>di</strong> William Walter. Ma una<br />

versione <strong>in</strong>glese precedente, probabilmente della metà del Quattrocento,<br />

appare <strong>in</strong> alcuni manoscritti (London, British Library, MS<br />

Ad<strong>di</strong>tional 12524; Oxford, Bodleian Library, MS Rawl<strong>in</strong>son C. 86),<br />

ed è con una breve analisi <strong>di</strong> questa versione che vorrei concludere<br />

la mia rassegna sulla <strong>di</strong>ffusione del Decameron nell’Inghilterra del<br />

tardo Me<strong>di</strong>oevo 39 .<br />

L’autore <strong>di</strong> questa versione è Gilbert Banester o Banastre, Master<br />

of the Children of the Chapel Royal dal 1478 al 1486. Nel manoscritto<br />

Rawl<strong>in</strong>son è esplicitamente citato <strong>in</strong> un envoy posto alla f<strong>in</strong>e<br />

del racconto, che si conclude con questi versi:<br />

Natwithstond<strong>in</strong>g, if here be fawte or offens,<br />

Speke to Gilbert banester, which at the mocioune<br />

Off Iohn Raynere this made aftir the sentence.<br />

(vv. 623-25)<br />

[Tuttavia, se <strong>in</strong> qualcosa si è mancato o offeso, parlate a Gilbert Banester,<br />

che ha tradotto questo secondo il senso orig<strong>in</strong>ale, su <strong>in</strong>vito <strong>di</strong> John Reyner] 40<br />

Di John Reyner, possibile committente della traduzione, non sappiamo<br />

pressoché nulla, ma si trattava <strong>di</strong> un nome piuttosto comune<br />

<strong>in</strong> Inghilterra. Di Banester sappiamo che era orig<strong>in</strong>ario del Kent e<br />

probabilmente compose questa traduzione tra il 1440-1445 – siamo<br />

tentati <strong>di</strong> immag<strong>in</strong>are che il suo tramite con Boccaccio fosse proprio<br />

la biblioteca <strong>di</strong> Duke Humphrey a Greenwich, ma nessun elemento<br />

supporta questa ipotesi. Ciò che è <strong>in</strong>teressante è la collocazione del<br />

testo: nel manoscritto Ad<strong>di</strong>tional la storia <strong>di</strong> Guiscardo e Ghismonda<br />

(ff. 17v-28v) viene <strong>in</strong>serita all’<strong>in</strong>terno della Legend of Good Women<br />

38 CH. DE PIZAN, La Città delle Dame, a cura <strong>di</strong> P. CARAFFI, E.J. RICHARDS, Roma, Carocci,<br />

1997, pp. 388-399. Christ<strong>in</strong>e de Pizan <strong>in</strong>serisce nel suo libro anche la storia <strong>di</strong> Griselda.<br />

39 Sia la versione <strong>di</strong> Gilbert Banester che quella <strong>di</strong> William Walter sono pubblicate <strong>in</strong><br />

Early English Versions of the Tales of Guiscardo and Ghismonda and Titus and Gisippus from<br />

the Decameron. Non vi è concordanza fra gli stu<strong>di</strong>osi sul testo da cui Banester avrebbe tratto<br />

la sua traduzione: mentre Wright opta per la versione <strong>di</strong> Laurent de Premierfait, Stallybrass<br />

ritiene che Banester si sia <strong>in</strong>vece basato sulla traduzione <strong>di</strong> Christ<strong>in</strong>e de Pizan (STALLYBRASS,<br />

Dismemberments and Re-memberments, cit., p. 309).<br />

40 Peter Stallybrass costruisce l’ultimo verso “aftir the sentence off Ihn Raynere”, <strong>in</strong>terpretando<br />

l’atteggiamento <strong>di</strong> Banester come quello del semplice scriba che segue le <strong>in</strong><strong>di</strong>cazioni<br />

<strong>di</strong> Reyner. Ritengo tuttavia che questa costruzione non sia accettabile.<br />

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