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Nonostante la sostituzione di Orazio con Stazio, è evidente che Chaucer qui rende anche implicitamente omaggio al poeta italiano, a cui peraltro allude più volte nel corso del poema, nonché in altre sue opere, dalla House of Fame, elaborata parodia della Divina Commedia, ai Canterbury Tales. È forse un po’ meno evidente che il passo potrebbe anche echeggiare la conclusione del Filocolo, in cui, rivolgendosi al “piccolo suo libretto”, Boccaccio scrive: Il cercare gli alti luoghi ti si disdice: e però agli eccellenti ingegni e alle robuste menti lascia i gran versi di Virgilio. A te la bella donna si conviene con pietosa voce dilettare, e confermarla ad essere d’un solo amante contenta. E quelli del valoroso Lucano, ne’ quali le fiere arme di Marte si cantano, lasciali agli armigeri cavalieri insieme con quelli del tolosano Stazio. E chi con molta efficacia ama, il sermontino Ovidio seguiti, delle cui opere tu se’ confortatore. Né ti sia cura di volere essere dove i misurati veri del fiorentino Dante si cantino, il quale tu sì come piccolo servidore molto dei reverente seguire. 3 È noto come Chaucer abbia, tra i suoi contemporanei inglesi, un rapporto privilegiato con la letteratura italiana del suo tempo: i suoi incarichi presso la corte inglese gli offrirono l’opportunità di viaggiare in Italia, e così nel 1373, inviato a Genova per una missione diplomatico-commerciale, ebbe modo di spingersi fino a Firenze e forse (anche se qui si entra nel regno della pura ipotesi) di assistere ad alcune delle fortunatissime lecturae Dantis che Boccaccio teneva nella chiesa di S. Stefano di Badia; si ha notizia certa di almeno un altro viaggio, nel 1378, anno in cui Chaucer viene inviato a trattare, per conto di Riccardo II, con Bernabò Visconti e John Hawkwood 4 ; in questa occasione avrebbe potuto avere accesso alle biblioteche dei Visconti, come quella di Pavia. È possibile persino che la sua competenza linguistica fosse alla base della sua elezione per queste missioni – è indubbio che i riferimenti che troviamo nella sua opera a Dante e a Petrarca mostrano una conoscenza diretta della lingua italiana: non si spiegherebbe altrimenti il suo uso di fonti italiane ben prima che venissero tradotte in latino o in francese e si diffondessero in Inghilterra. Questo spiega come, ad esempio, il Troilus 3 Filocolo V.97. L’edizione usata è a cura di A.E. Quaglio, Milano, Mondadori, 1998. 4 P. BOITANI, Chaucer e Boccaccio da Certaldo a Canterbury: un panorama, “Studi sul Boccaccio”, 25 (1997), pp. 311-329, p. 313. Sul rapporto tra Chaucer e l’Italia si veda anche D. BREWER, Chaucer and his World, Cambridge, D.S. Brewer, 1978, pp. 98-110. 250

and Criseyde chauceriano includa una versione di un sonetto del Canzoniere (la prima in Inghilterra, precedente di due secoli la moda del petrarchismo), nonché un adattamento della preghiera alla Vergine che Dante inserisce nell’ultimo canto del Paradiso 5 . Chaucer mostra la sua dimestichezza con i poeti italiani anche in altri modi, come è evidenziato ad esempio dai suoi riferimenti a Dante “the wise poete of Florence” in The Wife of Bath’s Tale (vv. 1125-27), o a “my maister Petrak” in The Monk’s Tale (v. 2325). Una tale intima conoscenza della lingua e della letteratura italiana contemporanea aiuta anche a spiegare il rapporto che Chaucer, unico tra i poeti inglesi del suo tempo, stabilisce con la produzione italiana di Giovanni Boccaccio, e in particolare con il Decameron. Molto è stato scritto dell’influenza che le opere minori di Boccaccio hanno esercitato sul poeta inglese: così dal Teseida deriva il primo dei racconti di Canterbury, The Knight’s Tale; un altro racconto, The Franklin’s Tale, trova forse la sua origine nel Filocolo; lo stesso Troilus and Criseyde è una traduzione, assai ampliata, del Filostrato. Tuttavia ciò che è singolare è il fatto che Boccaccio non venga mai nominato dal poeta inglese, tanto da gettare seri dubbi sulla sua conoscenza del Decameron, o sul suo uso degli scritti minori nella loro versione originale. Ogniqualvolta si offre l’opportunità di chiamare in causa direttamente Boccaccio come autore, vale a dire come punto di riferimento del testo, auctoritas o elemento di ispirazione originale del testo chauceriano, il poeta inglese trova una diversa strategia per nascondere o mascherare questo rapporto. Si va dall’uso del più autorevole Petrarca che diventa l’intermediario latino per la versione inglese della storia di Griselda (inserita nei Canterbury Tales), all’invenzione di uno scrittore latino, Lollius, come primo autore della storia di Troilo e Criseida, quasi che la novità del testo non fosse accettabile senza il ricorso a una fonte ben più remota dello scrittore toscano. Le varie letture critiche riflettono la perplessità generata dall’atteggiamento di Chaucer: il suo silenzio nei confronti di Boccaccio, è stato ipotizzato, potrebbe derivare semplicemente da ignoranza, o dal ritenere che Boccaccio, scrittore assai noto ma che spesso, e specie nel Decameron, amava discendere ad argomenti giudicati inde- 5 Troilus and Criseyde I.400-20 e III.1261-67. 251

Nonostante la sostituzione <strong>di</strong> Orazio con Stazio, è evidente che<br />

Chaucer qui rende anche implicitamente omaggio al poeta italiano,<br />

a cui peraltro allude più volte nel corso del poema, nonché <strong>in</strong> altre<br />

sue opere, dalla House of Fame, elaborata paro<strong>di</strong>a della Div<strong>in</strong>a Comme<strong>di</strong>a,<br />

ai Canterbury Tales. È forse un po’ meno evidente che il passo<br />

potrebbe anche echeggiare la conclusione del Filocolo, <strong>in</strong> cui, rivolgendosi<br />

al “piccolo suo libretto”, Boccaccio scrive:<br />

Il cercare gli alti luoghi ti si <strong>di</strong>s<strong>di</strong>ce: e però agli eccellenti <strong>in</strong>gegni e alle<br />

robuste menti lascia i gran versi <strong>di</strong> Virgilio. A te la bella donna si conviene<br />

con pietosa voce <strong>di</strong>lettare, e confermarla ad essere d’un solo amante contenta.<br />

E quelli del valoroso Lucano, ne’ quali le fiere arme <strong>di</strong> Marte si<br />

cantano, lasciali agli armigeri cavalieri <strong>in</strong>sieme con quelli del tolosano Stazio.<br />

E chi con molta efficacia ama, il sermont<strong>in</strong>o Ovi<strong>di</strong>o seguiti, delle cui opere<br />

tu se’ confortatore. Né ti sia cura <strong>di</strong> volere essere dove i misurati veri del<br />

fiorent<strong>in</strong>o Dante si cant<strong>in</strong>o, il quale tu sì come piccolo servidore molto dei<br />

reverente seguire. 3<br />

È noto come Chaucer abbia, tra i suoi contemporanei <strong>in</strong>glesi, un<br />

rapporto privilegiato con la letteratura italiana del suo tempo: i suoi<br />

<strong>in</strong>carichi presso la corte <strong>in</strong>glese gli offrirono l’opportunità <strong>di</strong> viaggiare<br />

<strong>in</strong> Italia, e così nel 1373, <strong>in</strong>viato a Genova per una missione<br />

<strong>di</strong>plomatico-commerciale, ebbe modo <strong>di</strong> sp<strong>in</strong>gersi f<strong>in</strong>o a Firenze e<br />

forse (anche se qui si entra nel regno della pura ipotesi) <strong>di</strong> assistere<br />

ad alcune delle fortunatissime lecturae Dantis che Boccaccio teneva<br />

nella chiesa <strong>di</strong> S. Stefano <strong>di</strong> Ba<strong>di</strong>a; si ha notizia certa <strong>di</strong> almeno un<br />

altro viaggio, nel 1378, anno <strong>in</strong> cui Chaucer viene <strong>in</strong>viato a trattare,<br />

per conto <strong>di</strong> Riccardo II, con Bernabò Visconti e John Hawkwood 4 ;<br />

<strong>in</strong> questa occasione avrebbe potuto avere accesso alle biblioteche<br />

dei Visconti, come quella <strong>di</strong> Pavia. È possibile pers<strong>in</strong>o che la sua<br />

competenza l<strong>in</strong>guistica fosse alla base della sua elezione per queste<br />

missioni – è <strong>in</strong>dubbio che i riferimenti che troviamo nella sua opera<br />

a Dante e a Petrarca mostrano una conoscenza <strong>di</strong>retta della l<strong>in</strong>gua<br />

italiana: non si spiegherebbe altrimenti il suo uso <strong>di</strong> fonti italiane<br />

ben prima che venissero tradotte <strong>in</strong> lat<strong>in</strong>o o <strong>in</strong> francese e si <strong>di</strong>ffondessero<br />

<strong>in</strong> Inghilterra. Questo spiega come, ad esempio, il Troilus<br />

3 Filocolo V.97. L’e<strong>di</strong>zione usata è a cura <strong>di</strong> A.E. Quaglio, Milano, Mondadori, 1998.<br />

4 P. BOITANI, Chaucer e Boccaccio da Certaldo a Canterbury: un panorama, “Stu<strong>di</strong> sul<br />

Boccaccio”, 25 (1997), pp. 311-329, p. 313. Sul rapporto tra Chaucer e l’Italia si veda anche<br />

D. BREWER, Chaucer and his World, Cambridge, D.S. Brewer, 1978, pp. 98-110.<br />

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